Ad enumerare i danni mi limito,
dalle dita dei piedi debutto, scortando
le curve delle diafane dita, alle vene che
percorrono il reticolato frangibile del dorso
muscoli tesi schioccano all'ombra
talvolta li seguo quei nerbi
sono un tumulato porto di atti inevasi
e ascendo le caviglie, sogghignando
degli abbrivi e alle stramazzate
incolume nel fiato forse, ma non nella solitudine
del blocco scisso cartilagine e gesso
cabro in zuccherine carezze e
l'abbozzo seguo di questo saltimbanco,
dolina di pupille, cocciuta scarabocchio i dadi
la bocca sgombra e monto
sulla linea lattescente sino alle ginocchia
soffiando addosso alle cicatrici
delle corse a perdifiato senza scorgere e scorgermi
affidandomi al respiro e poi al pulviscolo
giungo smaniosa alle ceree cosce,
che imperfette mi riuniscono e mi accovacciano
torcendo il busto, le parole i pensieri, i varchi
e le non appropriate nuvole all'essere
m'accade di scaraventare giù un pensiero e
mutarmi in goccia, sovente mi smarrisco nel salto
esiguo seme ridivengo e poi ancora in noi m'imbatto.
Or ora il tempo soccombe, il passo s'arresta
sul cedevole ventre, allacciandomi
meandro su meandro alle braccia sui seni addossate
e quel neo immesso a destra al verso
che sul collo sversa e screma le labbra
polpute di malinconia quando indosso al foglio s'adagia
obliando che gli occhi oramai son serrati
bastante mi è il tempo di sperare di scorgere ancora
il sole attraverso i palmi in un gioco di vanità
e veemenza di polsi appesi ad un sorso dal mare
ex novo ci ameranno le stelle nella lucida e maldestra insania
come quando, partoriti, in corpo maturati
assecondati a braccetto e spasmodici
di straforo dalle orecchie tarpate consumati.
Inviato da: cassetta2
il 12/07/2020 alle 18:17
Inviato da: EMMEGRACE
il 20/11/2016 alle 16:47
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il 17/11/2016 alle 14:35
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il 17/11/2016 alle 12:33
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il 15/11/2016 alle 17:29