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CONFERENZA DELL’ARCHEOLOGO PROFESSOR MARIO FRAU

Post n°67 pubblicato il 14 Maggio 2011 da ninolutec
 


 

 

 

LA PREISTORIA NELLA
SARDEGNA MERIDIONALE
- Parte Quarta -
       
 

 

 

Il nuraghe Sarri fu scoperto a Sant’Anna Arresi dal grande cartografo A. Lamarmora nel 1840, durante i suoi studi in Sardegna. Per raggiungerlo si può percorrere la strada statale 195 da Villarios a Portopino, arrivati all'altezza del bivio per Sant'Anna Arresi (Pani Esu) si gira a destra e si imbocca una strada dissestata, dopo circa 500 metri, sulla sinistra, si può ammirare il nuraghe. In un documento del 1328, questa zona viene citata col nome di Seherris. Appare ricoperto di una fitta vegetazione di lentischio, è crollato verso l'interno e col passare tempo si è riempito di terra. Le pietre utilizzate per la costruzione,  sono di colore bianco con chiazzature gialle di muschio secco. L'altezza residua della torre esposta a Nord è di circa tre metri. Se visitato d'estate, lo scenario desertico della zona contribuisce ad aumentare il fascino di questo imponente monumento megalitico. Nella collina vicina, "Monte sa Perda", si pensa ci fosse un'altro nuraghe che dominava tutto il golfo di Palmas, probabilmente distrutto per la costruzione di "su forr'e sa cracina" (forno per la calce) situato nelle immediate vicinanze. A Sant'Anna Arresi è anche visibile il nuraghe Arresi. Il monumento è situato nella piazza principale di Sant'Anna Arresi, raggiungibile da Cagliari attraverso la SS 195 (bivio di Pula, bivio di Chia, centro abitato di Domusdemaria, Teulada) dopo 77 km. Il nuraghe, oggi inglobato nel paese di Sant'Anna Arresi, nel basso Sulcis, sorge in una piana alluvionale, a km 5 dal mare. Domina da una posizione leggermente rialzata la piana e un sistema di stagni collegato con coste dotate di facili approdi. L'edificio è del tipo "a tancato", con una torre principale a N (diametro esterno circa m 13; altezza residua m 7) ed una torre secondaria a S (diametro esterno m 4; altezza residua m 2,5) saldata alla prima attraverso due bracci murari retto-curvilinei che racchiudono un cortile interno. Nulla resta dell'originaria sommità terrazzata del monumento né delle coperture a "tholos" delle camere interne. Il nuraghe è costruito in opera ciclopica con blocchi di calcare dolomitico caratterizzati da una tessitura molto irregolare. Vi si accede attraverso il braccio murario orientale, dove si aprono un bell'ingresso sormontato da un gigantesco architrave di granito ed un corridoio sulle cui pareti si affrontano due nicchie. Il corridoio immette nel cortile; qui si affacciano, rispettivamente a N e a S, gli ingressi della torre principale e della torre secondaria. L'ingresso della torre maggiore, costituito da due soglie e un lungo corridoio, è sopraelevato rispetto al piano del cortile e della camera interna. Sulla d. del corridoio è ricavato un vano cieco, probabilmente una garitta di guardia, mentre sulla s. si apre l'imboccatura di una ripidissima e stretta scala intramuraria che in origine conduceva al terrazzo superiore. Nelle pareti della camera interna sono ricavate tre nicchie disposte a croce e sopraelevate rispetto al pavimento, che dovevano fungere da giacigli. La torre secondaria, anch'essa accessibile attraverso un corridoio, presenta nella parete E della camera due irregolari nicchie contigue, una delle quali sopraelevata. La costruzione è datata al XV-XIV secolo a.C., età del Bronzo medio. Il nuraghe fu scavato nel 1974 da Enrico Atzeni e Remo Forresu. Le ricerche rivelarono una frequentazione del sito fin dal Neolitico recente. Due fontane nuragiche furono localizzate ad E e ad O del monumento. Le numerose ricerche sul territorio e gli interventi di scavo hanno evidenziato la consistenza ed il grande interesse scientifico del patrimonio archeologico del Sulcis, ed in particolare della regione del parco, sin dalle fasi più antiche della preistoria. Prima infatti che con l’avvento della metallurgia il distretto minerario del Sulcis-Iglesiente costituisse un polo di attrazione per le popolazioni dell’isola e per il mondo extrainsulare, le genti neolitiche, tra il VI ed il IV millennio A.C., occuparono grotte e ripari sotto roccia, dando inizio alla pratica dell’agricoltura, dell’allevamento e della produzione della ceramica.

Le più antiche attestazioni risalgono al Neolitico Antico, periodo nel corso del quale la Sardegna appare già inserita in una complessa rete di scambi internazionali, finalizzati al commercio dell’ossidiana, presente in grande quantità nel Monte Arci. Da questa località della Sardegna centrale la preziosa materia prima, utilizzata nel corso della preistoria per la realizzazione di utensili domestici e armi, si diffuse in tutta l’isola e fuori dalla Sardegna.

Nel riparo sotto roccia di Tatinu-Santadi furono rinvenuti elementi culturali attribuibili alle fasi del Neolitico Antico e Medio: alla cultura di Bonu Ighinu (dall’omonima grotta di Mara-Sassari) del Neolitico Medio risale una ciotola carenata sulla cui superficie è riconoscibile una delle più antiche raffigurazioni antropomorfe della Sardegna, rappresentata nello schema "a clessidra". Dallo stesso riparo e dalla grotta di Monte Miana-Santadi provengono alcune statuine femminili, appartenenti allo stesso orizzonte culturale, che costituiscono preziosi documenti degli aspetti religiosi prenuragici. Il quadro culturale della fase recente del Neolitico, nel corso della quale in tutta la Sardegna si diffonde la cultura di San Michele o di Ozieri, si presenta ricco di dati relativi agli aspetti abitativi, funerari e religiosi; continua nelle zone collinari l’uso delle grotte e dei ripari sotto roccia, particolarmente frequente nel territorio di Santadi (grotte di Monte Miana, Forresu e Pirosu loc. Su Benatzu-Santadi), mentre in pianura sono presenti i villaggi all’aperto. Tra questi è di notevole interesse quello di S’Arriorgiu-Villaperuccio, individuato dalla presenza sul terreno di un ingente quantità di frammenti ceramici, litici e ossei. La sua ubicazione in una fertile piana alluvionale nelle vicinanze di un importante corso d’acqua rispecchia il modello insediativo degli abitati del Neolitico Recente, nei quali l’agricoltura e l’allevamento rivestivano un ruolo primario nell’economia di sussistenza. L’importanza del sito è accresciuta dalla presenza, a poche centinaia di metri a Sud, di un’area sacra individuata da diversi menhir aniconici, che seguono il percorso di un modesto ruscello, in direzione Nord-Est/Sud-Ovest. Tra questi il più occidentale è il monolito di Terrazzu, alto circa cinque metri, che la tradizione popolare locale chiama Luxia arrabiosa. Due km. a Nord dell’insediamento di S’Arriorgiu si sviluppa invece l’imponente necropoli a grotticelle artificiali (domus de janas) di Montessu, poco oltre i limiti occidentali dell’area del parco. Altra importante necropoli ipogeica è quella di Pani Loriga-Santadi, nella quale ai primi impianti neolitici si sovrappongono momenti di frequentazione delle età del Rame e del Bronzo.

Ai piedi del Monte Narcao, in un anfiteatro naturale particolarmente magico e suggestivo, si estende la più grande Necropoli rupestre della Sardegna preistorica.  La Necropoli di Montessu, con un percorso di circa 2 Km., lungo i costoni trachitici dell'omonima giara, è inglobata attualmente nel parco archeologico di quasi 50 ettari, che include anche i complessi megalitici prenuragici, l’allée couverte, e i nuraghi di S'Angioni e de Sa Corona Sa Figu. La Necropoli cosiddetta a grotticelle artificiali o domus de janas, risalente al neolitico finale (3500-2800 A.C.) di ambito culturale di S. Michele di Ozieri, con alcuni attardamenti di fase sub-Ozieri (allée couverte) e romana, di tipologia varia, è distribuita in quattro raggruppamenti: orientale (Tomba delle spirali e Grotta de is Procus), settentrionale (Is Tuttoneddus), occidentale (Sa Cresiedda) e nord-occidentale (Cungiau Pittanu). Le 35 “domus de janas” presentano tutte e tre le tipologie tombali, quella pluricellulare a sviluppo longitudinale, con ingresso a corridoio e il tipo a forno con calatoia verticale.  L’emozione data dalla visita di Montessu, assieme alla presenza del singolare Menhir “luxia arrabiosa” alto circa 5 m. e la non distante impressionante realtà della tomba di giganti di “Barrancu Mannu”, ci fanno capire quanto il territorio del Sulcis sia stato marcato dalla presenza delle genti e dei loro culti preistorici. Ma parliamo dei monumenti più significativi di Montessu.

 

Tomba delle spirali

 

Del tipo sulcitano "a lobi" è caratterizzato da un ampio padiglione quadrangolare da cui si accede all'ipogeo, scavato ad un'altezza superiore. Nelle pareti dei due vani sono presenti motivi decorativi e simbolici scolpiti e in alcuni casi coperti di ocra rossa: figure taurine, motivi a V, motivi a festone, spirali e falsa porta. 

 

Tomba della dea Madre

 

Ipogeo bicellulare con corridoio a sviluppo longitudinale, in parte risparmiato sulla roccia viva, in parte con pietre di riporto. Sulla parete di fondo, in alto a sinistra dell'ingresso, è visibile una cavità che ripropone in negativo, la sagoma delle statuine femminili tardoneolitiche sarde.

 

 Sa Grutta' e is Procus

 

Tomba bicellulare a sviluppo longitudinale. Grande padiglione d'ingresso di pianta rettangolare, con pareti verticali leggermente concave. Da una grande apertura si accede al vano centrale di pianta rettangolare. Sul pavimento, al centro, è presente una cavità circolare da interpretare come focolare. L'accesso al vano di fondo è possibile mediante un piccolo portello ubicato in posizione mediana e due ampie aperture al lati del portello e rialzate rispetto ad esso. E' una delle cosiddette "tombe-santuario", che, per le dimensioni, le caratteristiche planimetriche e la presenza di un'area megalitica all'esterno, è da ritenere sia stata sede di pratiche cultuali, oltre che funerarie.  

 

Allée Couverte

 

Il monumento, di cui si conservano le pietre di base dei lati lunghi della camera, è ubicato davanti ad una tomba del gruppo orientale. Si inserisce in un'area megalitica con strutture murarie pertinenti, probabilmente, a recinti cultuali, di fase culturale sub-Ozieri. 

 

Sa Cresiedda

 

Tomba bicellulare con ampio corridoio di accesso, in blocchi poligonali, di pianta quadrangolare. In prossimità dell'ingresso sono presentì un menhir e blocchi poligonali di medie dimensioni di non facile lettura. Sul pavimento sono presenti, oltre alle solite coppelle, anche il focolare sacro nonché due colonne risparmiate sulla roccia viva, spezzate in due. L'accesso al secondo vano è consentito, inoltre, attraverso due ampie aperture laterali rialzate rispetto al portello centrale. Il vano di fondo presenta nel pavimento tre grandi cavità ellittiche. E' considerata anche questa una "tomba-santuario" con le stesse caratteristiche dell'altra tomba-santuario simmetrica de Sa Tutta' e is Procus. 

 

Tomba delle Corna

 

Ipogeo monocellulare a calatoia verticale provvisto di gradino, mutilo, a forma di protome bovina. La camera ha il soffitto a forno, decorato a bassorilievo da motivi simbolici tipici dell'arte prenuragica: protomi bovine o taurine di tipo curvilineo, singole o doppie, larghe, con corna rivolte verso l’alto o verso il basso. All'esterno il monumento è circondato da una struttura megalitica, lacunosa nella parte nord-orientale.

 

 

 
 
 
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