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l'andata e ritorno del cuore
 

 

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Erba

Post n°137 pubblicato il 21 Luglio 2015 da Syrdon

La città era attonita sotto la canicola estiva. Giaceva come malato agonizzante nella pianura, tra le colline e le montagne. l'aria condizionata usurava i polmoni con il gelo inflitto nell'illusione di raffreddarsi.

Non si era mai vista un'estate così. I bambini non uscivano di casa nelle ore più calde, i vecchietti cadevano a grappoli soffocati dal calore, i vestiti si appiccicavano alla pelle in un corpo a corpo col sudore, che tracimava dalla carne. Era caldo nei muri, per le strade, sui prati. Era caldo sulle lamiere delle automobili, nei treni, sui traghetti in partenza per le vacanze. Era caldo nelle ossa degli operai al lavoro, nelle mani consunte dei braccianti agricoli, caldo nel mattino, caldo nel pomeriggio, caldo a qualsiasi ora del giorno e della notte. Deboli piogge di calore riversavano gocce calde nelle strade e riempivano i tombini, mentre foglie malate e secche minacciavano di cadere, essiccate dalla loro stessa clorofilla infettata dal sole.

La gente, di sera, al buio usciva dalle case, come animali notturni in cerca di preda. Si sedevano su panchine ancora tiepide dei giardini e facevano scorrazzare bambini tenuti in casa tutto il giorno. 

Lei era uscita dall'hotel vestita di jeans leggeri e di una camicia bianca, compatta, ben proporzionata, con il suo viso di etnia Han dagli zigomi larghi, le mani sottili e forti, i capelli neri lisci. L'aspettavo poco lontano. La salutai, la feci salire in macchina, poi andammo a cena in collina, dove una dolce, flebile brezza serale aveva miracolosamente asciugato l'umidità e si poteva parlare tranquillamente, senza fretta.

Lei bevve poco, un goccio di vino, io appena un po' di più. Le piaceva il panorama, come la collina emergeva dal buio, come gli alberi si infittivano a mezza costa, su terreno lasciati incolti e il bosco tornava il bosco delle paure medievali.

Pagai. Salimmo in macchina. aveva un contegno orientale. Temevo di sfiorarla anche accidentalmente, di superare quel muro di isolamento che l'educazione cinese erige intorno a sè, salvo poi travolgerla quando i gusti inquietanti di certe muse erotiche ti fanno capitolare. Lei non era così. Era sposata, madre, non avrebbe mai fatto quelle cose.

Strano come il suo corpo non portasse traccia della gravidanza. Forse un po' nei fianchi, ma in modo impercettibile, come se allargandosi un po' avesse dato a quel suo corpo una forma perfetta, un'anfora che le donava una sagoma femminile di cui lei non era nemmeno cosciente.

Accesi la radio, feci partire le canzoni della mia raccolta. Tutto insieme, dance, rock, pop, musica moderna, classica, blues. Parlammo, non importa di cosa. Lei si faceva cullare dalle note, canticchiando sottovoce qualcosa che le piaceva particolarmente. guardava avanti. Le strade della collina curvavano dolcemente, la macchina le seguiva accennando un piegamento verso l'esterno, un ondeggiare studiato per tenerla in piedi.

- Mi piace la tua libertà - mi disse, in inglese - come vivi la vita, cercando sempre di vedere una prospettiva che sfugge agli altri. Hai una mente aperta, mi stupisce che tua sia così. Qui la gente non è così. Ma nemmeno da me, in fondo.

Tacque. Non sapevo bene cosa dire. Ma non importava, forse non attendeva una risposta.

presi una strada che conoscevo bene, che portava quasi alla sommità di una collina. Mi fermai in un parcheggio in cui eravamo soli.

- Ti mostro le stelle - le dissi
- Cosa? le stelle? - disse lei
- Sì, le stelle, esci - dissi.

Spensi la vettura, rimanemmo nel silenzio assoluto. Lontano, un riflesso delle luci della città, sopra di noi, l'intera volta del cielo. le stelle, a milioni, punteggiavano la scura parete sopra di noi. Mei, questo il suo nome, guardò in alto e rimase ipnotizzata. Era una vista non consueta per lei, che veniva da Shenzen, la città enorme, di milioni di abitanti. Era un panorama inatteso, vero, non costruito da un computer o da una simulazione. guardò in alto, bene. Poi si appoggiò all'indietro, a me.

Solo chi conosce l'estrema circospezione orientale, la codifica dei gesti da compiere, sa quanto un gesto del genere sia estremo. Mei si appoggiò dolcemente e non si spostò. mi emozionava sentire il suo corpo contro il mio. era più bassa di me. La sua testa mi arrivava al petto.

Sentìì il suo respiro. La abbracciai. Lei alzò la testa e in un gesto assolutamente naturale mi baciò sulle labbra. un bacio prima abbozzato, breve, poi lessi nei suoi occhi il desiderio di un altro bacio, più profondo. restammo così, abbracciati e stretti. Evitavo di sfiorarla per non spaventarla, per non farla sentire una preda. Lei doveva prendere l'iniziativa, non doveva sentirsi inseguita, cacciata.

chiusi la macchina, andammo a tastoni verso il prato, camminammo nella macchia silenziosa. Cercai i suoi occhi nel buio, sentii ancora le sue labbra. Le aprii la camicetta, lei fece lo stesso con me. sentii il suo corpo curvarsi, attaccarsi al mio. le slacciai il reggiseno, sentii il suo seno sulla mia bocca, cercai le sue labbra.

eravamo nudi nell'erba. lei si mise sopra di me, cercò il mio uccello a tastoni, lo prese stretto nella mano destra, con la sinistra si toccò la passera e trattenne il respiro. Sentii il suo corpo vibrare, mentre entravo in lei, nella sua passerina stretta, claustrofobica, che doveva gridare di dolore a sentire un membro occidentale prendersela con lei.

Quando fui tutto dentro, levò la testa verso l'alto, emise un gemito e cominciò a muoversi. L'erba era un giaciglio fresco, le sue mani mi graffiavano il torace e la bocca era aperta a respirare con tutto il suo corpo. Adoravo la consistenza della sua pelle, mi sedetti per guardarla da vicino e lì, a pochi centimetri da lei, fui colpito dalla sua bellezza feroce, deformata dall'amplesso che le faceva scoppiare le ovaie. Aveva un ritmo che si adattava perfettamente a me, sincopato, netto, fortissimo. mi stringeva con le gambe sottili e da vicino, alla luce soffusa della luna, i suoi occhi esprimevano un odio per se stessa, per me, per tutto il creato, che le dava fuoco e la dominava mentre cercava di prendermi tutto in sè.

Mi sentii una bestia, un essere mostruoso, cattivo. La sollevai e la rovesciai nell'erba, lei si fece schiacciare da me gridandomi in cinese e in inglese di prenderla, di possederla, di amarla.

- love me love me love me love me - risuonò come tra i muri di una stanza matrimoniale, come sul letto di un'adolescente intoccata, come sul letto del parto. - love me love mE LOVE ME TAKE ME I WANT YOU!!!!

Da quanto tempo non amavo così? Avevo perso il conto. Mi schiantai su di lei, atterrai sul suo corpo come su una pista, come su un mare, come in una fossa. il mio uccello la voleva. la voleva terribilmente. La mia mente la voleva. La mia anima  si sarebbe cibata della sua anima.

non gridava, gemeva, come se tutto fosse solo dolore.

ma mi teneva con le mani e i piedi in sè. Mi costringeva a venirle dentro, a sentire le pareti della vagina stringersi e rilasciare un fiume di liquido spremuto da ogni angolo del suo corpo. sentii il liquido rovesciarsi sul mio uccello e la presi ancora di più. Lei mi tenne ancora il tempo necessario fino a quando il mio seme uscì definitivamente inondandola, riempiendola, mentre l'erba si era aperta e aveva stampato in mezzo la sagoma dei nostri corpi in lotta.

mi piegai su di lei. Le baciai la bocca fradicia di saliva. mi guardò e mi abbracciò. Disse: - thank you - con il suo vocino, come se le avessi portato il caffè. Poi cercammo i vestiti, ci rassettammo, e, ancora fradici l'uno dell'altro, tornammo alla macchina.

Non sono mai facili questi momenti. Un imbarazzo scende tra le persone che hanno appena condiviso tutto. Non si sa cosa dire, come attraversare un muro e non poter tornare indietro.

Lei si lasciò andare nel sedile, mi prese la mano, rimase in silenzio.

La città scorreva ai nostri fianchi, la strada un lungo canale navigabile, il fiume appena un orpello della notte, un flusso di liquami grigiastri che corre al mare.

Arrivammo all'hotel. Lei scese, mi diede un bacio sulla guancia. Mormorò un saluto.

E per me fu come se tutto fosse realmente successo...

 
 
 
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