Creato da credoquiaabsurdum978 il 04/06/2008
Homo + canis = ?

CANE: istruzioni per l'uso

 

Benvenuti in questo blog.
Una prima, fondamentale ed imprescindibile precisazione: se avete un cane e siete desiderosi di comprenderlo al meglio e di rispettarlo quanto merita così da godere di lunghi anni in (reciprocamente) piacevole compagnia, questo blog condivide le vostre aspirazioni.

Se avete un cane e sapete solo che deve mangiare due volte al giorno ed uscire ogni tanto per sporcare, qui potreste imparare qualcosa.

Se non avete un cane, ma lo vorreste e tutto quello che sapete e pensate di dover sapere su di un cane é che deve mangiare due volte al giorno ed uscire ogni tanto per sporcare...FERMATEVI!
Prima documentatevi seriamente, poi chiedetevi se DAVVERO volete un cane. In questo blog troverete qualche indicazione, su testi ed argomenti.

Questo blog é contro l'adozione irresponsabile di cani.

 

I prossimi argomenti

 

In questo box trovate i prossimi argomenti che verranno trattati nel blog.


  • Trentino: 'non é un paese per cani'.
  • Gli allevatori: "brutta razza"...
  • Educatori e ri-educatori cinofili: panorama della professsionalità in Italia di queste figure
  • Anatomia: l'apparato della masticazione
  • Anatomia: la coda
  • Imparare il "canese". Gli strumenti della comunicazione canina: la coda.
  • Anatomia: le orecchie
  • Imparare il "canese". Gli strumenti della comunicazione canina: le orecchie
  • Anatomia: gli occhi
  • Imparare il "canese". Gli strumenti della comunicazione canina: gli occhi ed il muso
  • Anatomia: il pelo
  • Imparare il "canese". Gli strumenti della comunicazione canina: il pelo
  • Anatomia: l'apparato della fonazione
  • Imparare il "canese". Gli strumenti della comunicazione canina: le vocalizzazioni
  • Imparare il "canese". Gli strumenti della comunicazione canina: utilizzo del resto del corpo
  • Imparare il "canese". Gli strumenti della comunicazione canina: ormoni e feromoni
 

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...Esemplare...

 

19/07/08 Speedy
Sabato la mia ragazza, il mio cane ed io abbiamo conosciuto una ragazza (dall'accento, francese) ed i suoi tra cagnini al Parco Nord. Tre piccoli cagnetti, ognuno proveniente da una situazione disagiata di canile. La piccola terrier in età avanzata, la femmina di Cirneco dell'Etna con le zampe davanti deformate e lui, Speedy, un meticcino di forse un paio di chili con le zampe posteriori devastate da un investimento. Vederlo correre (sì, correre!) su e giù per la collinetta del parco, trascinandosi sull'erba morbida come un tappeto, festoso ed allegro, mi ha dato da pensare su quanto possiamo imparare dalla forza e semplicità d'animo dei nostri cani. Forse, avere obiettivi semplici e chiari nella vita e riuscire a perseguirli nonostante 'gli incidenti di percorso', é la chiave di ogni serenità e felicità...

 

Ipotesi

 

Da "Il mondo senza di noi", di A. Weisman
Il biologo di Harvard Edward O. Wilson parla del ripopolamento della terra da parte delle specie animali, subito dopo un'ipotetica sparizione della razza umana:
"[...] La megafauna sopravissuta si espanderebbe molto in fretta. Soprattutto i carnivori. In quattro e quattr'otto farebbero fuori il nostro bestiame. Dopo un paio di centinaia d'anni rimarrebbero pochi animali domestici. I cani si inselvatichirebbero, ma non durerebbero molto: non sono mai stati competitivi".
Strana opinione, quella di Wilson. Eppure i canidi esistevano da prima di noi (inteso come sapiens) e non si capisce perché dovrebbero sparire dopo di noi...

 

Il mitico Kong

 

Rappresentano un passatempo utilissimo per i nostri cani; permettono loro di tenere allenate le mascelle e puliti i denti e grazie alla resistenza davvero rimarchevole, possono essere lasciati a loro disposizione in nostra assenza.

Ecco il link della casa produttrice: http://www.kongcompany.com/

 

Giacomo Balla - "Dinamismo di un cane al guinzaglio", 1912

 

Da leggere assolutamente!

 

Università degli Studi di Bologna
Morfofisiologia Veterinaria e produzioni Animali
Università degli Studi di  Milano
Psicologia
Università degli Studi di Parma
Biologia evolutiva e funzionale

Coordinatore Scientifico del Programma di Ricerca:
Pier Attilio Corsi (Università di Bologna)

"La qualità della relazione uomo-cane: valutazione del benessere dell'animale attraverso parametri etologici e fisiologici"

Il testo di obiettivi, risultati, bibliografia, etc. all'URL:

http://www.ricercaitaliana.it/prin/dettaglio_completo_prin-2004078103.htm#obiettivi

Lettura vivamente consigliata agli operatori di canili e rifugi!

 

Attenti ai cancelli!

 
21/08/08
Questa mattina, mentre camminavo verso l'ufficio, ho incontrato un mio collega (oggi in ferie) assieme alla sua bassottina con la testa tutta fasciata: é stata azzannata da un altro cane che si é sporto da una recinzione ed é riuscito ad addentarle un orecchio, recidendogliene parte.
Prestate sempre la massima attenzione alle recinzioni, quando siete a passeggio col vostro cane: soprattutto se il vostro é piccolo, essere azzannato all'improvviso da un grosso cane che riesce a sporgere la testa da una cancellata, potrebbe essergli fatale! Insegnate quindi ai vostri cani a non infilare mai la testa tre le sbarre di cancelli e recinti per brucare erba o annusare qualcosa: potrebbe rivelarsi un vizietto estremamente pericoloso.
 

Sleeping dogs

 

 

Idiozie dai forum...parte 1

 

Domanda di un utente sul collare a strozzo: "ma non fa male al cane?"

Risposta: "Non fa male al cane, é solo il nome che fa impressione"

L'idiota risposta é stata gentilmente fornita da una donna che si presenta come 'Professional Handler e Groomer' nel suo blog personale.
Complimenti vivissimi! Che sensibilità e cultura cinofile encomiabili!

 

MALINTESI

 

Confondere lupo e cane domestico é un po' come sostenere che un abitante delle nostre metropoli ed un indio amazzonico hanno grosso modo lo stesso atteggiamento o culture e retaggi paragonabili.

Messa così la questione, dovrebbe essere chiaro a tutti che non regge...

 

"PUG PUPPIES"

 

Franklin Whiting Rogers, 1818 

 

"Venere d'Urbino"

 

Tiziano, 1538
 
 

 

 

Razze e selezione oggi

Post n°4 pubblicato il 16 Giugno 2008 da credoquiaabsurdum978
 

Tra ipocrisia e ignoranza, arroganza e superficialità - parte 2

Della tristissima realtà degli allevamenti lager che producono sfilze di cuccioli per alimentare il commercio dei cani di razza ma “di seconda scelta” (spesso senza pedigree e venduti già in stato di deperimento in negozi e fiere) per chi vuole un cane simile alla razza desiderata ma spendendo meno nell’acquisto, parleremo in un altro momento. Da notare che, tanto quanto il fenomeno esiste da noi (spesso i cuccioli arrivano da allevamenti lager in est Europa), altrettanto esiste e pare ben diffuso negli Stati Uniti (lo denuncia sempre Patricia B. McConnell). Per farsi un’idea della portata del fenomeno, al seguente link sono raccolti alcuni articoli interessantissimi: http://www.unaecoanimali.it/Stampa/traffico_dallest.htm. Quindi, sfatiamo un primo mito: al di là dei traffici appena menzionati (che di legale ed umano hanno poco o nulla), la percentuale di allevatori veramente seri, lungi da qualsiasi interesse al lucro ed animati solo ed unicamente da profonda passione per la peculiare razza allevata sono sicuramente una minoranza, che presumibilmente è nota ad una ristretta cerchia di amatori e che certamente non si affida a metodi commerciali per reclamizzare i propri prodotti ed avere maggiore diffusione. Tutto il resto, è mero commercio di carne viva, che l’allevamento sia blasonato o meno. Chi nega questo, dovrebbe anche trovare una motivazione credibile per giustificare i prezzi esorbitanti della maggior parte dei cuccioli di razza: e non vale per questo citare il costo di monte ed acquisto dei riproduttori, perché il loro costo è il frutto del medesimo meccanismo che si vorrebbe giustificare citandolo. La realtà é molto semplice: il valore e prezzo di un cane, segue lo stesso andamento di quello di qualsiasi altra “merce”, secondo le stesse regole: quelle della domanda e dell’offerta. E se non è degradare il cane questo…Ora, dal punto di vista del futuro proprietario, vediamo quali garanzie dovrebbe dargli l’acquistare un cucciolo da un “allevatore serio”. Facendo un passo indietro, un punto cruciale è la scelta della razza. Ed è su questo punto che ignoranza e superficialità rasentano l’assurdo.

Molte persone proprietarie di cani, anche quelle con le quali ho avuto degli scambi in forum varii, dichiaravano di aver scelto una razza ben precisa generalmente dopo averne letto lo standard, averne studiato le attitudini, la storia ed essersi assicurate di poter raggiungere un allevamento serio dove procurarsi un cucciolo di ottima genealogia. E qui c’è la prima sciocchezza.

Lo standard di razza è un documento steso dai primi selezionatori della razza o (per razze che hanno avuto numerose revisioni dello standard nel corso del tempo) da allevatori ed appassionati della razza, che non ha nessun valore se non come dichiarazione di intenti e professione di fede. Quello che viene descritto nello standard, di qualsiasi razza stiamo parlando, è il cane ideale che non ha nulla a che vedere con il quadrupede peloso, in carne ed ossa, che si aggira per la casa dell’ingenuo proprietario. Questo si dimostra molto banalmente: anche immaginando la genetica e la trasmissione ereditaria come leggi infallibili e volendo pensare gli allevatori tutti tanto in gamba da saper gestire i corredi genetici di un cane ed una cagna (per non parlare della loro ascendenza) con la stessa abilità con la quale mischierebbero gli ingredienti di un Negroni fino ad ottenere una cucciolata geneticamente assolutamente predeterminata (e già solo questa è un’idiozia insostenibile), lo standard di una razza non può in alcun modo rendere conto o prevedere tutto quello che rappresenta il peso sull’altro piatto della bilancia, tanto nella vita di un cane, quanto nella nostra: l’esperienza ed il frutto dell’apprendimento. Inoltre, nessuno standard parla delle tare ormai endemiche di alcune razze (esempio principe, displasia dell’anca nel pastore tedesco), probabilmente derivate da un allevamento indiscriminato su larga scala e dalla mania di “tipicizzare” i soggetti, a tutto detrimento della loro funzionalità come organismi viventi. Crolla quindi anche il falso mito del pedigree  come garanzia di salute del cane: aggirare i controlli che darebbero qualche garanzia in più all’ingenuo acquirente è abbastanza semplice. Alcuni allevatori arrivano ad operare i loro soggetti riproduttori malati per poi far loro le lastre (perfette) da presentare ai futuri proprietari che si rivelassero pignoli ed informati e quindi giustamente scrupolosi ed attenti nella scelta.

 
 
 

Razze e selezione oggi

Post n°5 pubblicato il 16 Giugno 2008 da credoquiaabsurdum978
 

Tra ipocrisia e ignoranza, arroganza e superficialità - parte 3

Ecco quindi dimostrato l’inconsistenza e sostanziale inutilità dello standard di razza come termine di paragone e di scelta di un cane e come “garanzia” su di un cucciolo. Lo standard ha in realtà il valore di un depliant illustrativo di una nuova automobile: informandomi del fatto che quella automobile di tre litri di cilindrata fa 10 km con un litro di carburante, semplicemente mi dà modo di valutare la sua incompatibilità con la mia percorrenza media annua di 30.000 km, stante il mio stipendio.Queste considerazioni hanno validità sempre e solo che sia il raziocinio a guidare le scelte di un futuro proprietario di cane.Altrimenti, tutto cambia, nel momento in cui la scelta vuole essere camuffata da scelta consapevole, mentre, in realtà, è dettata da superficialità e frivolezza. Come l’aspetto simpatico di un cane, ad esempio.A documentare e sostenere molto validamente questa ipotesi, anzi, questa purtroppo diffusissima realtà, porto due esempi favolosi, che riguardano due razze “oggi” molto celebri e diffuse (labrador retriever e border collie), accomunate da una particolarità, almeno nel nostro Paese: la loro apparizione in spot pubblicitari molto popolari. In effetti, ho sempre avuto il dubbio che quel cucciolo della pubblicità di carta igienica e rotoloni avesse a che fare con l’esplosione di Labrador anche dalle mie parti e che lo zampino di Shonik fosse coinvolto con il proliferare di simpatici border collie al guinzaglio di allegre famigliole.Esporrò rapidamente i dati per non far perdere loro in immediatezza ed evidenza.Primo spot della nota marca di carta igienica in cui appariva un cucciolo di Labrador: 1989, poi nuova serie nel 1993 ed ancora negli anni successivi; un’immagine del cucciolo compare anche sulle confezioni di carta igienica (fonte: sito Spot80.it).Andamento iscrizioni cuccioli (ROI/LOI) di Labrador periodo 1988 – 2004: da 175 (1988) a 8272 (!!! – 2004).E’ curioso rilevare che anche le iscrizioni di cuccioli di golden retriever (che, almeno da cuccioli, hanno una forte somiglianza con i cuccioli di Labrador e che più o meno nello stesso periodo era comunque la razza protagonista della pubblicità di una nota marca di cibo per cani) hanno subito, nel medesimo lasso temporale, una impennata simile: da 101 a 3610. A confermare l’ipotesi che non si tratti di un caso, confrontiamo l’andamento del flatcoated retriever (nota bene: cane dalle attitudini assimilabili, ma di aspetto ben diverso dalle precedenti due razze): 0 cuccioli iscritti dal 1988 al 1992, una media di 35 cuccioli l’anno fino al 2004 (fonte: Retriever.it – statistiche e dati).Non mi sembra possibile obiettare che si tratti di un caso.Ad ogni buon conto, ho voluto fare la prova del nove ed ho pensato al famoso spot di una compagnia telefonica, recitato da Fiorello e Shonik.Data della messa in onda del primo spot in cui recitava la star (dico Shonik, non Fiorello): 1998.Iscrizioni LOI e LIR di border collie nel 1997: 247.Iscrizioni nel 2006: 1358.Per evitare che qualcuno obietti che in generale le iscrizioni ai libri genealogici sono aumentate negli ultimi anni, preciserò che nel periodo 1997 – 2005, a titolo di esempio, le iscrizioni totali sono scese da 146275 (ROI/LOI + RSR/LIR) a 124660 (fonte: ENCI.it).Mi sembrano evidenze abbastanza convincenti.E’ persino inutile discutere di quanto poco sia etico il comportamento degli allevatori che hanno cavalcato l’onda della popolarità di queste razze inondando di soggetti negozi ed allevamenti.Possiamo viceversa accennare brevemente ai risultati facilmente constatabili dati dalla miscela esplosiva di superficialità dei potenziali e reali acquirenti di cuccioli di queste razze assommata alla smania di lucro degli allevatori.

 

 

 

 

 
 
 

Razze e selezione oggi

Post n°6 pubblicato il 16 Giugno 2008 da credoquiaabsurdum978
 

Tra ipocrisia e ignoranza, arroganza e superficialità - parte 4

Jean Pageat (“Cani si nasce, padroni di diventa” – 1999) scrive: “[…] Paradossalmente, l’uomo considera il cane un essere che capisce tutto (pur senza saper parlare) e insieme un animale le cui caratteristiche comportamentali sono geneticamente determinate come il colore del pelo, la lunghezza delle orecchie o della coda […] Nella descrizione del carattere delle varie razze si trova scritto, per esempio, che il labrador è un cane dolce e calmo, qualità che fanno di lui un ottimo cane guida. Vengono invece a consultarmi padroni presi dal panico perché il loro cane è diverso; alcuni chiamano addirittura in causa la consanguineità, le tare genetiche… In realtà non ce n’è bisogno: si può semplicemente dire che il cane è il risultato di una serie di errori nell’organizzazione delle sue condizioni di sviluppo […]”Ovvero, come recita il titolo di questo intervento: ignoranza e superficialità.Aggiungerei, per esperienza diretta, che praticamente tutti i labrador da me incontrati nel corso delle mie quotidiane passeggiate ed uscite col mio cane, sono sovrappeso, quando non obesi tanto da essere in difficoltà nei movimenti a livelli imbarazzanti. Alcuni allevatori parlano di una ‘predisposizione della razza’ all’obesità: strano, la selezione non dovrebbe escludere tare che possono essere addirittura invalidanti?  Patricia McConnell (“All’altro capo del guinzaglio” – 2002), etologa, comportamentalista, allevatrice di pecore e di border collie (coi quali lavora nel senso unico previsto dal cane, cioè con il gregge!), scrive: “[…]I border collie, ad esempio, sono una pessima compagnia per la maggior parte delle famiglie. Avere in casa un tipico border collie è come tenere in garage una vettura sportiva che imballa il motore da sola, se non l’adoperate a sufficienza.[…]”Concludendo le riflessioni sul legame tra influsso dei media e boom nella diffusione delle razze, ricordando l’enorme diffusione avuta dal pastore tedesco grazie alle gesta di Rin Tin Tin, mi chiedo se sia un caso che l’ultimo cane “addestrato” (qui inteso proprio in senso circense e mi chiedo quanto rispettoso del cane) da un noto “addestratore” per uno spot di una marca di scarpe sportive sia un american staffordshire terrier. Dopo aver dimostrato la superficialità con la quale tanta gente, attratta “dal cane della pubblicità del/di….”, si impossessa di un cane nella più completa ignoranza e mancanza di rispetto per le peculiarità dei cani di quella razza, trovo la cosa anche inquietante, nel momento in cui nel medesimo circolo vizioso entrano razze ben più difficili da gestire come un amstaf rispetto ad un border collie o di un Jack Russel terrier (ricordate lo spot delle mele?..).

 

 

Se i dati fin qui forniti non dovessero apparire sufficientemente convincenti, mi sembra calzante citare un articolo apparso il 25 gennaio 2008 su Repubblica.it, a firma di E. Franceschini, dal titolo “Cani, dal Collie al Setter venti razze in via di estinzione - La stampa britannica lancia l'allarme: una ventina di animali inglesi diventati vulnerabili tra questi, persino il cucciolo della regina, il Corgi. Colpa delle mode e della voglia di novità”. Nell’articolo, i responsabili di Kennel Club e British & Irish Dog Breeds Preservation Trust dichiarano il rischio estinzione per venti razze con nascite di cuccioli sotto i trecento soggetti nel 2007: Glen of Imal Terrier 36 esemplari nati, Skye Terrier (37), levriero (48, a parte quelli da corsa), Sussex Spaniel (61), Smooth Collie (63), Sealyham Terrier (65), Field Spaniel (67), l'Irish Red & White Setter (93), Cardigan Welsh Corgi (68).

Le cause? Direttamente dall’articolo: “[…] Gli esperti danno la colpa a due fenomeni: uno è che qui da qualche tempo vanno più di moda i cani d'importazione, dal pastore tedesco al boxer; l'altra è che vanno di moda i cani piccoli o piccolissimi, perché più gente vive oggi in città che in campagna, cresce il numero di coloro che abitano in appartamenti anziché in case, e che dunque preferiscono animali domestici di dimensioni minime.
Un'altra ragione è che si segue il comportamento dei Vip: vedere Paris Hilton e Britney Spears con un Chihuahua in braccio ha moltiplicato le richieste per questo cagnolino in tutta la Gran Bretagna. Infine c'è il fenomeno degli incroci: sembra che il pubblico voglia novità, e gli allevatori mescolano sempre più spesso le razze per ottenerne di nuove.
Questo non significa che il cane inglese sia in crisi: certe razze, come il bulldog, simbolo dell'indomita Britannia di Winston Churchill, e il labrador (sebbene la sua più lontana origine risalga all'isola di Terranova), continuano ad andare fortissimo. Le mode, inoltre, vanno e vengono, per cui può darsi che terrier, levrieri e spaniel tornino a piacere […]”.

Il Regno Unito, peraltro é terra di sensibilità piuttosto fine verso i pet; non vi é ragionevole motivo per negare che gli stessi meccanismi (fatta salva la fine sensibilità) siano alla base dell’allevamento intensivo di cani che esiste in Italia.

 
 
 

Razze e selezione oggi

Post n°7 pubblicato il 16 Giugno 2008 da credoquiaabsurdum978
 

Tra ipocrisia e ignoranza, arroganza e superficialità - parte 5

Queste riflessioni introducono i prossimi due punti da trattare: liceità del continuare  selezione/allevamento di determinate razze e necessità di una maggiore regolamentazione di tutto il processo di nascita/sviluppo/cessione/detenzione di un cane.Delle trecento ed oltre razze riconosciute cui ho precedentemente accennato, ve ne sono molte per le quali semplicemente il presente contesto civile ed urbanizzato è inconciliabile o difficilmente/rischiosamente conciliabile con le loro peculiarità. Non cado qui in contradizione negando il peso di educazione ed apprendimento nella costruzione della personalità di ciascun cane: tuttavia, se è pur vero che Belyaev negli anni ’50 addomesticò sperimentalmente la volpe, per ovvi motivi, grazie a Dio, fino ad oggi a nessuno è venuto in mente di andarsene in giro con una volpe al guinzaglio… Per gli stessi motivi, cani da pastore e bovari senza armenti e mandrie da condurre e proteggere, mastini senza proprietà da vigilare e difendere, cani da caccia grossa che hanno da cacciare solo giochini di lattice nell’appartamento dei padroni, sono semplicemente delle aberrazioni.Sarà per l’ignoranza ancora tanto diffusa, che spesso porta a travisare completamente il comportamento di cani stressati per mancanza di un obiettivo nella vita (necessità spesso impellente, anche per via del corredo genetico), sarà per la volontà, in fin dei conti, di possedere il cane e non di cercare una vera interazione, un vero rapporto di comunicazione (o per l’incapacità diffusa di fare tanto), il fatto è che le nostre città sono invase da cani con forme più o meno gravi di stress, intolleranze sociali, fobie, perdita delle capacità comunicative, oltre a problemi fisici di vario tipo.Senza contare le pure e semplici aberrazioni della selezione, che ha creato e perpetuato nel tempo deformazioni fisicamente e fisiologicamente incompatibili col benessere dei cani. Al riguardo, sarebbe interessante fare un’indagine sul grado di consapevolezza dei proprietari di cani brachicefali (bulldog, carlini,…) pesantemente invalidati alla respirazione o di cani con handicap di movimento in generale a causa dell’obesità cui sono predisposti (labrador), di razze soggette a tare scheletrico-articolari endemiche (PT, rottweiler,..). Sarebbe interessante indagare con questi proprietari quanto il benessere dei loro cani, così tipicizzati, stia loro effettivamente a cuore.Ma il problema forse più impressionante, è rappresentato dalle condizioni di vita in totale assenza di comprensione da parte dei padroni in cui vive un’infinità di cani.Solo l’ignoranza e la superficialità degli stolti proprietari permette di non vedere la concreta ed evidente esistenza di un problema…prima che questo (spesso) si manifesti nella sua forma parossistica, con le conseguenze del caso.A chi abbia la sensibilità e coscienza sufficienti ed avvertirlo, si pone quindi il problema della liceità di proseguire nella perpetuazione e libera vendita e detenzione di animali fuori contesto quanto un cacciatorpediniere in una piscina o quanto l’albatro di Baudelaire sul ponte della nave, in balia dei rozzi marinai.Se da un lato il sistema delle associazioni ed enti cinofili si rivela assolutamente inadeguato di fronte a determinati imperativi morali ed etici (quale, ad esempio, risolvere la condizione deplorevole dei cani che vivono in contesti - per loro e le loro peculiarità – alienanti) ed incapace, oltre che indisposto, a porre un controllo e freno all’attività degli allevatori, dall’altro lato riporre fiducia nella consapevolezza e responsabilità dei proprietari è, il più delle volte, semplicemente utopistico. Soprattutto assodato (condizione che ho rilevato spesso nei forum da me frequentati) che molti proprietari deplorano la piaga del randagismo e piangono le condizioni dei poveri cani abbandonati, ma reagiscono aggressivamente ed offensivamente prospettando loro la castrazione/sterilizzazione del loro prezioso esemplare purosangue come parte della soluzione del problema. E assodato,  soprattutto, che ancora oggi, la stragrande maggioranza dei proprietari è incapace/non interessata ad occuparsi del benessere “integrale”, “etologicamente corretto” dei propri cani.Non prima, perlomeno, di essere stati magari morsi o di aver dovuto sopportare situazioni di disagio inenarrabili (questi sono tratti comuni nell’esperienza di ambulatorio di autori diversi, da Fisher a Pageat, da McConnell a Dodman).

 

 
 
 

Razze e selezione oggi

Post n°8 pubblicato il 16 Giugno 2008 da credoquiaabsurdum978
 

Tra ipocrisia e ignoranza, arroganza e superficialità - parte 6

Ecco quindi che si impone la necessità di un organo superiore che, auspicabilmente, un giorno si occupi del coordinamento e della supervisione di un rapporto che conta milioni e milioni di “partner” anche in Italia: cani e padroni. Purtroppo, per ora almeno, ancora, semplicemente tra “non possedere un cane” e “possedere un cane” corre la semplice differenza rappresentata da un salto ad un negozio o allevamento o (nella migliore delle ipotesi) in un canile.Dopodichè, il buio.Solo i fatti di cronaca, ogni tanto, ricordano che, solo in Italia ci sono circa 9 milioni di cani di proprietà, più qualche milione di cani in rifugi e canili. Un numero abbastanza ragionevole per attendersi, finalmente, un approccio razionale e scientifico, eticamente ed etologicamente corretto a queste bestie, trovo.  Sulla leggerezza e stoltezza di tanti proprietari credo si sia scritto troppo poco: purtroppo, a mio parere, l’esempio negativo, paradossalmente, è più edificante di quello positivo: penso una sistematica esposizione delle violenze subite da tanti cani anche nella nostra società, potrebbe stimolare il desiderio di un approccio più responsabile al cane.In fondo, credo il male peggiore da combattere sia l’ignoranza; perché tutti (o quasi?) rabbrividiscono e deprecano l’usanza di alcuni paesi orientali di cibarsi anche dei cani. Ma molte meno persone trovano deprecabile l’isolamento e la mancanza di stimoli, di socializzazione, in sostanza la detenzione coatta e drammatica di tutti quei cani che semplicemente impazziscono nei giardini delle casette delle nostre belle città, senza mai uscire, spesso, in vita loro, se non per brevissime passeggiate al guinzaglio. In fondo, “ha un giardino tutto per sé”. Meglio di così, si muore.L’ignoranza crea cani malati (le aberrazioni comportamentali, sono malattie) e talvolta pericolosi.La superficialità e l’ignoranza insieme riempiono i canili. Ed a poco servono, poi, leggi come quelle recentemente in vigore a Los Angeles che prevedono la castrazione obbligatoria anche per i cani dei privati, salvo poche, ben specificate eccezioni (pena multe salate, fino a $ 500).Purtroppo, anche la volgarizzazione della cultura cinofila, la sua diffusione tramite frivole e superficiali riviste “specializzate” (che, praticamente, offrono i medesimi consigli per qualsiasi razza, dal molosso di ottanta chili al terrier di quattro…verificare per credere), ben lungi dall’essere un coadiuvante della cura, è anzi un incancrenirsi del problema.Ed anche qui c’è la zampa degli onnipresenti allevatori, che con la loro pubblicità sostengono economicamente queste squallide rivistucole e coi soggetti dei loro allevamenti, offrono materiale fotografico e recensioni a poco prezzo. Ed alimentano l’idiota aspettativa del “cane meccanico”: lo standard e quattro notizie aggiuntive in croce come il libretto di istruzioni della lavastoviglie.

 

 

Tutto questo non è riconoscimento per un essere tanto perfetto biologicamente quanto noi; non é amore per chi spesso ci accompagna nel bene e nel male per anni ed anni della nostra vita, accettando spesso la convivenza pur senza capirci, a volte, magari, addirittura temendoci.

Tutto questo NON è rispetto per questo favoloso prodotto della natura, il cane: tutto questo sa molto più di ipocrisia e ignoranza, arroganza e superficialità.

 
 
 

Randagi.

Post n°9 pubblicato il 19 Giugno 2008 da credoquiaabsurdum978
Foto di credoquiaabsurdum978

Ovvero chi fa soldi coi cani senza essere allevatore e chi infanga gli ideali che finge di difendere – parte 1

ran||gio
agg., s.m.

2a agg. AU di animale domestico, spec. cane o gatto, che è senza padrone o che è stato abbandonato o si è smarrito

do||sti|co
agg., s.m.

3a agg., di animale, che è allevato dall’uomo per la sua utilità o per compagnia: il cane e il gatto sono animali domestici

Il dizionario (il De Mauro Paravia on-line, nella fattispecie), non sembra lasciare adito a dubbi: il cane, in quanto animale domestico, è allevato dall’uomo “per la sua utilità o per compagnia”.

Un rapporto utilitaristico, che non può quindi non prevedere l’interruzione, temporanea o definitiva, casuale o volontaria: il ritorno alla condizione selvatica (la condizione dei cani paria), l’abbandono o lo smarrimento.

Ed ecco che il beniamino di casa diventa un randagio.

Agli antipodi dell’allevamento come business, che ho cercato di smontare ed analizzare precedentemente, dovrebbe stare il mondo del volontariato, dell’associazionismo, degli enti no profit dediti a salvaguardia, cura, recupero e reinserimento dei cani che per un motivo o per l’altro, hanno vissuto l’esperienza del randagismo o comunque dell’abbandono.

Purtroppo la corruzione e lo sciacallaggio, la cattiva gestione ed il dolo, la malafede e l’ignoranza, come aspetti collaterali di tanto sano ed onesto impegno, anche nell’ambito del volontariato sono una realtà nota ed innegabile. Gli enti animalisti non si sottraggono a questa legge. Anzi.

Questo articolo vuole essere di esplicita denuncia verso un animalismo falso, ipocrita, frainteso, l’animalismo del quale si riempiono la bocca tante persone che nell’ambito del volontariato e dell’associazionismo, un ambito nel quale generalmente non è richiesta nessuna particolare competenza o titolo e che quindi è per sua natura aperto a tutti, hanno trovato un modo per rispondere a loro personali esigenze, mentre a parole (parole spesso inconciliabili coi fatti e con l’ignoranza spesso manifestata) professano l’amore per gli animali.

Queste esigenze talvolta sono banali necessità (contatti e interazioni sociali, desiderio di fare nuove conoscenze, di trascorrere del tempo in un’attività così facilmente appagante – per l’uomo che pensa di contribuire alla salvezza delle povere bestie sfortunate), altre volte sono deprecabili mire (bisogno di imporsi su di un gruppo di persone, arricchimento personale – nel senso di sottrazioni di denaro o ottenimento di favoritismi e privilegi).

In ogni caso, a farne le spese sono le necessità di quegli animali a protezione dei quali si dovrebbe ergere l’ente di cui fanno parte (anzi, che compongono) queste persone.

Insomma, l’ipocrisia del patetismo e la patetica ipocrisia dell’”impegno per il bene dei poveri animali sfortunati”.

Premessa e contesto

Un ottimo spunto a trattare questo argomento mi è stato offerto da un sito che ho scoperto di recente: http://randagismo.info/. In questo prezioso sito, che invito tutti a visitare e leggere con grandissima attenzione, gli autori hanno raccolto articoli e materiale relativo agli abusi di alcuni tra i più famosi enti di protezione animale italiani, con relative vicissitudini giudiziarie.

La mia attenzione è stata attratta particolarmente dalle vicende di ENPA, l’Ente Nazionale Protezione Animali, in una media sezione provinciale del quale ho prestato il mio servizio di volontario per un anno, approdando  - dopo l’esperienza fatta - ad una fortissima repulsione verso ‘certo’ volontariato e ‘certo’ associazionismo che, se da un lato mi ha risvegliato da una mia certa ingenuità, dall’altro mi ha caricato di rabbia verso tanta ipocrisia, così rivoltante proprio perché esibita con tanta arroganza.

Ho sempre saputo di non essere solo nel mio disgusto per tanta malafede ed ignoranza (il numero di defezioni da parte di volontari e persino responsabili e veterinari tirocinanti nel canile nel quale ho prestato servizio era alto), ma constatare che ‘il marcio’ in seno a questa organizzazione esiste ed è stato talvolta anche condannato dalla legge italiana (nel sito citato troverete addirittura documenti relativi ad interpellanze parlamentari), il poterlo contestualizzare nell’ambito di una mala gestione a livello nazionale (come dimostra il materiale di randagismo.info), mi ha dato lo stimolo per denunciare, in questa sede, ciò che ho visto.

Le necessarie premesse sono che non ho assistito a scenari estremi da canile lager (in tal caso, avrei denunciato semplicemente la cosa alle autorità competenti), ma ad un diffuso degrado culturale, alimentato dai responsabili della struttura (nonché responsabili ENPA, ente gestore del canile) ed incompatibile con gli ideali che ENPA ‘dovrebbe’ rappresentare.

Non narrerò quindi di episodi da girone dantesco, ma spero vivamente, in ogni caso, di dissuadere le persone che mi leggessero (e che davvero hanno interesse per il benessere degli animali e dei cani in particolare) a sostenere in alcun modo questi enti se non hanno direttamente modo di verificare l’utilizzo dei fondi devoluti e di vivere personalmente ed attivamente la realtà alla quale pensavano di fare delle donazioni.

Semplicemente perché in un canile come quello dove ho prestato servizio io, le energie e la sincera buona volontà di decine di volontari, di tutte le età, vengono sprecate e dissipate da responsabili inetti, ignoranti, arroganti ed offensivi, mentre le bestie ospiti non s’avvantaggiano degli sforzi in buona fede dei volontari e viceversa, qualcun altro, negli uffici, magari arriva a mettersi in tasca parte dei proventi delle generose donazioni o dei fondi assegnati dai comuni serviti (nel prosieguo, esporrò i miei dubbi relativamente all’unica assemblea di bilancio cui assistetti durante il mio periodo di volontariato).

Lady Winter e Garibaldi (fondatori di ENPA) credo abbiano di che rivoltarsi nella tomba.

Ma se questa gente cominciasse ad essere controllata e gli illeciti gestionali, amministrativi, sanitari, etici, statutari venissero sanzionati…

Non nominerò esplicitamente la struttura della quale narrerò: volutamente ed unicamente per rispetto di tutti coloro che vi operano ancora con la stessa buona fede ed ingenuità con la quale iniziai io, con la forza di volontà e spesso il grande spirito di sacrificio che queste preziose persone dimostrano col loro operato.

A loro, tuttavia, ed a tutti i volontari stanchi di situazioni incongruenti con gli ideali dai quali sono animati, auguro di accostarsi quanto prima ad una cinofilia seria e responsabile, eticamente ed etologicamente corretta e, se saranno meno disgustati di me da ciò che vedono attorno a sè, tanto da riuscire a proseguire nella loro attività di canile, auguro di riuscire almeno a tentare di operare un cambiamento dall’interno.

Buona fortuna, di cuore. 

 
 
 

Post N° 10

Post n°10 pubblicato il 10 Agosto 2008 da credoquiaabsurdum978
 
Tag: Randagi

Ovvero chi fa soldi coi cani senza essere allevatore e chi infanga gli ideali che finge di difendere – parte 2

Cercherò di essere il più conciso e diretto possibile nell’esposizione della realtà del canile presso il quale ho operato, consapevole anche della strenua (e cieca) opposizione che potrei trovare nei (molti) fautori del “fare tanto, non importa come”, che probabilmente si aggirano a frotte negli uffici e canili di ENPA, perlomeno nella sezione in cui ho operato io. Prego chiunque legga di non considerare questo resoconto come qualcosa di avulso dalla normalità della realtà ENPA in generale. Ho due buoni motivi per ritenere che ‘in generale’ l’ente sia mal gestito ed abbia un pessimo approccio agli animali ospitati come ho potuto sperimentare di persona. In primis, qualche mese fa mi è capitato di condividere i miei ricordi con gli utenti del forum di un’altra sezione dell’ente: cercavo conferme o sollievo, rispetto a quella che era stata la mia esperienza. Ho avuto – dai toni di alcuni utenti, dell’admin in particolare – solo conferme (letteralmente: “se hai finito di piangerti addosso, rimboccati le maniche che c’è tanto da fare”…Detto da un esponente del partito dell’iperattivismo ignorante, è proprio quello che mi spaventa). In secondo luogo, ai tempi ancora del mio impegno all’interno dell’ente mi occorse di contattare un responsabile della sezione provinciale cui credevo facesse riferimento la mia sezione (più piccola), deciso a denunciare il caso di un affido assolutamente errato fatto dai responsabili del mio canile (l’affidatario era stato visto in un’area di sguinzagliamento dai genitori di una volontaria mentre picchiava il cane affidatogli da pochi giorni ‘perché disobbediente’): ne ottenni una risposta sostanzialmente del tipo ‘cane non mangia cane’ (perdonate il calembour) e non se ne fece nulla.

Dopodichè, ripudiai (parola desueta, ma corretta in questo caso) l’ente ed abbandonai il servizio in canile.

Di seguito, elencherò gli aspetti assolutamente lacunosi dell’organizzazione della sezione nella quale prestavo servizio.

Questo, forse, potrà essere uno spunto per chi è ancora attivo in questo settore e, magari, riconoscendo la sua struttura in questa descrizione ed essendo animato da vera buona volontà, vorrebbe fare qualcosa per migliorare concretamente quanto viene fatto per i cani ospiti del suo rifugio.

  1. Zero formazione comportamentale, anche per responsabili

Considerato che responsabili e capiturno, spesso, erano persone di provenienza assolutamente altra rispetto al mondo dei rifugi per animali abbandonati e senza alcuna esperienza preventiva se non quella di “padroni”, ci si attenderebbe un percorso formativo che, se è vero che si rivela necessario per i volontari, è addirittura indispensabile per i responsabili, che oltre alla responsabilità della salute e (per quanto possibile) del benessere integrale dei cani ospiti, hanno anche la responsabilità della salute e sicurezza di tutti i volontari e collaboratori. La manifesta mancanza assoluta di conoscenze anche basilari in fatto di cinofilia, mi ha permesso di rilevare situazioni facilmente evitabili (per la verità anche con un minimo di buon senso). Esempi banali: raggruppamenti errati nei box (con troppi cani in alcuni e molti meno negli altri, raggruppamenti fatti senza alcuna valutazione dei soggetti costretti nel medesimo box); quello che ne conseguiva talvolta erano le aggressioni tra i cani.

Esistono corsi tenuti da Regioni e Province per gli operatori di canile e testi che possono dare la giusta dimensione dell’operare in un canile. Esempio, ”Il canile come presidio zooantropologico. Da struttura problema a centro di valorizzazione del rapporto con il cane” di Marchesini Roberto. Corsi e testi, chiaramente, non valgono per chi ritiene il peso della propria “esperienza” superiore a qualsiasi insegnamento (questa era l’indiscussa linea di pensiero all’interno della sezione in cui operavo io). Ricordo che l’”esperienza”, per definizione, può essere ‘positiva’ o ‘negativa’ e che la semplice frequenza per mesi o anche anni di un canile, non fa di nessuno un ‘cinofilo’, a meno che l’attività di canile non sia sostenuta da una robusta passione e curiosità per la cinofilia e da un serio approfondimento del cane come essere vivente e sociale e del modo di rapportarsi ad esso.

  1. Zero formazione sanitaria, anche per responsabili (sia per terapie ai cani, sia in caso di morso)

La prima volta che mi presentai in canile, un volontario (per la verità, scioccamente e sempre a causa, probabilmente, dell’ignoranza totale nella quale i volontari si trovavano ad operare) si fece mordere. Oltre al danno, la beffa: venne deriso dagli altri volontari e mandato via da solo, senza alcun aiuto o soccorso. Al di là della deprecabilità in generale dell’atteggiamento generale del corpus volontario in quell’episodio, in ogni caso nessuno aveva vigilato su quanto stesse facendo quel ragazzo, nessuno aveva previsto che quel cane avrebbe morso se approcciato in quel modo. Nessuno era stato in grado di prevenire e nessuno aveva avuto la correttezza e preparazione per curare.

  1. Zero assicurazioni

Uno degli articoli del regolamento della sezione ENPA nella quale prestavo servizio, recitava:

“i volontari prestano la propria opera a loro rischio e pericolo, sollevando l’Ente da eventuali responsabilità in merito a incidenti che dovessero occorrergli durante lo svolgimento del servizio.  Tutti i volontari sono comunque coperti da polizza assicurativa durante il periodo del loro turno in sede, in canile/gattile o nei compiti esterni” (Art.9).

Resta da capire come far quadrare le due cose, ovvero la garanzia (firmata dal neo volontario all’atto dell’iscrizione) di sollevare l’Ente da qualsiasi responsabilità e la possibilità di ottenere un risarcimento in caso di lesioni (non imprevedibili, viste e considerate le condizioni di lavoro tratteggiate più sopra…).

  1. In canile e fuori dal canile: come infangare un ideale.

A questo punto, entriamo nel merito delle lacune morali della sezione dove ho prestato servizio, ovvero di quelle occasioni (per la verità, per nulla rare) nelle quali il personale di quella sezione è mancato nei confronti degli ideali stessi dei quali l’Ente dovrebbe farsi garante per loro tramite.

Premesso che la sezione nella quale operavo accoglieva anche molti (troppi!, in relazione alla già diffusa ignoranza sul corretto rapporto coi più “banali” cani e gatti) altri animali oltre a cani e gatti, potrei raccontare un sacco di aneddoti al limite dell’assurdo, dall’iguana alla quale è stata staccata la coda nel tentativo di tirarla giù da un armadio sul quale si era arrampicata, alla scimmietta lasciata in una gabbia per gatti, all’aperto, a febbraio (in quel mese – 2006 – mediamente di notte faceva – 3/5° C) con una sola lampada a riscaldarla…

Ma qui mi limiterò a parlare di quanto visto e riguardante i cani.

Chi si occupava degli affidi erano generalmente i responsabili di canile o i capiturno (v. sopra per le loro competenze). Personalmente, ho visto cani affidati e riportati con le scuse più banali e nuovi cani affidati, in cambio, alle stesse persone. Ho visto cani dati in affido a persone che li maltrattavano ed ho visto insabbiare la segnalazione da chi quel affido l’aveva fatto. Ho visto addirittura volontari portarsi a casa cani e riportarli perché non potevano/sapevano/volevano gestirli o perché non andavano d’accordo col cane/gatto già di casa. Ho visto cani trattati dai volontari come se fossero già loro, presi nei w-e e portati a spasso e poi riportati in canile, senza alcuna considerazione per il peso psicologico che per il cane poteva avere questa alternanza di semi-libertà e ritorno in gabbia (io stesso ho commesso questo errore un paio di volte, prima di cominciare ad interrogarmi seriamente sulla sensibilità di un cane e le implicazioni che questa comporta). Tutto consacrato alla vanità di persone ignoranti ed egoiste. Ho visto cani lasciati a marcire nei box per anni, anni!, solo per l’ostinata opposizione dei volontari all’eutanasia di cani entrati per aggressione, mai recuperati dal punto di vista comportamentale, mai nemmeno valutati sotto questo aspetto da un esperto. Cani lasciati semplicemente a marcire in box di due metri per uno per anni, per il folle egoismo di volontari che volevano trovarli là quando arrivavano ad inizio turno. Ho visto zuffe tra cani coi volontari totalmente inetti ed incapaci di intervenire, nella completa ignoranza di cosa fare: ho visto volare sprangate, calci e maledizioni per separare cani che si separavano comunque poi solo quando ne avevano abbastanza o uno dei due era morto. Ho visto box stracolmi e box semivuoti, nello stesso momento, e mi sono sentito rispondere “devono stare così”. Semplicemente, senza alcuna ragione. Solo perché “qualcuno” l’aveva deciso, a sua discrezione e senza ragione. Ho visto cani anziani lasciati fuori sotto pioggia e neve d’inverno, in box senza nemmeno una tettoia e cani giovani ed in buona salute ritirati nei settori riscaldati. Ho visto volontari di primo mattino pulire in fretta e furia i box per avere il tempo di portare il proprio cane preferito a fare due passi al guinzaglio e poi andarsene a fine turno, contenti di essere “persone buone”, incuranti del fatto che il loro beniamino stava già di nuovo sguazzando nelle sue deiezioni, nel suo miserabile box, che certamente queste persone non pulivano di nuovo, poiché, semplicemente, il loro turno era finito. Ho visto archiviare le schede di affidi ormai non più verificabili, semplicemente perché l’animale, in un rimbalzare dall’affidatario originario a parenti ed amici, era sparito. Ho visto cani fatti arrivare nella struttura dove operavo fin dai paesi dell’est, in adesione ad appelli di altre associazioni di volontariato, nonostante il canile fosse già stracolmo, solo per un deviato senso della pietà e per avere di che scrivere sul bollettino periodico inviato via mail a volontari e sostenitori della sezione. Ho visto sul sito del canile schede dei cani in adozione scritte come se fossero il tema di un bambino: tutta una profusione di eufemismi e vezzeggiativi. Tutte schede scritte da persone assolutamente non in grado di certificare quello che scrivevano. Schede scritte da persone che ignoravano la responsabilità di dare in affido un cane che non conoscono a persone che non conoscono ed il rischio di nascondere tutto questo dietro frasi sciocche come “è buonissimo, va d’accordo con tutti, animali e persone”. Soprattutto se gli affidatari hanno dei bambini. Ho conosciuto direttamente il caso di un dobermann dato in affido ad una coppia residente in appartamento e con un figlio alla soglia dell’adolescenza: la prima volta che il ragazzino provò a prendere l’osso al cane, ci rimise quasi un orecchio. Per colpa della sprovvedutezza di chi ha gestito l’affido, della leggerezza dei genitori che hanno scelto un cane del genere (probabilmente, come status symbol) e, in ultimo, forse, di qualcosa di ignoto nel passato del cane, che lo ha spinto a reagire così. Episodi, forse marginali rispetto alla maggior parte degli affidi andati a buon fine. Ma non credo un’attività tanto delicata possa essere lasciata a dipendere dalla buona sorte. Inoltre, affidi del genere, portati a termine senza nessun controllo sull'aspirante affidatario, contravvengono a quanto disposto dalla Legge Regionale 20 luglio 2006, n. 16 ("Lotta al randagismo e tutela degli animali d'affezione" - http://www.lav.lombardia.it/pages/osservatorio/archivio-osservatorio/legge-regionale-1606.php), che vieta cessione ed affido a cani e gatti a coloro che abbiano riportato condanne per maltrattamento di animali.  In ultimo, dirò che ho visto cani morire in canile, per colpa delle decisioni errate del personale ENPA. In almeno un paio di casi (durante il mio anno di servizio), un maschio ed una femmina (tra l’altro arrivata in canile coi suoi cuccioli) sono morti per setticemia, dopo essere stati sterilizzati per decisione dei gestori ENPA del canile (che avrebbero potuto tranquillamente attendere l’affido del cane ed imporre la sterilizzazione all’affidatario) e poi rimessi nelle loro gabbie, lorde di escrementi (come è normalmente la gabbia di un canile) e con i punti ancora freschi. Senza contare i cani sterilizzati e che hanno dovuto essere ricuciti dopo essersi morsi i punti (nessuno, infatti, in un canile ha il tempo di controllare continuamente un cane che ha appena subito un'operazione...).

Forse nei canili lager succede di peggio, ma di questi fatti ENPA dovrebbe certamente vergognarsi.

  1. Poca chiarezza nei conti. Entrate: dai comuni (9), da donazioni, da banchetti, da vendita gadget, da affidi a distanza,… 

Già, la sezione nella quale operavo era abbastanza ricca. All’unica assemblea di bilancio cui partecipai, i contabili dichiararono entrate nell’anno appena trascorso per circa 150.000 euro (2005) ed uscite… per altrettanto. Trattandosi di associazione no profit, la cosa è ovvia.

Ma non mi sono mai spiegato dove potessero finire 150.000 euro in un anno, circa 12.500 euro al mese, in una struttura fatiscente come quella, con le esigenze alimentari degli animali ospiti largamente coperte dalle donazioni (un magazzino perennemente colmo e cibo per cani e gatti che talvolta faceva a tempo a scadere), con cucce, coperte, guinzagli, collari, tutto regalato dai borghesi “animalisti” delle zone limitrofe. E, per contro, una cronica mancanza di materiale d’utilizzo come scope e palette (talvolta, durante il turno, capitava che i volontari dovessero fare un salto al supermercato più vicino a comprare ciò che loro occorreva immediatamente, pagando di tasca propria).

Certo, c’era da considerare lo stipendio dei quattro dipendenti: stipendio netto, 1.000 euro al mese, diciamo 1.300 coi contributi, per 4, uguale 5.200 euro al mese. E le bollette per acqua ed elettricità (ma, considerate che i turni finiscono alle 19:00 e quindi luci ed acqua vengono spente…). Anche volendo considerare le spese periodiche (segatura per i box, poche centinaia di euro per la scorta di due o tre mesi o medicinali, generalmente solo antibiotici – l’onnipresente Sinulox - o le spese per manifesti, volantini e gestione degli uffici), davvero resta impossibile giustificare la spesa di 12.500 euro al mese.

Salvo presumere che qualcuno se ne intaschi parte.

Detto tutto questo, spero chi di voi ancora opera in strutture gestite da grandi enti protezionistici si guardi attorno con occhio critico ed obiettivo e trovi la forza di denunciare tutte le incongruenze, gli abusi fino, addirittura, ai reati che dovesse riscontrare. Le possibilità intrinseche in un simile processo (qualora dovesse prendere piede), sostanzialmente, sono due: una defezione di massa da parte di chi non fosse più disposto a contribuire ad azioni e condotte contrarie agli ideali che dovrebbero animare queste associazioni, oppure un generale miglioramento, una “moralizzazione” ed un vero ritorno all’etica ispiratrice di queste realtà.

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 

Miti da sfatare.

Post n°11 pubblicato il 10 Agosto 2008 da credoquiaabsurdum978
 

Miti da sfatare – parte 1: il collare a strozzo

Un esempio (reale).

Contesto: al parco, beagle maschio, circa due anni, una dozzina di chili. Tenuto al guinzaglio, attorno al collo: una catenina a strozzo. Il cane tira come un pazzo in tutte le direzioni. Ansima, tossisce, emette quello che (chiamiamo le cose col loro nome!) è semplicemente un RANTOLO.

Domando al proprietario: “Perché una catena a strozzo?”
Risposta: “Gliela metto solo quando lo porto in un posto che non conosce, perché tira” (???)
D.: “E perché non una bella pettorina, allora, che ti permette di controllare meglio l’animale senza strozzarlo?!”
R.: “Perché la pettorina rovina il pelo, il collare a strozzo me l’ha consigliato l’allevatore…”.

Cominciamo a fare un po’ di chiarezza.

Nel Medioevo, l’uomo scoprì che aggiogando bovini ed equini da traino con il giogo, che scaricava il peso (dell’aratro o di qualsiasi altro peso venisse trainato) sulle spalle, l’animale non si strozzava e, di conseguenza, lavorava di più, più a lungo e meglio.
Nel 2008, parlando di cani, dobbiamo ancora sentire, viceversa, stupidaggini come quella dell’esempio riportato qui sopra.
E non solo: questa opinione ed altre che vorrebbero accreditare l’uso del collare a strangolo sono dannatamente diffuse, tra gli ignari (e, diciamoci la verità, spesso colpevolmente e volontariamente ignoranti!) proprietari così come tra molti discutibili “addestratori”.
Il collare a strozzo dichiara il suo principio di funzionamento, molto chiaramente e senza possibilità di malintesi, nel nome: il principio di soffocamento indotto dallo strattone di chi tiene il guinzaglio è esattamente… un principio di soffocamento. Molti discutono di “come” debba essere dato lo strappo correttivo e di come, in “mani esperte”, il collare a strangolo sia uno strumento utile ed efficace.
Sgomberiamo il campo da qualsiasi dubbio, così potremo anche mettere sullo stesso piano tanto gli inesperti proprietari quanto i presunti esperti addestratori: col principio del soffocamento, si ottiene nel cane (e, ne sono certo, lo si otterrebbe anche in un umano debitamente impossibilitato ad utilizzare gli arti superiori per liberarsi) la sola reazione della fuga, che si manifesta invariabilmente nei cani che (paradosso? Proprio no!), dotati di collare a strozzo, tirano fino a soffocarsi ed a rantolare, emettendo quei suoni che anche le orecchie inesperte del proprietario più idiota dovrebbero riconoscere come “innaturali”.

Per ottenere una qualsiasi forma di controllo su di un cane per il tramite di questo strumento, l’unica strada è applicare una forza sufficiente allo strappo tale da spaventare o intontire (sì, intontire) l’animale, strangolandolo.
Una simile pratica, non necessita di commenti. Non più di qualsiasi altra forma di violenza volontaria ed esercitata non per difesa su una qualsiasi creatura vivente.
Quindi, salutate immediatamente qualsiasi “addestratore” vi presenti il suo metodo di lavoro basato sul collare a strangolo: è sicuramente una persona non aggiornata sui metodi educativi di una cinofilia che (per fortuna!) è arrivata – anche lei… - nel terzo millennio; nella peggiore delle ipotesi, si tratta di cialtroni o di qualche autodidatta che si inventa ammaestratore da circo. Non buttate i vostri soldi e non sottoponete ad inutili violenze il vostro cane: un ciclo di lezioni con un educatore serio e che utilizzi il metodo gentile vi darà le basi per un rapporto lungo e sereno col vostro cane, uno di questi faccendieri vi può solo far diventare uno strapazzatore folle di cani.
Chiarita l’inutilità del collare a strozzo per la condotta ed il controllo del cane, veniamo a giustificazioni ancora più idiote e ridicole, come quella riportata all’inizio di questo articolo.
Esempio, l’effetto di una pettorina sul pelo del cane.
Credo che considerare la forma (anelli) ed il funzionamento di un collare a strozzo (scorrimento), dimostri sufficientemente come questo sia maggiormente a rischio di strappare e consumare il pelo di un cane più della fettuccia (ferma) di una pettorina.
Ed anche questa giustificazione cade.
Possiamo desumerne che chi usa il collare a strozzo lo fa semplicemente o per ignoranza (etimologicamente, nel senso che ignora gli svantaggi di questo ed i vantaggi di una buona pettorina) o per malafede (la pretesa di avere il controllo con la forza sul cane)?
Certamente sì.
Non vergognatevi di deprecare apertamente la scelta del proprietario del prossimo cane che vedrete rantolare e sbuffare strozzato da una catena a strangolo. Invitate semmai il proprietario a farsi un’idea del male che sta facendo al suo cane. Inutilmente, peraltro (se il semplice fare del male alla bestia non fosse sufficiente a farlo sentire idiota).
Link: http://www.asetra.it/?Comunicati_Asetra:Archivio_Comunicati_2005 (scorrere per i comunicati relativi ai danni del collare a strangolo)

 
 
 

Miti da sfatare.

Post n°12 pubblicato il 10 Agosto 2008 da credoquiaabsurdum978
 

Miti da sfatare – parte 2: il cane dominante.

Per avvalorare quest’altro luogo comune, vengono spesso scomodati i lupi.

Peccato che anche nella società gerarchizzata dei lupi, in realtà, il maschio alfa possa ricoprire il suo ruolo solo grazie al benestare ed all’appoggio dei beta, ovvero dei maschi (non troppo vecchi né troppo giovani per poter aspirare al ruolo di capobranco) che costituiscono, diciamo così, la corte del re. In sostanza, si tratta di una specie di ‘monarchia costituzionale’, nella quale il regnante non è garantito al di là di qualsiasi rischio di mantenere il suo potere vita natural durante. Anzi, prima o poi uno dei maschi beta si fa sotto e, col modificarsi delle alleanze, il potere (non senza qualche scontro ritualizzato e quindi quasi mai cruento e mortale per uno dei contendenti) cambia di mano. O, meglio, di zampa. L’ex-capobranco può anche essere allontanato dal gruppo e terminare la sua vita come paria o congiungendosi ad un altro gruppo. In ogni caso, questo dimostra come il concetto di ‘dominanza’ sia relativo anche nell’ambito della società lupina, all’interno della quale il maschio alfa dovrebbe rappresentare il paradigma del ‘maschio dominante’.

Se tutto questo vale per i cugini selvatici, scomodati a giustificare l’atteggiamento di tanti cani stressati e frustrati in giro per le nostre città, tanto più vale per i nostri quadrupedi domesticati. Infatti, le regole sopra tratteggiate e valide nella società lupina, prevedono il prerequisito di una stretta conoscenza reciproca tra gli elementi del branco (raramente più numeroso di 15/20 elementi anche tra i numerosi lupi grigi americani; generalmente di soli 3/5 elementi - madre, padre e cuccioli dell'anno - tra i nostri lupi appenninici). Figuratevi se questo delicato equilibrio, valido in  un ecosistema naturale, può in alcun modo giustificare le reazioni isteriche di taluni cani di fronte ad un loro simile incrociato per strada per la prima volta.

“Dominante con gli altri maschi (o le altre femmine)”. Quante volte avete letto questa frase o ve la siete sentita urlare, con un tono a metà tra le scuse e l’irritazione, dal padrone del cane che sta sbraitando verso il vostro? Ebbene, sono stupidaggini.

Non esiste un cane ‘dominante’ in assoluto, per il semplice fatto che la ‘dominanza’ come concetto… non esiste. Lo stesso identico cane può assumere atteggiamenti totalmente diversi in circostanze diverse, o incontrando cani diversi, per sesso o età o anche solo aspetto fisico! Potrà avere un atteggiamento diverso in casa, fuori casa o lontano da essa. Se colto alla sprovvista o se ha visto approssimarsi da lontano un altro cane. Se sta fisicamente bene oppure no. Se voi gli siete affianco oppure no. Se è legato oppure no. Se è confuso e distratto da rumori o magari anche solo dal vento, oppure no. Se ha avuto esperienze positive o negative in situazioni simili in passato. Se ha ricordi particolari legati all’esperienza che sta vivendo, anche solo per il luogo in cui si trova. Insomma, un cane, trattandosi di un essere dotato di personalità come l’uomo, avrà sicuramente dei pattern mentali (in parte appresi, in parte anche biologici) che lo indirizzeranno a grandi linee su come comportarsi in una data situazione, ma trattandosi di un essere intelligente è anche dotato di due peculiarità che ce lo accomunano: la capacità di fare tesoro dell’esperienza passata e la capacità di adattarsi, rispondendo in modo creativo a stimoli nuovi o inattesi.

Se il vostro cane sbraita quando incontra un altro cane, tira al guinzaglio e si produce in impennate degne di un mustang, non è ‘dominante’. Probabilmente è ‘svariate cose’, contemporaneamente, ma – per favore! – non nascondetevi anche voi dietro etichette tanto inutili e prive di significato. Forse è un cane con un carattere molto forte, ma NON è un cane dominante.

Se ha problemi di relazione, non è dominante.

Se in casa fa tutto quello che gli pare e vi ignora, non è dominante.

Se aggredisce (apparentemente) senza motivo e senza preavviso gli altri cani quando è in libertà, non è dominante.

E’ un cane probabilmente ‘mal-educato’. E la colpa, va da sé, non è sua, in quanto, nel contesto in cui voi avete deciso di farlo vivere (prendendolo con voi) siete voi a dovergli insegnare le regole. MA NON PRIMA di conoscere e rispettare le SUE regole, i suoi limiti, i suoi punti di forza, la sua natura.

Il concetto di dominanza, in buona sostanza è una scappatoia probabilmente inventata e adottata da chi non é in grado di assumersi le responsabilità del governo del proprio cane. Dire che il cane è dominante, a giustificazione di atteggiamenti sgraditi o incongruenti con le circostanze, serve solo a fare ricadere sull’animale le responsabilità di ciò che fa. Questo non avrebbe senso se il vostro cane vivesse in libertà nel contesto che si è scelto o trovato, perché si comporterebbe semplicemente secondo natura.

Se all’altro capo del guinzaglio ci siete voi, ugualmente non ha senso ed il vostro cane non è dominante: voi non sapete gestirlo, tutto qui.

 

 
 
 

Miti da sfatare.

Post n°13 pubblicato il 10 Agosto 2008 da credoquiaabsurdum978
 

Miti da sfatare – parte 3: aggressioni intraspecifiche e sesso dei contendenti

Concettualmente legata all’argomento precedente (la ‘dominanza’), questa è un’altra delle stupidaggini che sistematicamente devo sorbirmi quando incontro cani sconosciuti, in giro per parchi e campagne e la mia cagnina è libera.

“È maschio o femmina?”

Apparentemente, per il 99% dei proprietari di cani che ho incontrato in vita mia, questa domanda ha realmente un senso. Nessuno di loro pare capace di esimersi da questa domanda, sul fondamento scientifico della quale, evidentemente, non si sono mai interrogati.

Bene, riflettiamoci un attimo.

Le aggressioni intraspecifiche sono una costante dei mammiferi a più alta organizzazione sociale: primati, roditori, canidi,... Con la costante eccezione di esimere dalle conseguenze dell’aggressività intraspecifica gli appartenenti al proprio gruppo (in questo caso gli scontri sono, al limite, rituali), scimmie antropomorfe come ratti e lupi, per il resto, sono usi aggredire i conspecifici. Generalmente i maschi (quasi in tutte le specie, più grandi e forti delle femmine) non aggrediscono le femmine ed un residuo del ridirezionamento di questa aggressività intraspecifica è evidente in quasi tutti i rituali di corteggiamento. A loro volta, le femmine certamente non aggrediscono i maschi più forti e, mentre i maschi tra loro si azzuffano per le solite risorse (territorio, femmine), le femmine – nella loro posizione subalterna e, comunque, soggette ad essere ‘scelte’ dal maschio dimostratosi più forte - quasi mai si aggrediscono tra loro.

Come sempre, le elucubrazioni sui lupi quali proto-cani o archetipo di atavismi che si pretenderebbero ereditati dai nostri cani, presumono a) vita allo stato brado e b) identità di gruppo, condizioni non applicabili ai nostri cani.

Come può quindi, un’etero-sessualità o un’omo-sessualità avere un peso nelle aggressioni tra i nostri cani domestici?

Ed infatti, il sesso dei contendenti non ha alcun peso!

È solo di un paio di giorni fa l’aneddoto che posso riportare. Parco cittadino, la mia cagnina (libera) cammina un paio di metri davanti a me. A poca distanza, un signore si affretta a rimettere il guinzaglio ad un grosso molosso che non conosco e già avevo adocchiato e che, in effetti, a scanso di problemi, avevo deciso di aggirare a distanza di sicurezza. Il buon uomo mi urla l’insopprimibile domanda.

“È maschio o femmina?”

“Femmina…”, rispondo.

“Ah, bene, allora…”, e si appresta a slegare il colosso di Rodi, che, nel frattempo, era andato in trazione sul guinzaglio in modo poco rassicurante.

“Veramente – gli grido – le poche volte che la mia le ha prese, erano quasi sempre maschi”. Ed è vero.

L’omino rimane basito e col pachiderma fortunatamente al guinzaglio, mentre anche la moglie (forse, in verità, per altri motivi, a me ignoti) gli dà manifestamente dell’idiota.

Nell’approccio tra due cani e nel suo esito, pesano tanti, ma tanti di quei fattori (fisici, posturali, prossemici, chimici – i feromoni, per esempio, personali dei due cani – esempio, le esperienze pregresse, circostanziali,…) che ridurre tutto ad un “é maschio o femmina?” è davvero da idiota.

La componente ormonale é chiaramente un importante elemento nella codifica dell’atteggiamento di un cane che ne incontra un altro che potrebbe riconoscerne, ad esempio, tramite l’olfatto, la condizione di grande stress e modificare la propria reazione improntandola probabilmente ad uno stato ansioso che, per conseguenza, aumenterebbe lo stress del primo cane (al seguente link, informazioni circa una ricerca particolarmente interessante sullo squilibrio ormonale derivato dallo stress nei cani: http://www.ricercaitaliana.it/prin/dettaglio_prin-2004078103.htm).

Pensateci la prossima volta che starete per fare l’ineffabile domanda.

Se avete un minimo di spirito d’osservazione (e sapete cosa osservare!), semmai prestate attenzione all’atteggiamento dell’altro cane che avrà notato il vostro ed anche alla reazione del vostro stesso, insomma a quella parte di ciò che loro si stanno ‘dicendo’ col corpo che noi possiamo vedere ed interpretare (se foste in grado anche di cogliere i messaggi chimici, come minimo sareste dei fenomeni…).

E se proprio dovete fare una domanda all’altro conduttore, chiedete “è socievole il suo cane?”.

Al limite, è meglio una domanda neutrale o generica di una stupida.

 

 
 
 
 
 

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