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L'AMICA DELLE MOGLI Oggi, 19 maggio 2011, si è svolta la prima parte della conferenza del professor Franco Ferro, che, dopo una chiara ed esauriente introduzione, ci ha proposto il primo atto e parte del secondo atto dell'intenso dramma in tre atti di Luigi Pirandello, "L'amica delle mogli". Domani vedremo la seconda parte del secondo atto e il terzo.
PERSONAGGI Marta, l’amica delle mogli
Commedia tratta dall'omonima novella del 1894, composta nell'estate del 1926. Sicuramente la meno rappresentata in assoluto del drammaturgo, fu messa in scena per la prima volta al Teatro Argentina di Roma il 28 aprile 1926 dalla Compagnia Pirandello con Marta Abba protagonista cui Pirandello dedicò la commedia. Un testo estremamente attuale, che porta in primo piano l'analisi spietata di un gruppo di borghesi, mariti e mogli, dietro la cui apparente tranquillità si intravede uno scenario devastante, una forma felice pronta ad esplodere in un dramma di inusitata crudezza. Tutto nasce dall'insana passione e gelosia di Venzi per Marta, passione che lo rende pronto anche ad uccidere un rivale immaginario. Marta, l'amica delle mogli, figura misteriosa che domina il gruppo, dietro un aspetto perbenista, svela una natura ferocemente ambigua, ignara e complice, destinata ad alimentare un dramma che si aggroviglia sempre di più, in un coacervo di sentimenti inespressi e malsopiti desideri. In realtà, ciò che qui si racconta, è la vicenda di vite già per metà vissute, in cui le possibilità di riscatto si riducono e le scelte si presentano come il risultato definitivo di un'esperienza logorante che, negli anni, ha finito con l'accumulare rancori e veleni fino al delirio. Un'umanità inasprita dall'impotenza dell'essere, che genera mostri di ambiguità e situazioni perturbanti. Vuole apparire normale e moderna, mentre al suo interno si annidano pulsioni primitive che squarciano difese e schermi, mettendo a nudo situazioni pericolose in una consunzione di vite segnate dalle illusioni perdute e da un'esistenza sprecata in un mondo di brillantina e bretelle, denti d'oro e nicotina. Il sentimento aleggiante di catastrofe imminente rimanda ai timori e alle tensioni perverse di un vecchio film "noir" in bianco e nero: il vortice di un thriller che coglie i suoi interpreti nell'atto di un'occasione cruciale che la vita e il teatro hanno preparato per loro. È certo il dramma della gelosia, «di una gelosia pazzesca e furibonda», come parve a M. Praga, ma è soprattutto il dramma grigio di esistenze monche e irrealizzate, dove tutti i personaggi, non solo Francesco Venzi, appaiono sconfitti. La stessa Marta, strana creatura tra innocente e sottilmente perversa, della perversione più pericolosa, quella psicologica, non sa neanche lei dove termini la sua disponibilità altruistica e dove cominci, invece, il desiderio di affermazione tramite l’imposizione surrettizia alle amiche dei suoi comportamenti, dei suoi gusti e delle sue scelte. Alla fine del dramma, Marta rimane in questa ambiguità, in questo ambivalente limbo e si chiude in una desolata sterilità, in una completa e ormai fatale solitudine: «Lasciatemi sola! voglio restar sola! ‑ Sola, ‑ sola, ‑ sola! ‑».
Alla vigilia degli ultimi dieci anni della sua vita, Luigi Pirandello scrisse, per Marta Abba, la commedia «L'amica delle mogli». Il titolo, che suona molièriano, è indicativo: si tratta di un dramma dalla narrazione e dal ritmo complessi, con articolati concertati e colpi di scena che rimandano a linguaggi altri, da quello musicale a quello cinematografico fino a quello letterario. La pièce, datata 1926, riprende una novella del 1894, che funge però da prologo alla vicenda narrata nella drammaturgia: la protagonista, Marta (il nome nel testo narrativo era differente, e viene mutato nel copione teatrale proprio in omaggio alla Abba) è qui ritratta nel rapporto con le coppie di amici del cui matrimonio si prende cura. Una cura così perfetta da sconfinare nella morbosità, e da svolgere una pericolosa attrazione sui mariti delle amiche. Un ménage che da innocente vaudeville vira verso la tragedia. Tragedia dell'intelletto, certo, ma tragedia anche dell'azione: morti, omicidii e un rapido scivolamento nell'incubo. Forse tutta questa vastità - che dà al testo una discontinuità mirabilmente contenuta dalla messinscena - ha spiazzato negli anni i critici, che hanno scelto di archiviare «L'amica delle mogli» tra le opere meno riuscite e meno pirandelliane dell'autore. È un testo estremamente attuale, che porta in primo piano l’analisi spietata di un gruppo di borghesi, mariti e mogli, dietro la cui apparente tranquillità si intravede uno scenario devastante, una forma felice pronta ad esplodere in un dramma di insolita crudezza. La commedia inizia chiara e festosa coi preparativi per una festa di nozze e l´attesa dell´arrivo dei due sposi, Fausto ed Elena. Marta, l´amica delle mogli, ha organizzato tutto. Marta è una discreta e riservata creatura, che non si è mai sposata; ha avuto però una parte predominante nel matrimonio delle sue amiche, perché ne è diventata la preziosa consigliera, inducendole a pensare e ad agire come lei. Ma questa è destinata ad alimentare un dramma che si aggroviglia sempre di più, in un coacervo di sentimenti inespressi e malsopiti desideri. Francesco Venzi, marito di Anna, nutre per lei un´insana passione. Si ammala gravemente Elena, la moglie del suo amico Fausto, e muore, circondata dalle cure di Marta. Francesco, non potendo sopportare l´idea che l´amico Fausto, ormai libero, possa sposare Marta, lo uccide. Dove termina la disponibilità altruistica di Marta, strana creatura tra innocente e sottilmente perversa, e dove comincia, invece, il desiderio di qualcosa di profondamente misterioso? È certo il dramma della gelosia, «di una gelosia pazzesca e furibonda», ma, in realtà, ciò che qui si racconta, è la vicenda di vite già per metà vissute, in cui le possibilità di riscatto si riducono e le scelte sono il risultato definitivo di un’esperienza logorante che, negli anni, ha finito con l’accumulare rancori e veleni fino al delirio. Un’umanità inasprita dall’impotenza dell’essere, che genera mostri di ambiguità e situazioni sconvolgenti. Disgustato forse di sentirsi dar sempre del cerebrale, Luigi Pirandello ha scritto, con "L'amica delle mogli", un dramma essenzialmente passionale, ottenendo, finalmente, dai cronisti teatrali la lode di umanità, poichè, a quanto sembra, per quella brava gente l'uomo è uomo sopratutto quando lascia il cervello in soffitta. Dramma, dunque, essenzialmente passionale, e perciò poco o punto pirandelliano.
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