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LA COP28

Post n°1733 pubblicato il 13 Dicembre 2023 da cannibale3
 

L'accordo di Cop28, la conferenza sul clima del Onu, si chiude con un colpo di Teatro. Solo chi non capisca l’intento traffaldino degli Arabi gioisce per il risultato.

Si chiude la conferenza di Dubai, con una vera “boutade” della presidenza emiratina. Si parla di transizione per uscire (?) dalle fonti fossili per la prima volta. Sostituire il termine “uscita” con “transizione” viene interpretato dai media occidentali come un successo. In realtà organizzare in casa del lupo (Dubai) la riunione delle pecore non ha rappresentato una grande idea. Per quale motivo – spiegato a chi non abbia capacità di intendere e volere – chi abbia il quasi totale monopolio sulle fonti di energia fossile (petrolio e gas) dovrebbe essere disponibile a riconvertire la propria economia alla pastorizia? Mai sarà possibile rinunciare alla energia prodotta dal fossile, perchè l’alternativa non esiste.

Dubai - Approvato il testo finale di Cop28, la Conferenza delle parti sul clima delle Nazioni unite. Un documento che contiene l'accordo sul global stocktake, cioè il primo “tagliando” sugli impegni presi dai Paesi che hanno sottoscritto l'accordo di Parigi siglato nel 2015 per ridurre le emissioni e contenere l'aumento delle temperature entro 1,5 gradi rispetto al periodo pre-industriale. Martedì 12 dicembre era prevista la chiusura ufficiale della conferenza in corso a Dubai, negli Emirati arabi uniti, ma la mancanza di accordo tra gli Stati ha fatto slittare il termine. Raggiunto tuttavia, con un colpo di scena, nell'assemblea plenaria di mercoledì 13. Erano attese le dichiarazioni dei Paesi sul testo. Invece tutto si è risolto in meno di tre minuti dal colpo di martelletto di Sultan Al -Jaber, il contestato presidente di Cop28 nonché numero uno dell'azienda petrolifera di Stato degli Emirati, che ha aperto l'assise. Sorpresa in sala, dove pochi immaginavano una conclusione così rapida. La procedura del consenso prevede che in assenza di opposizioni esplicite la mozione passi. Ma non c'è stato tempo. Un successo della presidenza, che lascia però qualche dubbio sulle modalità con cui si è proceduto: nessuno spazio alle obiezioni. A Dubai non si poteva ottenere di più. Un compromesso al ribasso, a un primo sguardo, che cerca di tenere insieme posizioni per molti versi inconciliabili. Ma che potrebbe segnare, per quanto debolmente, l'inizio della fine dell'era dei combustibili fossili perché per la prima volta la parole “fossil fuels” entrano in un testo finale. Difficile che ne escano nei prossimi anni, secondo una legge non scritta della diplomazia. L'articolo su cui si è concentrata l’attenzione è il 28, che parla di transizione in uscita dalle fonti fossili nei sistemi energetici, in un modo ordinato ed equo, accelerando l'azione in questo decennio critico, per raggiungere le emissioni zero nel 2050 seguendo la scienza (Riportiamo il testo: “Transitioning away from fossil fuels in energy systems, in a just, orderly and equitable manner, accelerating action in this critical decade, so as to achieve net zero by 2050 in keeping with the science”). Alla ricerca di un compromesso tra esigenze divergenti, è stata trovata una formula nuova: le parole sono importanti in sede negoziale, e qui si sottolinea il concetto di transizione rispetto alla versione precedente uscita, in cui si puntava l’attenzione sulla riduzione di produzione e consumo. 
Un compromesso per cercare di far salire a bordo anche i paesi esportatori di petrolio, capeggiati dall’Arabia Saudita, dai quali nei giorni scorsi era arrivata una forte opposizione. Il testo chiede di accelerare l’azione climatica in questo decennio, definito critico, per arrivare alla neutralità carbonica nel 2050, secondo i dettami della scienza. 
Giacchè la CO2 è prodotta in massima parte dai vulcani, chi si occuperà di mettere tappi e filtri?
Poco o nulla si dice su un approccio differenziato alla transizione energetica, una delle richieste chiave dei Paesi del sud del mondo. Il passaggio alle rinnovabili può essere traumatico, e causare scompensi socio-economici, sostiene un nutrito gruppo di Stati. “Non c'è alcun riferimento alle responsabilità comuni e differenziate tra paesi sviluppati e non", ha affermato il rappresentante della Bolivia. E debole è il linguaggio sulle attività di adattamento alla crisi del clima, privo di limiti temporali cogenti. Poca chiarezza su termini il cui significato non è chiaramente definibile (e quindi, in qualche misura, impugnabile), come “transformative adaptation” and “maladaptation avoidance”. Poca chiarezza è un modo per lasciare le decisioni in sospeso.
(by Libero portale)

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