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CONFERENZA DELL'ARCHEOLOGO PROFESSOR MARIO FRAU

Post n°76 pubblicato il 18 Maggio 2011 da ninolutec
 

 

 

 

L'ITALIA PREISTORICA
- Parte Terza-

 

 

LA LIGURIA

Caverna delle Arene Candide

 

 

Si tratta di  un importante sito archeologico in grotta, situato nel comune di Finale Ligure in provincia di Savona. Le Arene Candide erano una duna di sabbia quarzosa, bianca (candida) che i venti dell'ultima glaciazione, che soffiavano con potenza doppia di quella attuale, avevano addossato al versante occidentale del promontorio della Caprazoppa. Ritratta in alcune fotografie dei primi anni venti del Novecento, la duna è stata completamente rimossa dall'industria degli abrasivi. La cava di sabbia di quarzo ha successivamente lasciato il posto ad una grande cava di calcare che ha determinato l'attuale (degradata) situazione paesaggistica. L'ampia caverna, localmente nota un tempo come "Armassa", che si apriva presso uno dei vertici della duna, è entrata nella letteratura archeologica come Caverna delle Arene Candide dopo gli scavi che Arturo Issel, fondatore dell'Istituto di geologia dell'Università di Genova, vi condusse fra il 1864 e il 1876 per provvedere reperti al nascente Museo Nazionale Etnografico e Preistorico (ora Museo Nazionale Preistorico Etnografico Luigi Pigorini) di Roma - EUR. La caverna è ora ubicata sul margine superiore del ciglio ovest della ex- cava Ghigliazza, circa 90 metri sul livello del mare, verso il quale presenta tre grandi aperture che la rendono, oggi come nel passato, relativamente illuminata ed asciutta. Attualmente si accede alla caverna dall'alto, con un percorso via Borgio che implica circa 30 minuti a piedi. La celebrità internazionale deriva dai fortunatissimi scavi che Luigi Bernabò Brea (primo Soprintendente Archeologo della Liguria) e Luigi Cardini (membro dell'Istituto Italiano di Paleontologia Umana) condussero negli anni 1940-42 e 1948-50 nella porzione sud orientale della caverna. Come noto quegli scavi conseguirono quella che ancora oggi è la più articolata stratigrafia del bacino del Mediterraneo (dal Paleolitico superiore gravettiano fino all'epoca bizantina, dal 26000 a.C. al VII secolo d.C), in un contesto ambientale di giacitura estremamente favorevole alla buona conservazione dei reperti, soprattutto delle ossa e del materiale combusto, che misero in luce un deposito dallo spessore di 8 metri con una stratigrafia che partiva dall’età tardo-romana, al Paleolitico Superiore. La base del giacimento é datato a circa 25.600 anni da oggi. Nella sequenza dei livelli del Paleolitico Superiore L.Cardini aveva già individuato due unità stratigrafiche principali sulla base delle caratteristiche dei materiali. Una datata da circa 12.000 a 10.000 anni da oggi (livelli M) e l’altra da circa 25.000 a 15.000 anni da oggi (livelli P).

Nei livelli M sono stati rinvenuti numerosi reperti di industria litica e ossea, e più di 20 sepolture di individui, tante da far pensare ad una vera e propria necropoli. Tali sepolture si trovano in una zona interna della grotta in un livello datato a circa 11.600 anni fa. I resti delle ben 19 sepolture paleolitiche rinvenutevi, oltre a costituire uno dei più consistenti complessi funerari paleolitici del mondo, sono senz'altro quelli di gran lunga meglio conservati, con tutte le implicazioni sulla qualità delle informazioni scientifiche che gli antropologi possono attingere. I corpi sono nella maggior parte dei casi allungati sulla schiena, in una fossa, e l’ocra è presente in abbondanza. Sono spesso presenti delle pietre, sopra o sotto il defunto; l’orientamento del capo non segue nessuna regola fissa, la deposizione é anzi avvenuta in modo del tutto variabile, per lo più lontano dalle pareti della cavità. I corredi sono generalmente ricchi e si compongono di ornamenti di conchiglie marine e d’osso, pochi manufatti di selce, blocchetti d’ocra, arti e altre parti del corpo dei piccoli mammiferi e uccelli. Vi sono complessivamente 10 maschi adulti, 3 donne adulte (in deposizione secondaria) e ben 8 bambini di età variabile da quella di neonati (o addirittura feti) a quella di 10-12 anni. Esiste poi un certo numero di ossa umane sporadiche in vari punti della necropoli, di cui poco si può dire. In base a questi dati sembra nettamente evidenziata una dicotomia: Da una parte i maschi adulti e i bambini, anche piccolissimi, che ricevono un trattamento identico sia per quanto riguarda la localizzazione della deposizione che il corredo, e dall’altra le donne adulte, quasi assenti, senza corredo, rappresentate da pochi resti in deposizione secondaria (mancano i crani in tutti i casi e gli scheletri non sono comunque completi). Ai bambini quindi, il gruppo sociale riconosce fin dalla nascita, se non prima (è il caso dei feti) certe caratteristiche identiche a quelle che vengono attribuite ai maschi adulti, ma non alle femmine, perlomeno adulte. Per questa dicotomia uomini-bambini da un alto e donne dall’altro, una possibile interpretazione é quella di vedervi rappresentati rapporti di affiliazione al gruppo tramite una linea di discendenza che esclude il ramo femminile.
Questo tipo di organizzazione sembra indicare cioè una struttura che in termini antropologici si può definire esogamica con discendenza patrilineare e residenza patrilocale. In questo caso cioé le donne provengono dall’esterno e sono estranee al gruppo stesso, quindi lo stato sociale dei bambini é trasmesso dal padre con il quale condividono il luogo in cui vivono e in cui vengono sepolti. Nei livelli P è stata rinvenuta la sepoltura di un adolescente di sesso maschile, di circa 12-14 anni. Questa sepoltura si segnala per la  particolare ricchezza del corredo funebre, tanto che in letteratura viene definita come Tomba del  Giovane Principe. Il reperto è deposto in posizione allungata presso la parete rocciosa, ed era  interamente coperto di ocra e su braccia, mani e piedi erano deposte intenzionalmente alcune pietre; una reticella di centinaia di conchiglie forate ricopriva la testa e quattro bastoni d’osso forati (i cosiddetti “bastoni del comando”) si trovavano sulle spalle, sul torace e lungo il fianco sinistro.
È datata a non meno di 20.500 anni da oggi e una particolarità riguarda le cause del decesso. Al momento della scoperta infatti, Luigi Cardini notò come mancasse parte della mandibola e le ossa della spalla sinistra fossero gravemente lesionate. Il vuoto lasciato dalla lacerazione della faccia era stato riempito da una massa di ocra gialla purissima, che arrivava a contatto con le superfici fratturate dell’osso. Scrive Cardini: “ Si aveva l’impressione che con la massa d’ocra si fosse tentato di tamponare o mascherare l’enorme ferita che certamente fu causa della morte del giovane e robusto individuo”. E’ ipotizzabile che questa sia avvenuta durante un episodio di caccia. La fauna ritrovata è rappresentata da resti di Cervo, Cinghiale, Capriolo, Stambecco, Alce e Camoscio nel livelli M. Nei livelli P domina lo Stambecco, ma si trovano anche resti molto frammentari di Mammut e Rinoceronte lanoso. Dopo il 10.000 BP, le prime fasi dell’Olocene (Il periodo geologico più recente: quello in cui viviamo oggi), segnano un periodo di non occupazione. Poco dopo il 7000 BP, in un ambiente più verde dell’attuale, con boschi ricchi di querce, inizia la frequentazione della cavità da parte di gruppi ad economia neolitica portatori della Cultura della Ceramica Impressa. Il Neolitico è quindi attestato dalle fasi più antiche. In questo momento il modo di vita era basato sul consumo dei molluschi e su quello delle prede cacciate, ma è anche attestato l’allevamento del bue, della pecora, della capra e del maiale, mentre l’agricoltura sembra avere un posto limitato nell’economia.
Intorno al 6000 BP si diffonde la Cultura dei Vasi a bocca quadrata e fino al 5700 BP circa si ebbe una intensa occupazione. Si incrementò l’allevamento e alcune zone della grotta furono adibite a stalla. Negli strati corrispondenti a questa fase si rinvennero numerose tombe a cassetta litica (fosse foderate di lastre di pietra), singole, con scheletro in posizione rannicchiata. è stato documentato tra l’altro, uno dei più antichi casi di tubercolosi alla spina dorsale che costrinse un giovane quindicenne a vivere in positura fortemente flessa.
Intorno al 5400-5300
BP si afferma la Cultura Chassey e la frequentazione divenne più assidua.
La grotta continuò ad essere occupata durante l’Età del rame, la cui datazione radiocarbonica più antica si colloca intorno a 4700 anni da oggi. Venne frequentata saltuariamente durante l’Età del Bronzo e del Ferro. Lo strato superficiale conteneva infine reperti di età romana.

  

 

Val Pennavaira (Savona)

 

 

La Val Pennavaira si trova incassata fra le Alpi Marittime, fra banchi verticali di calcare in cui si aprono numerose grotte. Dal torrente Pennavaira prende il nome.È stata indagata sistematicamente da Milli Leale Anfossi tra il 1952 e il 1975. Durante gli anni '80 la Soprintendenza Archeologica della Liguria ha condotto interventi minori. Cinque siti sono stati scavati sistematicamente e sono ubicati fra 200 e 1000 m di quota e fra 14 e 19 Km dalla linea di costa attuale.

 

L'Arma di Nasino è il sito principale. Si tratta di un riparo le cui prime occupazioni sono attestate da materiali attribuibili al Paleolitico Superiore (Epigravettiano finale), e la cui datazione risale a circa 10.090 anni da oggi. Seguono livelli Neolitici in cui è testimoniata la in sequenza la presenza della Cultura della Ceramica Impressa, quella dei Vasi a Bocca Quadrata ed infine la Cultura Chassey. Terminano la stratigrafia livelli dell'età del Rame e del Bronzo.

L'Arma dello Stefanin si trova in uno dei punti più stretti della valle ed è stata interpretata come rifugio e sito di macellazione utilizzato dai cacciatori di stambecchi. La presenza di questo animale raggiunge l'80% tra i resti faunistici rinvenuti. La parte inferiore del deposito archeologico è datato a circa 18.710 anni da oggi. Seguono strati di abbandono e di rioccupazione in età neolitica in cui è attestata la Cultura della Ceramica Impressa . Questi ultimi sono datati a circa 6610 anni da oggi.

La Grotta del Petrusello si trova a circa 550 m s.l.m. e la sua occupazione comincia con la Cultura della Ceramica Impressa cui segue la Cultura Chassey fino all'età del Rame.

La Tana del Barletta è una piccola caverna posta a circa 1000 m di quota. Una prima fase di occupazione è attestata da ritrovamenti pertinenti alla Cultura Chassey datati a circa 4980 anni da oggi. La frequentazione divenne più assidua durante l'Età del Rame (circa 3380 anni da oggi) e l'Età del Bronzo (circa 3270 anni da oggi).I resti faunistici sono esclusivamente domestici. L'utilizzo era probabilmente quello di stalla durante le transumanze fra la piana di Albenga e gli alti pascoli estivi a quota 1500 -2000 m.

La Grotta delle Camere, a circa 900 m di altezza è una piccola caverna sepolcrale collettiva dell'Età del Rame.

Per quanto riguarda il Riparo Pian del Ciliegio (Finale Ligure, Savona), nel 1992, in seguito alla denuncia di scavi clandestini, la Soprintendenza Archeologica della Liguria decise di intervenire in questo sito con l'esecuzione di diverse campagne di scavo. Il Riparo è ubicato nella Val Ponci a circa 200 m s.l.m..Alcuni muri a secco di recente costruzione hanno disturbato la sequenza stratigrafica preistorica. In base ai reperti rinvenuti, si può' affermare che vi fu una intensa frequentazione durante il Neolitico antico e medio, corrispondente alla diffusione della Ceramica Impressa e del Vaso a Bocca Quadrata. Il tipo di impiego doveva essere collegato all'allevamento degli animali. I livelli più alti sono datati al radiocarbonio a circa 5540 anni da oggi. I livelli del Neolitico medio a circa 5810 da oggi.

 

 

 Balzi Rossi (Grimaldi di Ventimiglia, Imperia)

 

 

All’estremità della riviera ligure di ponente, a pochi passi dal confine francese (valico Ponte San Ludovico), si aprono sul versante a strapiombo sul mare del Monte Bellinda gli ingressi del complesso delle caverne dei Balzi Rossi. Il nome della località deriva dal colore delle pareti di calcare che, a causa della presenza di minerali di ferro ossidati, appaiono rossastre. (Baussi Rossi nel dialetto di Mentone). Il complesso é composto da numerose grotte e ripari. A più riprese é stato luogo di abitazione e frequentazione da parte dei nostri antenati e oggi rappresenta uno dei maggiori siti in Europa con testimonianze preistoriche. I singoli siti sono così definiti: Grotta dei Fanciulli, Riparo Lorenzi, Grotta di Florestano, Grotta del Caviglione, Barma Grande, Barma del Bauso da Ture (oggi distrutta), Grotta del Principe, Grotta Gerbai, Grotta Costantini, Riparo Mochi, Riparo Bombrini, Cavernette della Cava, Grotta Voronov, Grotta Grimaldi, sito dell’ex-casinò, sito dell’ex-birreria.Le prime ricerche sono dovute, negli anni 1846-57, al principe di Monaco Florestano I. In epoche più recenti, tra il 1928 e il 1959, furono eseguiti scavi regolari da A.C. Blanc, L. Cardini e A. Mochi, per conto dell’Istituto Italiano di Paletnologia Umana.

Questo complesso di depositi ha restituito una grande quantità di resti di enorme importanza preistorica. Qui l’uomo fu presente dal Paleolitico Inferiore, a partire dal periodo interglaciale definito “Mindel-Riss” (da circa 350.000 a 300.000 anni da oggi), a tutto il Paleolitico Superiore (da 35.000 a 10.000 anni da oggi). A questo ultimo periodo appartengono la maggior parte di quei rinvenimenti che hanno reso famose queste caverne. Si tratta del ritrovamento di numerose sepolture, di sculture in pietra, di pitture parietali, oltre a numerosi oggetti che accompagnavano la vita quotidiana, come gli strumenti in pietra scheggiata (industria litica). Nella Grotta dei Fanciulli sono state scoperte due sepolture doppie e due singole.Una è quella detta “dei Negroidi”, contenente un’adolescente di circa 15-17 anni con una acconciatura sul capo costituita da quattro file di conchiglie marine (Nassa Neritea) forate, e una donna anziana con due braccialetti dello stesso tipo di conchiglie. Entrambi erano in posizione rannicchiata, con la testa protetta da una serie di pietre disposte a cassetta, riempita interamente di ocra rossa. Si trattava di individui di bassa statura con dentatura vistosa e tipica delle razze negroidi (da qui il nome). Queste popolazioni vivevano in Italia durante una fase climatica subtropicale calda e umida. L’altra sepoltura doppia si trovava dislocata in una differente zona della grotta. Si tratta di due bambini distesi sul dorso (da questi deriva il nome della grotta). Assieme ad essi si sono ritrovate circa 1000 conchiglie di Nassa Neritea forate ubicate nella parte al di sopra del bacino e all’estremità superiore dei femori.

Si trattava probabilmente di perizomi decorati da conchiglie, la cui parte deperibile è naturalmente oggi scomparsa. Le due sepolture singole contenevano una, il corpo di un uomo in posizione allungata, di alta statura, con ornamenti di conchiglie forate sulla testa e sul collo, l’altra , molto danneggiata, il corpo di una donna. Il livello stratigrafico in cui si trovava quest’ultima é stato datato con il metodo del Carbonio 14 a circa 12.200 anni da oggi. Nella cavità della Barma Grande sono stati rinvenuti sei individui, uno dei quali carbonizzato e tre riuniti in una sola fossa.

Questa triplice sepoltura venne scoperta nel 1892 ed é attualmente esposta nel Museo dei Balzi Rossi. Conteneva i resti di un maschio adulto e di due adolescenti. I tre individui furono deposti l’uno a fianco all’altro, cosparsi di ocra rossa. Il corredo era composto di conchiglie forate, vertebre di pesce, canini di cervo, pendagli in osso lavorato, lame di selce molto lunghe. Da questa stessa grotta dovrebbero provenire inoltre una quindicina di statuette di piccole dimensioni (la più grande é di 7 cm), scolpite tutte in steatite, esclusa una in osso. Le caratteristiche sono quelle tipiche delle cosiddette “Veneri paleolitiche” che si ritrovano contemporaneamente in tutta Europa: testa priva di lineamenti, braccia appena accennate, masse adipose sviluppate con seni, ventre e glutei molto in evidenza. Purtroppo se ne ignora la posizione stratigrafica, e quindi l’esatta datazione, poiché i livelli del Paleolitico Superiore della Barma Grande furono scavati tra il 1858 e il 1894, con tecniche rudimentali, senza continuità, lasciando purtroppo una documentazione assai scarsa e disperdendo i materiali tra collezioni private e musei di tutto il mondo. Nella Grotta del Caviglione, oltre ai resti di un individuo, fu scoperta a circa 7 m di altezza dal livello attuale, un cavallo inciso sulla parete. Dalla Grotta del Principe, la più grande tra quelle esplorate ai Balzi Rossi, proviene il più antico resto scheletrico umano di tutto il complesso. Si tratta di un frammento di osso iliaco destro appartenente ad un anteneandertaliano. Due stalagmiti che provengono dallo stesso strato sono state datate a circa 210.000 anni da oggi. Un esame effettuato direttamente sull’osso ha restituito un’età di 230.000 anni da oggi. Da questi stessi strati provengono anche molti strumenti in osso, selce conchiglie, ma anche resti di ossa di animali che testimoniano in alternanza sia clima caldo (rinoceronte, bue), che freddo (orso, marmotta). Molti di questi materiali sono oggi conservati nello stesso museo dei Balzi Rossi , costruito nel 1898 in seguito alle prime grandi scoperte.

Nel 1994 fu ampliato e rinnovato nell’allestimento. Un percorso conduce dalle sale del museo direttamente alla zona archeologica.

 
 
 
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