Post N° 7

Post n°7 pubblicato il 13 Luglio 2005 da Amelie_Poulain
Foto di Amelie_Poulain

Con questo messaggio saluto chi mi ha letto e ringrazio tanto chi ha commentato i miei pochi messaggi...

Il mio blog si trasferisce su LiveJournal. Le motivazione sono soprattutto di carattere tecnico: su libero le possibilità di personalizzare il blog sono limitate: volevo uno spazio tutto mio in cui aggiungere anche delle immagini, elemento fondamentale per parlare di manga e anime. Ovviamente non cancellerò il mio account, tornerò a leggere... soprattutto per la mia piccola blatta :)

Ecco qua la mia nuova casa... Una cioccolata e qualche biscottino a chi verrà a trovarmi :)

http://www.livejournal.com/users/remedios79/

 
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Millennium actress, Satoshi Kon

Post n°6 pubblicato il 12 Luglio 2005 da Amelie_Poulain
 
Tag: Anime
Foto di Amelie_Poulain

Un giornalista e il suo fido cameraman decidono di dedicare un documentario a Chijoko, un’attrice ormai anziana ritiratasi da anni dalle scene. Si recano così a intervistarla nella sua dimora, con lo scopo di riportare alla luce, attraverso le parole della donna, i fasti di una lunga e fortunata carriera. Chijoko comincia così a districare la matassa dei ricordi; racconta la sua giovinezza, racconta l’incontro con un affascinante pittore, un dissidente del governo ricercato dalla polizia. Lei ne era innamorata, lui l’ha abbandonata per fuggire da un sicuro arresto lasciandole però in pegno una piccola chiave; Chijoko la terrà cara come un tesoro per diversi anni: quell’uomo misterioso le ha detto che quella chiave apre ciò che è più importante al mondo.

Davvero i ricordi rispecchiano ciò che ci è realmente successo? No… I ricordi sono falsati dal nostro metro, dalle nostre emozioni, dal nostro stato d’animo. Nella mente della vecchia attrice lembi di vita vera si intrecciano e si confondono con le scene dei tanti film interpretati. È vera, appartiene alla realtà, la continua ricerca di un amore perduto, ma gli sfondi, le ambientazioni, sono quelli dei film storici interpretati… La vita dell’attrice si diluisce così in un millennio di storia giapponese. La vediamo sempre correre, disperarsi nella ricerca del suo amore, di volta in volta nei panni di una principessa, di un ninja o di una ragazza ribelle di primo Novecento. E i nostri giornalisti? I due sono talmente presi dal racconto da essere trascinati in questa nuova dimensione narrativa e li vediamo materializzarsi nei ricordi di Chijoko: piangono di commozione per le sue vicende, la aiutano nella sua ricerca. Surreale? Sì, ma è proprio questo il bello del film… Certo, spesso l’elemento surreale può confondere, spiazzare; ad esempio lo spettatore si chiederà inevitabilmente a cosa stia assistendo: è la vita di Chijoko che si sta raccontando? O sono solo i film che ha interpretato? Ma lo scoglio è ben presto superato: stiamo assistendo a entrambe le cose contemporaneamente; nella mente dell’anziana attrice realtà e finzione hanno la medesima importante incisione nella vita.

La mia stima verso Satoshi Kon è in continua crescita: della sua produzione ho già avuto modo di apprezzare l’ironia e la dolcezza di Tokyo Godfathers, ma anche la sconcertante serie in 13 episodi di Paranoia Agent.
In Millennium Actress Kon si occupa della regia, della sceneggiatura e del character design. Nonostante la tematica romantica Kon ha il pregio di non cadere mai nella retorica e il film riesce infine a colpire, lascia qualcosa. Una morale? Addirittura due: l’importanza dei ricordi e la necessità di uno scopo nella vita che riesca a mantenerci giovani per sempre. È la ricerca del suo pittore che dà vita a Chijoko, l’attrice è forse innamorata più di quel lontano, romantico ricordo che non di quell’uomo che le ha sì toccato il cuore, ma adesso sembra perso per sempre così come sono persi per sempre, per un cattivo scherzo della memoria, i lineamenti di quel viso allora tanto caro.

Il film non è mai uscito in Italia, mentre in America è stato distribuito nel 2001 dalla Dreamworks. Per il momento l’unico modo per recuperarlo è scaricare la versione giapponese sottotitolata in italiano dal gruppo dei Supremes (http://supremes.altervista.org/index.php)

 
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Spesso il male di vivere ho incontrato...

Post n°5 pubblicato il 10 Luglio 2005 da Amelie_Poulain
Foto di Amelie_Poulain

Sono passati cinque anni. Azumi torna a casa dopo essere stata così tanto tempo lontana dal suo paese natale e il suo primo pensiero è Kacchan, il suo amico del cuore, dal quale si è allontanata per un trasferimento di lavoro del padre. Adesso è il momento di quell'incontro sognato e voluto che si rivela inaspettatamente una delusione!
Kacchan la ingabbia coi silenzi, non è affettuoso, al contrario appare tremendamente lontano.
E poi la verità sussurrata dai compagni di classe: Kacchan è malato, ha una strana malattia che lo fa improvvisamente sparire e disperdersi..nel mondo.
Azumi parla più volte al suo amico, è convinta che riuscirà ad aiutarlo, a far sì che Kacchan non si disperda più come polvere al vento. Lei lo capisce, è forse l'unica a capirlo; crede fermamente che il suo affetto sarà la giusta ancora. Kacchan sembra per un attimo credere alle parole di Azumi, poi cede di nuovo alla sua debolezza... e via, le particelle del suo corpo si disgregano per perdersi nell’aria.
La piccola Azumi non può e non vuole seguirlo:
"Dovessi anche morire domani... sarebbe sempre meglio che vivere disperdendosi".
Promette però a se stessa che attenderà per sempre il suo amico.
Ma Azumi è giovane, c'è un mondo in agguato, un intero mondo da scoprire e la ragazza non può rinunciare al mondo per Kacchan. Una nuova vita si presenta sotto le sembianze di Fujieda, un ragazzo gentile che la apprezza per quello che è.

E Kacchan? Kacchan si materializza di volta in volta in paesi lontani e sono emblematici i personaggi che incontra, ognuno dei quali è un insegnamento di vita.


Hideji Oda è un autore giovane, abilissimo sia nella narrazione che nel personalissimo disegno: dettagli accurati, tratteggio fitto e dei personaggi che si distinguono dai classici manga in quanto caratterizzati dall’aspetto chiaramente orientale, diverso quindi dal solito connubio occhioni grandi e luccichii.
L’autore è sconosciuto ai più, io stessa che sono un’appassionata di fumetti giapponesi, l’ ho scoperto per caso tramite una sua seconda opera pubblicata qui in Italia: i due volumi dal titolo “Il mondo di Coo”.

La dispersione di Kacchan può essere intesa metaforicamente come quel senso di angoscia , di incapacità di vivere che ci allontana dal resto del mondo. È il sentirsi diversi, l’impossibilità di comunicare che relega in un limbo che non è vita, ma non è neanche morte.
Kacchan cerca delle risposte e, senza svelarvi il finale, vi dirò che quelle risposte non le troverà mai; scoprirà invece che spesso è più saggio agire piuttosto che isolarsi e crogiolarsi nei dubbi, scoprirà che il male di vivere si combatte semplicemente vivendo.

 
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In una lontana città, manga di Jiro Taniguchi

Post n°4 pubblicato il 06 Luglio 2005 da Amelie_Poulain
 
Tag: Manga

Jiro Taniguchi, nato a Tottori nel 1947, è la mia più recente scoperta. E direi che arrivo tardi a scoprire un autore che non solo è affermatissimo in Giappone, ma ha pubblicato numerose opere anche in Italia.
Arrivo tardi in quanto per troppo tempo sono stata restia verso delle tavole che mi sembravano eccessivamente semplici e per questo motivo prive di attrattiva. Se sono qui a scriverne è perché sbagliavo…

In una lontana città è un fumetto pubblicato in due volumi dalla Coconino Press al prezzo, al solito eccessivo, di 14 euro l’uno.
Protagonista della vicenda è Hiroshi, un signore di mezza età con una vita delle più comuni, spesso permeata di monotonia: una moglie, due figlie, un lavoro. La sua vita viene però sconvolta da un avvenimento assurdo: si ritrova d’improvviso e inspiegabilmente in una lontana città, quella in cui abitava da ragazzino. Ma lo shock più forte è quello di ritrovarsi in un corpo da adolescente; Hiroshi ha infatti fatto un salto nel passato e si ritrova a rivivere gli stessi momenti di quando aveva quattordici anni. Una diversa dimensione di tempo comincia a scorrere e il nostro protagonista ha nuovamente a che fare con le mattinate a scuola, i vecchi amici, i primi amori…continuando a mantenere la mentalità di un uomo di quarantotto anni.
Il tema della storia è apparentemente qualcosa di già visto, soprattutto nei vecchi film anni ’80 (chi non ricorda Big, con Tom Hanks?), ma lo stile squisitamente lento e riflessivo è abbastanza personale da non farci sembrare la storia ripetitiva.

Due sono le tendenze di Hiroshi; c’è la tentazione di abbandonarsi a questo nuovo tempo per gustare una giovinezza perduta che con il senno di poi si assapora meglio: come si può gettare via una così preziosa seconda opportunità? D’altra parte rivivere il passato con la mentalità di un adulto apporta delle piccole modifiche al flusso del tempo: quali conseguenze potrebbero portare?
È estate nella piccola cittadina.. e non è un’estate qualsiasi, proprio quel 31 agosto il padre di Hiroshi se ne andò di casa, così, apparentemente senza motivo, lasciò una famiglia in cui i problemi parevano non esserci. È questo il dilemma del giovane Hiroshi: come può un padre dall’esistenza così tranquilla abbandonare i suoi affetti all’improvviso? Ma quattordici anni sono pochi per capire e niente può giustificare, c’è solo il dolore che rimane nel cuore anche a distanza di anni.
Il ritorno al passato porta Hiroshi a stabilirsi l’obiettivo di capire il padre e di impedire il suo abbandono soprattutto per evitare il dolore di sua madre e della sorellina più piccola.
L’epilogo di questa storia è un finale dolceamaro che lascia la consapevolezza che niente poteva essere cambiato, che forse le vite degli uomini sono legate a un destino che non si può fare a meno di combattere, ma che inevitabilmente si compie. Il padre di Hiroshi non ha mai avuto quella serenità che il giovane Hiroshi gli attribuiva, sopportava anzi in silenzio le gabbie di una vita che non sentiva più sua: “Penso che deve esistere un’altra vita per me, da qualche parte un’altra vita oer poter scegliere da solo, per me stesso”. Alla malinconia che avvolgono queste tavole si accompagna una speranza: Hiroshi, in una improvvisa illuminazione, vede negli errori, nell’egoismo del padre uno specchio della propria vita: quante volte si è sentito oppresso da vivere quotidiano? E il salto nel passato non è anch’esso una fuga, proprio come quella del padre, per poter essere una persona diversa? Sarà questa improvvisa consapevolezza che lo riporterà al presente, lo aiuterà a cambiare e ad apprezzare ciò che è abituale, monotono, ma che può regalare una preziosissima serenità.
Diversi i profili di donna che compaiono nel manga e che pur non essendo caratterizzate in maniera approfondita sono figure presenti, in bilico tra la saggezza e la rassegnazione nel perdonare l’uomo, eterno bambino

 
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Il puro spirito è pura menzogna

Post n°3 pubblicato il 01 Luglio 2005 da Amelie_Poulain
 
Tag: Fumetti

Ehm… Salve Dio! Hai un momento?
Secondo l’indagine che mi sono permessa di condurre risulti essere:
A-Egoista
B-Vendicativo
C-Maschilista
D-Dotato di un discutibile senso dell’umorismo.


Così esordisce Sky Doll, con queste ironiche, blasfeme, aggressive parole che escono dalla bocca di …una bambola!
Noa è una bambola del pianeta Papathea, la sua funzione è quella di permettere agli uomini di sfogare gli istinti più animaleschi e lasciare la loro anima bianca come la neve. Perché peccare con le bambole non è peccato, così come ha deciso la potentissima papessa Ludovica.
Dio, il capo di un autolavaggio in cui le bambole di piacere allietano i clienti vestite da trasgressive pin-up, è una via di mezzo tra un orco e un diavolo; il triangolo sulla sua testa resta su perché legato con una cordicella…

Dai colori scintillanti e kitsch di una tv, appare il faccione di Frida, in diretta dall’alto dei cieli: “Nulla di così terribile può accadere a chi dimora presso la luce sublime di Ludovica. Alleluia!” L’ascoltano grigie figure di un mondo totalmente tecnologico, sconvolto dalle lotte di un popolo diviso a metà; l’attuale papessa non è sempre stata l’unica , un tempo venivano adorate due donne: Ludovica rappresentava l’aspetto carnale, Agape quello spirituale. Si trattava di un elaborato progetto di marketing che non aveva dato i risultati sperati: gli abitanti di Papathea si erano divisi in due fazioni tanto belligeranti da portare alla scomunica di Agape per permettere il culto esclusivo di Ludovica. La scomparsa nel nulla di Agape non ha però fermato i suoi sostenitori, ancora in protesta contro Ludovica, una santa meretrice in tenuta sadomaso che basa il suo culto in veri e propri show. La strana papessa sanguina per i suoi fedeli, il tasso di delirio è sotto controllo: se i livelli sono alti il successo è assicurato!

Ma torniamo alla nostra protagonista. C’è un mistero da risolvere e questo mistero riguarda Noa che della tipica bambolina sintetica ha poco o niente: ha una propria esuberante personalità, vuole essere considerata un individuo con dei propri sentimenti. E allora al diavolo Dio! (ehm..) La soluzione è scappare lontano, dove può capire da dove viene e soprattutto il significato di strani ricordi riguardanti la sua “nascita”.
Il caso la porta a viaggiare insieme a Jahu e Roy, due ragazzi in missione diplomatica per conto della papessa Ludovica, verso il pianeta Aqua: il pianeta più new age della galassia, abitato da sole creature femminili dedite alla meditazione e alla ricerca di sé.

Alessandro Barbucci e Barbara Canepa sono i geniali autori di questo stramba trilogia di cui sono usciti già usciti due volumi: Barbucci è l’autore dei disegni, la Canepa si occupa dei colori, entrambi hanno ideato la sceneggiatura.
I due autori, entrambi giovani e genovesi, provengono, o meglio, scappano dagli studi Disney: sono infatti i creatori dei personaggi di Witch e dei primi tre numeri della serie. Intuendo i limiti in cui li avrebbe bloccati un progetto con scadenze fisse e target infantile, sono approdati per altri lidi, puntando sul pubblico francese. La scelta si è rivelata giusta, infatti le pubblicazioni di oltralpe hanno orizzonti molto più vasti dei nostri: gli editori danno più facilmente spazio ai nuovi talenti e l’appassionato è disposto a sganciare cifre più alte per un prodotto di qualità.
Ecco il motivo per cui i due italiani hanno successo all’estero e qui sono invece degli illustri…sconosciuti.

Sky Doll è un fumetto coraggioso, su questo tutti concorderebbero. Non è un fumetto che può piacere a tutti per quanto riguarda i contenuti, ha diversi elementi che potrebbero essere definiti blasfemi. Dando una lettura a ciò che si scrive in rete, pare che il fumetto sia nato come reazione dei due autori ai preparativi per il Giubileo; la serie potrebbe quindi essere interpretata come una critica all’ipocrisia di un avvenimento tra il religioso e il mediatico.
I due volumetti sono zeppi di riferimenti all’iconografia cristiana: la decorazione barocca delle chiese, la croce, il sacro cuore.

La satira non risparmia però neanche altre forme di religiosità, il pianeta Aqua è infatti in parte la caricatura di certe tendenze new age tanto in voga negli ultimi anni.
Ma la forza di quest’opera le deriva anche dagli splendidi disegni: l’accuratezza dei particolari, l’espressività dei personaggi e i bellissimi colori ne fanno un’opera di gran pregio.

Per concludere, Sky Doll vive di contrasti: non esiste il solo spirito, per quanto la religione cattolica censuri e mortifichi l’altra faccia della medaglia, siamo fatti di carne e sensualità. Il puro spirito è pura menzogna.

 
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