Giorni di freddo, ghiaccio e neve.
E la neve la adoro, letteralmente.
Adoro come rende tutto ciò che tocca,
adoro il bianco uniforme e pulito, adoro il suo profumo,
adoro il rumore che fa a contatto con le scarpe,
adoro il ritardo e la confusione che provoca, così innocente,
adoro avere i fiocchi sulle maniche del cappotto e tra i capelli,
adoro lei.
Solo che questo freddo non rimane lì fuori,
non si limita a ghiacciare le strade e i fili della corrente,
non si accontenta di gelare le mani e i piedi, no:
entra dentro, qualsiasi angolo del corpo diventa una porta,
morde ogni centimetro di pelle scoperta.
E mi si insinua nella bocca, giù per la gola,
penetra nelle vene, attraversa pareti e tessuti,
giunge anche al cuore, soprattutto al cuore.
E chissà, forse a me basta una persona sola,
ché se c'è lei me ne frego di tutti,
probabilmente sono una stupida bambina,
magari infantile e incapace di provare trasporto,
[considerando maldestramente quell'affetto un surrogato dell'amore].
Forse sono un'egoista senza possibilità di rimedio,
o una bugiarda che finge interesse,
una che a scrivere le cose le riesce bene -forse-,
ma che a farle le viene male, ché la pratica è un mio difetto.
Però sono stanca di tira-e-molla, di andate-e-ritorni,
anche di leggere che non ricambio e non mi arriva nulla.
Mi arriva anche troppo e mi impongo di accettare e stringere tutto.
Ma ho bisogno di mani e di corpi per sentire,
di presenze reali, non di parole, non più di parole,
ché devo avere uno strano complesso del contatto fisico.
[Basta maledette parole]