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Post N° 11

Post n°11 pubblicato il 26 Marzo 2007 da Fate_da_rapire
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L'infibulazione in Italia è un reato

Dal 22 dicembre 2005 l'infibulazione in Italia è un reato. Il Senato ha approvato in via definitiva il Disegno di legge n. 414-D relativo alle disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazione genitale femminile (clitoridectomia, escissione, infibulazione e qualsiasi altra operazione che provochi effetti dello stesso genere). La nuova normativa, composta da nove articoli, detta «le misure necessarie per prevenire, contrastare e reprimere le pratiche di mutilazione genitale femminile quali violazioni dei diritti fondamentali all'integrità della persona e alla salute delle donne e delle bambine» in «attuazione degli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione e di quanto sancito dalla Dichiarazione e dal Programma di azione adottati a Pechino il 15 settembre 1995 nella quarta Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sulle donne». Ora chiunque praticherà l'infibulazione sarà punito con la reclusione da 4 a 12 anni. La pena sarà aumentata di un terzo (arrivando così a 16 anni) se la mutilazione viene compiuta su una minorenne e in tutti i casi in cui viene eseguita per fini di lucro. I medici scoperti a praticarla rischiano anche la cancellazione dall'ordine per un massimo di 10 anni. La legge italiana colpirà i colpevoli anche nel caso in cui l'infibulazione viene eseguita all'estero. Nei consolati italiani nei paesi dove è praticata l'infibulazione, al momento della concessione del visto, ci saranno funzionari incaricati di far conoscere la legge italiana sui diritti delle donne e delle bambine. La legge prevede anche lo svolgimento di campagne di informazione tra gli immigrati. Si calcola che in Italia siano circa 45 mila le ragazze provenienti dai paesi dove l'infibulazione viene ancora praticata. Nel nostro Paese vivono 40mila donne infibulate e, ogni anno, 6mila bambine, tra i quattro e i dodici anni, con genitori provenienti soprattutto dai paesi dell'Africa sub-sahariana, rischiano di essere sottoposte a questo rituale

Mutilazioni Genitali Femminili

Il fenomeno

Sono almeno 135 milioni, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, le ragazze e le bambine che hanno subito mutilazioni sessuali e ogni anno se ne aggiungono altri due milioni. Le MGF sono praticate soprattutto in Africa e in alcuni paesi del Medio Oriente (Egitto, Yemen Emirati Arabi). Vi sono anche casi di mutilazioni in alcune parti dell’Asia, nelle Americhe e in Europa - compresa l’Italia - all’interno delle comunità di immigrati.

Cosa sono le Mutilazione Genitali.

Esistono tre tipi di mutilazioni genitali: la clitoridectomia in cui viene tolta tutta, o parte della clitoride; l’escissione che consiste nella asportazione della clitoride e delle piccole labbra; l’infibulazione, la forma estrema, che prevede oltre alla clitoridectomia e all’escissione, anche il raschiamento delle grandi labbra che sono poi fatte aderire e tenute assieme, così che, una volta cicatrizzate, ricoprano completamente l’apertura della vagina, a parte un piccolo orifizio che servirà a far defluire l’urina e il sangue mestruale. Il tipo di mutilazione, l’età delle vittime e le modalità dipendono da molti fattori tra cui il gruppo etnico di appartenenza, il paese e la zona (rurale o urbana) in cui le ragazze vivono. Nel Tigrai la mutilazione viene praticata sette giorni dopo la nascita, in altre zone alla prima gravidanza, ma nella maggior parte dei casi l’età è compresa tra i quattro e gli otto anni.

La pratica

"..Subii la mutilazione quando avevo 10 anni. Mia nonna mi disse che mi portavano al fiume per una cerimonia particolare e che dopo avrei ricevuto molto cibo da mangiare. Ero una bambina innocente e fui condotta, come una pecora, al massacro. Entrate nella boscaglia fui condotta in una casupola buia, e spogliata. Fui bendata e denudata completamente. Due donne mi trascinarono nel luogo dell’operazione. Fui costretta a sdraiarmi sulla schiena da quattro donne robuste, due mi afferrarono saldamente ciascuna gamba. Un’altra si sedette sul mio petto per impedire che la parte superiore del mio corpo si muovesse. Mi ficcarono a forza un pezzo di stoffa in bocca per impedirmi di urlare. Poi fui rasata. Quando l’operazione iniziò, cominciai a lottare. Il dolore era terribile ed insopportabile. Mentre mi divincolavo fui mutilata malamente e persi molto sangue. Tutte quelle che prendevano parte all’operazione erano mezze ubriache. Altre danzavano e cantavano [...].Fui mutilata con un temperino spuntato.

Hannah Koroma, Coordinamento Donne della sezione ghanese di Amnesty International

Per la mutilazione vengono anche usati vetri rotti, coperchi di lattine, forbici, rasoi o altri oggetti taglienti. Se ha luogo l’infibulazione, per assicurare l’aderenza delle grandi labbra vengono usate spine di acacia o fili di crine e poi le gambe sono tenute legate fra loro per un periodo di quaranta giorni. Per favorire la cicatrizzazione sulla ferita viene applicata una pasta a base di erbe, latte, uova, cenere e sterco.

Le conseguenze fisiche

La mutilazione causa intenso dolore, provoca shock ed emorragie post-operatorie che possono portare a morte le bambine. Vi possono essere inoltre danni permanenti agli organi vicini, ascessi e tumori benigni ai nervi che innervavano la clitoride. L’uso di strumenti non sterilizzati, di spine di acacia e di crini provoca infezioni, e può essere veicolo di trasmissione di HIV. Nel caso dell’infibulazione le complicanze sono più gravi. Infatti, a lungo andare la ritenzione di urina sviluppa infezioni che possono interessare sia il tratto urinario e i reni che la vagina. Il ristagno del flusso mestruale può provocare infezioni a carico all’apparato riproduttivo che possono portare alla sterilità. Quando le ragazze diverranno adulte il loro primo rapporto sessuale è molto doloroso e spesso si rende necessario praticare un taglio alle grandi labbra prima del rapporto sessuale. E così pure prima del parto, altrimenti il bambino non potrebbe uscire. Dopo il parto le donne sono spesso infibulate di nuovo. L’allargamento e il restringimento dell’apertura vaginale ad ogni parto crea aderenze dolorose e cicatrici estese a tutta l’area genitale.

Le conseguenze psicologiche

Gli effetti psicologici delle mutilazioni sono più difficili da studiare di quelli fisici. Le testimonianze raccolte parlano di ansia, terrore, senso di umiliazione e di tradimento, che possono avere effetti a lungo termine. Alcuni esperti suggeriscono che lo shock e il trauma della operazione possono contribuire a rendere le donne "più calme" e "docili", qualità molte apprezzate nelle società che praticano le mutilazioni genitali.

Le motivazioni della pratica

I motivi che portano a praticare le mutilazioni sessuali possono suddividersi in cinque gruppi.

Identità culturale: in alcune società, la mutilazione stabilisce chi fa parte del gruppo sociale e la sua pratica viene mantenuta per salvaguardare l’identità culturale del gruppo.

Identità sessuale: la mutilazione viene ritenuta necessaria

perché una ragazza diventi una donna completa. La rimozione della clitoride e delle piccole labbra - "parte maschile" del corpo della donna - sono indispensabili per esaltare la femminilità, spesso sinonimo di docilità ed obbedienza.

Controllo della sessualità: in molte società vi è la convinzione che le mutilazioni riducano il desiderio della donna per il sesso, riducendo quindi il rischio di rapporti sessuali al di fuori del matrimonio. Non si ritiene possibile che una donna non mutilata si mantenga fedele per propria scelta. Nella pratica, le mutilazioni sessuali riducono la sensibilità, ma non il desiderio, che dipende dalla psiche.

Credenze sull’igiene, estetica e salute: le ragioni igieniche portano a ritenere che i genitali femminili esterni siano "sporchi". In alcune culture si pensa che i genitali possano continuare a crescere fino ad arrivare a "pendere" tra le gambe, se la clitoride non viene recisa. Alcuni gruppi credono che il contatto della clitoride con il pene di un uomo ne causerebbe la morte; altri che se la clitoride toccasse la testa del neonato, durante il parto, esso morirebbe.

Religione: la pratica delle mutilazioni genitali femminili è antecedente all’Islam e la maggior parte dei mussulmani non la usano. Tuttavia nel corso dei secoli questa consuetudine ha acquisito una dimensione religiosa e le popolazioni di fede islamica che la applicano adducano come motivo la religione. Il Corano non parla delle mutilazioni, esistono solo alcuni hadith (detti attribuiti al Profeta) che ne fanno cenno. In un di essi si racconta che Maometto vedendo praticare una escissione abbia detto alla donna che la praticava: "Quando incidi non esagerare, così facendo il suo viso sarà splendente e il marito sarà estasiato". A conti fatti le mutilazione genitali vengono praticate anche da cattolici, protestanti, animisti, copti e falasha (ebrei etiopi) nei vari paesi interessati.

Paesi africani in cui le mutilazioni sono vietate per legge (in ordine di entrata in vigore):

Guinea, Repubblica Centro Africana, Ghana, Etiopia, Djbouti, Uganda, Egitto, Burkina Faso, Costa d'Avorio, Tanzania, Togo, Senegal.

   

La lotta alle mutilazioni

Gli sforzi internazionali per sradicare la mutilazione genitale femminile hanno una lunga storia, ma è solo in questo secolo, grazie anche alla crescente pressione delle organizzazioni femminili africane, che si sono raggiunti risultati concreti. La Commissione sui Diritti Umani delle Nazioni Unite sollevò il problema delle mutilazioni genitali femminili nel 1952 e questa questione fu a lungo oggetto di studi e di dibattito.

Finalmente nel 1984 l’ONU creò a Dakar, un "Comitato interafricano sulle pratiche tradizionali pregiudizievoli per la salute delle donne e dei bambini" (IAC). L’obiettivo principale dello IAC era dar vita a campagne di sensibilizzazione e formazione per attivisti locali, levatrici e membri autorevoli delle comunità locali. A partire dagli anni ‘90 le mutilazioni genitali femminili vennero riconosciute dalla comunità internazionale come una grave violazione dei diritti delle donne e delle bambine. Nella Dichiarazione sulla violenza contro le donne del 1993, le MGF vennero dichiarate una forma di violenza nei confronti della donna e nel 1994 la collaborazione tra le agenzie dell’ONU e le ONG portò al varo di un Piano di azione per eliminare le pratiche tradizionali pregiudizievoli per la salute della donna e delle bambine. Questa intenzione venne poi riaffermata con la Conferenza di Pechino nel 1995. Nel settembre 1997 lo IAC tenne un convegno per giuristi nella sede dell’Organizzazione per l’Unità Africana (OUA) ad Addis Abeba che elaborò la Carta di Addis Abeba, un documento che chiede a tutti i governi africani di adoperarsi per eradicare (o drasticamente ridurre) le mutilazioni genitali femminili entro il 2005. Le mutilazioni vengono vietate anche dall’art.21 della Carta Africana sui diritti e il benessere del fanciullo.

(Amnesty International - Sezione Italiana)

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