SPOSA INDIANA
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INFANZIA IN MALABAR
Era il compleanno di qualcuno ad Ambazhathel, quando ci fu il ciclone. Ettan, il mio fratello maggiore, ed io eravamo stati invitati alla festa. Malathikutty ci condusse al santuario del serpente prima di pranzo. Rimanemmo ad osservare Meenakshi Edathi mentre preparava latte e banane per i serpenti.
Meenakshi Edathi era una parente lontana della famiglia Ambazhathel. Essendo povera, dipendeva dalla loro generosità. Era una donna molto scura, di mezza età, che passava tutto il suo tempo tra la casa e il cortile senza mai fermarsi e con il viso che perennemente aveva l’espressione di chi chiede perdono. Meenakshi Edathi aveva alcuni doveri piuttosto triviali in quella casa, come per esempio accogliere l’oracolo al suo passaggio con del dolce, accendere le lampade quando scendeva l’oscurità, fare il burro per i bambini e fare disegni con la crema di riso il giorno di Nira. Tutte le altre incombenze erano svolte dagli altri servitori. Comunque, la famiglia non sarebbe potuta vivere felice nemmeno un giorno senza Meenakshi Edathi, perchè era la sola che sapesse esattamente quanto riso doveva essere bollito per le esigenze della famiglia o quanti mundu dovevano essere mandati a lavare o quando i bambini avevano bisogno di un lassativo.
Io le chiesi: “Perché il serpente non viene?”
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KAMALA DAS
IL RITO DELLA SUTEE
IL SACRIFICIO VIVENTE
LA VALLE DEL GANGE 1828
La piccola Tani disse: “No, Dwarki, non posso! Io amo questa vita. Amo ogni cosa: osservare i giochi dei bambini, lavare la mia piccola Urmi, cucirle i vestitini, quando non sto preparando da mangiare oppure sono occupata con la pulizia della casa. Amo vedere le bolle dell’acqua nel vassoio di bronzo, quando verso l’acqua dal pozzo che si trova vicino all’albero di bambù. Provo una gioia senza nome quando coloro le mie unghie con la tonalità adatta e quando indosso i miei abiti migliori e mi trucco gli occhi, affinché Gunga dal piede sfortunato bruci d’invidia, lei il cui cuore brucia arido come una fascina di legna secca. Ed ora tutto questo deve finire? No, non posso!”.Le sorelle stavano mano nella mano, completamente identiche nell’aspetto esteriore. I paesani dicevano: “Non si sono mai viste delle gemelle così identiche”. Però un osservatore attento avrebbe potuto notare che erano differenti nel carattere e nell’espressione. Dwarki era la moglie di un uomo, che era stato esiliato nelle Isole Andamane per attività sovversiva.
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RITRATTO DI DONNA INDIANA
MEMORIE DI UNA PRINCIPESSA
Nel 1910, quando mia madre compì il suo diciottesimo compleanno, mio nonno la informò che avevano combinato per lei il matrimonio con il Maharaja Scindia di Gwalior, che era uno dei più importanti principati dell’India. Gwalior si trovava nell’India centrale e il Maharaja, che aveva circa quart’anni, era amico di mio nonno. Il Maharaja aveva già una moglie, ma era sterile e il sovrano voleva assolutamente un erede. Nel 1909 si era recato a Londra e lì aveva incontrato mia madre, la cui bellezza e vivacità non era passata inosservata nell’alta società. Al suo ritorno in India il Maharaja contattò mio nonno per chiedergli la mano di sua figlia: furono consultati gli astrologi, furono stilati gli oroscopi e, dopo la discussione sui giorni propizi per il matrimonio, fu accettato il fidanzamento. Mia madre, dal canto suo, accettò la decisione dei suoi genitori senza ribellione e protesta. I matrimoni combinati erano- e ancora sono- così accettati nella maggior parte della società indiana che l’idea di sposarsi per amore è considerata una dubbia e rischiosa idea occidentale, di cui non ci si può fidare soprattutto nel caso dei giovani. I genitori sanno che cosa è meglio per i loro figli, in modo particolare riguardo a qualcosa di così importante come il matrimonio....
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UNA PRINCIPESSA INDIANA
DONNA INDIANA
RAGAZZA INDIANA
DONNA INDIANA
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AMICIZIA D'INFANZIA DI VAIKOM MUHAMMAD BASHEER
Post n°40 pubblicato il 04 Settembre 2009 da shubala
Sebbene Suhra e Majid erano stati amici fin dall’infanzia, vi era qualcosa di inusuale nella loro relazione, perchè, prima di diventare tali, erano stati acerrimi nemici. Quale era la ragione di una tale inimicizia? Anche se erano vicini di casa e le loro famiglie andavano molto d’accordo, Suhra e Majid però erano nemici. Suhra a quel tempo aveva sette anni e Majid nove ed era loro abitudine cercare di spaventarsi a vicenda. Quando giunse la stagione dei mango, i frutti ormai maturi cominciarono a cadere dall’albero vicino alla casa di Suhra, ma la ragazza non riusciva a prenderne nemmeno uno. Quando correva infatti per cogliere un frutto, che era caduto dall’albero, si accorgeva che Majid era già arrivato prima di lei e lo stava mangiando tranquillamente. Majid non aveva alcuna intenzione di darle un mango e, anche se qualche volta faceva finta del contrario, gliene dava sempre uno che era già stato morso. Quando la bambina allungava la mano, Majid diceva: “Mordi il mio gomito!” e poneva il suo gomito di fronte al suo viso. Qualche volta, inoltre, quando la vedeva, cercava di spaventarla guardandola di traverso e mostrandole la linguaccia. Suhra, però, non si lasciava spaventare tanto facilmente e gli rispondeva allo stesso modo, anche se nella lotta per i mango maturi, aveva sempre la peggio. Perché mai la bambina non riusciva mai a mangiare un buon mango? Sia che il vento soffiasse o meno, Suhra stava sotto l’albero, ma non cadeva nulla, nemmeno una foglia. Lei sapeva che l’albero era pieno di frutti maturi. Se nessuno cadeva però, era meglio arrampicarsi per coglierne uno. Ma vi erano molte formiche rosse, pronte a mordere. Ed inoltre, anche se non ci fossero state le formiche, come poteva una ragazza così giovane arrampicarsi su di un albero? Un giorno, mentre si trovava sotto l’albero con l’acquolina in bocca, qualcosa cadde dai rami con un tonfo. Suhra corse, ma vide che dall’albero era caduta una piccola noce di cocco. Come poteva una noce di cocco cadere da un albero di mango? Si guardò intorno e poi lo vide. Era di nuovo Majid, che con un espressione vittoriosa sul volto faceva alcuni versi senza senso: “Joogjoogoo! Joogjgoo!”. Poi urlò e scese dall’albero. Fece roteare gli occhi e tirò fuori la lingua. Era proprio una vista terrificante. Se qualsiasi fanciulla del villaggio lo avesse visto, sarebbe scappata via terrorizzata. Suhra però non corse via, ma rimase lì imitando i gesti di Majid, che divenne veramente furioso. Quella piccola ed insignificante ragazzina stava cercando di spaventare un ragazzo come lui? Si avvicinò ancora di più. I suoi occhi divennero più grandi, le sopracciglia arcuate, le narici dilatate. Emise un suono terribile, simile ad un grugnito. Suhra però rimase dove era. Majid era sbalordito. Come aveva osato? Majid si avvicinò ancora di più, ma lei non indietreggiò di un centimetro. Majid aveva perduto tutta la sua dignità. Come aveva osato? |
Inviato da: Tasawwuf22
il 15/09/2009 alle 14:38
Inviato da: shubala
il 17/08/2009 alle 09:51
Inviato da: Tasawwuf22
il 15/08/2009 alle 16:22
Inviato da: scrivisulmioblog
il 29/07/2009 alle 11:32