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L' Antilope 

Post n°26 pubblicato il 30 Settembre 2008 da Jack.Stig
 
Tag: ANIMALI
Foto di Jack.Stig

L'antilope cervicapra ha una parte importante nella teologia indiana. Prende, nel circolo animale dell'Indo, il posto dello stambecco, ed è, con molte altre specie, sacra alla dea Tschandra, o alla luna. Nel sanscrito si chiama ena, la maculata: ora porta il nome di safiu o safi. Innumerevoli poesie celebrano la sua bellezza. Ha molta rassomiglianza con il nostro daino,
ma è alquanto più piccola, più snella, e molto più elegante di questo.
La sua lunghezza è di circa metri 1,10 e 15 centimetri la coda, 22 con il fiocco finale; l'altezza al garrese
è di 75 centimetri. Il corpo è esile, allungato, depresso; il dorso è
diritto ed alquanto più alto dietro che non al garrese. Il collo è
sottile e compresso lateralmente, la testa piuttosto tonda, alta di
dietro, ristretta davanti, larga sulla fronte, con il naso diritto ed
il muso tondeggiante. Le zampe sono alte, sottili, fini, le posteriori
più lunghe di quelle anteriori. Gli occhi relativamente grandi sono di
una estrema vivacità. I loro lacrimatoi formano una specie di borsa che
può a volontà aprirsi e chiudersi. Le orecchie sono grandi e lunghe,
chiuse al fondo, espanse nel mezzo, ristrette ed aguzze verso
l'estremità. Le corna
sono lunghe sino a 42 centimetri, rivolte prima all'innanzi e poi
all'indietro con tre leggere curvature, e ritorte a foggia di vite. I
due fusti, vicini alla radice, si scostano all'estremità di circa 28
centimetri. A seconda dell'età le corna sono più deboli o più robuste,
e munite alla radice di un numero più o meno grande di sporgenze
circolari. Nei vecchi animali se ne contano più di trenta; dieci
all'incirca a tre anni, e venticinque a cinque anni. Il colore muta
secondo l'età e il sesso: i vecchi maschi sono quasi neri, le femmine
più bigie, i figli bruni o rosso-ruggine. In generale, la parte
superiore è di un bruno-nericcio, il naso e la parte inferiore sono
bianchi. L'occhio
è circondato da un largo cerchio bianco. Il pelame è breve, fitto,
liscio; ogni pelo è irto e alquanto torto, come nella maggior parte
degli animali cervini. Sul petto, sulle spalle e tra le cosce forma
visibili suture, spire nella regione delle corna e in quella
ombelicale; nella parte interna delle orecchie si divide in tre serie
longitudinali. All'articolazione dei piedi anteriori si allunga in
piccoli ciuffetti; manca del tutto nella parte inferiore della coda.
Gli zoccoli eleganti, di media grandezza, compressi ed aguzzi, e le
unghie posteriori, anch'esse di media misura, appiattite ed ottuse,
sono nere. L'iride è giallo-bruniccia, la pupilla trasversale è di un nero-cupo.


Il safi abita l'India
occidentale, principalmente il Bengala, e vive in branchi di 50 o 60
individui sotto la guida di un vecchio maschio di pelame scuro. In ogni
circostanza preferisce alle regioni boscose quelle che sono aperte,
dove può badar meglio alla propria sicurezza.


Questi graziosi animali si cibano di vegetali, di erbe succose, e per lungo tempo possono stare senz'acqua. L'accoppiamento
non avviene in un periodo determinato, ma a seconda della località che
l'animale abita durante l'anno intero. Nove mesi dopo, la femmina
partorisce un solo piccolo perfettamente conformato, lo nasconde per
pochi giorni nella boscaglia, lo allatta con amore, poi lo porta al
branco, in cui rimane finché non svegli la gelosia del capo più
anziano. Allora, derelitto e respinto, deve, lontano dagli altri,
buscarsi da vivere e tentare di unirsi ad altre brigate.


Nel secondo anno, le femmine sono atte alla riproduzione, mentre per i maschi debbono passare almeno tre anni. In stretta connessione con le emozioni amorose è la ghiandola
lacrimale: negli individui prigionieri si è potuto osservare che se
l'animale è commosso, tutta la borsa di pelle sotto gli occhi, cioè il
lacrimatoio, che sembra in tempo ordinario una stretta fessura, sporge
assai e si dilata esternamente. Le pareti interne della borsa secernono
una materia di odore acuto, la quale si stacca con lo stropicciarsi
agli alberi o alle pietre, e serve a porre l'altro sesso sulle tracce
del cercatore d'amore. Durante la fuga, si ode anche la voce del
maschio che per solito tace, ed è una specie di belato: la femmina,
ogni volta che viene irritata, emette acuti suoni. Le tigri e le
pantere dell'India sono tremendi nemici dell'antilope cervicapra:
malgrado ogni vigilanza, qualche individuo viene sempre sorpreso
dall'insidioso strisciare della belva. Gli indiani le fanno una caccia
assidua e la pigliano viva in un modo singolare. A tal uopo si fa uso
di un giovane maschio addomesticato, che si lascia correre in mezzo al
branco selvaggio, dopo avergli legato alle corna una fune munita di
parecchi nodi scorsoi. Appena lo straniero si presenta, un duello si
scatena tra esso e il capo della schiera; le femmine prendono anch'esse
parte alla contesa e parecchie di esse si aggrovigliano sempre più nei
lacci, cui cercano di sfuggire lacerando e strappando in ogni
direzione, il che le stringe sempre di più e fa sì che cadano al suolo,
incapaci di difendersi.


I giovani safi diventano docilissimi quando sono presi piccoli. Sopportano per anni la schiavitù, persino in Europa
si comportano benissimo con i loro simili e con altri animali cervini,
e dilettano con la loro gentilezza e con la loro affezione. Tuttavia, è
consigliabile astenersi dallo stuzzicarli, o dall'aizzarli. Se, ad
esempio, sono avvezzi a mangiar pane nella mano, quando questa si tenga
alta, si rizzano, come i cervi, sui piedi posteriori per arrivare a
quella prediletta ghiottoneria; ma se vengono delusi si irritano,
cominciano a tremare e cercano di esprimere il loro disappunto con
brevi cornate. Stanno meglio se viene loro concesso uno spazio libero
per trastullarsi. Nei grandi parchi offrono uno spettacolo incantevole
con la loro grazia e la loro bellezza.


In India il safi viene sovente addomesticato e tenuto in conto di
animale divino, di semi-dio, alla cui cura sono preposte donne che lo
abbeverano con latte, mentre musicanti suonano le loro melodie.
Soltanto i bramini ne possono mangiare la carne. Con le sue corna gli
ecclesiastici preparano armi speciali: consolidano le due estremità per
mezzo di cavicchi di ferro e d'argento. Queste armi vengono portate a
guisa di bastone e si adoperano come giavellotti.


Le pallottole di bezoart, che si trovano nello stomaco di questa antilope e in quello di molti altri ruminanti, passano per farmaci efficaci, e sono assai ricercate.

da wikipedia


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