Creato da Fratus il 08/08/2006
Commentiamo la società
 

 

Fascisti, casa Pound, media e delegittimazione.

Post n°458 pubblicato il 21 Dicembre 2011 da Fratus

In questi giorni continua il tam tam mediatico sull’omicidio dei due senegalesi. L’azione sviluppata dal soggetto malato è sicuramente drammatica e tragica ma il dargli un risvolto ideologico/politico è decisamente sbagliato.

Si vuole in tutti i modi accomunare l’azione, incredibile, di un soggetto malato con una normale e possibile azione di un qualsiasi militante dell’estrema destra (che per il sistema è un fascista).

Stabiliamo da subito due questioni. I Fascisti non esistono più, quelli ancora in vita hanno più di 80 anni e non credo assolutamente possano essere un pericolo per nessuno. Coloro che si definiscono fascisti sono in realtà “neofascisti” e hanno un’impostazione e un modo di agire ben differente dal fascismo. In molti ambienti culturali si è anche giunti a definire il neofascismo come il “primo nemico” del periodo storico del fascismo.

In secondo luogo va specificato che il fascismo non ha nulla a che fare con l’estrema destra, questa schematismo , fascismo = destra, non è accettabili culturalmente come non lo è  ideologicamente; basta leggere i testi riferiti al fascismo del professore di storia Zeev Sthernell, ebreo e marxista.

Fatte queste precisazioni va anche ribadito che una struttura organizzata non è assolutamente causa diretta dell’azione di un suo aderente (sempre che l’assassino fosse realmente iscritto). Casa Paund non ha nessun tipo di responsabilità oggettiva sui fatti di Firenze e continuare a sostenere il contrario è pretestuoso. Cercare di delegittimare l’organizzazione di Gianluca Iannone è sbagliato e disonesto.

Chi segue le attività di Sintesi Milano (www.sintesimilano.org)  sa bene che non abbiamo rapporti con la suddetta organizzazione e che in molte occasioni abbiamo preso distanza dalle loro iniziative in quanto le ritenevamo reazionarie e sbagliate. Inoltre nutriamo una naturale antipatia nei loro confronti da quando lo stesso Iannone, con il suo gruppo musicale, non ha voluto partecipare ad un concerto in ricordo del nostro camerata Alessandro Alvarez, ucciso in circostanze ancora misteriose.

Si tenga anche in considerazione che il nostro gruppo si è allontanato da diversi anni da quello che viene chiamato mondo neofascista e ha iniziato un percorso molto differente dalle altre strutture con la nostra comune origine ideologica.

Detto questo, si comprende come noi di Sintesi non si abbia nulla da spartire con l’ambiente vicino a casa Paund, ma, quello che sta accadendo, ci obbliga ad essere solitari a Iannone e amici in quanto il tentativo del sistema è assolutamente da condannare e crediamo che tutte le organizzazioni debbano fare quadrato perché non passi il messaggio per cui uno squilibrato possa essere utilizzato per delegittimare chi si oppone alla democrazia parlamentare.

 
 
 

Avanzando verso il precipizio

Post n°457 pubblicato il 16 Dicembre 2011 da Fratus

di Noam Chomsky

Uno dei lavori della Convenzione sul Cambiamento Climatico delle Nazioni Unite, che è in corso di svolgimento a Durban in Sud Africa (il vertice si è concluso il 9 dicembre ndr), è quello di estendere le decisioni politiche precedenti, che sono limitate e solo parzialmente applicate.

 

Queste decisioni risalgono alla Convenzione del 1992 dell’ONU e al protocollo di Kyoto del 1997, al quale gli Stati Uniti si rifiutarono di aderire. Il primo periodo di impegno del Protocollo di Kyoto termina nel 2012. L’aria generale che si respirava prima della conferenza è stata catturata dal New York Times col titolo “Tematiche, ma scarse aspettative”.

Mentre i delegati si riuniscono a Durban, un rapporto su alcuni recenti sondaggi realizzati dal Consiglio delle Relazioni Estere e dal Programma sull’Approccio Politico Internazionale (PIPA) rivela che “i cittadini di tutto il mondo e degli Stati Uniti chiedono che i governi diano una priorità maggiore ai problemi del riscaldamento globale e che appoggino con forza azioni multilaterali per soddisfare questa necessità”.

La maggioranza dei cittadini statunitensi è d’accordo, anche se il PIPA chiarisce che la percentuale “è calata negli ultimi anni, per il fatto che la preoccupazione degli Stati Uniti è significativamente più bassa rispetto a quella mondiale, ora il 79% contro il precedente 84%”.

Gli statunitensi non ritengono che ci sia un consenso scientifico sull’urgenza di prendere iniziative per contrastare il cambiamento climatico. […] Una grande maggioranza pensa che sarà colpita personalmente dal cambiamento climatico, ma solo una minoranza crede che già ora si stiano subendo le conseguenze di tale cambio, contrariamente all’opinione della maggioranza degli altri paesi. Gli statunitensi tendono a sottovalutare il livello di preoccupazione.”

Questi atteggiamenti non sono casuali. Nel 2009 le industrie energetiche, appoggiate dai gruppi dirigenti delle grandi aziende, hanno lanciato grandi campagne che hanno instillato dubbi sulla presenza del consenso degli scienziati riguardo la severità della minaccia del riscaldamento globale prodotto dagli esseri umani.

Il consenso è solamente “quasi unanime”, perché non include molti esperti convinti che gli allarmi sul riscaldamento globale non siano sufficientemente forti, oltre a un gruppo marginale che nega completamente la consistenza della minaccia.

“L’analisi abituale di questo problema” si basa sul mantenimento di “equilibrio”: la gran parte degli scienziati da un lato e i “negazionisti” dall’altro. Gli scienziati che manifestano gli allarmi più forti sono generalmente ignorati dalla maggioranza.

Per questi motivi solo un terzo della popolazione statunitense crede che esista un consenso scientifico sulla minaccia del riscaldamento globale, molto meno rispetto alla media mondiale, e un qualcosa di radicalmente contrastante con i fatti.

Non è un segreto che il governo statunitense stia impuntando i piedi sui temi del clima. “I cittadini di tutto il mondo hanno criticato il modo in cui gli Stati Uniti stanno trattando il problema del cambiamento climatico”, secondo il PIPA. “In generale, gli Stati Uniti sono visti da tutti come il paese che ha prodotto l’impatto più negativo sull’ambiente, seguito dalla Cina. La Germania ha ottenuto riconoscimenti superiori.”

A volte, per riuscire ad avere una visione chiara sui fatti del mondo può essere utile adottare la posizione degli osservatori extraterrestri intelligenti che contemplano gli strani avvenimenti della Terra. Osserverebbero, stupiti, che il paese più ricco e potente nella storia del pianeta adesso guida i lemming nel loro allegro avanzare verso il precipizio.

Il mese scorso l’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica (AIEA), formata nel 1974 per il volere del Segretario di Stato statunitense Henry Kissinger, ha emesso un rapporto aggiornato sull’accelerazione dell’incremento delle emissioni di carbonio provenienti dall’uso di combustibili fossili.

L’AIEA ha calcolato che, se il mondo continuerà su questa strada, il “budget di carbonio” sarà terminato nel 2017. Il budget è la quantità di emissioni che possono mantenere il riscaldamento globale entro un livello di 2 gradi Celsius, quello che viene considerato il limite di sicurezza.

L’economista a capo dell’AIEA, Fatih Birol, ha detto: “La porta si sta chiudendo. […] Se non cambiamo adesso il nostro modo di utilizzare l’energia, oltrepasseremo quello che gli scienziati hanno considerato il limite minimo (di sicurezza). La porta si chiuderà per sempre.”

Anche il mese scorso il Dipartimento di Energia statunitense ha reso pubblici i dati delle emissioni del 2010. Le “emissioni sono aumentate al livello massimo registrato finora”, ha citato la Associated Press, ciò significa che “i livelli di gas serra sono più elevati di quelli del peggiore scenario” che era stato preventivato nel 2007 dal Gruppo Internazionale sul Cambiamento Climatico.

John Reilly, codirettore del programma sul cambiamento climatico del Massachusetts Institute of Technology, ha riferito alla Associated Press che gli scienziati ritengono che le previsioni dell’IPCC sono state troppo conservatrici, a differenza del piccolo gruppo di “negazionisti” che attraggono l’opinione pubblica. Reilly ha informato che il peggiore scenario dell’IPCC era circa alla metà delle stime possibili degli scienziati del MIT sui possibili esiti.

Nel mentre venivano resi noti questi dati allarmanti, il Financial Times ha dedicato una pagina intera alle aspettative ottimistiche, che ipotizzano un’indipendenza energetica degli Stati Uniti per circa un secolo grazie alle nuove tecnologie per l’estrazione dei combustibili fossili del Nord America.

Anche se le proiezioni sono incerte, secondo il Financial Times, gli Stati Uniti “potrebbero superare l’Arabia Saudita e la Russia diventando il più grande produttore al mondo di idrocarburi liquidi, considerando sia il greggio che i gas naturali”.

In questo felice caso, gli Stati Uniti potrebbero sperare di mantenere la propria egemonia mondiale. A parte alcuni commenti sull’impatto ecologico locale, il Financial Times non ci ha detto niente sul genere di pianeta che emergerebbe da queste appetibili prospettive. L’energia va bruciata: e al diavolo l’ambiente.

Quasi tutti i governi stanno cercando di far qualcosa contro la catastrofe che si avvicina. Gli Stati Uniti sono in cima alla fila, guardandola dal fondo. La Camera dei Rappresentanti degli USA, dominata dai Repubblicani, sta ora smantellando le misure ambientali introdotte da Richard Nixon, che sotto molti aspetti fu l’ultimo presidente liberale.

Questo comportamento reazionario è uno dei tanti segnali della crisi della democrazia statunitense durante la scorsa generazione. La breccia fra l’opinione pubblica e la politica è cresciuta fino a convertirsi in un abisso sui temi centrali del dibattito politico attuale, come il deficit e il lavoro. Tuttavia, grazie all’offensiva propagandistica, la breccia è minore di quella che dovrebbe essere nel tema più serio dell’agenda internazionale odierna, e forse della storia.

Potremmo riuscire a perdonare questi ipotetici osservatori extraterrestri se dovesse concludere che sembriamo affetti da una forma di follia letale.

 
 
 

PRESENTAZIONE DEL LIBRO IL MULLAH OMAR DI MASSIMO FINI, QUESTA SERA A MILANO

Post n°456 pubblicato il 15 Dicembre 2011 da Fratus

Una storia che comincia con un ragazzo diciottenne che si batte contro gli invasori sovietici e in battaglia viene ferito irrimediabilmente a un occhio, se lo strappa, se lo benda da sé e torna a combattere. Che prosegue con quattro ragazzi, Omar, Gaus, Hassan e Rabbani che, sulla piazza del loro villaggio, Singesar, decidono di fare qualcosa contro le prepotenze, gli abusi, i taglieggiamenti, le violenze, gli assassinii, gli stupri dei “signori della guerra”. Nasce così il movimento talebano che nel giro di due soli anni (1994-1996), grazie all’appoggio della popolazione, sconfigge i “signori della guerra” sostenuti anche da potenze straniere riportando l’ordine e la legge, la Sharia, nel Paese di cui Omar diventerà la guida politica, militare e spirituale. Un uomo singolare, riservato, di poche parole, ma attento a quelle degli altri, timido, quasi umile, e perciò adorato dai suoi, ma per nulla cupo, ironico e sarcastico che arrivato al potere continuerà a condurre la vita spartana che ha sempre condotto e non lo userà per arricchirsi o ritagliarsi privilegi, ma per inseguire un suo sogno.

 

A SEGUIRE, VISTO IL TRAGICO MOMENTO IN CUI LA NAZIONE ITALIA RIVERSA, MASSIMO FINI SPIEGHERA’ IL SUO PUNTO DI VISTA SULLA SITUAZIONE ITALIANA E MONDIALE FACENDO RIFERIMENTO AI SUOI FAMOSI LIBRI: LA RAGIONE AVEVA TORTO E DENARO STERCO DEL DEMONIO.

MASSIMO FINI, GIORNALISTA E SAGGISTA DAL PENSIERO ANTICONFORMISTA PARLERA’ PRESSO

IL PRESIDIO MILANO GIOVEDI’ 15 DICEMBRE

ORE 21.30

(PIAZZA ASPROMONTE, 31).

NON MANCARE, E’ L’OCCASIONE GIUSTA PER COMPRENDERE COME IL SISTEMA FINANZIARIO FREGA LA GENTE, COME LA MONETA E IL DENARO SONO UNA TRUFFA, COME IL SIG. MARIO MONTI RISPONDE A POTERI INTERNAZIONALI, COME… VIENI ANCHE TU ALL’INCONTRO PUBBLICO.

FUORI DAGLI SCHEMI PER UNA NUOVA SOCIETA’, PER LA DECRESCITA IN FAVORE DEL COMUNITARISMO.

IN COLLABORAZIONE CON IL TALEBANO

www.sintesimilano.org

 
 
 

La logica mortifera del capro espiatorio

Post n°455 pubblicato il 15 Dicembre 2011 da Fratus

Di Massimo Maraviglia

Trovare il capro espiatorio contro il nemico politico e sociale, questa è la radice di ogni razzismo. Se il nemico ha peculiari tratti somatici che lo contraddistinguono visibilmente dagli altri, l’attacco funzionerà ancora meglio: una minoranza razziale è riconoscibile e con essa funziona meglio la dinamica dall’associazione di caratteri negativi – che vanno dalla sporcizia e maleducazione alla tendenza criminale, alla violenza e alla brutalità – a gruppi e singoli non pienamente integrati con il resto della società – cioè già di per sé in possesso di alcuni “tratti vittimari” – sui squali si scarica l’angoscia della società stessa, la sua paura, il suo disorientamento che può essere sanato solo individuando una vittima sacrificale in cui vedere concentrato tutto il male possibile e contro la quale dare libero sfogo all’aggressività, al risentimento, alla vendetta. Bene, nei fatti di Firenze, ci troviamo di fronte alla follia di una persona, che in modo estremo e lontano da ogni minimo principio di realtà – cioè di proporzionalità tra accuse e reazioni – uccide dei senegalesi, scaricando contro di loro i propri fantasmi e una rabbia che certamente ha radice patologica, perché non mediata da quella forza conscia che vaglia gli impulsi aggressivi e/o sessuali con le condizioni effettive della vita personale e sociale, i valori condivisi, e il principio di autoconservazione della vita individuale. A fronte di tutto ciò abbiamo una reazione singolarmente uguale e contraria, cioè il tentativo di opporre al capro espiatorio “negro” – colto in modo folle dall’assassino di Firenze ma pur sempre colto – il capro espiatorio “nero”. Così un gruppo di persone come quelle di Casapound – pure esso avente peculiari tratti vittimari perché proveniente da una parte politica contro la quale si è legittimato il potere repubblicano per quasi settant’anni e contro la quale vi è una lunga e sperimentata tradizione di accuse di ogni tipo – dalla violenza alla perversione psicologica, etica, civile, fisica – diventa utile contro-capro espiatorio. Ciò permette alla società mediatico-civile di tranquillizzarsi: non siamo più indifesi di fronte alla follia, c’è sempre una ragione, e la ragione è la presenza all’interno del nostro tessuto sociale sano di virus e batteri razzisti e fascisti che non siamo ANCORA riusciti ad eliminare. Come si vede vi è sempre un virus e un batterio da eliminare, sia esso il capitalista (capro espiatorio di classe), il negro o l’ebreo (capri espiatori di razza) o i fascisti o i comunisti (capri espiatori politico ideologici) o i mussulmani o i cristiani (capri espiatori religiosi)…e questo avviene sempre contro ogni senso di giustizia, l’unico organo che possediamo contro la logica mortifera del capro espiatorio.

 
 
 

Prostitute, vogliamo pagare le tasse, tanti soldi nelle casse dello stato.

Post n°454 pubblicato il 15 Dicembre 2011 da Fratus

Le escort vogliono pagare le tasse. L’appello
di Marina: “Fateci aiutare il nostro Paese”

La proposta arriva direttamente da una prostituta che ha lanciato la proposta dalle colonne del Gazzettino. Secondo Marina“in Italia, la legalizzazione della prostituzione porterebbe tanti miliardi di euro nelle casse dello Stato”

“Credo che il Governo Monti debba includere nella sua Manovra sul lavoro anche la possibilità di legalizzare la Prostituzione, che significa altresì far emergere il ‘lavoro sommerso’ di circa 300.000 individui fra donne/trans/uomini che oltretutto risultano per lo Stato disoccupati. Legiferiamo sulla Prostituzione, fateci pagare le tasse, fateci aiutare il nostro Paese”. Chi scrive è Marina: si definisce “orgogliosamente una ‘puttana’” e ha inviato al Gazzettino.it una lettera. Con una richiesta: visto il momento di crisi economica in cui la manovra mette le mani nelle tasche dei lavoratori italiani, anche lei vuole contribuire pagando i contributi. E per farlo bisogna legalizzare il mestiere più antico del mondo.

“Appartengo a una categoria di persone che tanto vorrebbe pagare le tasse, ma che in questo paese non gli viene permesso”, scrive Marina. E spiega che “in Italia, la legalizzazione della prostituzione non solo porterebbe tanti milioni, se non miliardi di euro, nelle casse dello Stato – scrive Marina -, ma risolverebbe indirettamente anche il problema dello sfruttamento della prostituzione e della tratta di esseri umani dei quali sono vittime numerose ragazze non solo dell’Est Europa, ma anche del Centro Africa e sempre più anche cinesi”. Oltre a dare un giro di vite allo sfruttamento delle straniere, la prostituta ricorda che “negli ultimi 20 anni circa davanti a un problema si è preferito chiudere gli occhi facendo finta che non ci fosse, piuttosto che adottare delle valide strategie per risolverlo”.

Marina, però, non è l’unica ‘lavoratrice del sesso’ disposta a rimpinguare le casse dello Stato. Ambra, ad esempio, ha 40 anni e una doppia vita. Di giorno impiegata e di notte, per necessità, escort. “Sono d’accordo, sarebbe ora di legalizzare e pagare i contributi, specie per chi lo fa a tempo pieno – puntualizza – . Anche per noi è un momento difficile: se prima riuscivi a fare 1000 euro a settimana adesso devi accontentarti di 200. Ma visto che in Italia ci sono migliaia di prostitute, sarebbe giusto tassarle. E in questo momento darebbero un aiuto importante”. Anche Gaby, 35 anni, vorrebbe che “il lavoro di escort venisse regolarizzato” e sta già pensando da sé a come inquadrare la sua posizione fiscale. “In questi giorni ho iniziato a cercare su Internet per capire come fare – racconta -. Vorrei pagare le tasse, e anche allo Stato converrebbe metterci nelle condizioni di farlo”. Infatti anche altre “colleghe” condividono la stessa opinione. Ad esempio Elena, 28 anni, convinta che “per non avere problemi sarebbe meglio che il ‘mestiere’ fosse riconosciuto per legge”. Ma per ora “niente normativa e niente tasse”. Non tutte però sono d’accordo: tra queste Chiara, escort di 31 anni “solo per soldi e piacere”, che spiega di non avere nessun interesse a essere inquadrata come ‘normale’ lavoratrice. “Dallo Stato non mi aspetto nulla. E visto che sono giovane non riceverò neanche la pensione”. Che, quindi, costruisce con i soldi negati al fisco.

In altri paesi europei, però, la “professione” è già stata regolamentata e le prostitute versano regolarmente i contributi. Proprio come gli altri cittadini. In Germania ad esempio, le lavoratrici del sesso sono soggetti contribuenti per il fisco dal 2002, quando una legge firmata da Gerhard Schroeder le ha inserite nel registro delle attività lavorative e ha riconosciuto loro gli stessi doveri fiscali dei concittadini. Una norma che consente a chi esercita di farlo con le tutele necessarie a livello sanitario e previdenziale. Anche in Olanda, Svizzera, Austria, Grecia,Ungheria e Lettonia la prostituzione è legalizzata e impone il regolare versamento di contributi oltre che di controlli sanitari per la prevenzione di malattie veneree e la regolare registrazione anagrafica di chi esercita. E’ considerato reato lo sfruttamento ma le prostitute versano i contributi sui proventi delle loro attività ed esercitano in case d’appuntamento, quartieri a luci rosse e bordelli riconosciuti dallo Stato. E rimpinguano le casse dei loro paesi.

tratto dal fatto quotidiano

 
 
 

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