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Giovenale contro le donne 2

Post n°29 pubblicato il 18 Luglio 2007 da Giubizza

Per poter assistere ai giochi, Ogulnia prende in affìtto la veste, prende in affìtto la scorta, la portantina, il guanciale, le amiche, la nutrice e una biondina cui affidare commissioni. Lei stessa poi fa dono ai levigati atleti di tutto quel che resta dell'argenteria paterna e degli ultimi avanzi del vasellame. Molte donne dispongono di un esiguo patrimonio, ma nessuna ha riguardo per la propria modesta condizione o si commisura secondo il metro dato e imposto dalla povertà stessa. Almeno gli uomini qualche volta a ciò che è utile pensano in anticipo e taluni, seguendo l'esempio istruttivo della formica, una buona volta son presi dalla paura del freddo e della fame: ma la donna prodiga non s'accorge affatto che il suo patrimonio sta andando alla malora. E come se nella cassa ormai a secco i soldi, rigenerandosi, potessero ripullulare e sempre si potesse attingere da un mucchio intatto, mai e poi mai fanno il conto di quanto costano i loro piaceri. In ogni casa in cui viva ed eserciti un professionista di oscenità, che con la tremula destra fa promessa di qualunque cosa, le troverai tutte svergognate e simili a cinedi. A costoro consentono di profanare i cibi e di accostarsi alla santa mensa e si limitano a far lavare quei bicchieri che, invece, andrebbero fatti a pezzi, dal momento che vi ha bevuto Colocinta o una Chelidon con la barba.

Più pura, dunque, e più sana della tua dimora è quella del lanista, nella cui squadra Psillo ha l'ordine di tenersi ben alla larga da Euhoplio. E che dire del fatto che lì, addirittura, le reti non si mescolano con la tunica infame e che colui che suole combattere nudo non ripone nello stesso stanzino lo spallaccio e il tridente con cui attacca l'avversario? Il recesso più remoto della palestra è ricettacolo di questi esseri e anche in carcere a loro è riservato un ceppo particolare. Ma tua moglie mette in comune il bicchiere fra te e questa gente con cui si rifiuterebbe di assaggiare del vino di Alba e di Sorrento la bionda prostituta che batte presso le rovine di un sepolcro!

E seguendo i loro consigli che convolano a nozze e tutto d'un tratto si separano, è a costoro che riserbano i languori dell'animo e quel che c'è di serio nella loro vita, è sotto il loro magistero che apprendono a muovere con arte le natiche e i fianchi, e tutte le altre prodezze che son note al loro maestro. E tuttavia non sempre si dovrà prestar loro credito: fa più larghi gli occhi col nerofumo, si fa notare con le vesti color zafferano e porta sui capelli la reticella, ma è un adultero! Tanto più sospetto ti sia, quanto più effeminata sarà la sua voce e quanto più spesso la destra si appoggerà sui teneri lombi: questi a letto sarà valentissimo! è 1ì che Taide, dopo la rappresentazione, si spoglia della sua maschera e appare il versatile Trifallo! «Ma di chi ti fai beffa? ad altri riserva questa farsa! Facciamo una scommessa: io sostengo che tu sei un uomo a tutti gli effetti. Lo affermo, sì: sei disposto ad ammetterlo? o il palco del carnefice deve convocare le ancelle?

Conosco i vostri consigli e tutti i vostri ammonimenti, o vecchi amici miei: "metti il catenaccio, tienila chiusa! " .Ma chi farà la guardia ai guardiani stessi, che ora appunto a questo prezzo tacciono delle infedeltà della lasciva donna? La colpa commessa in comune si tace. Furba, lo capisce bene la moglie e proprio da loro comincia».

Vi sono di quelle cui piacciono gli imbelli eunuchi e i loro baci sempre molli e il fatto che non c'è da temere la noia della barba e che non c'è alcun bisogno di pozioni abortive. E tuttavia è un piacere che può anche essere supremo, qualora si provveda ad affidare i loro inguini ai medici già nella piena maturità della calda giovinezza, quando già il loro pube è nero di pelo. Perciò è con danno del solo barbiere che Eliodoro asporta i testicoli, dopo averli aspettati e lasciati crescere fino al momento giusto, quando finalmente hanno raggiunto il peso di due libbre. Sono i giovani schiavi dei mercanti ad essere afflitti da una vera e miserevole mutilazione, a provare vergogna del sacchettino e del cece a loro lasciati. Ma l'eunuco reso tale dalla padrona, allorché entra nei bagni, si nota da lontano e attira lo sguardo di tutti e senza dubbio sfida il custode della vigna e dell'orto. Dorma pure costui con la padrona, ma tu, o Postumo, bada bene di non affidare a un simile eunuco il tuo Bromio, che già si fa duro e già mostra bisogno del barbiere.

Se poi la donna prova godimento nel..canto, non regge la fìbbia di alcuno che venda la sua voce ai pretori. Sempre, tiene fra le mani gli strumenti musicali, fìtte fìtte luccicano le gemme su tutta la superficie in testuggine della cetra, le corde sono sfiorate una dopo l'altra dal vibrante plettro, quello stesso con cui si esibiva il tenero Edimele: questo plettro essa impugna, in questo trova conforto e a l'amato plettro dispensa i suoi baci. Una poi della stirpe dei Lamia e del nome di Elio con offerte di farro e di vino chiedeva a Giano e a Vesta se Polllione avesse da sperare nella corona di quercia ai giochi Capitolini e potesse prometterla alla sua lira. Che avrebbe potuto fare di più se il marito fosse stato a letto malato, che cosa se i medici si fossero mostrati senza speranza sulla sorte del suo fìglioletto?

Si pose ben dritta davanti all'altare ne considerò vergognoso velare il proprio capo per una cetra, ripetè con scrupolo la formula sacra che le veniva suggerita secondo il rito e di colpo impallidì, quando all'agnella fu squarciato il ventre.

Dimmi adesso, tè ne prego, dimmi, o antichissimo fra gli dei, tu dai risposta a costoro, o padre Giano? avete gran tempo da perdere in cielo; a quanto vedo, da voi non c'è proprio nulla da fare. Questa ti consulta a proposito di commedianti, quella invece ti vorrà raccomandare un tragico: finirà che all'aruspice verranno le vene varicose! Ma si dedichi al canto piuttosto che a percorrere a volo tutta quanta la città, sfrontata e capace di tener testa agli assembramenti di soli maschi e di stare in conversazione coi generali in alta montura, alla presenza del marito, a fronte alta e seni asciutti! Questa stessa donna sa quel che succede in tutto quanto il mondo, sa che cosa fanno i Seri e i Traci, conosce i segreti traffici fra la matrigna e il figliastro giovinetto, chi fa l'amore, chi va per la maggiore come amante; essa ti saprà dire chi ha messo incinta una che è vedova e in che mese, di ogni donna ti dirà con precisione con quali parole e quante posizioni sa far l'amore. E lei la prima a vedere la cometa che incombe minacciosa sulla testa dei re d'Armenia e di Partia, è lei che raccoglie alle porte della città le voci e le dicerie appena arrivate, e talune se le inventa; che il Nifate ha invaso gli abitati, che in quella regione tutti i campi sono sommersi da un immane diluvio, che le città vacillano, la terra sprofonda, lei lo racconta in qualunque crocicchio, a chiunque incontra. E tuttavia tale vizio non è più intollerabile di quello della donna che è solita farsi trascinare davanti i vicini di umile condizione e li fa massacrare a cinghiate, insensibile a ogni loro supplica. Infatti se i suoi profondi sonni sono interrotti da qualche latrato, «portate qui alla svelta le verghe» grida e con quelle da ordine che si colpisca prima il padrone, poi il cane. Ma terribile ad incontrarsi, orrendamente tetra in volto, è di notte che lei si reca ai bagni, è di notte che da ordine che si metta in marcia l'esercito del bagno con le sue salmerie di vasetti, il suo godimento è sudare in mezzo a una gran confusione, dopo aver spossato coi pesanti attrezzi ginnici le braccia che ora pendono fiacche, dopo che il furbo massaggiatore le ha premuto le dita sul clitoride e ha fatto risuonare ben bene alla signora la parte alta delle cosce. Nel frattempo, i convitati infelici sono oppressi dal sonno e dalla fame. Finalmente ella giunge, un tantinello arrossata in volto, con una sete da scolarsi tutto quanto il barilotto di vino, della capacità di un'intera urna, che le viene sistemato accanto ai piedi; prima di mangiare, ne tracanna un primo e, subito dopo, un secondo sestario che renderà rabbioso il suo appetito, poiché - una volta lavate le viscere - il vino fa la via alla rovescia e fuoriesce a colpire il suolo. Sui marmi scorrono veloci rivoli di vino, il catino d'oro manda odore di Falerno; proprio come un lungo serpente caduto in un profondo vaso, ella beve e vomita. Naturalmente il marito ha la nausea e tiene a freno la bile coprendosi gli occhi.

Tuttavia ancora più insopportabile è quella che, non appena prende posto a tavola, fa l'elogio di Virgilio, mostra indulgenza per Elissa in punto di morte, fa paralleli e confronti fra i poeti, sospende su un piatto della bilancia Marone e sull'altro Omero. Si ritirano in buon ordine i grammatici, si dichiaran vinti i retori, tace tutta la folla dei commensali, non farà motto ne avvocato ne banditore e neppure... un'altra donna: tanta è la massa delle parole che da lei si rovescia! tante bacinelle e campanelli - si direbbe - risuonano percossi all'unisono! no, proprio non c'è bisogno che nessuno sforzi trombe e bronzi: da sola ella sarà in grado di portar soccorso alla luna in eclissi. Il saggio impone un limite anche alle attività onorevoli; ma colei che troppo smania di apparire dotta e faconda, dovrebbe poi fino a mezza gamba tirar su la tunica, sacrificare un porco a Silvano, accedere ai bagni al prezzo di un quadrante. Speriamo che la matrona che ti sta sdraiata accanto a tavola non possieda un suo proprio stile oratorio, che non sappia scagliare un tortuoso entimema in stile ben tornito, che non colga infallibilmente ogni riferimento erudito nei testi ma di quel che legge sui libri qualcosa almeno non lo capisca. Detesto la donna che consulta e sfoglia il Manuale di Palemone, rispettando in ogni caso le leggi e le regole della grammatica, e che, nella sua mania per le anticaglie erudite, si rammenta versi a me ignoti e questioni indegne dell'attenzione degli uomini. Corregga pure gli strafalcioni dell'amica un pò rozza: ma sia concesso al marito di macchiarsi di un solecismo!

Non c'è niente che non permetta a se stessa una donna, niente che reputi vergognoso, una volta che si sia adornata il collo di verdi gemme e si sia attaccate alle orecchie delle perle così pesanti da sforzarne i lobi. [Non c'è nulla di più insopportabile di una donna ricca.] Ma prima di quel momento il suo volto - spettacolo orribile e ridicolo al tempo stesso - è rigonfio di uno spesso strato di mollica o esala il lezzo delle unte pomate di Poppea ed è qui che restano invischiate le labbra dell'infelice marito (ma dall'amante ci vanno con la pelle ben detersa: quando mai desidera apparire bella in casa sua? è per gli amanti che si comprano le essenze profumate, è per costoro che si acquista tutto quello che voi, o macilenti Indiani, qui ci inviate). Ecco, finalmente disvela il suo volto e rimuove il primo strato di intonaco, comincia a essere riconoscibile, e si umetta con quel latte emolliente per avere il quale certamente si farebbe accompagnare da una mandria di asinelle anche se fosse mandata in esilio al polo iperboreo. Ma quel viso che viene sommerso e poi deterso con tanti differenti cosmetici e riceve maschere di farina cotta e umida, lo si dovrà definire un viso o una... piaga? Vale davvero la pena di conoscere fino in fondo cosa fanno e combinano durante tutta la giornata! Se la notte il marito ha dormito voltandole le spalle, è la fine per la segretaria, gli addetti al guardaroba debbono abbassare la tunica, lo schiavo Liburno è accusato di esser arrivato in ritardo ed è costretto a pagare lui il fio per il sonno altrui; l'uno sente spezzarsi addosso le bacchette di canna, l'altro diventa rosso sotto i colpi dello staffile, quest'altro per le cinghiate; vi sono di quelle che pagano uno stipendio annuale al boia! Ordina di colpire e nel frattempo si unge la faccia; ascolta le amiche od osserva con attenzione l'ampio orlo dorato di una veste ricamata e intanto botte! Controlla le righe del lungo registro delle spese del giorno e intanto botte! finché essa - quando gli aguzzini non ce la fanno più - considerando ormai conclusa l'inchiesta, non urla con terribile voce tonante «Fuori!» L'amministrazione della casa non è più mite di quella della corte di un tiranno di Sicilia! Se poi ha fissato un appuntamento e più del solito desidera essere elegante e ha fretta perché già è attesa nel parco oppure al tempio di Iside la ruffiana, ecco che acconcia la sua chioma la sventurata Psecade, essa stessa coi capelli strappati, le spalle nude e il seno scoperto. «Perché questo ricciolo è più alto degli altri?» e subito lo scudiscio punisce il crimine, il delitto del capello fuori posto. Ma cosa ha commesso Psecade? che colpa ha la povera ragazza se il tuo naso non ti è mai piaciuto? Un'altra schiava a sinistra distende le tue chiome e le pettina e le dispone in boccoli a raggiera. Fa parte della commissione che deve deliberare una schiava già appartenuta alla madre, ora trasferita ai lavori di filatura, dopo aver cessato per limiti d'età di lavorare con le forcine; il primo parere che si ascolta sarà il suo, dopo di lei aranno .il loro voto quelle che le sono inferiori per età e competenza, proprio come se fosse in gioco l'onore o la vita: tanta è la preoccupazione del farsi belle! Con tanti ordini di riccioli opprime il suo capo, e ancora con tante impalcature di supporto riesce a soprelevarlo che a vederla di faccia ti sembrerà un'Andromaca; ma di dietro è più piccola, la si potrebbe prendere per un'altra. E dimmi un po' tu, se ha avuto in sorte dalla natura una corporatura esile e minuta e - senza il soccorso dei coturni sembra più bassa di una bimba pigmea e per un bacio deve alzarsi leggera sulla punta dei piedi! Nel frattempo mai si preoccuperà del marito e si guarderà bene dal far anche solo un cenno alle spese con cui lo manda in rovina. Vive come fosse una vicina del suo sposo, da questo fatto soltanto a lui più legata, che detesta i suoi amici e i suoi schiavi, e costituisce un fardello pesante per il suo bilancio. Ecco fa il suo ingresso il coro della furibonda Bellona e della Madre degli Dei e un imponente eunuco, figura che incute religioso timore nei suoi osceni seguaci, che in un passato ormai lontano, impugnando un coccio, si recise i rammolliti genitali: a lui cedono il passo l'arrochita schiera e i suonatori di timpano, a lui le guance plebee riveste una tiara frigia. Con voce tonante impone di temere ravvicinarsi di settembre e dell'Austro, a meno che la donna non si sia preventivamente purificata per mezzo di cento uova e non gli abbia regalato vecchie vesti color pampino secco, affinchè ogni pericolo che, improvviso e tremendo, incombe sulla sua testa si scarichi sulle tuniche e in un colpo solo tutta l'annata sia liberata dal male. In inverno ..scenderà nel fiume spezzandone la crosta di ghiacciò, tre volte s'immergerà nel Tevere di primo mattino e proprio in mezzo ai flutti vorticosi bagnerà il titubante capo, poi nuda e tremante percorrerà tutto il campo di Tarquinio il Superbo, strisciando sulle ginocchia sanguinanti; se lo imporrà la bianca Io, si recherà fino ai confini estremi d'Egitto e ne riporterà 'acqua attinta nella torrida Meroe, per poterne aspergere il tempio di Iside che sorge proprio accanto all'antico ovile. Crede, infatti, di ricevere personali avvertimenti dalla voce della dea stessa. Ecco lo spirito e la mente con cui gli dei in piena notte dovrebbero mettersi a colloquiare! così si guadagna i massimi e più alti onori costui che - circondato da un branco di ammantati di lino, da un branco di teste rasate - in veste di Anubi corre veloce fra la folla, facendosi beffe del suo lutto. E lui che intercede per ottenere il perdono tutte le volte che la sposa non si astiene dall'amplesso nei giorni consacrati alla castità e una grave punizione sarebbe dovuta per aver essa violato il letto coniugale: di fatti la serpe d'argento è stata vista in atto di muovere la testa. Ma è grazie al pianto di lui e alle sue preghiere biascicate con arte che Osiride - per la verità corrotto anche da un'oca grassa e da una sottile focaccia - non può rifiutare il perdono alla colpevole. Non appena quegli ha sgombrato il terreno, ecco che, messo da parte il suo cestello con il fieno, un'Ebrea tutta tremante con fare misterioso ti chiede l'elemosina all'orecchio, interprete delle leggi di Gerusalemme e grande sacerdotessa dell'albero e intermediaria fedele dell'alto dei cieli.

Anche a costei si riempie la mano, ma con minor spesa; per pochi spiccioli, infatti, gli Ebrei ti vendono tutti i sogni che vuoi. L'aruspice di Armenia o di Commagene – palpeggiato il polmone di una colomba ancora calda - ti garantisce un amante in tenera età o il magnifico testamento di un ricco signore senza figli; scruterà minuziosamente anche petti di pollo, viscere di cagnolino e, talora, anche di fanciullo; commetterà colpe che egli stesso potrebbe presentarsi a denunciare.

Maggiore tuttavia sarà la fiducia accordata ai Caldei: qualunque cosa dirà l'astrologo, crederanno che provenga rivelata dalla fonte di Ammone (poiché a Delti gli oracoli sono in pensione e il genere umano è condannato all'ignoranza tenebrosa del futuro). Ma il più accreditato fra costoro è quegli che più volte fu mandato in esilio, colui che con la sua amicizia e i suoi oroscopi a pagamento provocò la morte del grande Cittadino che suscitava la paura di Otone.

Di qui la fiducia nella sua scienza: se la sua destra e anche la sua sinistra hanno risuonato delle catene, se per lungo tempo è rimasto imprigionato nel carcere militare. Nessun astrologo che sia andato esente da condanne sarà considerato abitato dal genio, ma solo chi ha sfiorato la pena di morte, chi a mala pena se l'è cavata con la relegazione in una delle Cicladi e infine è riuscito a ritornare dalla piccola Serifo.

E lui che consulta sulla morte che si fa troppo attendere della madre malata di itterizia, ma prima ancora sul tuo decesso, la tua cara Tanaquilla, e gli chiede quando mai potrà celebrare le esequie della sorella e degli zii, se l'amante - invéce - sia destinato a vivere anche dopo la sua morte: che mai di meglio, infatti, potrebbero concederle i numi? E questa, almeno, ignora le sventure minacciate dal cupo astro di Saturno, ignora in congiunzione con quale stella Venere si mostri propizia, quale mese si annunzi economicamente rovinoso, quale periodo, invece, favorevole al guadagno: ma bada bene di evitare anche il semplice incontro con quella donna nelle cui mani scorgi un calendario astrologico ormai logorato dall'uso come un’appiccicosa palla d'ambra, che non consulta nessuno e, anzi, ormai viene essa stessa consultata dagli altri, che, quando il marito si mette in marcia verso gli accampamenti militari o verso la patria, ricuserà di partire insieme con lui, se la trattengono i calcoli desunti da Trasillo Quando ha deciso di farsi portare in lettiga fino al primo miliario, l'ora esatta della partenza la ricava dal manuale; se le prude l'angolino dell'occhio troppo sfregato, chiede il collirio solo dopo aver consultato l'oroscopo; anche se è a letto ammalata, non c'è ora che le sembri più adatta all'assunzione di cibo che quella che le prescrive Petosiride. Se è di condizione modesta, se ne andrà avanti e indietro ai lati delle mète del circo ed estrarrà le sorti e porgerà la fronte e la mano all'indovino che le chiede di far schioccare più volte le labbra. Alle ricche, invece, darà i suoi responsi un augure della Frigia e, fatto venire a nolo appositamente di là, un esperto degli astri e del cielo e un qualche aruspice in là con gli anni, che provvede per incarico pubblico al sotterramento dei fulmini.

Il destino della plebea si trova nel Circo e sui Bastioni. Colei che esibisce sul nudo collo una lunga collana d'oro chiede il responso davanti alle torri di legno e alle colonne dei delfini per sapere se debba lasciare l'oste e sposarsi col commerciante di vesti.

Costoro, tuttavia, ancora affrontano il rischio del parto e sopportano tutte le fatiche dell'allevamento, costrette dalla loro condizione; invece sui letti dorati non giace quasi più una puerpera. Così efficaci sono le arti e le pozioni di colei che rende sterili le donne e per denaro s'incarica di uccidere degli esseri umani nel ventre della madre. Rallegrati, sventurato, e con le tue stesse mani porgile a bere qualsiasi intruglio; infatti, se fosse disposta a lasciarsi gonfiare il ventre e a tormentarlo con gli scaldanti figli, risulteresti probabilmente padre di un Etiope, e ben presto questo tuo erede di tutt'altro colore, che tu dovresti ben evitare di incontrare con lo sguardo di primo mattino, riempirebbe del suo nome tutto il tuo testamento. Non sto poi a parlare dei trovatelli fatti passare per fìgli legittimi e di come, raccolti presso le immonde latrine, spesso essi procurano illusoria gioia ai mariti, ingannando le loro aspettative: spesso di là son tratti i Pontefici, i Salii destinati a portare l nome degli Scauri sulla loro falsa persona. Sta ritta la Fortuna maliziosa, nella notte, sorridendo ai nudi fanciulli; questi riscalda avvolgendoli completamente nelle pieghe del suo manto, poi li porge alle grandi casate e prepara per sé una farsa tutta segreta; questi essa ama, per costoro si espone e sempre li spinge avanti come suoi pupilli. Questi offre formule magiche, quest'altro vende filtri di Tessaglia, con cui possa sconvolgere la mente del marito e sculacciarlo ben bene a colpi di ciabatta. La ragione del tuo delirare è questa, questa la ragione della nebbia che avvolge il tuo cervello e ti fa dimenticare tutto ciò che hai appena fatto. Tuttavia questo si potrebbe ancora tollerare, se tu non cominciassi anche a dare in escandescenze come quello zio di Nerone a cui Cesonia fece trangugiare tutta intera l'escrescenza frontale di un puledrino ancora incerto sui garretti. Quale donna non vorrà imitare la moglie dell'imperatore? Tutto il mondo ardeva fra le fiamme e, spezzati i cardini, si schiantava rovinosamente proprio come se Giunone avesse fatto impazzire suo marito.

Dunque sarà da considerarsi meno rovinoso il boleto di Agrippina, dato che esso provocò l'arresto del cuore di un solo uomo e per di più vecchio e fece discendere... al cielo il suo capo tremolante con le labbra colanti lunghi fili di bava: ma questa pozione esige ferro e fuoco, questa pozione fa mettere alla tortura, essa fa a pezzi i senatori insieme ai cavalieri. Tanto ci costa il parto di una cavalla, tanto una sola avvelenatrice! Hanno in odio i figli della «concubina»; nessuno si opponga, nessuno lo vieti: ormai è considerato lecito uccidere il figliastro. Ma voi io tengo ad avvertire, o pupilli dotati di un patrimonio cospicuo, badate a salvaguardare la vostra vita e non vi fidate di alcun cibo che vi venga imbandito: i pasticcini ribollono lividi di veleno materno. Assaggi qualcuno prima di voi tutto quel che vi propina colei che vi ha messo al mondo, e sia il pedagogo, pur tutto Impaurito, a bere prima di voi nella vostra coppa.

Naturalmente si dirà che siamo noi ad inventarci questi eccessi, facendo indossare alla satira l'alto coturno, e che valicando i limiti e le norme stabilite dai predecessori deliriamo, invasati da Bacco, declamando con slancio degno di Sofocle un carme sublime, che nulla ha a che vedere coi monti dei Rutuli e col cielo del Lazio: magari dicessimo il falso! Ma Ponzia proclama: «Sono colpévole, lo confesso, ho approntato l'aconito per i miei bimbi, non si può smentire quel che è lampante; e il misfatto l'ho portato a compimento io con le mie mani». Tu due fanciulli in una sola cena hai fatto fuori, o ferocissima vipera? tu due fanciulli? «Sette, se sette ne avessi avuti». Crediamo dunque a tutto quel che i tragici ci raccontano sulla torva donna di Colchide e su Procne; non ho nulla da obiettare.

Anche quelle donne ai loro tempi osarono perpetrare orribili mostruosità, ma almeno non lo fecero per soldi. Minore stupore è dovuto ai misfatti più orrendi, quando è l'ira che porta al delitto questo sesso ed esse, col fegato avvampato dalla rabbia, si lasciano andare a precipizio, come massi che si staccano dalle vette, a cui vien meno il monte e sul ripido pendio cede la fiancata. Ma non riesco a sopportare colei che fa i suoi calcoli e a mente fredda commette un delitto enorme. A teatro osservano attente Alcesti che si sostituisce al destino di morte dello sposo ma, se fosse loro concesso uno scambio simile, vorrebbero salvare la vita della loro cagnetta con la morte del marito! T'imbatterai al mattino in molte Belidi ed Erifili; non c'è quartiere che non abbia la sua Clitemnestra. Questa è la sola differenza, che la celebre Tindaride impugnava con le due mani una bipenne rozza e inetta, mentre al giorno d'oggi si sbriga la questione con un minuscolo polmone di rospo; ma si è pronti a ricorrere anche al ferro, se l'Atride ha preso le sue precauzioni bevendo l'antidoto del re del Ponto, tre volte sconfìtto.

 
 
 
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