Kuzcotopia
Con questo blog vorrei condividere, con chi lo riterrà interessante, tutto ciò che questo straordinario popolo può insegnarci...e la mia gratitudine và all'amore della mia vita originaria di quel meraviglioso posto chiamato Perù.
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La magica CuscoLa finestra si spalanca sulla Plaza de Armas con la chiesa della Compagnia. Sulla panchina di ghisa Santuza, galeonesca india coperta dalla sua “montera”conica e colorata, intreccia fili di arcobaleno borbottando il dialetto locale degli antichi padri, il “quechua”. Il sole getta i suoi primi raggi sulle cupole della Cattedrale e illumina porticati di colonne e archi di pietra che circondano l’immensa piazza. Al secondo piano, altre volte più sottili si susseguono in fila perfetta, alternando balconi scolpiti e miradores in legno. Nascosti dai tetti ricoperti di coppi, ancora cortili e portici di legno dai quali spuntano alberelli di cedrola. Fili di fumo salgono dalle “tullpa, focolari di pietra dove già sfrigolano gli “anticuchos”, spiedini di carne cotti sul carbone. Meticcio, dodici anni, avvezzo alla strada e ad arrangiarsi, Oscar il cui sogno è diventar medico per el pueblo, non è uno scugnizzo andino come altri. Ha un quaderno pieno di appunti dove esplorare l’abisso dei sentimenti e segnare i tafferugli della sua giovane vita. Puntuale, indugia di fronte alla chiesa de la Compañia de Jésus col suo quaderno dalla copertina nera. In una pagina c’è scritto: “El hombre del Perù vive esperando que Inkari se ponga la cabeza, los brazos y las piernas destrozadas y nos conduca hacia la libertad”. Leggenda e mistero che avvolge la gente e il paesaggio. Si dice che il corpo disperso del dio sacro agli Incas si ricomporrà per unirsi al popolo quando sarà pronto per lottare contro le ingiustizie e per la libertà. Metà inca e metà creolo, Oscar è un briciola d’una città nota come “ombelico del mondo”. L’antica capitale dell’ “Incario”, Impero Inca, la cui storia coprì appena l’arco di un secolo, fu spazzata via quasi del tutto nel ‘500 dagli spagnoli. Ciò che restò dei muri precolombiani venne utilizzato per costruirvi sopra secondi piani e intere chiese. Un’opera di “conversione” simbolica e pratica. Gli edifici del centro di Cuzco sono inca fino ad un paio di metri d’altezza per diventare coloniali più in alto. Nel ventre tiepido delle sue montagne Wanakauri, Senqa, Pachatusan, Muyu orqo, Sacsayhuaman, Pukin e Picchu, simili a condors di pietra con le ali aperte, la straordinaria città degli Incas, sembra sonnecchiare a 3.400 metri di altitudine.
Cuzco ha la struttura di un puma con la testa di falco. Il profilo del corpo segnato dai fiumi Tullomayo e Huatanay e la testa marcata dalla fortezza dove pietre ciclopiche nel loro zizzagare formano le penne. Di lato, il torrione è l’occhio del falco. Aspettiamo il tramonto per scansare il fiume di turisti e scivolare lungo la calle de Hatunrumiyoc, verso il Palacio de Inca Roca, dove c’è la grande pietra con dodici angoli perfettamente incastonata alle altre. Magia dei muri incaici. Scuri, ruvidi, bombati, inclinati e sopra la bianca parete liscia, spagnola. Due epoche, due storie, due prospettive. Tragica opposizione di due mondi. Nascita e morte, morte e ricostruzione. In lingua quechua “yawar rumi”, pietre di sangue. Tappezzano le viuzze che partono dalla Plaza de Armas e sorreggono musei, palazzi e cattedrali. Le pietre sembrano muoversi come onde di fiumi bagnati dalla luce sfocata dell’ultimo sole. Chiaroscuro di ombre mutevoli che si perdono in vicoli ciechi o verso il mercato. Nella zona di Santa Clara nei pressi della la stazione San Pedro, lungo i binari esplodono colori di lane, cappelli, alpaca. Allineate in terra statuine di santi, maschere, retablos, specchietti colorati, ceri e arance. Appesi ai banchi, feti di lama capaci di sviare il corso delle disgrazie. Ma le trovi in periferia dove c’è miseria, dove non valgono filtri d’amore e ceri per gli incantesimi. Nelle “adobe”, capanne disseminate lungo i pendii delle montagne tra sentieri impervi e polverosi. Dove si torna dopo lunghe ore di cammino dai mercati di Chincero, Pisaq o in attesa dei turisti sulla spianata di fronte alle mura di Sacsayhuaman, nei pressi del “trono del Inca” per vendere quattro arance e due chullos...Dove vive Oscar.... Dove nasce l’arcobaleno. |
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