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CONFERENZA DEL PROFESSOR ANTONIO CAPONE

Post n°20 pubblicato il 02 Aprile 2011 da ninolutec
 

 

 

PREVENZIONE E TRATTAMENTO
DELLE FRATTURE DA FRAGILITÀ

 

Ieri,1 aprile 2011. si è svolta la conferenza del professor Antonio Capone ( Facoltà di Medicina e Chirurgia - Università degli studi di Cagliari), alla presenza di un uditorio quanto mai numeroso e partecipe.  L'argomento, "Prevenzione e trattamento delle fratture da fragilità", è stato trattato con chiarezza e si è concluso con una lunga serie di domande alle quali il professor Capone ha risposto in modo preciso ed esauriente.
Al professor Capone è stato consegnato, da parte del direttivo della LUTEC, un bellissimo omaggio rappresentato dalla
copia di una lampada del minatore, simbolo della città di Carbonia. Ma vediamo di fare qualche rapido accenno ai temi principali della conferenza.

 Novantamila casi ogni anno in Italia dopo i 60 anni. Le fratture da fragilità ossea nelle donne, causate principalmente dall’osteoporosi, colpiscono duro, con forti ripercussioni sulla qualità di vita fisica e psicologica della donna e di coloro che le devono prestare assistenza: i cosiddetti ‘caregiver’, soprattutto figli e famigliari (donne per 2/3 e lavoratrici nel 50 per cento dei casi). Senza contare le conseguenze economiche, per lo Stato e per le famiglie. Si calcola infatti che ogni anno siano ben 26 i miliardi di euro destinati a questa problematica. Sette milioni di euro ogni giorno. Eppure una donna su due non sa, al momento della frattura, di avere l’osteoporosi perché non ha mai eseguito un controllo o una visita specialistica, mentre tra quelle consapevoli della loro condizione una su tre non assumeva alcuna cura. E la frattura al femore colpisce all’improvviso. Per le donne intervistate si è trattato infatti di un evento inatteso che ha cambiato radicalmente la loro vita: in due su tre l’autonomia è stata compromessa per sempre; i disagi fisici e cognitivi (soprattutto depressione) hanno toccato il 40%; per molte (7%) l’evento è stato causa di decesso. Anche per le famiglie che si trovano a gestire l’anziana fratturata al femore, l’organizzazione familiare viene completamente stravolta: il 70% non prestava assistenza quotidiana prima della frattura, ma dopo si trova a doverle dedicare in media 5 ore al giorno, tutti i giorni e molte ricorrono alla badante. Uomo o donna, uno su due deve rinunciare al proprio tempo libero, chiedere permessi al lavoro, con importanti sacrifici economici.

 A monte di tutto resta comunque la prevenzione di cui si deve

occupare soprattutto il medico di famiglia. Prevenzione che, in teoria, andrebbe promossa già nella “pancia” della mamma. L’alimentazione della donna in gravidanza è infatti molto importante per la bambina che deve nascere. Anche l’eccessiva magrezza di molte, troppe adolescenti aumenta il rischio di osteoporosi. Fino a 25 anni, infatti, la massa ossea cresce fino a determinare il suo picco: questo ‘salvadanaio di calcio’, però, tende a consumarsi con il passare degli anni. A questa età, dunque, alimentazione, peso proporzionato all’altezza, attività fisica, sole, regolarità ormonale sono fondamentali. Ma il punto di svolta è il momento della formazione della famiglia e del lavoro: a questo punto, e in genere siamo oltre i 35 anni, le donne cessano in maggioranza di svolgere attività fisica perché impegnate nel lavoro, nella cura dei figli, del marito, della casa, dei genitori anziani che spesso restano sulle loro spalle. Ecco un esempio di cosa significhi ‘differenza di genere’: infatti questi obblighi sono molto spesso delegati alle donne cui non resta che rinunciare alle attività ‘superflue’ tra cui l’attività fisica. Così, arrivate ai 50 anni, il rischio di fragilità ossea, a causa anche della perdita dell’ombrello ormonale, continua a crescere e diventa ancora più importante identificare i fattori di rischio sui quali valutare la possibilità di prescrivere esami come la densitometria, utili ad individuare le persone a rischio di frattura. Col passare degli anni si comincia quindi a prendere in considerazione la necessità di una terapia farmacologia che possa prevenire la frattura da fragilità. Fondamentale in questo senso però è sicuramente la prevenzione delle cadute. È fondamentale eliminare fattori di rischio che sono presenti soprattutto in casa: togliere i tappeti, avere una buona illuminazione, prevedere appoggi in bagno, impedire l’uso della doccia, non passare la cera e fare attenzione ai giochi dei nipotini che accidentalmente possono farci cadere”. Solo una donna su due affetta da osteoporosi, quindi, sa di esserlo. Stessa mancanza di consapevolezza su questa patologia riguarda un uomo su cinque. Attualmente, ogni anno, in Europa e USA, si verificano più di 2.3 milioni di fratture da osteoporosi.

L’osteoporosi rappresenta attualmente uno dei maggiori obiettivi per la salute dell’Unione Europea. Basi di una efficiente strategia sanitaria

per ridurre l’impatto socio-sanitario delle fratture da fragilità sono

la prevenzione primaria, l’identificazione tempestiva dei soggetti ad alto rischio, una appropriata terapia medica e chirurgica e, naturalmente, la riabilitazione. Oggi vi sono le conoscenze per un approccio razionale alla prevenzione primaria: alimentazione, attività fisica, astensione dal fumo ….

Molte delle fratture da fragilità avvengono in soggetti a rischio moderato, che costituiscono una porzione molto ampia della popolazione generale. Perciò è necessario promuovere stili di vita più corretti in larghi strati di popolazione ed in diverse età della vita. La ricerca epidemiologica recente ha identificato i principali fattori che contribuiscono alla formazione del rischio di frattura e la loro reciproca interazione e su queste basi sono stati elaborati algoritmi clinici (carte del rischio) per stimare il rischio individuale di incorrere in fratture da fragilità in un certo intervallo di tempo. Il peso relativo dei diversi fattori di rischio e le loro interazioni presentano notevole variabilità geografica ed etnica.In questo senso è  indispensabile una “validazione” (ed eventuale “taratura”) Italiana delle carte del rischio di frattura. Per quanto riguarda un appropriato trattamento medico, negli ultimi venti anni sono divenuti disponibili diversi farmaci conprovata efficacia nel ridurre le fratture da fragilità in soggetti a rischio.Per il numero elevato di soggetti suscettibili di trattamento, ogni terapia deve essere sottoposta ad attenta valutazione di efficienza e sostenibilità. Nessun farmaco è efficace se il medico non lo prescrive o il paziente non lo assume. Molto interessante anche la parte della conferenza che si è occupata della vslutszione biomeccanica delle fratture da fragilità vertebrali.
Il corpo vertebrale è formato dal tessuto osseo spugnoso le cui caratteristiche biomeccaniche sono:

1.    l’elevato turnover osseo (80%)

2.    il minor volume calcificato (20%) rispetto all’osso compatto

3.    la struttura trabecolare che ne aumenta la superficie

Queste caratteristiche rendono il tessuto osseo spugnoso flessibile e consentono al corpo vertebrale di sopportare, deformandosi senza rompersi, le sollecitazioni dinamiche derivanti dalla forza di compressione.

Nelle osteopatie da fragilità l’assottigliamento e la perforazione delle trabecole determinano una riduzione della resistenza del corpo vertebrale rendendolo inidoneo al sostegno meccanico; questo causa, anche in assenza di traumi efficienti, la frattura del corpo vertebrale che, in taluni casi, può avvenire addirittura spontaneamente, in rapporto alla sola forza gravitazionale. Da studi osservazionali sappiamo che le vertebre si fratturano maggiormente nel tratto toracico medio (T7 e T8) e al passaggio toraco-lombare (T12 e L1) dove, per effetto di particolari condizioni meccaniche, si realizza un maggior momento flessorio. L’effetto domino, al quale frequentemente si assiste dopo una prima frattura vertebrale da fragilità, riconosce una patogenesi soprattutto meccanica in cui l’accentuazione della curva cifotica e lo spostamento in avanti dell’asse gravitazionale portano ad un aumento del momento flessorio e, quindi, di nuove fratture. In presenza di una frattura vertebrale da fragilità è indispensabile valutarne l’impatto in termini meccanici attraverso un’attenta valutazione del grado di deformità e della sede dove essa si è verificata per riuscire a quantificare le conseguenze meccaniche sulla postura e le probabilità di innescare l’effetto domino. In presenza di condizioni meccaniche sfavorevoli generate da fratture vertebrali, un aiuto può venire dal ricorso oculato alla vertebro e/o cifoplastica, non tanto per l’effetto sul dolore quanto, piuttosto, per quello più razionale di stabilizzazione precoce e/o di correzione della deformità vertebrale al fine di prevenire le conseguenze derivanti dallo scompenso meccanico.

Gli osteoinduttori (teriparatide o PTH 1-34 e PTH 1-84) sono oggi sicuramente i farmaci di elezione per il trattamento farmacologico delle fratture da fragilità. Questi farmaci sono in grado di accrescere la resistenza delle vertebre attraverso un aumento dello spessore e della connettività trasecolare riducendo il rischio di nuove fratture; essi sembrano portare anche ad una più rapida guarigione della frattura del femore attraverso un potenziamento della formazione del callo osseo.   

 

 

 

 

 

 

 
 
 
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