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Metamorfosi o ancoraggio alla nostra identità?

Post n°16 pubblicato il 03 Febbraio 2015 da GreenLyrics
 

Mi è capitato di avere per le mani il testo di Così Parlo Zarathustra del noto filosofo tedesco Friedrich Nietzsche. Molto si è detto sia sulla figura dell'autore che sull'interpretazione dei suoi scritti polemici - e dissidenti - di fronte alla morale vigente nel suo tempo. In fondo lui si era formato come filologo, e di certo frequentando attivamente l'accademia ne poteva di certo osservare e provare le contraddizioni. Ma la sua era un'art di finesse, e un'ironia pungente rispetto a ciò che l'esperienza dettava puntualmente alla sua mente geniale.

In questo testo Zarathustra, profeta ed emblema della meditazione creativa, parla della condizione umana che può ben essere associabile ad un cammello che si prostra agli obblighi e responsabilità imposte dall'esterno, un leone che sceglie di ribellarsi e un fanciullo che raggiunge la totale libertà di poter dire SI; senza remore e costrizioni legate al passato.

Quanti di noi potrebbero dire di trovarsi vicini, e magari alla ricerca personale di doti come responsabilità, crescita interiore per accettare i pesi della vita, il dolore e la sofferenza della quotidianità che non sempre si riesce a quantificare per paragonarlo al bene che proviamo. In fondo, essere coerenti con i propri doveri sociali, personali e lavorativi non potrebbe essere un atto di elogio dell'essere vivente? e oggi più di ieri, in cui nuove "crisi" fanno capo. Esse non chiedono certo il permesso prima di fare un'entrata irruenta dalla porta del cuore. E non parlare dei propri problemi per non dare un maggiore peso ai nostri cari, sperando che sia solo un momento passeggero della vita (che in fondo non è fatta di "alti e bassi", di maree che non si possono controllare, e di arcobaleni che susseguono tempeste umorali) non è un atto degno di coraggio? Non avere paura di "scendere in acque torbide e sporche" per inseguire una giusta causa non dovrebbe essere un valido motivo per sentirsi più forti di chi non "sceglie di scegliere"? Prendiamoci un momento per pensarci su; anche ora magari.

Ma arrivati ad un certo punto della propria esistenza si sente anche il bisogno di altro. Non si scappa dalla necessità di accogliere anche altri impegni nella propria agenda, fitta e confusa. Dopo anni e anni di servizio impeccabile, preciso, categorico, puntuale, affabile e concreto, un bel giorno sulla corda dritta e liscia della vita si iniziano a vedere i primi segni dell'usura. Assolutamente autoprodotti, in pieno e concreto esercizio della propria volontà, condita da un pizzico di libero arbitrio. Se tutti siamo liberi in potenza, allora è anche possibile "dire un Sì" che abbia il permesso reale di essere diverso a quanto è stato detto o fatto sinora. Ed è un 50% di responsabilità personale e sociale offrire al singolo la possibilità di conoscere altre strade "di vita", rispetto a quella che si è dovuto (o ripeto, si è liberamente scelto per via di fattori interni ed esterni) percorrere fin'ora. Non parlo di drastiche, inaspettate e repentine trasformazioni della propria esistenza, poichè cerco di introdurre l'idea di una libera e lenta metamorfosi, che può e deve rimanere aperta al dialogo e al confronto con i vari "interlocutori" della nostra quotidianità. Sia con il proprio sè interno che prima o poi ci richiama all'ordine, per affrontarlo nella sua complessità, sia con il sè sociale che se possiamo ancora considerarci "animali sociali" ci attenderà "al varco" sempre e comunque...

Noi cosa vogliamo davvero? a cosa siamo disposti a rinunciare per iniziare ad avere "il tempo" per meditare su cosa può essere oggetto (o soggetto magari) delle nostre volizioni? Abbiamo la voglia di sapere cosa il nostro animo potrebbe desiderare di volere, o magari imparare di nuovo a fare? La risposta può anche essere immedata, ma può sempre aprire una piccola fessura nell'animo, che magari appare come un buchino di spillo o come un buco nero spaziale. Dipende dal nostro stato, o dal contesto in cui viviamo in questo momento. Se ci spogliamo delle nostre piccole sicurezze (ottenute oggi a gran fatica), la nostra (diversa) condizione potrebbe condurci a qualcosa dapprima inaspettato, che può far paura per via della mancata conoscenza. Caspita, dobbiamo essere sicuri di "padroneggiare" l'io!

L'impulso di ricominciare da un punto nuovo ora, ma che forse c'era gia sul piano da cucina, pur mancando ingredienti come il coraggio, la forza di volontà e la responsabilità verso il sè interno, la perseveranza e la pazienza di poter ragionare sulla possibilità di dire anche NO, per poi dire un libero e squillante SI alla vita, per noi è sempre più difficile da immaginare. 

Ci si può pensare in rari momenti della settimana, in cui la nostra mente si concede il lusso di respirare, per "sentire" l'impulso del SI, e piantare in sè il piccolo seme del cambiamento, della trasformazione che la porterà a essere pianta; con una forza e fertilità inimmaginata.

Se i valori li crea l'uomo, come può anche esserne il succube? conscio della pericolosità di un'accettazione fin troppo consapevole del rispetto delle regole e del quieto vivere in una società che vede diventare spesso sorda alle sue reali necessità. Chi difende il nostro io se non la nostra mente emotiva e razionale? Possiamo permetterci di sentire il bisogno di creare nuovi valori, provando maggiore responsabilità per "atti" che riguardano il pubblico e comunque la nostra persona? Impariamo a conoscere la possibilità di volere la diversità?

Forse si può iniziare anche attraverso l'analisi della triade descritta da Nietzsche che porta dal cammello obbediente e razionale, al leone impulsivo e forte, per poi giungere alla figura del fanciullo ignaro di costrizioni esterne, e capace di essere coerente con la volontà del SI.

 

LH

 

 
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