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Post n°3 pubblicato il 04 Giugno 2007 da FilmPerLestate
Il sole è alto nel cielo. Solo il cinguettio degli uccelli spezza il silenzio. I tre ragazzi sono ancora distesi sull’erba. La prima ad aprire gli occhi è Anna. Si mette seduta, gira lo sguardo verso gli altri. Si alza e riguarda il paesaggio. Il mare, le Eolie in lontananza, il profilo delle coste siciliane. Alza gli occhi al cielo. Si gira indietro. Cammina verso un lato di quell’altura. Si ferma, si rigira. Riguarda i suoi compagni che ancora dormono, rivolge lo sguardo verso il mare. Chiude gli occhi come per cercare di percepire un suono lontano. Un suono amico. Un suono prodotto da altri esseri umani. Solo gli uccelli. La discesa verso la spiaggia procede tranquillamente, ma con apprensione. L’inquietudine di non sapere dove si trovano è sempre presente nei loro pensieri. I ragazzi procedono in fila indiana con Bruno in testa. Camminano in mezzo agli alberi ed alle piante. Solo il cinguettare degli uccelli ed il rumore dei loro passi sul terreno turba il silenzio. I tre ragazzi si avviano dietro quegli strani individui inoltrandosi, a loro volta, tra gli alberi. Dopo qualche centinaio di metri, si immettono in un percorso stretto e sterrato, transennato da una parte da una staccionata in legno che protegge da una vallata e dal bosco dall’altra. Durante il tragitto si guardano attorno meravigliati, increduli, perplessi. Non sanno dove stanno andando, ma hanno camminato quasi tutta la notte e senza riuscire a capire nulla del luogo dove s trovano. Non hanno più la forza e forse neanche il coraggio di chiedere a quelle che adesso sono le loro guide, delle spiegazioni. La strana colonna continua in silenzio la marcia. Trascorrono una decina di minuti, quando tra gli alberi, non troppo lontano, si intravede del fumo. Sembra provenente da un falò o un accampamento. I ragazzi ormai esausti, assetati, stanchi, scoraggiati, camminano per inerzia. La stanchezza si è impadronita anche delle loro preoccupazioni. Quel fumo che intravedono sembrerebbe essere la loro meta. E’ uno spazio con dei tavoli in legno ben costruiti, alcuni sono seduti a mangiare. Un ragazzo è vicino ad un fuoco circoscritto da pietre, con un bastone scandaglia tra la brace per cuocere delle patate. Sono tutti ragazzi, molto giovani e sono vestiti con abiti simili a quelli che indossano i primi. Anche i loro disegni fatti sulla fronte sono uguali. Hanno tutti un’aria serena e distesa e il loro sguardo rivolto con un garbato distacco verso i loro ospiti tende a rassicurare. Bruno –“Cosa ne pensi Anna? Dobbiamo farci aiutare a trovare la strada per tornare a casa” Anna – “Renditi conto della realtà Bruno. Abbiamo camminato per ore senza trovare una strada, senza sentire il rumore di una macchina. Le cime delle montagne sono piene di ripetitori; in qualsiasi posto ti trovi, li vedi. Tu ne hai forse visto qualcuno? Lo hai detto tu, quando volevamo accendere un falò, che ci sono le torrette di osservazione della forestale. Hai forse visto una costruzione? Una di qualsiasi tipo? Quando eravamo di notte, non una luce, neanche in lontananza. Che black-out avrebbe dovuto essere per coinvolgere per così tanto tempo una area così vasta? Guarda queste persone, sono troppo strane per appartenere al nostro mondo. Non è solo come sono vestite, ma il loro comportamento. Hai notato che non parlano non solo con noi, ma neanche tra di loro. Non sembra, però, che si limitino a non volerlo fare, è come se non ne avessero la necessità” Bruno –“Insomma, cosa vuoi dire?” Anna –“Che siamo nello stesso luogo, ma non nello stesso tempo” Caterina quasi su una crisi di pianto- “Non mettermi paura Anna” Mentre sta ancora parlando, però, una delle ragazze sedute allo stesso tavolo, le si avvicina. Ha in mano dell’erba. Se la strofina tra le mani e si avvicina al fianco di Caterina, che senza rendersene conto, si gira ed abbassa il capo per odorarla. Forse l’espressione tranquilla della ragazza o l’odore di quell’erba, la fa riprendere dallo sgomento in cui stava cadendo. Bruno ed Anna, guardano in silenzio la scena. Non c’è più meraviglia nelle loro espressioni. Ormai stanno cominciando ad acquisire il contesto in cui si trovano. Bruno –“Anna, ammesso che la tua ipotesi sia gusta; cosa facciamo?” Bruno con un’espressione forzatamente ironica –“Quindi questi chi sono secondo te? Se siamo andati indietro nel tempo così tanto che non esistono neanche le strade, dovrebbero essere dei cavernicoli. Non ti pare? Invece sono persone semplici, anzi danno l’impressione di essere anche più avveduti di quello che l’ambientazione lascerebbe intendere.” Mentre i tre ragazzi parlano, gli originari si alzano e si avvicinano a quello che suona lo strumento di canne. Gli si siedono in cerchio, la piante dei piedi giunte e con le mani tengono le caviglie. Le loro palpebre sono leggermente abbassate, quasi chiuse. Passano solo alcuni minuti nel silenzio totale, poi il ritmo di quel tamburellare ricomincia. Lentamente e con la progressione inversa a quando si era come spento, diventa col ritmo che si udiva mentre mangiavano. Lentamente, ad uno ad uno, si alzano tutti ed infine anche quello che suonava, poggia le bacchette che usava per terra e si mette in piedi. Anna con distacco –“ Cosa dici Caterina?” Caterina –“Ci metteremo giorni per arrivare all’aquila” Anna adesso un po’ perplessa –“Quale Aquila Caterina?” Caterina –“Quella che ci farà tornare a casa” La ragazzina non si è ancora scomposta dal quella posizione, con il capo accovacciato tra le braccia, che aveva preso. Adesso anche Bruno, perplesso, si gira verso di lei. Anna con molta dolcezza –“Caterina, ma di quale aquila parli?” Caterina - “Quella che c’è in cima alla montagna” Bruno –“Quale montagna Caterina? Chi ti ha detto che dobbiamo andare su una montagna?” Caterina –“Non lo so Bruno, però dobbiamo andare la per tornare a casa” Bruno si gira verso Anna, ma non riesce a dirle niente, ha solo un’espressione disorientata. Intanto la ragazza, che prima aveva portato l’erba da odorare a Caterina, si avvicina ai tre. China leggermente il capo da un lato come per indicare di andare. Caterina balza subito in piedi, quasi contenta, e rivolgendosi ai suoi due amici –“Dai andiamo!” Anna – “Ma dove Caterina? Dove dobbiamo andare? Caterina –“Te lo ho già detto Anna: dobbiamo andare sulla montagna dell’aquila, ma prima dobbiamo passare a prendere il Guru perchè deve venire con noi” Bruno un po’ alterato –“Quale Guru Caterina? Cosa dici?” Anna si avvicina a Bruno per esortarlo a rimanere calmo –“Caterina, ma chi ti ha detto queste cose?” Caterina –“Nessuno Anna, ma perché mi fai queste domande? Non lo sai dove dobbiamo andare? Sbrighiamoci che gli altri sono già sul sentiero” Caterina, incamminandosi, li sollecita a seguire la colonna che si sta ormai muovendo lungo lo stesso tracciato che li aveva portati fin là. Anna e Bruno, più disorientati che persuasi la seguono. Anna spontaneamente –“ Ma chi sono questi?” Caterina con molta disinvoltura –“Sono Taoisti, vengono dalla Cina, ma non sono cinesi” Bruno, ormai irritato, mette una mano sulla spalla della ragazzina per fermarla –“Caterina aspetta, come fai a sapere queste cose?” Anna si affretta a togliere la mano di Bruno dalla spalla della ragazza –“Calma Bruno. Glielo hanno trasmesso loro. Non lo hai capito? Stai tranquillo. Calmati” Bruno sembra accettare quella situazione che è ormai al di fuori di tutti i confini razionali e rivolgendosi ad Anna –“Ma tu sai chi sono i Taoisti?” Anna –“Non ho idea Bruno. Certo hanno ben pochi lineamenti cinesi. Forse è una popolazione vagante. Caterina ha parlato di un Guru, questo vuol dire che non ci sono solo loro in questo posto o dovunque siamo, in questo universo o in questa epoca. Ormai l’unica cosa di cui sono convinta è che non siamo nello stesso luogo di ieri. Però vogliono aiutarci. Ai sentito cosa ha detto Caterina? Dobbiamo andare sulla cima della montagna dell’aquila per tornare a casa”.
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