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COME SOPRAVVIVONO LE FALSITA’ 2° parte
Post n°173 pubblicato il 18 Aprile 2009 da Fratus
Dalle scimmie agli umani
La teoria di Darwin ottiene il merito che le spetta quando è applicata alle origini umane. Questo tema è appena accennato ne L’origine delle specie, ma in seguito è ampiamente trattato in L’origine dell’uomo. «Il mio obiettivo, - spiegò - è dimostrare che non c’è una differenza fondamentale fra l’uomo e gli animali che posseggono elevate facoltà mentali», perfino la morale e la religione. Secondo Darwin la tendenza dei cani a immaginare un ente nascosto nelle cose mosse dal vento «può facilmente passare nell’idea dell’esistenza di un o più dei». Naturalmente la consapevolezza che il corpo umano è parte della natura esisteva già prima di Darwin. Ma Darwin stava affermando molto di più. Come i filosofi materialisti dell’antica Grecia, Darwin credeva che gli esseri umani non sono niente più che animali. Darwin però aveva bisogno di prove per confermare la sua congettura. Sebbene gli uomini di Neanderthal fossero già stati scoperti, questi non venivano considerati progenitori degli uomini, quindi Darwin non aveva prove fossili per le sue idee. Fu solo nel 1912 che il paleontologo Charles Dawson annunciò di aver scoperto ciò che i darwiniani stavano cercando, in una buca di ghiaia a Piltdown in Inghilterra. Dawson aveva trovato una parte di cranio umano e parte di una mascella inferiore simile a quella di una scimmia con due denti. Solo 40 anni dopo un gruppo di scienziati dimostrò che il cranio di Piltdown, anche se vecchio di migliaia di anni, apparteneva ad un uomo moderno, mentre il frammento di mascella era più recente e apparteneva ad un orango. La mascella era stata trattata chimicamente per farla sembrare un fossile e i denti erano stati deliberatamente limati per farli sembrare umani. L’uomo di Piltdown era una falsificazione. La maggior parte dei moderni libri di testo neppure citano Piltdown. Quando i critici di Darwin lo fanno di solito gli viene risposto che l’incidente dimostra solamente che la scienza si autocorregge. E così è stato in questo caso, anche se ci sono voluti 40 anni. Ma la lezione più interessante da imparare da Piltdown è che gli scienziati, come tutte le altre persone, possono sbagliare se vedono quello che vogliono vedere. La stessa soggettività che preparò la strada a Piltdown continua a condannare la ricerca sulle origini dell’uomo. Secondo il paleoantropologo Misia Landau le teorie sulle origini umane «superano di gran lunga ciò che si può desumere dallo studio dei soli fossili, e in effetti danno a questi un pesante fardello di interpretazioni – un fardello che si può alleggerire ponendo i fossili in preesistenti strutture narrative». Nel 1996 il curatore del museo americano di storia naturale Ian Tattersall riconobbe che «nella paleoantropologia i modelli che percepiamo probabilmente derivano tanto dai nostri schemi mentali inconsci, quanto dalle prove. L’antropologo Geoffrey Clark dell’università statale dell’Arizona riaffermò questo concetto nel 1997 quando scrisse «Noi selezioniamo fra serie di conclusioni di ricerche a seconda delle nostre inclinazioni e concezioni». Clark suggerì che «la paleoantropologia ha la forma ma non la sostanza della scienza». Gli studenti di biologia ed il pubblico raramente sono informati della profonda incertezza sull’origine umana che si riflette nelle affermazioni di questi esperti di scienze, invece, vengono semplicemente «nutriti» con le ultime speculazioni come se fossero fatti. E le speculazioni vengono illustrate con fantasiosi disegni di uomini delle caverne, o foto di attori pesantemente truccati.
Che cosa sta succedendo?
La maggior parte di noi pensa che ciò che sentiamo dagli scienziati sia degno di fiducia. I politici possono distorcere la verità o modificarla per sostenere un ordine del giorno prestabilito, ma gli scienziati, ci viene detto, trattano i fatti. Sicuramente qualche volta possono sbagliare ma la bellezza della scienza è che è empiricamente verificabile. Se una teoria è sbagliata questo verrà scoperto da altri scienziati che fanno esperimenti in modo indipendente per replicare o confutare i loro risultati. In questo modo i dati sono costantemente rivisti e le ipotesi diventano teorie ampiamente accettate. Allora come spieghiamo una distorsione così invasiva e duratura dei fatti specifici usati per sostenere la teoria evolutiva? Forse l’evoluzione di Darwin ha assunto un significato nella nostra cultura che ha poco a che fare col suo valore scientifico. Un’indicazione di ciò si è vista nella reazione quasi universale e ipercritica alla decisione del consiglio della Kansas School di dar spazio al dissenso nell’insegnamento standard dell’evoluzione (molto del quale, abbiamo visto, è sbagliato). Secondo le notizie dei media solo i fondamentalisti religiosi fanno obiezioni all’evoluzione di Darwin. Le persone che la criticano, ci viene detto, vogliono far precipitare la scienza all’età della pietra e sostituirla con la Bibbia. Le prove scientifiche sempre maggiori che contraddicono le affermazioni di Darwin sono comunque ignorate. Quando il biochimico Michael Behe l’anno scorso dichiarò al The New York Times che la prova degli embrioni è un fallimento, il darwiniano di Harvard Stehen Jay Gould ammise di saperlo da decenni (come già detto prima) ma accusò Behe di essere un creazionista per averlo detto. Ora, sebbene Behe sostenga l’idea che alcune caratteristiche degli esseri viventi siano spiegati meglio attraverso il disegno intelligente (intelligent design), lui non è un creazionista come la parola normalmente sottintende. Behe è un biologo molecolare la cui opera scientifica lo ha convinto che la teoria di Darwin non si conforma alle osservazioni e prove sperimentali. Perché Gould che sa che i disegni di Haeckel sono falsi ha liquidato Behe definendolo un creazionista? Suppongo ci sia in atto un processo che non è scientifico. La mia prova è il messaggio materialistico più o meno esplicito che si trova nei libri di testo. La biologia evolutiva di Futuyma ne è un esempio poichè informa gli studenti che «è stata la teoria evolutiva di Darwin, insieme alla teoria storica di Marx e la teoria della natura umana di Freud, a fornire l’asse portante della piattaforma della tecnica e del materialismo che è il palcoscenico della maggior parte del pensiero occidentale». Un libro di testo cita Gould che dichiara apertamente che gli uomini non furono creati ma sono semplicemente ramoscelli fortuiti sull’albero contingente (cioè accidentale) della vita. Il darwinista di Oxford Richard Dawkins, anche se non ha scritto un libro di testo, dichiara in modo anche più ottuso «Darwin ha reso possibile essere un ateo intellettualmente compiuto». Ovviamente queste sono opinioni più filosofiche che scientifiche. Futuyma, Gould e Dawkins hanno il diritto di avere le loro idee filosofiche, ma non hanno il diritto di insegnarle come se fossero scienza. Nella scienza tutte le teorie, inclusa l’evoluzione di Darwin, devono essere testate tramite delle prove. Poiché Gould sa che la prova embriologica contraddice i disegni falsi nei testi di biologia, perché non assume un ruolo più attivo nel ripulire l’educazione scientifica? Le mistificazioni e omissioni che ho esaminato qui sono solo un piccolo campione. Ce ne sono molte altre. Per troppo tempo il dibattito sull’evoluzione ha assunto fatti che non sono veri. E’ tempo di eliminare le bugie che limitano la discussione popolare sull’evoluzione ed insistere sul fatto che le teorie devono conformarsi alle prove. In altre parole, è tempo di fare scienza come si suppone si debba fare. Jonathan Wells University of California, Berkeley
(Traduzione di Andrea Bartelloni, autorizzata dall’autore, dall’originale «Survival of the fakest», American Spectator, 1 gennaio 2001 )
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