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Il pranzo consumato sulla metro

Post n°21 pubblicato il 03 Marzo 2015 da GreenLyrics

La mia attenzione si posa spesso sui volti dei miei colleghi di metro. Alcune volte non mi accorgo nemmeno di fissare un punto di un loro indumento o della loro borsa immaginando il perchè abbiano scelto quel colore o quella specifica tipologia di capo e accessorio glamour.

Questione di stile? mi chiedo ora se l'universo della loro personalità e del loro complesso carattere possa essere racchiuso in questa frase...Forse, continuando a pensare, sto giungendo alla conclusione che è utile cotinuare a scrivere; non è solo di ciò che si tratta...

L'atto di comprendere come la volontà personale non possa sempre spiegar(si) con una scaletta di causa - effetto che solletica meglio la fantasia dei razionalisti, è alquanto banale.

Uno sguardo stanco, perso, apparentemente tranquillo, nevrotico (perchè la sua pupilla si muove come una nave nel bel mezzo di una tempesta, magari scorrendo con le dita sul tablet o cellulare gelosamente racchiuso fra le mani), in attesa di vedere a quale fermata di corsa si è arrivati perchè (giustamente, azzarderei a dire) manca l'aria nel vagone (e avere l'ossigenazione dei tessuti è un diritto inalienabile di qualsiasi cittadino del XXI secolo), intento a cogliere l'attenzione del proprio partner facendo fusa degne di una soap opera sud americana, intento a fissare un punto sperando di raggiungere la massima agonia del corpo e dello spirito, o peggio, pensando di allenare la propria concentrazione su di sè... fa parte delle immagini che il cervello raccoglie dopo aver fugacemente fotografato i "metroniani".

La messa a fuoco di ieri ha come protagonista un giovane ragazzo, probabilmente uno studente universitario (ero sulla metro B, prima di arrivare alla fermata policlinico - sede di numerose facoltà della Sapienza) o magari una neo vittima del jobs act renziano, illuso di poter trasformare il suo contratto part-time in una forma ibrida di "determinato" a scadenza annuale - o meglio ancora - semestrale. Così se i contributi vanno a ribbasso passa la paura.

Occhi scuri, capelli corti ma con un particolare nella parte posteriore della calotta cranica dove affiora una specie di ciuffo...modello "picchia picchia picchiarello, picchia picchia pazzarello" il famoso cartone animato del picchio dal ciuffo rosso, noto da molti. Lo spero...

Immaginare che quel particolare ha centrato in pieno la mia attenzione, è una buona supposizione considerando la lunga premessa di prima. Ma non è solo questo che cattura la mia iride. Il ragazzo ha in mano un topper rosso (o ma guarda un pò che colore scargiante, affermo. Quello del picchio pazzarello!) dove annusa, e cerca di mischiare un blocchetto di cous cous testardo. La massa marmorea bianca è sovrastata da colline di polpette al sugo.

Opera sua, o di qualcuno a lui caro? non ci è dato sapere. Ma ecco che il ragazzo dopo alcuni minuti di esplorazione del suo futuro pranzo, decide proprio nella metro, in piedi, appoggiato al finestrino, e ben incrastato nella folla dei metroniani, di smettere di smucinare quella massa per tastare con le sue fameliche papille i duri granuli bianchi impreziositi dalla tenera carne bovina. Cercando di cogliere le residui molecole di O2, alzo la testa e noto che la prima polpetta sparisce. Va giù subito, quasi come un masso che si stacca dalla rupe per scivolare nella valle collinare della trachea del simpatico ragazzo.

Mi sembra sia soddisfatto della sua opera culinaria, forse era la prima volta che si cucinava qualcosa? anche questo non è dato sapere. Ma il suo sorriso di fronte alle numerose facce intente a fissare il suo ciuffo e la sua forchetta che godeva della dicotomia presente nel topper rosso, per poi ad abbassare la testa facendo finta di sistemarsi la giacca o altro, non credo abbia avuto eguali nella mia esperienza metropolitana. Contenta di esser arrivata alla fine visione da primo tempo della sua piacevole e rilassata "magnata de porpette" in metro, ritengo sia opportuno scendere alla fermata di casa. Mi aspettano nuovi compiti da fare.

 

L

 
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Il nostro sesto senso...

Post n°20 pubblicato il 26 Febbraio 2015 da GreenLyrics
 

Ora sappiamo qualcosa di nuovo sui nostri sensi e le nostre capacità gustative. Alle note di dolce, salato, amaro, aspro e grasso si aggiunge un nuovo gusto capace di cogliere la sensibilità delle nostre papille.

il suo nome è "umami" e in lingua giapponese significa "saporito". Suona anche molto bene!

Il suo sapore è simile al "cugino" meglio noto come glutammato monosodico, un amminoacido presente in cibi altamente proteici, come la carne e il formaggio, che si trova anche come esaltatore di sapidità in molti cibi preconfezionati dall'industria alimentare.  L'umami, come da definizione ufficiale dell'Umami Information Center "è un gusto sapido piacevole che proviene dal glutammato e da diversi ribonucleotidi, tra cui inosinato e guanilato, presenti in natura in carne, pesce, verdura e prodotti lattiero-caseari".

Pochi sono a conoscenza che la nostra sensibilità al gusto umami era già nota nel lontano 1908, anno in cui Kikunae Ikeda (docente di chimica all'Università Imperiale di Tokyo) trovò il modo per isolare le molecole di glutammato monosodico lavorando al brodo di alghe.

E come ogni grande scoperta ciò no fu un caso, pur se governato dalla leggi della casualità.

Oggi sappiamo anche che questo sesto gusto, seppur ancora poco conosciuto fa davvero bene alla salute. O per meglio dire, l'insensibilità al gusto umami si può tradurre in una perdita d'appetito; una riduzione della salivazione; una diminuzione di peso che si verifica spesso nei pazienti anziani, e che comporta spesso il degradamento del loro stato generale di salute.  Questa scoperta è  stata diffusa dal team di ricercatori della Tohuku University in Giappone. Sono loro che hanno scelto di pubblicare il lavoro sulla rivista Flavour , proprio all'interno di uno speciale didicato alla scienza del gusto. Si tratta di una scoperta che va controcorrente rispetto alla credenza (devo dire oramai piuttosto comune) secondo la quale il glutammato monosodico non sia un ingrediente salutare; anzi addirittura cangerogeno.

Lo studio sperimentale di questo team giapponese è stato condotto su 44 pazienti anziani, tutti sofferenti di perdita dell'appetito e di  diminuzione ponderale di peso. E si è evidenziato il fatto che alcuni di loro erano parzialmente o interamente insensibili al gusto dell'umami.

Per capire se il quadro clinico di questi anziani fosse effettivamente correlato con l'insensibilità al sesto gusto, gli scienziati hanno deciso di dare ai pazienti una bevanda a base di tè nero fermentato (noto anche come 'Kobucha'), già nota per la sua proprietà stimolante rispetto ai recettori dell'umami.

Al termine dell'operazione i medici hanno notato un aumento della salivazione in questi anziani, che è fondamentale per mantenere inalterate le funzionalità gustative della lingua. Ecco perchè sono stati così sicuri nel dire che: "Basandoci sulle nostre scoperte", "concludiamo che il miglioramento del flusso salivare potrebbe essere utile per trattare pazienti con disturbi del gusto. In particolare, abbiamo notato che la stimolazione dei recettori dell'umami migliora il flusso salivare perché agisce direttamente sui riflessi condizionati del cavo orale. E abbiamo anche osservato miglioramenti per quanto riguarda la perdita dell'appetito e il recupero di peso corporeo".

Il tentativo di "preservare il gusto per l'umami, "contribuisce dunque non solo al benessere alimentare, ma anche allo stato di salute generale in persone anziane". Provare per credere!

 

LH



 

 
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Vegetariani: ci si è o ci si fa?

Il popolo dei vegetariani è sempre più "popular", e non si accontenta mai di esaltarne le caratteristiche etiche e sociali. Come dare torto a chi rivendica il rispetto per i nostri amici pelosi e per chi - consapevole o meno di esserlo - è considerato un essere vivente?

Molti vegetariani mettono in prima posizione l’ambiente, mentre altri rivendicano la scelta salutistica di una dieta povera (o priva nel caso dei vegani) di proteine animali. Ne gioverebbe la salute e l'energia fisica a disposizione. Certo, con i relativi accorgimenti del caso, per rendere la propria alimentazione varia, sana e soprattutto equilibrata nei macro e micronutrienti che il nostro corpo richiede ogni giorno.

Ultimamente è il popolo femminile ad essere in crescita, in molte scelgono il vegetarianesimo per motivi etici. Fatto sta che, secondo il rapporto Eurispes 2013 diffuso a gennaio scorso, il 6% degli italiani è vegetariano o vegano. In tutto circa 3 milioni e 720mila persone, di cui il 4,9% (i vegetariani) ha abolito dalla propria dieta carne e pesce, e l’1,1% ha eliminato tutti i prodotti di origine animale, comprese uova, latticini e miele per quanto riguarda l’alimentazione e pelle, lana e seta a livello più generale (chi è nell'universo vegan).

Il trend è sempre di più in crescita, e sempre più «sponsorizzato» anche da importanti organizzazioni internazionali. Basta pensare che l’Onu nel 2010 (nel dossier dell'Uneo, il Programma per l'Ambiente delle Nazioni Unite) ha evidenziato per la prima volta come il «consumo di alimenti animali» sia «una delle cause» di inquinamento, effetto serra e spreco di risorse per il nostro pianeta. Una frase forte, e che è ricca di contenuti etico-sociali.

Basta notare, anche intorno alla nostra cerchia di amici e conoscenti, che sempre più persone scelgono di diventare veg.

Anche nella nostra "tradizionale" Italia, pur essendo il 6% di vegani e vegetariani una minoranza rispetto al 94% della popolazione che continua ad alimentarsi in maniera «classica», il «cambiamento di menu» è in forte crescita: il 2% in più, sempre secondo il rapporto Eurispes, rispetto al 2012. I motivi sono molto semplici, e per certi versi intuitivi.

Come, spiega l’Eurispes, gli uomini scelgono di essere vegetariani o vegani per il benessere fisico e della salute (42,3% rispetto al 28,2% delle donne. Mentre le donne scelgono di praticare lo stile di vita vegetariano per una maggiore sensibilità verso la sofferenza e lo sfruttamento degli altri animali (il 66,7% vs 30,8% degli uomini). Magari un pò la cura del fisico e la salute c'entra sempre, ma è in secondo piano rispetto all'amore per l'umanità!

Le stime delle vite salvate da chi compie una scelta veg, non possono e non vogliono essere univoche. Molti si trovano su una sottile linea di confine che non è "nè carne nè pesce". Oggigiorno il tema è ancora oggetto di controversie (anche riguardo le possibili carenze nutrizionali a cui il vegetarianesimo e veganesimo non equilibrato può facilmente indurre).

Per non parlare delle resistenze culturali verso chi sceglie di non uccidere altri animali per cibarsi. Dilettandosi poi a comprare pellicce o capi in pelle ricavata da animali...

Secondo i dati dell’organizzazione britannica Viva sono circa 60 miliardi gli animali che ogni anno vengono uccisi per essere arrostiti, fritti e rosolati davanti ai nostri occhi. Almeno 10 volte tanto ne è dei pesci. Passando ad un’alimentazione vegetale ognuno di noi avrebbe "il potere" di salvare da morte certa almeno 6 mucche, 22 maiali, 30 pecore, 800 polli, 50 tacchini, 7 conigli e mezza tonnellata di pesce. Alla faccia del libero arbitrio!

Comunque il trend veg non è solo nostrano. Tutt'altro! Il Belpaese si mantiene ancora basso nelle classifiche di "vegeterianesimo internazionale". Le stime dicono che nel mondo i vegani e i vegetariani convinti si aggirino intorno a un miliardo. Che secondo me è in rapida scesa.

Un tacito esempio è l'India (la patria del vegetarianesimo anche per motivi religiosi) dove circa il 30% della popolazione è vegano o vegetariano. Basta ricordarsi la sacralità delle mucche mostrata nelle scene di molti film di nostra conoscenza! Altro che fiction da cinema.

In Europa è la Germania il Paese più veg con ben 7 milioni di persone. Come non risconoscere le sue avanguardie e novità in campo di moda ecofriendly, ecosostenibilità architettonica e urbanistica, e rispetto per l'ambiente che qui ci sogniamo ad occhi aperti...

 

LH

 

 
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Conoscenza immediata e "mente originaria"

Post n°18 pubblicato il 18 Febbraio 2015 da GreenLyrics
 

Max Planck scrive che la base di tutta la fisica moderna è costituita da due principi:

1)esiste un mondo reale esterno e indipendente da noi

2) questo mondo non può essere immediatamente conosciuto

Questi due principi sono alla base di ogni scienza e la filosofia li ha presi molto sul serio, inserendoli nei suoi discorsi e pensieri circa l'ontologia e la gnoseologia dell'origine e dell'essere. La loro conferma o negazione ha arrovellato i più grandi pensatori e scienziati della nostra storia. Soffermandoci sulle parole scelte da Plank, il "Noi" rispetto a cui il mondo esterno risulta essere indipendente, è da intendersi quasi come una sorta di "conoscenza immediata" che la scienza e la filosofia che è alla base di tale sapere attribuiscono alla "mente" umana.

Il filosofo Immanuel Kant ha definito invece l'esatto contrario, affermando che il mondo esterno non possa essere immediatamente conosciuto da una mente delineata secondo tali caratteristiche. Tuttavia è basandosi su un fondamento della manifestazione originaria del mondo (che si può intendere anche con mente originaria) che il sapere filosofico e scientifico possono proporre la costruzione di un "ponte" che offra la possibilità di affermare l'esistenza di un mondo reale esterno alla mente. Quest'ultima è quindi da intendersi come un oggetto particolare, perchè ha al di fuori di sè un mondo.

Seguendo questa prospettiva filosofico-scientifica il mondo reale che è esterno e indipendente rispetto alla mente (inteso quindi come un oggetto particolare che non è sempre "conoscibile" dalla mente stessa), è come se - in qualche misura - non fosse né esterno né indipendente rispetto alla mente originaria. Quest'ultima è infatti il simbolo della conoscenza immediata dal mondo e degli enti in esso presenti, ed è fondamentale e autentica in quanto espressione della dimensione "fenomenologica" del sapere.

L'opposizione fra "mente", "particolare" e mondo esterno si inserisce nella riflessione legata al concetto di mente originaria, non come evidenza che non da margine di discussione, ma come un problema che si tratta di risolvere. O magari la cui risoluzione implica la negazione di ogni mondo esterno - la negazione che l'idealismo ha teorizzato in modo radicale.

Se rimaniamo all'interno della prospettiva espressa da Planck, proprio perchè il mondo esterno non immediatamente conosciuto è possibile dire che il mondo "feomenologicamente presente" si mostra come risultato di un'attività originaria e sensibile dell'organismo umano dei primordi. Quest'ultimo per sopravvivere applica al "caos originario" una struttura originaria che possa dare un "senso" alla "presenza" fenomenologica. In questo discorso si deve pensare che il concetto di "caos originario" è uno dei modi di intendere il mondo esterno, ed è indipendente rispetto al "noi" perchè il suo essere è un "caos". Solo la sensibilità primitiva dell'uomo può assumerne e iscriverne il significato in una struttura originaria. E se ho inteso bene la questione quest'ultima è la struttura neurofisiologica che condizione e che definisce la funzionabilità della mente, affinchè la "presenza fenomenologica" che è contenuto della mente possa avere un senso. Gli stessi uomini di sapere Friederich Nietzche ed Ernst Mach ci hanno parlato a lungo di questa tematica.

Il "caos originario" è un modo di intendere il mondo esterno alla "mente particolare". Ma è sul fondamento della mente originaria che si può proporre di costruire le caratteristiche particolari della "mente" che può far da ponte per affermare l'esistenza del "caos".

Il ragionamento finora esplicitato mostra che:

1) Il condizionamento della mente da parte delle funzioni cerebrali superiori ed inferiori (o di una struttura originaria che possa unificarle) è a fondamento della mente che sia intesa in termini di "particolare".

2) Questo fondamento si inserisce in una prospettiva statistico-probabilistica.

3) Accanto a questo fondamento si trova la "mente originaria", vale a dire la manifestazione originaria del mondo che definisce la mente un oggetto slegato dal particolare in quanto entità dai confini aperti.

La mente è il luogo in cui è possibile la manifestazione, la presentazione, la riflessione e l'unione dei contenuti che appartengono sia al mondo scientifico che fenomenologico.

In lei forme di pensiero, di azione e di affettività (evidenti o latenti) prendono vita e definiscono l'evoluzione creativa - o inespressiva - che si lascia percepire all'animo umano.

 

LH

 

 
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Come rivolgersi a quanto è naturalmente artificiale?

Post n°17 pubblicato il 16 Febbraio 2015 da GreenLyrics

Nel mondo migliaia - anzi miliardi - di persone non dimostrano di avere alcun problema a nutrirsi di varietà vegetali ottenute da piante sottoposte a diversi processi e tecniche di mutazione genetica. Quest'ultime sono perlopiù tre: la prima ricorre alla radiazione, la seconda a sostanze mutagene quali l'etil-metasulfonato, e infine la transgenesi che produce i noti e tanto temuti OGM.

Eppure, non vien da chiedersi il perchè di questo timore quando l'udito e la sensorialità umana sentono la parola 'radiazione'... In ambito biologico essa non è sempre di matrice artificiale, tutt'altro! la sua è una naturalità biologica. Basta pensare che esiste un fondo di radiazione naturale che origina in tutti gli organismi (uomo incluso) delle mutazioni di cui non ci si rende conto. Continue incursioni e incubazioni virali spostano il nostro (e altrui) genoma da un organismo all'altro senza alcun bisogno di chiedere permesso. E l'influenza di questo periodo ce ne offre la prova pratica!

La buona notizia è che il nostro organismo è capace di riparare i danni in lui presenti, ovviamente entro un certo limite. Questo perchè è la mutazione da la spinta all'evoluzione della specie, senza la quale non esisterebbe nè la biosfera nè l'essere umano. Questo non lo dico io ma l'illustre e noto biologo inglese Charles Darwin: la diversità è il motore della vita.

Un altro esempio di processo è quello della mutagenesi indotta; che oggi viene ritenuta una pratica diffusa in tutto il mondo, anche in virtù della sua semplicità. Si è sviluppata intorno agli anni Settanta e riesce ad elevare il numero dei mutanti ottenibili nell'organismo selezionato, su cui poi è possibile operare una selezione di campo. Fonti attendibii - o almeno questa è la nostra speranza - mostrano che esistono ben 2550 varietà commestibili ottenute in questo modo; e di queste circa una trentina si sono sviluppate in Italia.

Si sa già che una varietà commerciale non dura molto, e ogni anno vengono sviluppati nuovi ibridi. Tantochè è quasi impossibile seguire il percorso compiuto dai geni mutanti, che potrebbero aver invaso letteralmente l'intero campo di coltura biologica. Il mondo occidentale è permeato da questo fenomeno, ma i nostri gruppi di ambientalisti hanno la pelle d'oca e i capelli rizzati appena sentono parlare di transgenesi.

Qualche mese fa vedevo su linea verde un servizio dove si diceva che alcuni prodotti che si ritiene abbiano fatto la storia della cucina italiana e della nostra dieta mediterranea, quali il San Marzano, il riso Carnaroli e il melo della Valle D'Aosta sono minacciati di estinzione da diversi tipi di parassiti resistenti ai pesticidi e alle tipologie diserbanti presenti sul mercato.

Più nello specifico, il riso Carnaroli è estremamente sensibile alle infezioni fungine e non è coltivabile con i dettami e le metodologie dell'agricoltura biologica. Purtroppo si sente ancora parlare di rischi e danni per la salute umana legate alla transgenesi, così come di serio danno per l'immagine e per le proprietà organolettiche del prodotto italiano da vendere.

Se tutelare il consumatore significa anche metterlo in condizioni di possedere gli strumenti della conoscenza necessari a sviluppare la possibilità di una scelta alimentare informata e consapevole, bhè allora egli dovrebbe essere al corrente delle diverse caratteristiche di ogni prodotto acquistato. Così come dell'iter di una catena produttiva che dal luogo di produzione e confezionamento trasporta gli alimenti sul banco dove - proprio ora - il suo occhio si posa.

Non tutti sanno che le tanto osannate colture biologiche sono spesso aggredite dalle muffe vegetali che contengono alfatossine e numerosi prodotti di matrice cancerogena per le nostre cellule. Si diffonde invece l'elogio per la loro salubrità organica, e la loro maggiore tollerabilità per gli infanti e i soggetti allergici. Tutto è scritto sulle loro belle etichette verdi.

É vero anche che non tutte le colture bio incorrono in certi rischi, e le loro implicazioni ambientali sono controllate da organismi esterni e certificabili per la tutela del consumatore.

Così come alcuni OGM stanno creando una nuova tipologia di rivoluzione scientifico-economica in numerosi paesi che merita la nostra attenzione in quanto consumatori capaci di discriminare il bene dal male; o quantomeno la nostra curiosità intellettuale rispetto all'intransigenza. Un'opposizione continua (e alcune forte davvero fuori luogo) verso questa integrazione agricola è ben capace a causare dei danni peggiori di quelli che si vorre evitare. Dalle nuove tecnologie ci può anche essere un miglioramento economico ed alimentare per la società. Si è già visto, e fra qualche decennio le aree coltivate sul pianeta non saranno sufficienti a nutrire una popolazione che cresce a ritmi vertiginosi. Questi dati non sono inverosimili poichè basta leggere un rapporto della FAO per capire che oggi esistono paesi dove solo una ristretta minoranza riesce a raggiungere la terza età, e il resto muore prima, indipendentemente dalla loro fonte primaria di nutrimento. OGM o bio conta davvero poco...

I dati epidemiologici, i fatti e i risultati delle ricerche condotte secondo seri criteri a favore di un'accettazione della transgenesi nell'agricoltura dovrebbero essere sufficienti ad ampliare la concezione di una diversa modalità di produrre degli alimenti di alto valore nutrizionale. Ma la sicurezza è difficile da maturare, in un'epoca in cui i media traggono un certo godimento nel loro creare confusione e annebbiamento della conoscenza e dell'informazione pubblica.

Che poi si dica come non tutti sappiano il significato esatto di OGM e di transgenesi molecolare, è un altro paio di maniche che meriterebbe un post a parte. Ma non credo a chi dall'oggi al domani pensa di dominare la naturale ossidazione cellulare semplicemente con l'ausilio di un marchio BIO e con l'ostentazione - rasente la noia - per la sua salubrità.

 

LH

 

 

 
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