Alle 8 e 30 sono puntuale davanti a
quella porta. Sulla destra un citofono,lucido e d’inquietante acciaio: “Suonare
solo in caso di emergenza”. Non suono. Vetri serigrafati mostrano righe di cosa
c’è oltre. Ed ora mostrano pure un infermiera. Apre la porta carina e
sorridente, le piacevoli borse agli occhi sanno di esperienza in molti campi. “Si
accomodi l’ultima porta a destra” i fogli passano nelle sue mani, come un
testamento da lasciare in custodia a un inserviente fidato. La stanza è vuota
di persone. Mi attende invece un lettino, acquattato al centro, basso basso. Mi
scruta sornione, ma so che i suoi pensieri sono tutt’altri. Gli passo di fronte
per raggiungere un anonima sedia marrone di metallo e gommapiuma, molto
ospedaliera e quindi alienata, gelida anche in questo caldo mattino d’agosto. Mi
siedo, gomiti sulle cosce schiena in avanti, curvo, come in attesa di un
destino pesante. L’infermiera entra con una sua collega, di uguale grazia ma
più marcata in viso, più matura. “Hai fatto altre gastroscopie Franco?” “Sì,
circa 5/6 una ogni 2 anni” “Perché così tante?” “Mio nonno e mio padre sono
morti entrambi di neoplasia allo stomaco” “Ma guarda Franco che è stato
dimostrato che non c’è nessun nesso di ereditarietà per questo tipo di malattie
neoplasiche” “…..” “Per questo non ti devi assolutamente preoccupare…hai avuto
l’elicobacter?” “Sì ma ora è eradicato” “Per quello è giusto fare i controlli,
può provocare neoplasie, ma non è necessario farli così spesso, basta una volta
ogni 4/5 anni” “Mh bene, buono a sapersi”. Dopo i due camici verdi, entra ora un
camice bianco più basso e allargato, con dentro un sorriso di dottore, pure
simpatico “Vedo che ha portato gli esami precedenti, bravo. Di solito non li
porta nessuno” “Sì, sono quelli delle ultime due volte” “L’ultima tra l’altro
gliel’ho fatta proprio io vedo” (Non mi ricordo. Ricordo invece un’infermiera in
su con gli anni, ma affabile come le due che mi stanno preparando. Mi dico
mentalmente che dev’essere un requisito che il dottore richiede espressamente).
Preso un flacone spray, me lo avvicina
ed io apro meccanicamente la bocca per ricevere una asettica spruzzata di intorpidente
faringeo (dicesi correttamente anestetico). Mi stendo sul lettino e assumo la
posizione di tortura: gamba inferiore all’indietro
e superiore più avanzata, per ricevere meglio in ventre il tubo, testa servilmente china e bocca aperta dove
con un sorriso diabolico l’infermiera ti invita a stringere un boccaglio di
plastica da dove passerà lo strumento di tortura
(e da qui comincia l’allucinazione
cronenberghiana che, per chi risulta facilmente impressionabile, prego di
saltare)
Entra il serpente elettrico
e mi ritrovo a pensare se quella che provo è la stessa sensazione di un fallo
di carne, tesa e pulsante di nervi e di sangue che spinge all’indietro il
respiro. Per un istante quasi mi soffoca e in quegli attimi mi trovo a cercare
interstizi d’aria tra la mia faringe e il tubo, ingoio saliva con il terrore
stretto nella gola che non controllo più, fino a che non lo sento scivolare oltre l’esofago
e insinuarsi giù, giù come un verme nero che ricerchi il suo cibo putrido nelle
gallerie più nascoste del mio corpo interno, mucoso e molle. Per un attimo si
ferma, come se decidesse sul da farsi. Ma la strada è sicura, dritta al mio
intestino dove guizza come in cerca di piccole prede da succhiare dalle sue
pareti.
Mi sento sconquassato da
questa serpe nera, violato nella carne e nelle viscere e d’un tratto vedo sia le
due infermiere che il dottore ingoiare un serpente orrendo e ancora più grosso
del tubo che ho ora io, un serpente che striscia loro orribilmente in gola, li gonfia
come bambole, li lascia con lo sguardo ebete, i bulbi degli occhi
improvvisamente spalancati, glaciali e assenti di vita fino a diventare neri di
liquido buio e freddo come la morte e infine a esplodere con un tok! sordo e
disperato. La pece nera cola dai loro occhi spappolati e la sento pure dentro
di me, che ride, impazzisce di primordiale ferina bestialità, sembra mi parli
quasi, mi dica che ogni volta che mi sono sottoposto a questo supplizio
apparentemente salvifico, lui, il serpente, mi corrompeva subdolamente lo
stomaco, mi dilaniava le pareti molli, sventrava il mio dentro per farlo
affogare in una pozza di schifo.
Il tubo sta uscendo dalla mia bocca,
la visita è finita, esco dalla sala con sguardo assente.
(L’allucinazione è frutto della mia
fantasia, in realtà l’esame è stato molto meno terrificante…paura eh? *_-__”)
Ho trovato questo violino elettrificato alquanto sinistro, quindi giusta colonna sonora alla mia "allucinazione"
Inviato da: gimmi42
il 04/09/2009 alle 16:04
Inviato da: gimmi42
il 29/04/2009 alle 19:58
Inviato da: DolceA0
il 08/04/2009 alle 10:10
Inviato da: elenasemplicemente
il 06/04/2009 alle 13:01
Inviato da: lightdew
il 01/04/2009 alle 18:11