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da aprile del 2006 a marzo 2007 ho avuto la possibilità di lavorare con un'associazione dominicana, Oné Respe, che opera nelle baraccopoli di Santiago e di Haina in Repubblica Dominicana. Durante questo periodo ho scritto su questo blog ciò che vedevo e osservavo, qui trovi i post più rilevanti in ordine cronologico. LEGGI TUTTI I POST I miei Blog AmiciMenuCitazioni nei Blog Amici: 42 sto leggendo
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Terremoto ad Haiti
Iscriviti al gruppo: Io non dimentico Haiti dopo il terremoto Presentazione del libro: Haiti: l'isola che non c'era, a cura mia e di Helga Sirchia
Post n°1621 pubblicato il 06 Settembre 2010 da kudablog
Il 6 di agosto mi trovavo a Wanament e ho descritto come il giorno dopo l'annuncio di Wyclef Jean di candidarsi alla presidenza, mentre i giornali di tutto il mondo ne parlavano, nessuno ne sapesse nulla. Il 21 agosto ero a Anse-a-Pitre, cittadina haitiana al confine sud con la Repubblica Dominicana. Entriamo ad Haiti dalla cittadina di Pedernales, un insediamento voluto dal dittatore Trujillo circa settant'anni fa per presidiare la frontiera con il paese vicino. L'economia di Pedernales è quasi inesistente, gli originari abitanti erano contadini della Laguna di Oviedo o della regione nord del Cibao che vivevano, dopo il trasferimento più o meno obligato, di sussidi statali. Dalla caduta del regime Trujillo-Balaguer non esiste più questo sostegno, molti si sono riconvertiti alla pesca, visto che qui la terra offre poco, o all'allevamento di capre. I giovani, appena finiscono le superiori cercano di andare a studiare a Santo Domingo e non tornano più. Per arrivarci bisogna attraversare oltre 70 chilometri di nulla ed è meglio avere sempre il serbatoio pieno per evitare spiacevoli incovenienti. A Pedernales non si registra la tensione di Dajabon, qui la gente è abituata a vivere con gli haitiani, gli interessi economici in gioco sono minori, quindi l'integrazione più facile. Ci avviciniamo alla frontiera, quattro anni fa per attraversarla avevamo dovuto facilitare un contributo alla guardia, quest'anno ci viene incontro un funzionario civile, haitiano, si propone come guida. Con lui attraversiamo il confine. Anche qui, come a Dajabon, c'è un piccolo fiume a segnare la frontiera, qui però il ponte è solo pedonale, per passare con dei veicoli c'è bisogno di guadare il corso d'acqua. Subito dopo il confine una caserma dei caschi blu dell'ONU, peruviani, sono qui dal 2004. Anse-a-Pitre dista circa 140 km dalla capitale ma la strada è impraticabile, solo alcuni grossi cammion o 4x4 potenti riescono a percorrerla. Se si vuole raggiungere Port-au-Prince bisogna imbarcarsi e fare il giro dell'isola... Anse-a-Pitre è praticamente un'isola dentro l'isola. Chiedo alla nostra guida cosa ne pensi della candidatura di Wyclef Jean, la sua risposta è lapidaria: una persona che parla creolo non potrà mai diventare presidente di Haiti. E' il 21 agosto, un giorno prima il Collegio Elettorale Provvisorio aveva dichiarato la sua candidatura non valida (insieme a quella dello zio, ambasciatore da Washington, e di altri 13 aspiranti) ma qui non si sa. Qui le notizie arrivano lente, per sentito dire, per canali non convenzionali. Qui le regole non sono chiare, Wyclef ha scritto una canzone, in creolo, giusto per dimostrare che la lingua la parla, eccome, in cui attacca Preval, il presidente in carica, che, a suo dire, avrebbe influenzato il Collegio.Intanto viene ammesso Voltaire, inviato speciale del GOverno presso l'ONU e rappresentante di Bill Clinton. Qui, intanto, la gente continua a passare la frontiera. A pochi chilometri da Pedernales, in terra dominicana, incontriamo due donne haitiane con tre bambini. Sono dirette verso Barahona, verso Santo Domingo. Camminano sul fare della sera con di fronte almeno altri 50 chilometri prima di incontrare un primo paesino. L'unica cosa che possiamo fare è dar loro alcune delle nostre bottigliette d'acqua, fa caldo, ci sorridono. Hanno forza, oltre tutte le strade rotte, le questioni politiche, le frontiere e i terremoti.
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