Creato da solomarlboro66 il 02/05/2008
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« SICILIAEOMAGGIO ALLA DONNA SICILIANA »

“Nun c’è cchiù né re né regnu”

Post n°8 pubblicato il 04 Settembre 2008 da solomarlboro66

Ricordo mio padre che, quando – io picciriddu – facevo murrìti (in verità non ero proprio un esempio di mansuetudine), mi diceva: “U’ carratùni sta scennu di fora”. Era un chiaro preavvertimento alla altrimenti inevitabile fraccàta di curriàte, cincu e cinquantacincu, timpulàte, boffe e funciàte che mi sarei meritato alla successiva tinturìa, la più veniale.

A pensarci bene, viviamo tutti al limite dello strabocco: non ce la facciamo più, siamo sull’orlo di una crisi di nervi, rischiamo il precipizio alla prossima camurrìa. Ma fingiamo di comportarci come se tutto fosse al suo posto, come se nulla andasse storto, come se la corda non fosse già tesa e ormai in procinto di spezzarsi. Che non si tratti del ciclico senso di saturazione che di solito prelude ad una ripresa degli entusiasmi, è provato dal buio totale che si intravede (!) all’orizzonte, dalla completa assenza di spiragli e di barlumi dopo il tunnel: neanche un fioco lucignolo balena alla più ottimista delle visuali.

Quanti scommetterebbero un solo €uro su un recupero di tranquillità o anche soltanto di speranza (per esempio) in un’inversione di tendenza dei prezzi e/o in un raddoppio di stipendi e pensioni? Diciamoci la verità: non ci sentiamo un po’ tutti privi di protezione, come se ci librassimo in aria senza paracadute? Non vi capita di avvertire una strana sensazione di declino, di mancanza di ancoraggi, di scarsezza di coordinate?

E va’ para sti crasti o’ scuru!

Pare quasi che fluttuiamo tutti attorno ad un … centro di precarietà permanente, preparandoci una caduta libera dalla quale – stavolta – non servirà alcun colpo di c. a risollevarci. E’ abbastanza più di uno scoramento diffuso. Si tratta di una strisciante malattia psicologica che si incunea corrosivamente fra le coscienze di chi non era abituato a lasciarsi vivere. E che ora si sente “preso dai Turchi”.

Guardarsi attorno non aiuta a nutrire alcun ottimismo: votiamo persone che avevano promesso di occuparsi del bene comune ma che, appena insediate (cioè sedute su qualsiasi sedia) si scatenano in una litigiosità inaudita, tutti contro tutti (anche all’interno della stessa coalizione, dello stesso partito, persino della stessa corrente)lottando solo per i propri gettoni di presenza e lasciando nel dimenticatoio i loro proclami. E i nostri problemi.

Alla scadenza successiva, però, torneremo a votare per gli stessi che ci hanno disamministrato: magari perché pari malu dire di no ad amici e parenti. Non si sa mai un domani, un concorso una cosa…. E intanto continuiamo a perdere posizioni nelle graduatorie delle città italiane per qualità della vita, auto inquinanti, quantità di rifiuti, raccolta differenziata, piste ciclabili, verde urbano, zone a transito limitato. Gonfiamo il petto per l’orgoglio dell’appartenenza territoriale, ma in quel momento inspiriamo veleni nei nostri polmoni e ci accontentiamo di vivere in un luogo ventoso ma disperato per nullità di prospettive. Esaltiamo le nostre produzioni di ortaggi perchè hanno il valore aggiunto del sole e del mare ma siamo diventati i maggiori fornitori di… pazienti per gli ospedali oncologici. Il vino che sappiamo ben produrre, poi, non riusciamo neanche a venderlo. Ma abbiamo tutti il telefonino e ne compriamo uno ai nostri figli già quando vanno in quarta elementare.

Si indignerà qualcuno (e magari si affannerà a smentire) se l’ultimo rapporto del Censis include la nostra provincia fra le prime cinque in Italia (le altre sono Napoli, Agrigento, Caltanissetta e Palermo) per tasso di criminalità? Smetteremo di bestemmiare non vedendo alcun vigile urbano a dipanare il traffico impazzito delle strade arcinote, quando sapremo che fra le maggiori entrate comunali figurano le multe per divieto di sosta spiccate sempre nelle stesse innocue stradine?

A quale livello può giungere la sopportazione di chi improvvisamente non vede più scorrere l’acqua dal rubinetto pur avendo da tempo saldato all’amministratore le quote condominiali?

La benzina e la nafta alle stelle, pizzaioli e ristoratori ormai alla paranoia, blue jeans griffati che superano i cento euro ogni braga, luce e gas che producono bollette da lotteria, scatolette di vermi che fanno chiudere i Licei per parecchi giorni, tre quarti dei minorenni che fumano (tabacco, nella migliore delle ipotesi), gradinate di stadi e palazzetti diventati “luoghi catartici dell’aggressività sociale”, televisioni che propongono boss sanguinari come modelli di comportamento o istupidiscono gente già psicolabile propinandole reality scollacciati in appartamenti poco credibili o in isole tropicali più famose dei loro ospiti a corto di altri ingaggi, Università con il “numero chiuso” pilotato dalle raccomandazioni, laureati con le suole consumate dal passeggio…

In questo contesto – racconta sempre il Censis – chi può se ne va: settantacinquemila italiani hanno recentemente trasferito la loro residenza all’estero. Probabile che erano proprio i più preparati e perciò i meno rassegnati a morire d’inedia in questa Italietta inginocchiata.

Secondo un lucido scrittore siciliano contemporaneo, Domenico Seminerio, gli uomini si dividono in tre categorie: ci sono i corruttibili, poi i ricattabili e, infine, le persone normali; quelle di cui (zittendole o ignorandole) è più facile sbarazzarsi. E’ una descrizione che compie in un suo recente bel libro, il cui titolo riporta proprio la stessa frase che mio nonno – uomo umile e saggio – ripeteva spesso quando notava che saltavano le regole per troppo ammuìnu intorno. Il qual detto antico fotografa anche quel che stiamo vivendo: “Nun c’è cchiù né re né regnu”.

 
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