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Post n°13 pubblicato il 13 Dicembre 2006 da EvaAmaGiocare
Non ho un marito e neppure un compagno. Li ho avuti entrambi, nel tempo. Ma da un bel po’ ne faccio a meno. Non invidio le donne impegnate e non ho mai cercato di rubare un uomo a qualcun’altra. Non l’ho mai fatto fino a pochi giorni fa. Non mi sento in colpa. Dormo tranquillamente tutte le notti. Non mi guardo in giro preoccupata, mentre cammino in centro. Non vado dall'analista. E, sinceramente, mai avrei pensato che potesse essere così divertente trovarsi dalla parte opposta della “barricata”. Innanzitutto, io non sono quella che condivide il suo letto. Sono quella che, dopo aver scopato, lo può rispedire a casa, senza tanti preamboli. O che si può alzare, rivestire e girare i tacchi, senza alcuna giustificazione. A pensarci bene, poi, sono io quella che lui più desidera, quando un’altra condivide, o forse solamente divide, il suo letto. Sono io quella a cui lui riserva il maggior divertimento ed i giochi che con la compagna non ha il coraggio di fare. Sono io, quella a cui scrive poesie, a cui manda fiori, a cui dedica parole d’amore. Sono io la donna che rappresenta la passione ed il proibito. L’irraggiungibile a portata di mano. L’erezione immediata. L’orgasmo pieno, caldo, furioso, nuovo e rinnovato. Un non posso che lui non può sapere; che può nascondere chissà cos’altro e che diventa una tortura per chi, una volta a casa, è costretto a spegnere il cellulare, magari con un’inquietudine tra le cosce che lo imbarazza e lo rende intrattabile. Un non posso che, stavolta, effettivamente nasconde altro. Rispondo al citofono: “Ma ciao! Sono pronta, scendo tra due minuti!” Sono sempre io a scendere. E’ difficile che faccia salire qualcuno in casa. Difficile, ma non impossibile. Mentre lui guida, gli prendo la mano - quella mano di cui conosco ogni solco a memoria - e la guido sotto la mia gonna. Non stacca gli occhi dalla strada, non fa una piega. Ma, come sempre, riconosco quel lampo familiare nello sguardo. E quella microscopica fossetta da baciare che appare al lato destro della bocca. Lui guida, io mi sposto solo un po’ in avanti col bacino ed allargo leggermente le gambe. La gonna si solleva appena, ritmicamente. Mi sento modellare le pieghe del mio sesso una per una, centimetro per centimetro, mentre la macchina prosegue tra le curve, imboccando l’inizio della salita. Primo tornante, curva a destra, doppia curva a sinistra. Ed ogni movimento mi aiuta ad avvicinarmi al piacere. Apro la camicia e permetto al mio seno d’essere libero. Esce dall’auto, viene dalla mia parte e mi apre lo sportello, trascinandomi fuori. La gonna è sollevata fino ai fianchi. I seni sono all’aria ed i capezzoli eretti sfidano il vento. E’ freddo, ma non lo sento. Mi appoggia alla portiera. Sento le sue mani che gli slacciano i jeans. E poi lo sento dentro, che affonda caldo fino in fondo. Che mi scuote e mi spalanca, colmo fino all’orlo.
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