Creato da Settima_Corda il 17/08/2011

.. chitarra racconta

Voce di una chitarra smarrita

 

 

1968 Amsterdam:il nuovo mondo

Post n°10 pubblicato il 04 Settembre 2011 da Settima_Corda

1968 Amsterdam



1968 Amsterdam come il resto del mondo: la coscienza collettiva
 
                    
                 

Daniela avrebbe presentato Fernanda Pivano ad Indian nel 2007

Si incontrarono in un bar nei pressi dell'Ateneo

Ricordo bene che disse qualcosa del genere

quando si accommiatarono.

"...ho incontrato una, forse due anime con un tale carisma

che ti pare di poter toccare...

che ti avvolge nel suo essere eterna bambina...

che ti pare di conoscere da sempre...

Le grandi anime hanno in comune

l'umilta' e  una luce gioiosa negli occhi

che ti attraggono come una calamita..."

 

         

         

       




Lei arriva tra i colori ovunque
lei pettina i suoi capelli
lei è come un arcobaleno
arrivando, porta i colori nell'aria
oh, ovunque, lei arriva tra i colori

l'hai mai vista vestita di blu?
vedresti il cielo davanti a te
e il suo viso è come una vela
macchie di bianco così belle e pallide
hai mai visto una donna più bella?

l'hai mai vista tutta in oro?
come una regina nei giorni dorati
lei lancia i suoi colori tutto intorno 
come un tramonto che va giù 
hai mai visto una donna più bella

lei arriva tra i colori ovunque
lei pettina i suoi capelli
lei è come un arcobaleno
arrivando, porta i colori nell'aria
oh, ovunque, lei arriva tra i colori

lei è come un arcobaleno
arrivando, porta i colori nell'aria
oh, ovunque, lei arriva tra i colori
 lei è come un arcobaleno
arrivando, porta i colori nell'aria
oh, ovunque, lei arriva tra i colori
                                                                                                                 Daniela

  

                          Suonatore di didgeridoo                           Born to be wild - Easy Rider

Ad Amsterdam, il mondo nuovo.
Le radici del cambiamento individuale e sociale
nella "anime salve" del mondo.
Per la prima volta nella Storia
senza bandiere
a testimoniare ciascuno
la propria liberta',
lo spirito comunitario,
la rottura con il sistema imposto.

HASTA LA VICTORIA, SIEMPRE
(Ernesto Che Guevara")

ALLARGARE L'AREA DELLA  COSCIENZA
(Le porte della percezione: A. Uxley)

JUKEBOX ALL'IDROGENO
(Allen Ginsberg)

SULLA STRADA
(Jack Kerouak)

DEMIAN
(Hermann Hesse)


 
 
 

1968: BACK HOME BLUES

Post n°11 pubblicato il 07 Settembre 2011 da Settima_Corda

B A C K      H O M E    B L U E S



Frontiera tedesca
Polizia
Foglio di via
...e pensava dondolato dal vagone
cara amica il tempo prende il tempo da
noi corriamo in una direzione
ma quale sia e che senso abbia chi lo sa
siamo qualcosa che non resta
frasi vuoti nella testa
e il cuore di simboli pieno
...

Piazza Dam...
dove mi giro ora che inizio a vedere
a sentire aperta ogni direzione
universo immenso da camminare
senza bussola
con il solo istinto di gettare il fardello
e nel tempo futuro chinarsi a raccogliere
un fiore e poi ancora un fiore
a ricostruire un uomo
ad immagine onesta
di quel che io sono
ora.

Battelli nei canali...
legno umido cuscino del mio capo
quanto tempo hai galleggiato
prima che arrivassi ad annusare il tuo profumo
intriso di mare del Nord
e vento
e sogni di pirati e marinai
e di altre anime perse
ora fratelli miei
Cullaci, questa notte, legno umido
regalaci sogni mai osati
speranze inaspettate
tenaglie per catene
ali per cieli alti
perche' li' abita la sola
prospettiva indipendente

Cristallo di magia
dilatatrice dei confini miei
comprimi
decomprimi
come un respiro  con i polmoni
la mia mente
si' che io non possa
scordare piu'
l'universo sconosciuto
di me
dove albergano
le verita' ultime

...come potro' dire a mia madre che ho paura...


Donna di Dam Square
raccolgi questa metamorfosi
trascinala per la strada
per le scale tue
abbandonala sul tuo letto
placa il pianto della solitudine
con una carezza
con il tuo corpo pallido di luna
avvolgi il dolore di mutar essenza
apri le tue gambe
e mostra il fiore
da cui nasco ora
orfano


 

 
 
 

1968: E' PRIMAVERA SVEGLIATEVI COSCIENZE

Post n°12 pubblicato il 15 Settembre 2011 da Settima_Corda

Rimasi appesa al chiodo per un paio di mesi circa mentre un periodo di
tensione famigliare e sociale cresceva intorno.
Una sera verso la mezzanotte Indian entro' nella stanza, ripercorse i
gesti di quando anni prima ce ne fuggimmo al mare con la sola differenza
che questo era un taglio consapevole, definitivo,con la sua famiglia
d'origine.
"Un figlio non deve alcun rispetto al genitore per il semplice fatto che
questi gli ha donato la vita che tra l'altro non si ha chiesto di vivere.
Un figlio non e' amato per essere fotocopia dei desideri genitoriali ma in quanto vita generata, libera, autonoma, indipendente.

Il dramma famigliare era il microcosmo nel quale si rifletteva una transizione generazionale che non riguardava aspetti superficiali ma colpendo la sorgente faceva saltare ogni possibile dato di fatto acquisito, scontato, innalzato al ruolo di regola.

Tabula rasa.

Non sono il figlio cotocopia da mostrare.

Sono io, figlio di madre Natura e del padre Vento.

Mal sopporto i vostri credo di ogni genere figli della stessa matrice sociale borghese cosi' antitetica alla mia.
Se devo dirvi grazie questo e' il momento. Non so di cosa se penso alla mia infanzia, all'adolescenza solitarie, senza un abbraccio, una mano vostra da stringere la sera quando un figlio vuole addormentarsi con la tranquillita' nel cuore ed invece e' la paura della solitudine a stringere lui.

Ora che ci penso non vi dico alcun grazie.
Il rispetto va conquistato da parte di tutti e se mai avro' figli mi dovro' guadagnare il loro rispetto come tutto  il resto e questo pensiero vale per tutte le cose.
Non c'e' nulla che possa piu' passare sotto il nome opportunistico di educazione,
quel gioco, cosi' ipocrita e comodo, supportato dal sistema, non si gioca piu."

...onora il padre, onora la madre
e onora anche il loro bastone
bacia la mnao che ruppe il tuo naso
perche' le chiedevi un boccone
quando a mio padre si fermo' il cuore

non ho provato dolore...


In quel marzo, come nei mesi, negli anni a venire si era inevitabilmente
dalla parte di chi sosteneva il sistema o da quella che il sistema
sentiva di voler minare, non era socialmente possibile far parte di una
maggioranza silenziosa che stava conoscendo il suo primo declino.

Lui non lo sa ma lo vedevo nella mezzora in cui silenzioso, lo sguardo fuori dalla finestra come a ripassare i ricordi recenti, viveva il distacco irreversibile dalle radici del latte materno, dall'assenza di unpadre muto.

         

Indio, alla finestra, pianse in silenzio in quel taglio di tempo che non si misura ma accadono le decisioni che radicalmente mutano la tua vita.
Era notte fonda ormai.
Nel silenzio della casa in cui aveva vissuto i suoi primi 19 anni prese il suo zaino e mi strinse per la maniglia della custodia.
Guardo' la sua stanza, torno' sui suoi passi per prendere in un cassetto un piccolo ciondolo che raffigurava il Buddha. 
Lo mise al collo e i primi passi giu' dalle scale erano i primi della vita che aveva
scelto di vivere, ovunque l'avesse portato a trovare cio' che gli mancava.

Da li a due mesi sarebbe arrivato Maggio...
 

 
 
 

1968: IL MAGGIO

Post n°13 pubblicato il 16 Settembre 2011 da Settima_Corda

I mesi che seguirono furono un continuo vagabondaggio.
Amicizie alla ricerca di un tetto.
Mesi frenetici in cui si aveva l'impressione che il tempo stringesse e cio' che doveva essere fatto era da farsi, subito.
In citta' la tensione sociale cresceva e i gruppi politicizzati come i diversi, gli emarginati, gli irregolari, i quartieri ghetto erano tenuti sotto controllo dalle forze dell'ordine.

 

...il potere vestito di umana sembianza
gia' volge lo sguardo a spiar le intenzioni
degli umili, degli straccioni...
(cfr. La buona novella, Faber)

                          

La democrazia mostrava la sua natura instabile manifesta nel suo ritorno alla repressione appena annusava un lontano rumore di malcontento e di questo sentimento ne era colmo l'intero mondo occidentale.

Dai campus universitari statunitensi alle fabbriche di auto di Detroit, dal flower power della west coast californiana all'artistico Village newyorkese, dalla rovina culturale delle univerista' in genere al precariato operaio si era instaurato un legame comune che all'inizio sfuggiva ad ogni regola di leadership.

              

 



Che poi qualche sabotatore faccia deragliare il treno della giustizia e' nel dna della storia umana. Che qualche coglione pensi di sfruttare la situazione gratificando il suo ego dittatoriale e' altrettanto dato di fatto. Che i grandi poteri occulti o meno, prima nemici, si alleino per proseguire la loro spartizione di gestione dell'umanita' e' scritto e celato nelle profondita' poco spirituali della biblioteca vaticana.

        Herbert Marcuse nel suo "La tolleranza repressiva" scrisse queste parole:



" ...e' quindi possibile mutare il sistema ma lo si deve vincere subito. Esso ha la straordinaria capacita' di assimilare colpi e rifletterli sul suo assalitore se gli si concede anche solo il minimo tempo di incassare il colpo iniziale..."

Questo accadde ma, a mio avviso, non si puo' chiamare sconfitta un'azione generazionale che di fatto ha cambiato parte dei costumi, delle convenzioni, di tutto cio' che oggi per l'appunto il sistema spaccia per suo, deformandolo nella sua essenza come sempre a proprio tornaconto.

Indian e' un musico e come tale sogna e in quel maggio, tra le manganellate, le fughe dai lacrimogeni, dai getti d'acqua che ti sbattono a terra, le imboscate nei sotterranei torinesi di Pietro Micca per sfuggire ai fascisti, le occupazioni universitarie ad oltranza...distribuiva sogni suonandomi per strada, cantando di pace.

Lo picchiarono una sola volta quando fu scaricato con suoi compagni dal cellulare della polizia su cui era stato gettato per resistenza passiva duraante un sit-in.
Alla domanda dell'inquisitore di turno sulle sue generalita' rispose: Bartolomeo Vanzetti e lei?

 

...non mi aspettavo un vostro errore uomini e donne di tribunale

se fossi stato al vostro posto ma al vostro posto non ci so stare...

 
 
 

...DOVE SEI, BAMBINO ?

Post n°14 pubblicato il 22 Settembre 2011 da Settima_Corda

Marisa lo chiamo' al telefono da Izolda che in quel periodo aveva ospitato Indio e me.
"...devo parlarti...", esordi'.
Dal tono di quelle poche parole si percepiva un'intenso affanno che strideva col suo carattere deciso, sicuro, da femminista intelligente e critica quale era.

Il motivo del tono delle sue parole salto' fuori dopo poche frasi concitate, spezzettate.
Marisa aspettava un figlio ed Indio ne sarebbe stato il padre.

A 19 anni in un periodo sociale come quello che si stava vivendo e con un imperante individualismo personale una realta' di quello spessore si presentava come  gioia naturale e nel contempo come una verifica, forse prematura, di cio' che si era giunti ad essere,  di come coniugare "l'immaginazione al potere" e il contingente da responsabilizzare.

La prima grande scelta da condividere con qualcuno al di fuori di se stessi, il pensiero della responsabilita'di una vita nuova gia' conseguenza della strada presa dopo il taglio del cordone ombelicale con mamma famiglia. 

"Avrai la forza e poi i soldi e poi la solidita'morale di farti carico della "coerenza intera", occasione di mostrare a se stessi il "...si va avanti tu ed io contro il mondo ...", perche'"...a vent'anni sei il fiore che apre alla luce i petali umidi di rugiada e il giorno, metafora della vita, e' ancora tutto li' davanti a te, da vivere.
E te lo immagini, ora dopo ora com'e' nel tuo sogno gia' iniziato e puo' solamente continuare nella direzione che gia' percorri ed altra non potra' essere mai se vorrai continuare a reggere lo specchio della dignita' sino alla fine.
Quel fiore sara', e lo scoprirai molto dopo, il pacco dono con cui sei nato, con cui ciascuno nasce e contiene in nuce le tue reali potenzialita'.

Sino ad oggi, 20 giugno, hai strappato brandelli di vita alla norma stretta delle batterie di allevamento ma erano tue battaglie.
Ora ti ripassi la retorica della figura di padre e gia' non ti ci vedi ad educare,
portare a se con quale diritto?
 Per portare a se bisogna essere almeno sufficientemente certi di aver qualcosa di vero da trasmettere.
E poi, anzi prima ancora,  non sei tu, forse futuro padre, a decidere se verra' l'eta' che illuminera' il suo ventre.
Pensi al tuo seme nel suo ventre alla sua corsa disperata verso la sublimazione della sua esistenza di spermatozoo che chiami procreazione.
In quel momento si incide nella tua memoria l'immagine dell'attimo infinitesimale nel quale l'unione di due parti genera l'uno fisico, la vita nuova.
In quel momento impari un senso del messagio dell'Amore.
Marisa sceglie.
Per me e' giusto quel che tu senti. Non trattenere lacrime. La luce nuova gia' e' disegnata nel tuo sguardo e nessuno ha diritto di cancellarla. Io sono con te. 
Il figlio nascera'.

Alla fine degli anni sessanta la maggiore eta' era fissata ai vent'un anni.
Noi ne avevamo entrambi diciannove.
Marisa informa i suoi. Indio si presenta a casa loro per conoscerli e viene a sapere che avevano avvisato la sua famiglia con la quale non aveva piu' tenuto contatti negli ultimi mesi.
Segue meeting collettivo.
Conclusione od Out out (a scelta) :"Se vi volete bene noi non ci opponiamo ma dovete sposarvi, in Chiesa.
L'ultima chance di riappacificazione era appena stata gettata, come sempre, in nome dell'apparenza. Non una grinza di facciata nella sempre piu' marcia mascherata borghese.

Liquidata la cerimonia salvafaccia, rifiutata l'offerta di un preconfezionato viaggio di nozze, se ne vanno ad amarsi nella soffitta presa in affitto. Un letto, un gas, un armadio recuperato non so piu' da quale amico ed io, Settima Corda che passo nelle mani di chiunque strimpelli l'anima.

Dall'abbaino pero' si vede il cielo.

Novembre.
Una notte Marisa sta male.
C'e trambusto.
Si sente in lontananza il suono di una  sirena.
Un'ambulanza si ferma sotto il portone. Il suono cessa.
Resto al buio, nella mansarda priva delle loro presenze.

La mattina successiva quando la porta si riapre vedo Indio entrare.
E' da solo.
Si siede sul letto.
Pprende in mano una foto in cui Marisa sorride mentre un vento, lontano nel tempo, le spettina i lunghi capelli biondi. Accarezza con dolcezza quel volto come fosse vero e nel silenzio piange.

  ...ma parole e basta
tutti gli spermi e tutti gli ovuli della terra uniti
in tutte le possibili combinazioni
non potrebbero creare di nuovo te,
cio' che eri e
cio che potresti potuto essere...

 

Per un tempo che non so misurare rimasi abbandonata nella mansarda sempre meno frequentata.
Una mattina, in cui la neve aveva coperto il vetro dell'abbaino e la luce faticava ad entrare nella stanza, sentii trafficare alla porta. 
Era tornato a prendermi.
Frettolosamente raccolse qualche oggetto mentre molti altri rimasero al loro posto.
In strada la coltre di neve ammorbidiva gli spigoli delle geometrie architettoniche come di quello che sarebbe stato il futuro prossimo.  


 

 

 
 
 

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