Creato da hastalavista1965 il 02/12/2012

Le mura di Kroydon

The Walls of Kroydon

 

LETTERA A UN VESCOVO 4

Post n°11 pubblicato il 13 Dicembre 2012 da hastalavista1965
 

Quale rapporto metafisico ha questo sentimento con la parola, col linguaggio parlato?”. Tale enigma, che Benjamin collega direttamente all’essenza del dramma barocco tedesco, è il medesimo presente nei componimenti di Trakl (ma io ci metterei dentro anche Pessoa), il quale - paradossalmente - lo risolse con un antitetico mutismo (legga, in proposito e se il lavoro pastorale le lascia un minimo di tempo, G. Contini, in Varianti e altra linguistica, Torino, 1970, 55 - 57). La gente, oggi, è muta perché ha paura. Paura d’amare, paura di avere sofferenza (e magari è attratta irresistibilmente dalla positività dell’amore), mancata accettazione dei rischi insiti nel sentimento, timore del buio emozionale, dell’oscurità notturna, il tormento scuro e muto di chi altro non può fare se non risolvere le proprie contraddizioni in un pianto disperato. Lei rievocava la “resignatio ad infernum”: concetto, prima che luterano, orfico (il passaggio nell’Ade per la salvezza della donna amata), e in seguito caro alla cinematografia d’oggi, fors’anche troppo influenzata da certo romanticismo deteriore (il Dracula di Coppola, tanto per fare un esempio, o l’Annakin Skywalker del lucasiano Star wars III, e mi perdonerà per le citazioni frivole)…

 
 
 

LETTERA A UN VESCOVO 3

Post n°10 pubblicato il 13 Dicembre 2012 da hastalavista1965
 

Prendiamo me: io sono un essere umano, amo la vita, e mi lascio avvolgere dalla sua tumultuosa e convulsa tenerezza! Sono imperfetto, e in alcuni casi, travolto dalla notte delle passioni, pecco d’ira e di superbia, tutte cose che – come Lei sa – rappresentano un torbido e affascinante caleidoscopio d’impulsi negativi; a causa di ciò, ho bisogno, a intervalli regolari, di calarmi nell’indicibilità della morte come in un lavacro di purificazione, attendendo che il mondo circostante (Dio?) sia talmente comprensivo da fermare per un attimo la sua corsa frenetica e sfrenata, e riportarmi in armonia. Certo, l’indicibilità può implicare - sempre da un punto di vista sinonimico - l’oscurità: “Moven, gleitend, über den dunklen Himmel”, dirà il poeta austriaco Georg Trakl in una delle sue poesie più belle (Anif, v. 1). Ma l’oscurità non è forse una caratteristica peculiare dell’inconoscibile? E la morte, “die Tod”, non è inconoscibile? Questo concetto, massivamente presente in Trakl, sembra richiamare l’accezione semantematica individuata da Walter Benjamin, il quale sostiene (e cfr. “Il significato del linguaggio nel Trauerspiel e nella tragedia”, in Metafisica della gioventù. Scritti 1910 - 1918, trad. it., Torino, 1982, 73) che “[...] diversamente dal tragico il lutto non è una potenza dominante, non è la legge ineluttabile di ordini che si concludono nella tragedia, il lutto è un sentimento…

 
 
 

LETTERA A UN VESCOVO 2

Post n°9 pubblicato il 13 Dicembre 2012 da hastalavista1965
 

Nel saggio del 1913 Il motivo della scelta degli scrigni, Sigmund Freud scrive che il mutismo nel sogno è modo consueto di rappresentare la morte (cfr. S. Freud, Opere, trad. it., Torino, 1975, 19855, VII, 207 - 218). L’immaginario principe della favola narrata da Freud deve compiere una scelta nella quale non prevalgono la bellezza e la giovinezza, ma soprattutto la silenziosità. Agli esempi portati dal padre della psicanalisi (Shakespeare, Apuleio, alcune fiabe tedesche rielaborate dai Grimm, etc.), potrebbero essere accostate, in questa particolare accezione, anche alcune riflessioni emerse dal suo scritto. Lei sostiene che – cito male a memoria, ma il senso dovrebbe essere quello – “l’interrogazione è lotta contro la morte”, facendo risalire questa affermazione al pensiero di Rosenzweig. Io preferisco ricordare un altro pensiero del filosofo di Kassel, e cioè questo: “[…] rigettare la paura che attanaglia ciò ch’è terrestre, strappare alla morte il suo aculeo velenoso, togliere all’Ade il suo miasma pestilente, di questo si pretende capace la filosofia”. Trascrissi nei miei appunti questo periodare, reso solenne da una limpida concatenazione d’infiniti, dopo aver letto distrattamente La Stella della redenzione (io non sono un filosofo, ma solo un misero insegnante di letteratura in un istituto magistrale), perché ritenevo che ben si accompagnasse all’assunto freudiano cui facevo cenno in precedenza....

 
 
 

LETTERA AD UN VESCOVO

Post n°8 pubblicato il 13 Dicembre 2012 da hastalavista1965
 

Dilettissimo padre Bruno,

Non è senza un minimo di esitazione che mi accingo a scriverLe. Lei è un pensatore complesso, che intesse le proprie riflessioni tramite l’ago acuminato della filosofia e della teologia; io invece, per dirla con Corazzini, non sono che un povero fanciullo che piange, o forse un viandante della carta e delle emozioni che difficilmente può scalare vette di pensiero quali quelle che Lei ama frequentare. Ho rilevato 11 citazioni dirette nel suo testo, compresi i 3 virgolettati di Lutero, che presumo vengano dalla medesima fonte (forse il suo scritto, mi perdoni l’ardire, andrebbe distillato, raffinato, o meglio, paradossalmente, reso più grezzo per farlo accettare anche ai “non addetti ai lavori”). Detto questo, mi chiedevo manzonianamente cosa potrei suggerire a Lei che sa di “latino”? E tuttavia, dal basso della mia levità, vorrei fare qualche osservazione su quel che Lei ha avuto il coraggio e il piacere di proporci negli incontri a cui ho preso parte. E vorrei cominciare da un punto, a me sempre caro come il colle leopardiano…

 
 
 

PENSIERI SCURI

Post n°7 pubblicato il 12 Dicembre 2012 da hastalavista1965
 
Tag: Buio

...ma il dolore deriva spesso dal negarsi senza costrutto, dal credere nella propria intima unicità, nel rifiutare il il fiore di campo spesso anelando a gardenie ed orchidee che mai sopravverranno. E che noia l’elastico diffondersi di quei pensieri distanti, il non volere che la mano penetri nel grembo, l’indossare nylon velato poi ritorcersi indietro, come una serpe paurosa ma senza veleno, fianchi afferrabili e gustabili come il golfo dove una nave si celi, getti le ancore e in pasto si dia a qualche pirata riarso e stanco! Che inenarrabile tedio! Del resto, accade sovente che il silenzio delle notti si scolpisca nell’anima come graffiato dall’artiglio d’un arcano persecutore, il che succede proprio quando si pensa alla pelle sudata di qualcuno che possa domare le nostre notti insonni; allora le persone più improbabili acquisiscono lo status di Veneri fameliche, mentre tu sogni di cavalcarle come giumente nel sonno, tra un grido di piacere e una larvata rinuncia alla tua intima serenità. E se un giorno lontano ti rendi conto della necessaria ed immutabile prigione in cui ti sei rinchiuso, ecco che la tua vita ignobile sorge davanti ai tuoi occhi come un fiume nero, e ti accorgi che i tuoi ardimenti e le tue aspettative non sono altro che una strada polverosa che non porta in nessun posto.

 
 
 
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