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CONFERENZA DEL PROFESSOR BAINGIO PINNA
DENTRO LA MENTE
Le transazioni sono degli scambi comunicativi tra due persone, lo scambio di uno stimolo e di una risposta fra gli specifici stati dell’Io delle persone coinvolte. Per transazione perciò si indica qualsiasi scambio che avviene tra due o più persone: un dialogo è una serie di transazioni, così come lo può essere uno scambio di gesti affettuosi. La transazione serve a interagire. Può servire anche a raggiungere obiettivi, a suscitare stati d’animo, a ottenere qualcosa. Ci sono diversi tipi di transazioni. Virtualmente, tutta la comunicazione umana che avviene tra almeno due individui può essere scomposta in transazioni, che a loro volta si suddividono in stimoli e risposte. Lo stimolo di un certo tipo scatena una risposta di un certo tipo, e così via. Perciò, esistono diversi tipi di transazioni. Per esempio, le transazioni possono essere complementari o incrociate. La transazione complementare è formata da uno stimolo e da una risposta che restano paralleli sul diagramma, cioè da due frecce che non si incrociano. La transazione complementare avviene quando lo Stato dell’Io che risponde è lo stesso al quale ci si rivolge. Esempio: - “A che ora ci vediamo?”- “Questa sera alle otto” (Adulto – Adulto). “Finisci di mangiare” –“Non ne ho voglia” (Genitore – Bambino). La prima regola dell’analisi transazionale indica che, con le transazioni complementari, la conversazione può andare avanti all’infinito: non c’è niente che possa interrompere la comunicazione. Potete notarlo anche voi: osservate i bambini che giocano, gli anziani che si lamentano del tempo e di come “si stava meglio quando si stava peggio”, un bambino che fa i capricci e la mamma che lo sgrida. Ma ci sono dei casi in cui la comunicazione si interrompe, perché lo Stato dell’Io che risponde è diverso da quello cui lo stimolo si rivolge. Questo è il caso della transazione incrociata. Per esempio, Matteo dice:-“Sara, metti in ordine quel caos che hai sulla scrivania” (Genitore a Bambino). Sara risponde: -“Pensa a riordinare la tua camera, piuttosto” (Genitore a Bambino). Matteo parla al Bambino di Sara, che invece gli risponde dal Genitore. Se disegnate i due diagrammi con le frecce di questa transazione, vedrete che formano una sorta di X. Per definizione, la transazione incrociata determina un’interruzione nella comunicazione. Berne ha definito il copione “un piano di vita inconscio che si basa su di una decisione presa durante l’infanzia, rinforzata dai genitori, giustificata dagli avvenimenti successivi, e che culmina in una scelta decisiva”. Ma analizziamo dettagliatamente tale definizione. Il copione è un piano di vita e per l’A.T. la teoria del copione sostiene che il bambino redige un piano specifico della propria vita, sotto forma di reazione drammatica che ha un inizio, un punto di mezzo e una fine. All’età di circa quattro anni, le parti essenziali della trama sono già state decise. A sette anni la storia è completata nei dettagli principali. Nella preadolescenza si dà qualche ritocco o si aggiusta qualche particolare. Durante l’adolescenza si rivede il copione e lo si aggiorna con aderenza alla realtà del momento. Il copione è decisionale: si basa su una decisione presa nell’infanzia, è pertanto il bambino che decide quale sarà il suo piano di vita. Ne consegue che bambini allevati dagli stessi genitori e nel medesimo ambiente possono decidere piani di vita completamente diversi. A tale proposito Berne racconta l’aneddoto di due fratelli la cui madre diceva: “Tu finirai in manicomio”. Uno dei due fratelli divenne infatti un paziente psichiatrico, mentre l’altro divenne uno psichiatra. Le prime decisioni del copione derivano dalle emozioni e dall’esame di realtà del bambino, e vengono prese prima ancora che egli abbia la capacità di parola. Il copione è rinforzato dai genitori: attraverso messaggi non verbali e verbali. Tali messaggi di copione costituiscono la struttura di riferimento in risposta alla quale il bambino prende le principali decisioni di copione. E’ in tale modo che i genitori possono esercitare una forte influenza sulla decisione di copioni di un bambino. Giustificata dagli avvenimenti successivi: la vita di ogni persona si presenta, pur con il variare delle situazioni specifiche, con un’identità di fondo derivante dal fatto che gli avvenimenti, le persone, i problemi che si incontrano nel corso della vita vengono affrontati e gestiti sempre in modo abbastanza similare, basandosi sulle convinzioni prese durante l’infanzia. Spesso non facciamo altro che interpretare la realtà all’interno della nostra struttura di riferimento, cosicché essa possa giustificare le decisioni del copione prescelto. copione culmina in una scelta decisiva (finale): la scena finale è detta tornaconto del copione, ed è stata scelta quando il bambino piccolo ha scritto la storia della propria vita. Il carattere di ripetitività del copione ci rivela che, quando da adulti si realizza il copione, senza alcuna consapevolezza, si scelgono dei comportamenti che permettono di raggiungere il tornaconto del copione prescelto. Quando le decisioni di copione permettono di affrontare bene la realtà, di ricevere soprattutto carezze positive, si ha un copione costruttivo detto vincente. Quando le decisioni di copione permettono di ricevere carezze non particolarmente intense e senza distribuzione uniforme si ha un copione banale o non vincente. Un tipico copione banale femminile è quello della casalinga tutta dedita ai lavori di casa: questa utilizza prevalentemente il suo Genitore Affettivo con i figli e con il marito, non utilizza il suo Adulto tranne che per le incombenze domestiche, né il suo Bambino per entrare in vera intimità con gli altri. Un copione maschile è quello dell’uomo d’affari che lavora indefessamente agendo quasi esclusivamente con il suo Adulto ed evitando le intimità ed il contatto con il suo Bambino. Si ha un copione perdente quando le decisioni di copione non aiutano a gestire efficacemente la realtà e si ricevono solo riconoscimenti o carezze negative. Il copione diventa perciò autolimitante, improduttivo e viene detto distruttivo quando si conclude in modo tragico. Chi ha tale tipo di copione perdente si trova spesso ad avere seri problemi, deve ricorrere all’aiuto di medici, terapeuti, avvocati e può finire seriamente ammalato, in prigione…Il copione di vita può essere cambiato i vari stadi della vita. Nell’adolescenza, intorno ai trent’anni, all’inizio della “mezza età” e all’inizio della pensione. Le emozioni in una persona sana sono vissute in armonia con i propri bisogni e desideri. Le emozioni che l'individuo vive però possono anche impedirgli di realizzare quelli che ritiene i propri bisogni e desideri. Ad esempio, l'individuo potrebbe essere triste sebbene si trovi ad una festa e desideri socializzare. La tristezza viene vissuta strutturando il tempo nell'isolamento, e si verifica l'impossibilità di procedere nella strutturazione del tempo verso l'intimità desiderata e verso uno scambio di carezze più stimolanti. In tal caso la tristezza si può quindi definire come una emozione parassita. Le posizioni esistenziali sono quattro e descrivono come una persona vede sé e gli altri. I segni + e - riportati nelle descrizioni seguenti indicano una asserzione positiva o negativa riferita alla posizione esistenziale:
La posizione esistenziale di un soggetto può cambiare con il passare del tempo, anche breve. Esistono anche le "posizioni a tre", che esaminano la valutazione che l'individuo effettua nei confronti di se stesso, del suo interlocutore e degli "altri":
L’Io e i suoi paradossi. il paradosso è un’antinomia logica, ossia una coppia di proposizioni che si implicano e nello stesso tempo si contraddicono. Paradosso semantico: “Io sono bugiardo”. Il paradosso del mangiatore triste. “Mangio troppo”, “Perché mangi troppo?”, “Perché sono triste”, “Perché sei triste?”, “Perché sono grasso”, “Perché sei grasso?”, “Perché mangio troppo”. Il paradosso delle lacrime di coccodrillo. “Ho fame e mangio, appena mangiato piango perché ho mangiato e mi dico che non avrei dovuto mangiare perché sono grasso, allora mi butto giù e per tirarmi su mangio qualcosa”. Il paradosso della bruttezza. Più uno si sente brutto e più cerca di essere bello ma siccome non riuscirà ad essere bello sentendosi bruttoallora si sentirà ancora più brutto e sentendosi ancora più brutto avrà ancora più bisogno di essere bello. |
GITA A ORROLI
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