Creato da ariadnex il 27/04/2010
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Come sopravvivere al posteggiatore abusivo

Post n°26 pubblicato il 10 Aprile 2012 da ariadnex
 

In quanto a parcheggi noi siciliani siamo dei campioni di Tetris. Posteggiare è più uno stile di vita che un’esigenza logistica.

 

Esperti in puzzle dal vero e soste selvagge, il vero grande sogno dei palermitani è un piano regolatore che preveda ovunque immense distese di asfalto adibite a posti macchina. Lande sconfinate di bitume dove posteggiare felici e spensierati i nostri bolidi.

 

Invece, la dura realtà ci ha abituati a scene da manicomio: gente disperata al volante che piange invocando la mamma, automobilisti in modalità stalker che pedinano persone a piedi con le chiavi in mano per vedere se stanno liberando un posto; gente che si catapulta a razzo fuori dall’abitacolo per rivendicare l’occupazione coatta di un non-posto, inventato tra un palo della luce e il cassonetto della mondezza.

 

 

Ad aggravare la situazione, poi, ci si mette quello che per gli automobilisti palermitani è il flagello di tutti i tempi: il parcheggiatore abusivo.

Era scritto nella Bibbia, nell’Esodo, dopo le dieci piaghe che Dio inflisse agli egiziani, all’undicesimo posto dopo l’invasione delle cavalette, la grandine e la morte dei primogeniti. Dio disse al sindaco di Palermo (quando ancora c’era) : “da domani farò venire i parcheggiatori abusivi su tutto il tuo territorio, essi copriranno la superficie della città, riempiranno le strade, verranno contro di te, contro i tuoi cittadini e contro tutti gli automuniti tutti i giorni della settimana, festivi inclusi”.

 

Si individuano facilmente la loro divisa negli anni si è uniformata: jeans levi’s modello 501 azzurro candeggio, fischietto d’ordinanza, berretto con visiera con su scritto “forza Palermo” e l’immancabile marsupio blu ematoma.

 

Oramai quella del parcheggiatore abusivo è una professione ben inquadrata. Un mestiere a tutti gli effetti di cui esistono varie categorie: l’extracomunitario, il tossico, l’anziano senza denti, l’attassatore, il Lavazza dream men, il ben vestito. Se non è la vostra giornata anche tutti insieme contemporaneamente unificati: l’Apocalisse.

 

L’extracomunitario: poco offensivo, quasi sempre sprovvisto di permesso di soggiorno, si avvicina sorridente chiamandoti “amigo” forse perché timorato da Dio o dai carabinieri.

 

Se lo cacci, al massimo ti becchi una maledizione in burundese, in compenso al vostro ritorno la carrozzeria non sembrerà un quadro di Picasso.

 

Il tossico: è un parcheggiatore d’improvvisazione. Esercita la professione in maniera saltuaria solo per procurarsi quel tanto che gli serve per passare la serata in compagnia degli elefantini rosa.

 

L’anziano senza denti: svolge la sua attività in modo continuativo, vantando diritti di stirpe sulla zona d’uopo. È piuttosto esigente, vuole il tuo euro tutto e subito. Se per caso ravani incerto nella nelle tasche o nella borsa, mostra segni evidenti d’impazienza che si traducono in minacce ai danni della carrozzeria e alla eventuale sparizione della macchina. La frase-tipo recitata con enfasi di finta discolpa è: “signorì poi se per caso non la trova, io non c’entro niente”. Già.

 

L’attassatore: (da attassare, voce del verbo porti una sfiga smisurata) “lo iettatore” per i non siciliani, è una qualifica che in verità si presta a tutti i generi. Ti spilla danaro in cambio del benestare della dea Fortuna, con la quale vanta di avere rapporti diretti. Nel caso in cui non cedeste al ricatto, augura a te e a tutta la tua dinastia catastrofi e disgrazie.

 

È in assoluto il più temuto, il pressing psicologico subìto ti costringe a passare la serata a pregare da Allah a Zeus e a fare tutti i gesti apotropaici di cui siete in grado: spargere sale. toccare ferro, fare le corna, toccare i gioielli di famiglia… possibilmente i vostri.

 

Il Lavazza dream men: in principio muto, attende silenzioso che vi accorgiate di lui. Estorce sempre l’importo fisso di un euro con la scusa di prendersi un caffè. La frase-tipo è: “Che fa, non me lo deve fare prendere un caffè?” , mai che dica di volere un frappè, un te,una biochetasi. Quella dei caffeinomani è la categoria più diffusa.

 

Il ben vestito: è la forma più evoluta perché si mimetizza nella folla dei weekend. Ha l’aspetto di Tony Manero e talvolta risulta difficile distinguerlo da un qualsiasi tascio del sabato sera.

 

Assolutamente privo di garanzia, esige un pagamento esclusivamente anticipato a tariffa fissa minima e solo al rialzo. Si finge simpatico salvo poi passare a tacite minacce, fatte di sguardi e di “non c’è pobblema”. Con tutta probabilità non lo ritroverete al vostro ritorno, tanto da avere pagato inutilmente la vostra cauzione.

 

Il dramma è che pur volendo accertarne qualsivoglia utilità non fanno nemmeno quel minimo che dovrebbe essere garantito dal codice deontologico del posteggiatore, ovvero trovarti il parcheggio.

 

Spesso capita, dopo aver smadonnato in tutte le lingue e fatto trenta volte il giro dell’isolato, di trovarselo da soli, per poi improvvisamente vederseli comparire al momento della riscossione,con stacco da centrometrista si materializzano affannati davanti al tuo finestrino. In questo caso alla richiesta dell’obolo rifiutatevi di pagare e pretendetelo voi l’euro.

 

Nonostante i raid continui delle forze dell’ordine, continuano a perseguitare i già martoriati cittadini automobilizzati. Come gli avvoltoi, sono ovunque, dietro l’angolo, si nascondono come gremlins negli anfratti, assetati di caffè, ti osservano bramosi e avidi di euro tintinnanti.

 

Negli anni si sono sviluppate tecniche di dileguamento degne di Osama Bin Laden. Ma niente da fare, in ogni caso vi cercheranno e vi scoveranno. Anzi, attenti ,in questo momento potrebbe essercene uno che vi attende, proprio appoggiato alla vostra auto…

 

 
 
 
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Maestra nell'altissima arte del brontolio, regina dei rimuginamenti, paladina del nichilismo da retrobottega...mia madre voleva darmi in affidamento a Satana.

Il mio secondo lavoro di casa preferito è cucinare. Il primo è sbattere la testa sulla sponda del letto fino a svenire.

Le certezze che gli altri mi mettono addosso mi fanno venire una voglia insopprimibile di deludere.

 

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