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La cannabis che ci salverà dall’inquinamento
Post n°43 pubblicato il 19 Dicembre 2013 da liberatemaria
In attesa di conoscere i risultati del geo radar, che circa un mese fa, con un elicottero della società Helica, ha scandagliato il sottosuolo con un laserscan (LiDAR), nelle nostre zone per misurare eventuali emissioni radioattive di metalli e gas e alla luce dei risultati delle indagini biochimiche che hanno rilevato la contaminazione di metalli pesanti della falda acquifera nelle vicinanze delle discariche Li Cicci e La Chianca, potremmo iniziare a valutare le possibili soluzioni di bonifica del territorio. E’ evidente che un suolo inquinato non può più essere coltivato per la produzione di cibo perché le sostanze chimiche possono essere assorbite dalla vegetazione e danneggiare le persone o gli animali che si nutrono di questi. Per rendere coltivabile o abitabile un territorio malsano o inquinato bisogna procedere, quindi, con la bonifica. I metodi convenzionali di bonifica di siti inquinati, purtroppo, sono costosi ed alterano le proprietà fisico-chimiche e biologiche dei substrati sottoposti a trattamento, provocando un ulteriore impatto negativo sull’ambiente, infertilità dei suoli e rilascio di nuove molecole inquinanti. Fortunatamente la ricerca scientifica ha portato alla scoperta di biotecnologie a basso impatto ambientale come la ‘phytoremediation’, o fitorimediazione, un procedimento che utilizza piante erbacee e arboree particolarmente adatte e resistenti in grado di catturare le sostanze inquinanti, tra le quali anche i metalli pesanti dal terreno e dalle acque , imprigionandole nella parte aerea della pianta stessa e riutilizzandole come materiale per l’edilizia e le manifatture. Una delle piante che ha le caratteristiche più idonee per questo tipo di intervento risulta essere la canapa, la pianta più demonizzata e criminalizzata al mondo ma che risulta utile per liberare ambiente e territorio da veleni, gli stessi che legalmente hanno direttamente o indirettamente provocato la morte di centinaia di persone. La canapa utilizzata è la varietà francese “Futura 75”, un incrocio di semi a bassissimo contenuto di thc 0,2%. La sua coltivazione su questi terreni risulta essere anche un’azione utile per evitare che si coltivi per la produzione di cibo . Su questo piano sperimentale esistono già autorevoli studi e alcuni significativi precedenti di applicazione pratica . Dal 1993 nella zona interessata dagli effetti devastanti di Chernobyl, dal 1994 in Polonia per il risanamento dei terreni inquinati dai metalli pesanti residuati dal ciclo produttivo della metallurgia e in Italia la sua coltivazione inizia a farsi spazio nei terreni inquinati della Campania, in quelli di Porto Marghera nel Veneto e in Puglia . Il progetto di bonifica si applicherà anche a Taranto, nei terreni della nota masseria del Carmine, di proprietà della famiglia Fornaro , simbolo del dramma della comunità tarantina dove furono abbattuti centinaia di capi di bestiame, in seguito alla contaminazione da diossina contenuta anche nelle carni oltre che nel latte . Si spera ,che con la coltivazione della canapa si riesca a trovare una via d’uscita e una speranza per le produzioni agricole e per l’intera comunità. Si pensa, inoltre anche a Brindisi per bonificare i terreni inquinati dalla centrale termoelettrica di Cerano. Coltivare la Canapa potrebbe essere una valida soluzione anche per risanare i terreni inquinati nei pressi delle discariche Li Cicci e La Chianca di Manduria, ma prima di procedere alla coltivazione occorrerà sapere che tipo di sostanze inquinanti sono presenti nel suolo, la loro concentrazione, la profondità, etc. Bisogna fare dei carotaggi e fare le relative analisi per determinare tutti questi dati. La canapa è una pianta antichissima, esistente in alcune parti d’Italia già nell’età del bronzo. La sua coltivazione, molto diffusa nel nostro paese è stata abbandonata negli anni ’50 a causa della concorrenza delle fibre sintetiche. Utile per produrre tessuti, carta, combustibile, plastica, carrozzerie per auto, compensato di canapa pressata, fitocosmesi, oli di semi e derivati, farina; una pianta insomma di cui non si butta via nulla. Da alcuni anni, molti agricoltori stanno cercando di riproporla come risorsa per l’agricoltura naturale ed innovativa, come occasione di sviluppo delle imprese in svariati settori e come strumento per recuperare terreni abbandonati. Ad informarci meglio sull’argomento ci ha pensato Andrea Carletti, un brindisino 29enne, socio di Assocanapa e presidente del consiglio di amministrazione dell’impresa agricola Le terre del Sole ,che dopo la laurea in Relazioni pubbliche e pubblicità, una tesi sulle mobilità alternative e una lunga permanenza in Australia,( un continente dove l’uso di questa pianta è già collaudato), ha deciso di dedicare 12 ettari di terreno alla coltivazione della canapa, con il progetto “HempFarm”, fattoria della canapa, nei pressi della riserva naturale di Torre Guaceto, in provincia di Brindisi, destinandoli alla produzione di fibra tessile e semi per la produzione di oli alimentari. Il suo scopo è quello di rilanciare l’agricoltura e puntare sempre più sulle nuove fonti di produzione delle materie prime. L’idea principale del progetto è di vedere nella pratica se la canapa può essere considerata una risorsa per la nostra regione, valutandone costi e ricavi , la produzione di biomassa, di semi, tutte le problematiche che possono sorgere ecc. La pianta è molto promettente dal punto di vista colturale, ma bisogna tener conto che attualmente mancano centri di raccolta dove conferire il raccolto, macchinari agricoli progettati per lavorare la canapa e gli impianti di prima trasformazione che servono per ricavare fibra e canapulo. Per quanto riguarda la parte di sviluppo di nuovi prodotti, sono in cantiere delle abitazioni che utilizzeranno tecnologie come il fotovoltaico e le sonde geotermiche per azzerare il fabbisogno energetico unite all’utilizzo della calcecanapa come materiale di costruzione. L’obiettivo è di realizzare unità abitative non passive ma attive, cioè che producano quel minimo in più del loro fabbisogno energetico.. A breve verrà installato un impianto di trasformazione ( ad Avetrana o a Brindisi, località ancora da definire) di paglia canapa, ma si spera, in breve tempo, anche di riuscire a raccogliere e produrre semi e fibra direttamente sui campi, azione che consentirà di ridurre i costi , in linea con i principi della filiera corta e dell’economia locale. Tutti possono dedicarsi alla produzione di canapa rivolgendosi per l’acquisto dei semi certificati per il controllo di questa coltura, all’unica associazione autorizzata, Assocanapa . Coltivare canapa quindi, non solo ha lo scopo di recuperare le aree considerate perdute dall’inquinamento ma altresì di realizzare opportunità di economia e lavoro.
Fonte: www.lavocedimanduria.it |
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