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Tutto il mondo di Harry Potter!

 

 
« Dubbi su SilenteMessaggio #166 »

Post N° 165

Post n°165 pubblicato il 15 Gennaio 2006 da l.UomoDellaSabbia
 

Ho iniziato ad amare Harry Potter la prima volta che ho sentito nominare il Binario 9¾, all’istante. Semplicemente per aver sentito un luogo del genere. Mi prese come una specie di nodo in gola, e non direi che mi sia mai passato. Anzi.
E poi… poi scoprii Diagon Alley, e Hogwarts… luoghi magici, certo, ma nel senso profondo di luoghi “altri”, dunque luoghi dello spirito: luoghi che sono l’altrove assoluto, al tempo stesso inarrivabile ma perfettamente immaginabile.

Ecco, io credo che il fascino di Harry Potter stia proprio in questo: nel dare forma e orizzonte al desiderio di "altrove" che, è evidente, moltissimi di noi portano dentro.
Letteratura di evasione dunque? Beh, io non so, e davvero non mi interessa, se Harry Potter sia letteratura “alta”: certamente non arriva a Tolkien, ad esempio, quantunque credo abbia un fascino persino superiore. Perché più vicino a noi, alla nostra esperienza diretta, probabilmente. Ma il punto non è questo.
La buona letteratura è quella che ci racconta qualcosa di noi: qualcosa che sappiamo, ma a cui non siamo in grado di dare ordine e senso; ma anche qualcosa che non sappiamo di sapere. Qualcosa che abbiamo dentro, che avvertiamo, ma che non identifichiamo per quel che è, e per quel che significa, con tutta l’importanza che conseguentemente ha.
In questo senso sì, Harry Potter è buona letteratura.
Non mi interessa il suo successo mondiale, la Pottermania e tutto il resto. Mi interessa il fatto che mi costringe ad interrogarmi, ad esplorare orizzonti di me di cui intuivo, e spesso avvertivo, l’esistenza, ma che per l’appunto mancavano di forma, di espressione.

E poi, ci sono le mille piccole invenzioni narrative, alcune delle quali davvero splendide: dal cielo stellato della Sala Grande, illuminato da mille candele sospese a mezz’aria, ai ritratti animati, con i personaggi raffigurati che si spostano da un ritratto all’altro (“non puoi mica pretendere che se ne rimanga lì tutto il giorno”), come mondo fantastico nel mondo fantastico; il Quidditch e le Caramelle Tutti i Gusti Più Uno (le Bertie Bott’s Every Flavours Beans); la stupidaggine dei Babbani (Muggles) e lo Specchio delle Brame (Mirror of Erised), che mostra i desideri di chi vi si riflette; ancora una volta, la parte più nascosta di noi, e che quindi è la più compiuta metafora di tutta l’opera.

Come metafore sono il Binario 9¾, e il Paiolo Magico, luoghi che sono lì, ma invisibili, protetti ma al tempo stesso accessibili a chi sappia vederli e interpretarli, accettandone le regole. Soglie, appunto, metafore di ciò che è il mondo narrativo – ogni mondo narrativo: come ci ha insegnato Coleridge con la sospensione dell’incredulità, leggere è credere. Ma non in senso fideistico: piuttosto, come “leggi, e lasciati trasportare”.

Da questo punto di vista Harry Potter si rivela anche una formidabile macchina narrativa, che esplorando e raccontando un mondo attraverso gli occhi di un ragazzino, guida alla sua scoperta coinvolgendo il lettore in modo progressivo e inesorabile. Con un curiosa analogia: anche la cosmologia di Tolkien ha avuto inizio con un racconto per ragazzi, crescendo su se stessa sino a diventare letteratura adulta.

Harry Potter lo fa seguendo la crescita dei suoi protagonisti, così che il mondo che racconta si colora di inquietudini e angosce che riportano il lettore adulto alla sua crescita, alle sue paure. L’ultimo episodio non a caso si chiude con note di malinconia, di angoscia, con l’obbligo di “scegliere”, che paiono proprio il preludio alla vita “adulta”. Mettendo così il lettore che accetta di esserne coinvolto in qualche modo, di fronte alla “sua” storia, e alla fine del mondo incantato della giovinezza, viste dall’altro capo della vita.

Ma è a quel mondo magico che alla fine torno sempre, anche se ora con un senso di smarrimento, di perdita, che mi appartengono in quanto adulto ma ai quali non sono rassegnato, cercando nei dormitori dei Grifondoro, nei corridoi e nelle aule di Hogwarts, nei pomeriggi ad Hogsmeade e ai Tre Manici di Scopa, nelle visite ad Hagrid, tracce di ciò che ho perduto, di ciò che è stato e non è stato abbastanza: gli anni della formazione, gli ambienti protetti e rassicuranti, la scoperta delle amicizie che ti tiri dietro per tutta la vita, colorati di meraviglioso; “già e non ancora”.

E l’inestinguibile desiderio di esser sempre lì, pronto a salire, ogni volta che l’Espresso per Hogwarts delle 11 fischia e sbuffa prima di partire.

 
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Commenti al Post:
lilith2803
lilith2803 il 15/01/06 alle 14:27 via WEB
Bell'analisi, spesso si tenta di demonizzare tutto ciò che ha successo, se qualcosa è "popolare" significa che non appartiene alla "alta letteratura". Forse solo chi è tremendamente attaccato alla realtà al punto di esserne inaridito non capisce la bellezza della fantasia... "Seconda stella a destra questo è il cammino e poi dritto fino al mattino non ti puoi sbagliare perchè quella è l'Isola che non c'è! E ti prendono in giro se continui a cercarla ma non darti per vinto perchè chi ci ha già rinunciato e ti ride alle spalle forse è ancora più pazzo di te..."
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MissPotter
MissPotter il 16/01/06 alle 10:07 via WEB
Beh la popolarità lascia sempre i contemporanei un po interdetti... Quando Dumas padre scrisse la sua saga dei Tre Moschettieri sulle pagine dei giornali fu folgorato da un successo inaspettato. Per i suoi contemporanei quella non era "cultura", era uno stupido romanzo da donnette scritto su un settimanale! la tecnica narrativa era banale: all'inizio del capitolo viene risolta la situazione precedente, un po di narrativa, colpo di scena che si interrompe sul più bello costringendo il lettore a comprare il prossimo numero. Elementare! eppure i romanzi di Dumas, oggi a circa 200 anni di distanza sono il pilastro indiscusso del romanzo storico francese e mondiale. Non disperate! tra 200 anni anche HP sarà un capolavoro della letteratura mondiale!
(Rispondi)
 
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