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L’Alta Finanza snobba il maggiordomo Obama

Post n°328 pubblicato il 27 Aprile 2010 da Fratus

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di Filippo Ghira

Parlando al Cooper Union College di New York, Barack Obama ha affermato che gli Stati Uniti rischiano una nuova crisi se non verrà varata la riforma finanziaria che si trova all’esame del Senato. E' essenziale imparare le lezioni di questa crisi, ha affermato citando la famosa frase di George De Santayana, in modo da non condannarci a ripeterle. Sarebbe inaccettabile per lui e per l'intero popolo americano. “E non fatevi illusioni - ha aggiunto rivolto ai presenti in sala - perché questo è esattamente quello che succederà se lasceremo passare questo momento senza un risultato”.
Il problema però era quello dell’uditorio al quale era rivolto il suo monito e nel quale spiccavano per la loro assenza i banchieri di Wall Street che pure erano stati invitati dall’inquilino della Casa Bianca e che erano i primi destinatari delle sue rampogne.
Banche come Morgan Stanley, Citigroup, Goldman Sachs e Wells Fargo.
La scusa ufficiale è stata che in questi giorni c’erano le riunioni dei direttivi degli istituti per preparare, fra l’altro, i bilanci dei primi tre mesi del 2010. Tutti appuntamenti “inamovibili” e come tali ritenuti più importanti dell’incontro con un giovane uomo che si illude ancora di poter dettare legge a coloro che lo hanno finanziato per portarlo alla Casa Bianca.
Un atteggiamento sprezzante quello degli gnomi di Wall Street ma che la dice lunga anche sul destino della riforma finanziaria che dovrebbe uscire molto ridimensionata dal Congresso rispetto al testo originario che già di suo innova molto poco in quanto crea altri organismi burocratici le cui competenze si aggiungeranno a quelle di strutture già esistenti, lasciando ampi spazi di manovra agli speculatori, anzi addirittura ampliandoli. I lobbisti sono già all’opera e stanno mettendo sotto pressione i senatori per spingerli, attraverso regalie varie, ad annacquare la riforma nei punti che potrebbero creare ostacoli alle attività speculative delle banche.
Obama, una volta tanto, si è attaccato all’ovvio affermando che lui crede nel Libero Mercato e aggiungendo che la riforma è nell'interesse del Paese, perché metterà fine ai salvataggi finanziati con i soldi dei cittadini, ma anche della stessa Wall Street. E’ una riforma, ha insistito, anche nel miglior interesse del nostro settore finanziario. Appunto. Non deve più succedere, ha chiosato, che i contribuenti siano messi con le spalle al muro perché un'istituzione finanziaria sia indicata come troppo grande per fallire. Un discorso falso e ipocrita quello del presidente perché è stato lui a voler salvare la Goldman Sachs, a questa si riferiva, e non certo i cittadini che avrebbero preferito vederla fallire e al tempo stesso vedere in galera i suoi dirigenti. I quali, come dimostra l’inchiesta in corso della Sec, l’autorità di controllo sulla Borsa, hanno continuato nelle loro truffe e nelle loro speculazioni, anche dopo aver ricevuto il finanziamento pubblico.
Spassoso quindi l’appello lanciato da Obama alle sedie vuote dei banchieri. “Dovete aiutarci a fare la riforma. Unitevi a noi invece di combattere i nostri sforzi con i lobbisti”. In sala c’erano diverse centinaia di dirigenti di azienda che vedono con scetticismo la riforma e che temono che essa possa togliere benzina alla auspicata ripresa di cui si vedono i primi timidi segnali. Il presidente ne ha comunque illustrato i quattro pilastri fondamentali. Il primo comporta un meccanismo che impedirà nuove crisi vietando alle banche di impegnarsi in operazioni troppo al di sopra delle proprie possibilità. Ossia sfruttando l’indebitamento. Sarà necessaria poi una maggiore trasparenza sui mercati limitando, ma non abolendo (!) l’utilizzo dei derivati il cui abuso scatenò la crisi del 2008. Ci sarò poi una nuova Agenzia, un nuovo mostro burocratico, che farà osservare le regole. Ma che in realtà potrà fare ben poco. E infine verrà dato più potere agli azionisti per impedire che ai dirigenti siano assegnati premi di produzione eccessivi. Lo stesso meccanismo perverso di ricerca del guadagno individuale che ha spinto i banchieri ad impegnarsi in operazioni super speculative che hanno finito per travolgere l’intera baracca. Speculazioni che rappresentano la norma in quel Far West della finanza che è Wall Street dove si creano i presidenti e si eliminano quando credono di poter fare politica.

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