Creato da FaMeDaMoRe il 05/07/2005

Sentimenti Violenti

-quando l'istinto...lascia poco spazio alla ragione...-

 

 

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Post n°15 pubblicato il 11 Maggio 2007 da FaMeDaMoRe
Oggi ho trovato questo articolo girando nel web...
" Fame d'amore "
       

Ciascuno di noi farebbe carte false pur di non rinunciare ad essere amato. E gli animali, le scimmie, in particolare, grazie alle ricerche di Harry Harlow, ben esemplificano questa tendenza umana: preferiscono rinunciare al cibo pur di ricevere affetto, calore e gratificazione emotiva.E noi esseri umani non siamo molto diversi in questo. In fondo, la componente sociale di ciascuno di noi non fa che esaltare tale tendenza.

E così, quando si è incapaci di dare e ricevere amore in modo sano, autentico, siamo disposti a ricevere dei riconoscimenti negativi pur di essere considerati.E così la vita si sussegue tra relazioni in cui si viene abusati, sbeffeggiati, disprezzati al limite violentati, fisicamente e, in ogni caso, sempre e comunque anche emotivamente.

“Lo fa per il mio bene, lo fa perché mi vuole bene”.

Questa è la giustificazione che spesso si ode da chi vive in prima persona queste forme di relazione.I modelli relazionali si trasmettono di generazione in generazione, si consolidano, si calcificano e modificarli diventa sempre più difficile. Si accettano così come sono, perché “è sempre stato così” e non si riescono a concepire neppure lontanamente delle alternative.

Prima o poi, però, nasce chi, per un motivo o per l’altro, decide di ribellarsi, di rivoluzionare questo sistema e da solo, oppure con l’aiuto di un professionista, medico, psicologo, filosofo o altro comincia a riflettere e ad osservare con occhio attento come si farebbe con un’opera d’arte la propria vita e quella di chi sta intorno e con cui si hanno i legami più stretti.

A quel punto cominciano a presentarsi i nodi, i chiaroscuri diventano sempre più nitidi e quel che non si era voluto vedere fino a quel momento viene messo istantaneamente a fuoco.Ed ecco il bisogno di affetto che da piccoli si arrivava quasi ad implorare, comportandosi da ‘bravi bambini’, come richiesto, accudendo i fratellini, fungendo da sostituti genitoriali, proprio di coloro che avrebbero dovuto dispensare quell’affetto tanto prezioso, vitale, nutriente, ma di cui gli stessi caregiver erano così affamati e carenti.

E in questo modo il bambino affamato è cresciuto, ma la fame è rimasta intatta, anzi, forse si è accresciuta. La reazione può essere la rivendicazione, in una sorta di richiesta incessante, esasperante, senza fine, atta a prosciugare il partner di turno, di qualcosa che lui stesso non può fornire, non per cattiva volontà, ma perché si tratta del nutrimento interno che lo stesso questuante dovrebbe in ampia parte essere in grado di dispensarsi.

Oppure, all’opposto, vi può essere la negazione: “Io non ho bisogno di nessuno!”, chiara reazione autarchica, di chiusura, di autosussistenza, come se l’idea di non dover più dipendere da alcuno possa essere sufficiente per negare il desiderio, per colmare un bisogno, ma soprattutto per evitare un nuovo rifiuto. Meglio fuggire, che rischiare di mettersi in gioco.

Nel momento in cui il ‘rivoluzionario’ decide di prendere in mano la sua vita, quando si rende conto che il bambino ferito non c’è più, ma che la sua ferita sussiste nel suo essere adulto e che è questa che deve sanare, quando non c’è più una ribellione fine a se stessa del tipo “Non ci sto!”, ma una decisione attiva, consapevole e responsabile della sua direzione di vita a quel punto inizia il percorso di risalita.

Come posso provvedere al mio nutrimento?

Questa è la domanda fondamentale a cui ciascuno di noi in modo molto personale è chiamato a rispondere.Ognuno ha i suoi metodi, le sue tecniche, per alcuni può essere la meditazione, per altri il ricamo, la lettura, un pomeriggio al mare oppure sulle piste da sci. Una volta soddisfatti propri bisogno, dispensato il proprio nutrimento ci si può avvicinare agli altri sufficientemente sazi per donare, ma altrettanto disponibili ancora a ricevere, nella convinzione che non ‘tutto’ può essere ottenuto in modo autonomo.

 

 Ciascuno di noi è un essere sociale e come tale deve cercare di trovare la distanza ottimale dagli altri in un sano equilibrio tra autonomia e dipendenza, cosa che può variare da persona a persona, così come nel medesimo individuo nel corso del tempo.

A quel punto ci si sente liberi di decidere se e chi può essere un buon interlocutore per noi in quel determinato momento di vita, da chi, se, quando e cosa ricevere (e donare). E alla 'fame d’amore' si sostituisce il desiderio, di donare e di ricevere.

 
 
 
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