Alark si spinse fin oltre l'universo conosciuto dall'uomo.
Anche Alark, come ormai da generazioni, non era più un uomo ma un'entità eterea il cui corpo giaceva in sospensione in qualche luogo dell'universo.
Le menti degli uomini vagavano nell'immensità dell'universo in un tempo non tempo ed in una dimensione non dimensione.
Alark si stava allontanando dall'universo conosciuto che rimpiccioliva sempre più fino a raggiungere le dimensioni di una trafittura di luce che conteneva tutte le galassie ed i mondi ormai già conquistati ed esplorati dall'uomo.
Osservava il lento ma inesorabile decrescere della brillantezza di quell'universo perché, le stelle, si stavano spegnendo.
Per migliaia di miliardi di anni la consunzione dell'universo aveva accresciuto il flusso entropico che ormai era giunto al culmine e stava per giungere la fine di tutto.
L'energia persa o consumata non si può ricostruire o meglio, rigenerare.
Non erano rimaste che nane bianche e poca polvere cosmica ed ancor meno, idrogeno interstellare con cui poter fabbricare nuove stelle che sarebbero durate alcuni miliardi di anni un nulla, in confronto con l'infinito tempo che non aveva mai avuto origine.
Non esisteva più, da miliardi di anni, neppure la galassia che aveva originato l'umanità e che, in miliardi di anni, aveva popolato e conquistato tutti i mondi e le galassie.
Il nulla si stava facendo strada ed Alark, si trovava ormai in una dimensione dove non vagavano neppure le menti degli altri uomini.
Era solo.
Si guardò intorno ma non scorgeva nulla che potesse riconoscere, esistevano solo il solido buio ed il nulla.
Cercò allora di contattare qualche entità vagante come lui forse, dispersa anch'essa oltre i confini dell'universo conosciuto dall'uomo.
Ma nessuna voce o pensiero giungeva in risposta al suo richiamo.
Vagò ancora per miliardi di anni in un oblio senza meta ed in cui, i pensieri, si avvinghiavano come tentacoli appartenenti ad un altra entità che non fosse la sua.
Angoscia? Forse! Ma non era neppure la paura della solitudine era piuttosto l'assillante dilemma: - Come possiamo ricreare l'universo?
Giunse una voce... inattesa... misteriosa... da un infinito lontano ma chiara e rassicurante.
Alark chiese: - Chi sei?
La voce rispose: - Sono colui che ha creato il cosmo ed il nulla, il tutto ed il niente, la luce ed il buio.
Alark si domandò chi egli fosse e disse: - Da dove giungi?
E la voce rispose: - Da un luogo che nessuno ha mai esplorato e che nessuno mai potrà esplorare è un luogo, che non esiste in nessun luogo se non in me.
Alark era confuso ma ancora domandò: - Sai dove posso trovare altri esseri come me? Sai dove si sono rifugiati nell'attesa della fine di tutto?
La voce si fece più vicina e rispose: - Alark! Prendi questo oggetto.
Alark rimase un momento silenzioso e poi disse: - Ma non posseggo braccia né, tanto meno mani per coglierla.
La voce rispose: - Non preoccupartene, tieni!
Alark protese qualche cosa che non aveva mai posseduto o che credeva di non possedere ed afferrò l'oggetto.
Domandò confuso: - Che cos'è?
La voce rispose: - Osservalo.
Alark osservò l'oggetto che somigliava ad una piccola sfera di cristallo, lo rimirò e disse:
- A cosa serve?
- Osservalo più da vicino, più vicino, sempre più vicino.
Alark non capiva ma più avvicinava la sua mente all'oggetto e più questo s'ingrandiva e s'illuminava ecco, ora vi era entrato e vide una grande ed abbagliante esplosione e poi, ciò che da sempre conosceva... un universo con miliardi e miliardi di galassie e di stelle e mentre si stava addentrando in questo nuovo e meraviglioso universo appena nato sentì per l'ultima volta la voce: - Alark, vai e porta il mio messaggio e la conoscenza in questo nuovo universo come altri hanno già fatto prima di te. Tu, eri l'ultimo rimasto.
Alark, solo da quel momento, si rese conto che aveva incontrato Dio.