Creato da ninolutec il 19/03/2011
Libera Università della Terza Età Carbonia (CI) - Notizie associative e varia umanità - Un contenitore culturale di iniziative, laboratori, incontri sulla letteratura, la narrativa, la poesia, il cinema, la storia,.
 

 

La pubblicità: luci e ombre nel sistema dei media

Post n°164 pubblicato il 30 Marzo 2012 da ninolutec
 

1. Premessa. La pubblicità tra luci e ombre
La pubblicità ha assunto una posizione di centralità nel sistema dei media, dovuta agli spazi
crescenti che occupano i suoi messaggi, palesi e occulti, e (quindi) agli effetti particolari, diretti e indiretti, che ne derivano. Si tratta di un fenomeno controverso, oggetto di critiche, anche radicali, ma non privo di estimatori:"La pubblicità è il fiore della vita contemporanea; è un'affermazione di ottimismo e di gioia; distrae l'occhio e l'animo. E' la più calorosa manifestazione della vitalità degli uomini d'oggi,  della loro forza, della loro puerilità, della loro inventiva e della loro fantasia, è il più bel risultato della loro volontà di modernizzare il mondo in tutti i suoi aspetti e in tutti i campi...".E' una definizione di Voc Maximilien, definito "lirico delle arti grafiche". La frase è talvolta attribuita erroneamente al poeta Blaise Cendrars, al quale si deve, invece, quest'altra affermazione elogiativa: "Ciò che caratterizza l'insieme della pubblicità mondiale è il suo lirismo. E qui la pubblicità raggiunge la poesia".1 Si tratta, peraltro, di personaggi nati più di un secolo fa.
Stranamente, un'altra ondata di luce proviene dalle parole di un noto studioso considerato ostile alla pubblicità, Vance Packard, autore del celebre "I persuasori occulti":
"La pubblicità non soltanto dà un contributo vitale allo sviluppo della nostra economia, ma
costituisce un aspetto colorito, allegro della vita americana; e molte creazioni dei disegnatori e dei tecnici pubblicitari sono una prova del gusto e dell'onestà professionale dei loro autori" . E' naturalmente positiva, e senza riserve, la definizione che della pubblicità dà lo stesso mondo pubblicitario nell'indicare le finalità del proprio Codice di autodisciplina: "Il Codice di Autodisciplina Pubblicitaria ha lo scopo di assicurare che la pubblicità, nello svolgimento del suo ruolo particolarmente utile nel processo economico, venga realizzata come servizio per il pubblico, con speciale riguardo alla sua influenza sul consumatore".
Se passiamo ai giudizi negativi ne troviamo la sintesi in questa affermazione di Ronald Berman (in Pubblicità e cambiamento sociale, Angeli, Milano 1995, p. 91), "La pubblicità è l'aspetto della cultura di massa più vituperato".
A sua volta, un vecchio (e anonimo) art director ha definito la pubblicità "Un male assolutamente necessario". La citazione è tratta dal classico testo di Leo Bogart, eminente esperto statunitense di strategia pubblicitaria.

1.1. La pubblicità. Definizione. Caratteristiche. Teorie o modelli. Efficacia. Effetti

Stiamo parlando della pubblicità commerciale, cioè di una forma particolare di comunicazione che tende a influire su atteggiamenti e comportamenti relativi all'acquisto e al consumo di beni e all'utilizzazione di servizi. Quindi tipicamente persuasiva.
Essa costituisce uno strumento indispensabile per le imprese, alle quali consente di entrare in rapporto con i loro naturali interlocutori, i cosiddetti "consumatori". Si tratta di vedere in che modo venga gestito tale rapporto e di valutarne gli effetti, tutti gli effetti, non solo economici, sia voluti sia involontari, e considerando quindi tutti gli interessi in gioco.
In realtà, la forte intensità persuasiva conferiscono alla pubblicità una radicale parzialità, un'alta competitività, una tendenziale aggressività, una naturale vocazione pervasiva e intrusiva. Avete già avuto modo di riflettere sul linguaggio della pubblicità, sui suoi aspetti retorici, cioè persuasivi in termini espressivi. Ma la pubblicità si caratterizza fortemente, oltre che per le forme e i contenuti dei suoi messaggi (brevità, parzialità, unilateralità, spettacolarità, sintesi, enfasi: tutto ciò che "si dice" e "come lo si dice"), anche per le loro modalità diffusive (ripetitività, pervasività, intrusività: "dove e quando lo si dice") che chiamano in causa in modo del tutto particolare i mass media, che della pubblicità sono i canali principali. Sul piano diffusivo, poi, si deve ammettere che oggi si tratta, quasi sempre, di una forma di comunicazione sostanzialmente imposta. Ciò vale, soprattutto, per la pubblicità televisiva e radiofonica, per quella esterna (affissioni e forme affini) e per quella informatica. Questo aspetto della pubblicità - la sua tendenza all'imposizione - costituisce u punto di riferimento fondamentale per ogni considerazione relativa alla sua presenza e ai suoi effetti, voluti e più o meno involontari. In altre parole, è importante distinguere tra messaggi ai quali si accede spontaneamente, liberamente, e messaggi che si ricevono mediante imposizione. Quando la pubblicità funziona, si parla di efficacia. A questo risultato la pubblicità tende con un naturale impeto persuasivo, che le deriva dall'essere strumento di concorrenza, che la porta a seguire prevalentemente la strada dell'emotività più che della razionalità. Il più noto pubblicitario oggi in circolazione, il francese Jacques Séguéla, ha addirittura formulato la teoria della "Star Strategy": il prodotto deve essere proposto come una star - sulla falsariga del meccanismo cinematografico dello "Star System" - e trattato quindi nella comunicazione in modo da far sognare il consumatore. E' una teoria che porta alle estreme conseguenze la constatazione che, di fronte ad un mercato di prodotti sempre più indifferenziati, anche nei prezzi, occorre puntare su "valori aggiunti", su "immagini" artificiosamente create per spingere il consumatore all'acquisto e al consumo.
Si parla ormai di certi marchi come di "lovemark" perché creano legami emotivi destinati a "creare fedeltà" nel tempo. Ecco perché la parola amore è stata saccheggiata dalla pubblicità per un'infinità di prodotti: banalizzata, impoverita, resa ambigua. Del resto la pubblicità, deve fare ricorso, per farsi comprendere, a elementi di riconoscibilità e familiarità (contestualità culturale), mentre per conquistare attenzione e suscitare interesse tende a sfruttare elementi espressivi e tematiche sensibili (originalità, fino alla trasgressione, parassitarietà). Ma finisce per banalizzare e svilire il tutto - dalla lingua ai valori personali, sociali, culturali, alla stessa capacità informativa - con la ripetizione continua, pedissequa, spesso ossessiva dei messaggi.
La via dell'emozione prevale, comunque, su quella della razionalità. Assecondata dal
condizionamento esercitato dalla ripetizione, a volte ossessiva. Spesso la pubblicità, che ostenta allegria, lusso, opulenza, viene collocata accanto a parole e immagini che raccontano sofferenze, miserie, tragedie individuali e collettive. Senza rispetto, senza pietà.
Anche dall'interno dello stesso mondo professionale giungono giudizi critici. Ex pubblicitari, come Frédéric Beigbeder, hanno scritto parole durissime contro la pubblicità ed ex pubblicitari hanno dato vita, in Francia e in America, a movimenti di contestazione della pubblicità. In particolare, il Gruppo MARCUSE (acronimo per Movimento Autonomo di Riflessione Critica a Uso dei Sopravvissuti dell'Economia) esprime una condanna radicale e spietata degli aspetti deteriori della pubblicità, negandole sostanzialmente ogni spazio di legittimità. Al di là del quadro apocalittico disegnato dai contestatori radicali, il fenomeno pubblicitario richiede una considerazione attenta non solo delle forme e dei contenuti dei suoi messaggi, ma anche delle loro modalità diffusive e dei loro canali che chiamano in causa in modo del tutto particolare i mass media (e i new media).

 
 
 

EVENTI - L'Accademia Internazionale di Musica di Cagliari a Parigi con L'Unesco

Post n°163 pubblicato il 28 Marzo 2012 da ninolutec

 

 

 

Il 12 aprile a Parigi si rinnova l'appuntamento all'UNESCO con "La Sardaigne, la Musique, au coeur de la Méditerranée".

Immancabile vetrina parigina per l'Accademia Internazionale di Musica di Cagliari:
giovedì 12 aprile la sede dell'UNESCO accoglie per il quinto anno consecutivo l'evento di gala ideato per annunciare ogni nuova edizione dei corsi di alto perfezionamento che si tengono tra fine agosto e i primi di settembre nel capoluogo sardo per l'organizzazione dell'associazione Sardegna in Musica. Un'iniziativa che è riuscita a ritagliarsi uno spazio di riguardo nel panorama della didattica musicale e capace di richiamare a Cagliari decine e decine di giovani allievi (129 nella scorsa edizione, di diciannove nazionalità diverse).

La formula dell'appuntamento all'ombra della torre Eiffel è quella ben collaudatanel corso degli anni: tiene banco il concerto in programma a partire dalle 19 nella grande Salle 1 della Maison dell'UNESCO (in grado di accogliere 1.600 spettatori circa). Al centro dei riflettori alcuni dei musicisti che compongono il corpo docente dei corsi cagliaritani. Fra questi, il chitarrista Cristian Marcia, fondatore (insieme al fratello Gianluca, che ne è il presidente) e direttore artistico dell'Accademia Internazionale di Musica di Cagliari, cui spetterà anche il compito di presentare i dettagli della prossima edizione, la dodicesima, che si terrà dal 29 agosto al 6 settembre. Madrina della serata, ancora una volta, Caterina Murino, l'attrice cagliaritana che da tempo ha eletto la Francia come sua seconda casa.

Ma, come sempre, l'anteprima nella capitale francesevuole essere anche un'occasione per promuovere l'immagine della Sardegna e del suo capoluogo in un contesto cosmopolita come l'UNESCO, massima istituzione mondiale in materia di tutela e valorizzazione della cultura. "La Sardaigne, la Musique, au coeur de la Méditerranée" - questo il titolo della manifestazione parigina - prevede dunque anche stavolta incontri istituzionali e momenti di promozione dell'isola e del suo patrimonio di tradizioni, natura e cultura.

Allestita con il contributodella Regione Autonoma della Sardegna (Presidenza della Giunta, Presidenza del Consiglio, Assessorato del Turismo, Artigianato e Commercio e Assessorato dell'Agricoltura e Riforma Agro-pastorale) e del Comune di Cagliari (Assessorato al Turismo e Assessorato alla Cultura), con il patrocinio della Rappresentanza Permanente d'Italia presso l'UNESCO, la quinta edizione di "La Sardaigne, la Musique, au coeur de la Méditerranée" è stata presentata alla stampa mercoledì 21 marzo a Cagliari nella sala Conferenze dell'Assessorato del Turismo, Artigianato e Commercio della Regione Autonoma della Sardegna (viale Trieste, 105 - sesto piano).

 

 

 

 
 
 

Mi piace pensare al futuro. Scopri le novità per l'anno accademico 2011-2012

Post n°162 pubblicato il 27 Marzo 2012 da ninolutec
 

 

 

 

 

Sì, perchè negarlo! Mi piace pensare e parlare di futuro. Alla mia età, sono da considerarmi ormai vecchio, nonostante tutto io del tuturo ho un grande bisogno e pensarci mi gratifica più di quanto mi gratificherebbe pensare al presente. Ma poi, perchè dovrei pensarci al presente? Il presente è fatto di cose avvenute da poco o che dovranno avvenire fra poco, ma tutto è già stato programmato e, soprattutto, con scadenze molto ravvicinate viene a mancare il sapore intenso dell'attesa.

Pensiamo al futuro, dunque e, soprattutto, parliamo di futuro. Questo "parliamo", naturalmente è pletorico, ma che io mi debba parlare addosso da solo, senza la possibilità di avere degli interlocutori, questo è ormai un dato acquisito e non ci faccio più caso. Parliamo di futuro, dunque, e non sembri che io lo stia facendo con troppo anticipo. Fra due mesi il calendario di quest'anno andrà in vacanza e anche noi ce ne andremo tutti a festeggiare l'estate.  E perchè ricominciare a programmare il nuovo calendario solo in autunno? Le idee, per nascere e per "maturare" hanno bisogno di tempo e certe persone che vorremmo avere come nostre compagne di viaggio nel nuovo anno sociale non è possibile coinvolgerle parlando con loro solo all’ultimo  momento. Spesso si tratta di persone importanti che hanno tanti impegni e che, per potersi rendere disponibili, richiedono un anticipo anche di tre mesi. Ecco perché ho iniziato ad occuparmene già da qualche tempo.

Parliamo dell'inaugurazione dell'anno accademico. Come l'abbiamo sempre fatta va benissimo, ma a questo mondo non c'è niente che non possa essere fatto ancora meglio. E, proprio per cercare di migliorare le cose, io ho proposto agli amici del direttivo di pensare ad una inaugurazione solenne, da farsi nell'Auditorium della Grande Miniera di Serbariu, alla presenza delle autorità religiose e civili e dei rappresentanti delle altre associazioni cittadine. La cerimonia si aprirebbe con una esibizione del nostro coro, seguita dalla prolusione di una personalità di rilievo del mondo scientifico o culturale. Potrei, ad esempio, pregare il prof. Giovanni Biggio di occuparsene. Il professor Giovanni Biggio è Professore Ordinario di farmacologia presso l’Università degli Studi di Cagliari, Presidente della Società Italiana di Neuropsicofarmacologia,  Membro
dell’ America College of Neuropsychopharmacology, Componente Consiglio Superiore Sanità, Vice Presidente di Sardegna Ricerche. Un’autorità in campo nazionale e mondiale. Dovremmo sentirci onorati di questa presenza, oppure ci dovremmo infastidire perché non abbiamo pensato di coinvolgere uno del posto? Non penso proprio. Non penso che noi dobbiamo esercitare una prova così gretta del più retrivo provincialismo. A Carbonia e nel nostro hinterland abbiamo figure importanti e autorevoli che saranno sempre presenti nel calendario della LUTEC, ma penso che sia fuori di ogni ragionevole dubbio che cercare, e ottenere, la collaborazione di insigni esponenti del mondo universitario rappresenti per la nostra Associazione un titolo di merito, un grande onore e anche un grande riconoscimento dell’importanza del nostro lavoro, perché certi personaggi non sono pronti a collaborare con il primo che li chiama.

Un docente universitario che accetti di fare  la prolusione al nostro anno accademico mi sembra una cosa bellissima, che può solo arricchire ciascuno di noi e dare una grandissima visibilità alla nostra associazione. Fra l’altro il professor Biggio si è già occupato della prolusione per l’apertura dell’anno accademico 2009-2010 dell’Ateneo cagliaritano.

L’incontro si completerebbe con gli interventi di rito da parte del Presidente della LUTEC e delle autorità presenti e con la presentazione di alcuni momenti di spettacolo (esecuzioni strumentali, canti, testi recitati).

A questo proposito mi sono preoccupato di proporre alla maestra Angelina Figus la preparazione del brano "De brevitate vitæ", noto maggiormente come "Gaudeamus igitur" o anche solo "Gaudeamus",  che è riconosciuto come l’inno internazionale della goliardia, che apre, solitamente, l’inaugurazione dell’anno universitario in ogni Ateneo, e che è stato adottato ufficialmente in Italia in occasione dei Saecularia Octava (Bologna 1888). 

Nel 1872 il Professor Gustav Schwetscke pubblicò ad Halle (Sassonia) un opuscolo ove riportò i canti, che imitati e trasformati nei secoli, originarono il testo odierno. Il primo, considerato il progenitore, è tratto da un manoscritto tedesco del XVI secolo e fu scritto in ischerno al matrimonio di Lutero. A sua volta esso era una parafrasi dell'inno del giorno di S.Martino, scritto da Antonio Urceo, detto Codro, nativo di Rubera, Professore di Lettere latine e greche nello Studio di Bologna nella seconda metà del `400. 

La musica, altrettanto famosa, anche se risale a tempi medioevali ha avuto, in epoca più recente, un padrino d'eccezione, quando Johannes Brahms ne ha realizzato una stesura orchestrale in occasione della laurea di un amico. L' Academic Festival Overture , op. 80 di breve durata (9'19") si conclude con le battute del Gaudeamus.

 

Il testo qui riportato è quello di Kindleben (1781), di cui oggi circolano diverse varianti ed ampliamenti (nell'Inno della Goliardia Italiana, seconda e terza strofa sono invertite).

Vita nostra brevis est, brevi finietur, [bis]
venit mors velociter,
rapit nos atrociter,
nemini parcetur. [bis]

Vivat academia, vivant professores! [bis]

Vivat membrum quodlibet,
vivant membra quaelibet,
semper sint in flore. [bis]

Vivant omnes virgines faciles, formosae! [bis]
Vivant et mulieres
tenerae, amabiles,
bonae et laboriosae. [bis]

Vivat et respublica et qui illam regit!
[bis]
Vivat nostra civitas,
maecenatum charitas,
quae nos hic protegit. [bis]

Pereat tristitia, pereant osores! [bis]
Pereat diabolus,
quivis antiburschius,
atque irrisores. [bis]

(Strofe apocrife)

Quis confluxus hodie academicorum? [bis]
E longinquo convenerunt,
protinusque successerunt
in commune forum. [bis]

Alma Mater floreat quae nos educavit [bis]
caros et commilitones,
Dissitas in regiones
sparsos congregavit.
[bis]

Traduzione

Godiamo dunque, finché siamo giovani.
Dopo l'allegra gioventù
,
dopo la scomoda vecchiaia
ci riceverà la terra!

Dove sono quelli che prima di noi furono nel mondo
?
Andate verso i cieli
passate per gli inferi
dove ora stanno.

La nostra vita
è breve, in breve finirà
arriva la morte
in un lampo
ci strappa crudelmente
non risparmierà nessuno.

Evviva l'accademia, evviva i professori!
Viva qualunque membro,
viva tutti i membri,
siano sempre in pieno vigore.

Viva tutte le ragazze, disponibili, attraenti!
viva anche le donne
tenere, amabili,
buone, laboriose.

Viva anche lo Stato e chi lo governa
viva la nostra civiltà
la generosità dei mecenati
che qui ci protegge

Alla malora la tristezza, alla malora chi ci odia!
alla malora il diavolo
chiunque sia contro gli studenti [è un termine inventato]
ed i denigratori

Che riunione di accademici c'è oggi?
Da lontano sono convenuti
e in breve si sono riuniti
in comune assemblea.

Evviva l'Alma Mater che ci educò
alla stima e alla collaborazione
sparsi in regioni
remote, ci riunì.

 

 
 
 

LIBRI

Post n°161 pubblicato il 26 Marzo 2012 da ninolutec
 
Tag: Libri

 

Il romanzo d'amore più
votato su Facebook

LEGGILO QUI

 

 

 
 
 

Gita a Funtana Raminosa, Sadali e Orgosolo

Post n°160 pubblicato il 23 Marzo 2012 da ninolutec
 
Tag: Gite

 

Gadoni (Nu)

 

 

La miniera di Funtana Raminosa è situata nel Comune di Gadoni (Sardegna centrale) in posizione intermedia tra la Barbagia di Belvì e quella di Seulo.     Il patrimonio archeo-industriale presente in questa miniera, rappresenta oggi uno dei massimi esempi di recupero e valorizzazione di strutture minerarie per scopi turistici-culturali.

Gli impianti minerari, risalenti agli inizi del '900, sono stati costruiti sulla sponda sinistra del Rio Saraxinus, a circa 2 Km dalla confluenza col Flumendosa, mentre sulla stessa sponda, a qualche centinaio di metri verso valle, sono ubicati i cantieri minerari più antichi che siano stati coltivati a livello industriale durante la prima metà del secolo scorso.

La coltivazione più antica dei minerali di rame risale probabilmente all'età del bronzo; infatti già verso la fine dell'ottocento si scoprirono i segni di un'antica attività estrattiva, databile sulla base dei reperti ritrovati, all'epoca nuragica.

I giacimenti cupriferi sono stati sicuramente interessati da attività estrattive anche in epoche successive (700 d.C.), lo stesso nome del torrente che attraversa la miniera, il Rio Saraxinus, è sicuramente una testimonianza che anche i Saraceni erano interessati all'estrazione dei metalli locali.

L'attività mineraria ha lasciato profondi segni della passata attività, quali discariche, scavi, imbocchi di gallerie, che assieme alle diverse strutture impiantistiche costituiscono un patrimonio di alto pregio storico e industriale che si fonde nell'ambiente naturale circostante e che ne rafforza la singolarità e la suggestività.

Allo stato attuale il processo di recupero e valorizzazione delle strutture minerarie consente di riscoprire l'intero patrimonio impiantistico e di addentrarsi nelle antiche gallerie che conservano ancora oggi il fascino della passata attività, dove si potranno ammirare le macchine sapientemente restaurate che rievocao i tempi passati.

Infine la natura stessa, col suo verde dominante e la presenza dell'acqua nelle sue varie forme, è protagonista principale dell'intero paesaggio che contribuisce pienamente al recupero di un ambiente minerario e naturalistico ineguagliabile.

 Sadali

Sadali (Sàdili, in sardo)  è un piccolo paese di 928 abitanti,  nella provincia di Cagliari. Il paese  appartiene alla Barbagia di Seulo, e si trova nella parte centrale della Sardegna. Situato a circa 750 metri d’altitudine,  Sadali ha un territorio caratteristico per la varietà del paesaggio, in cui si possono notare sia splendide zone montuose che vasti altopiani. Il centro abitato presenta, al contrario dei tipici paesi di montagna, ampie strade con viali alberati, le cui dimensioni diminuiscono man mano che ci si dirige verso il centro storico, che conserva ancora la fisionomia dei tempi antichi.

La meraviglia, per chi arriva da queste parti, è girare a piedi tra i vicoletti del centro storico. Particolare è la passeggiata di “Sa melixedda”, che congiunge via Roma a Piazza Municipio. Qui si erge la chiesa di San Valentino, il cui impianto originario risale alla fine del IX secolo. Splendido è il percorso che da Piazza Eleonora d’Arborea, costeggiando i verdi terrazzamenti coltivati, porta, passando per un ponticello, a Pratteri e poi a via Fontane. La chiesa parrocchiale è dedicata a San Valentino, santo degli innamorati e,unico caso dell’isola (e rarità in italia), patrono del paese. San Valentino è considerato, dai paesani e dai forestieri, un santo “coiadori” e cioè propiziatore di matrimoni. È per questo che tanta gente, sin da tempi remoti, si recava a Sadali per domandare a San Valentino la grazia di trovare un ‘buon partito’.

Proseguendo nella nostra passeggiata si sale “Su scaloni”, un acciottolato che sbuca sotto via Sant’Elena, e che porta fin quasi alla chiesa dedicata alla Santa. L’edificio, risalente al mille, è in pietra con un tetto di canne e tegole posato su assi lignee. Esiste anche una chiesa campestre, Santa Maria, la più antica, dato che in prima pianta risale al VI secolo. La sua festa è celebrata a giugno, quando la santa è accompagnata in processione per dodici chilometri, rigorosamente a piedi, fino al santuario. Il segno distintivo del borgo è l’acqua. Un detto definisce i Sadalesi “abbaus”. Nel centro storico sgorgano infatti “Funtana ‘e pauli”, “Funtana manna”, “Donnaiola”, “Gutturu ‘e canali”, “Funtanedda”, “Santu Valentinu”, “Sa cora”, “Tziu Umbertu”, “Mesu ‘idda”, “Fundusei”.

Gran parte di queste fonti confluiscono in una cascata alta sette metri, che alimenta un mulino in pietra del seicento, epoca in cui nel paese erano presenti parecchi mulini. L’acqua costeggia le case e, riunendosi a quella del rio Fundusei, precipita nella voragine di “Sa ‘ucca manna”, la Grande Bocca. Fuoriesce più a valle, in un’altra apertura della roccia, e alimenta S’Errixeddu, affluente del Rio Sadali, a sua volta immissario del lago del Flumendosa. “Is coras”, le gore d’irrigazione, distribuiscono l’acqua agli orti che cingono l’abitato. Come ciascuna famiglia possiede l’orto, così possiede la vigna. E poter varcare la soglia di una cantina locale, che qui è detta “su basciu”, è un’occasione da non perdere. Il vino, infatti, è ottimo.
 A Sadali la gente parla spesso il sardo. Sa limba è vita dei luoghi, e ne racconta la storia. I toponimi svelano i segreti della campagna, ed ecco “Sa perda ‘e su stori”, cioè la roccia del falco, “Niu abbila”, il nido dell’aquila, “Accodulassu”, la pietraia, “Su fossu ‘e predi Giorgiu”, la voragine di prete Giorgio, “Bau ‘e proccus”, il guado dei porci, “Cuccuru ‘e nuxedda”, il cocuzzolo delle nocciole. La cultura del luogo ruota intorno all’attività agropastorale. Qui l’allevamento, oltre che un lavoro, rappresenta anche una forma di integrazione economica. E nelle aie delle vecchie case in pietra, spesso cinte dal pergolato dove si arrampica la vite, è uso comune allevare galline, conigli e caprette.
La cucina è quella dei piatti “poveri”. Spiccano i “Culurgionis”  (fatti con patate lesse, formaggio in salamoia o casu ’e fita, menta, aglio, pecorino, e conditi con olio d’oliva invece del più tradizionale strutto. L’impasto viene inserito in sfoglie di pasta fatta di farina, acqua e sale, e chiusi con la caratteristica spighìta). Sono il fiore all’occhiello del paese. Tra i piatti tipici anche la pecora e il maialetto cucinati in mille modi, la treccia, la tratalia, i sanguinacci, le coccoette di patate e di cipolle, su pani indorau (fatto con fette di pane “civargiu”, bagnate nel latte e nell’uovo e poi fritte) e pani incasau, e tutti i dolci della tradizione: amaretti, bianchini, pirichittus, pardulas, pabassinas, gattò de mendula, guelfus, pani ‘e saba.
Da non perdere le Grotte de “Is Janas”, cavità carsiche estese 280 metri, che contano oltre undicimila visitatori l’anno. Partendo dalla zona delle grotte, e passando attraverso un sentiero attrezzato, si scende a su Stampu ‘e su Turnu, dove da un ampio foro della roccia l’acqua gelata precipita in una stretta forra per riprendere il suo corso nella gola boscosa.

 

 

 

Orgosolo

 

 

 

 

Orgosolo, il cui nome deriva dal greco orgàs 'terreno fertile e ricco d'acque', è il cuore della Barbagia; posto in una conca ai piedi dell'imponente altopiano calcareo del Supramonte, a 18 km da Nuoro, è immerso in un paesaggio naturale ricco di fascino e di suggestioni, con i suoi paesaggi di rara bellezza che alternano alti dirupi, grotte, canyons scavati dal fiume Cedrino e doline.

Dalla nuda roccia calcarea nasce l'antichissima foresta del Supramonte unica per la sua ricchezza e varietà di lecci, querceti, ginepri, tassi, oltre a una fitta vegetazione a tratti impenetrabile, dove è raro, ma non impossibile incontrare esemplari della fauna sarda come i mufloni, i cinghiali e le aquile reali che dominano con la maestosità dei loro voli. Sempre qui dorme su sorighe 'e padente 'il ghiro', che assieme al topo quercino sono prede degli infallibili artigli dell'astore.

Nelle immediate vicinanze del paese è poi possibile visitare siti archeologici di grande interesse, testimonianze della preistoria e della storia sarda: quelli dei tempi della preistoria e della protostoria sono i più attraenti a causa della loro singolarità, tale da rappresentare un marchio d'identità dell'isola, della sua gente e del suo più remoto vivere civile.

Del periodo neolitico (8.000/3.000 a. C.) si conservano oltre 70 domus de janas 'case delle fate', in realtà tombe preistoriche scavate nella roccia dalle popolazioni che vissero in Sardegna nel neolitico; quelle di Orgosolo hanno un fascino particolare dato dal fatto di essere scavate nella dura roccia granitica e per la loro collocazione in una campagna di incomparabile bellezza.

Oltre alla credenza di una vita ultraterrena compare il culto degli antenati, la cui memoria viene tramandata nei menhir riferibili a quel periodo, costituiti da blocchi monolitici isolati, alti alcuni metri, infissi verticalmente nel terreno.

Più recenti, appartenenti all'età del bronzo, sono i nuraghi, torri cilindriche dotate di uno o due piani comunicanti tra loro mediante una scala a spirale interna, che si pensa potessero servire come punti di difesa e come abitazioni dei capi locali. Hanno affascinato nei secoli i molti viaggiatori che approdarono nell'isola, tra i quali il maestoso nuraghe Mereu costruito con blocchi di calcare che gli conferiscono il caratteristico colore bianco.

Svetta su tutto il territorio circostante e si affaccia sull'impressionante Gola di Gorroppu, uno dei canyon più profondi d'Europa (fino a 400 m). Resti punici e romani testimoniano una frequentazione senza interruzioni, dal neolitico all'epoca romana.


La seta a Orgosolo


Il processo della produzione della seta è sicuramente una delle espressioni più alte dell'artigianato di Orgosolo, sicuramente quella più singolare e affascinante.

Purtroppo quella che un tempo era una attività comune a molte donne, finalizzata principalmente a realizzare " Su Lionzu" il copricapo del caratteristico costume femminile orgolese, è oggi appannaggio solo di qualche famiglia. Fra le giovani è rimasta solo una artigiana, Maria Corda, in grado di eseguire l'intero processo e conservare una tradizione vecchia di secoli e che va dall'allevamneto del baco alla tessitura dei costumi. L'associazione " Lioness Club" di Cagliari ha insignito Maria Corda del Premio Donna Sarda 2009 a riconoscimento del suo prezioso lavoro che trova motivazione più nell'attacamento alla traddizione e all'identità che a convenienze economiche.
La seta prodotta, come detto, viene utilizzata per realizzare "Su Lionzu" costituita da una benda di 1 metro e 1/2, larga 33 cm. La trama- come ama ripetere Maria Corda nel suo laboratorio "Tramas de seda" aperto alle scolaresche e ai turisti, nel centro del paese è colorata con lo zafferano, mentre l'ordito assume il colore naturale della seta orgolese".
Vengono utillizzati centinaia di bozzoli per comporre i fili di seta che costituiscono il filato da cui , con pazienza certosina e perizia soprafina, si produrrà " Su Lionzu ".

 

 

Percorso didattico "Dalla Roccia al gipeto"

 

In seguito all’estinzione del gipeto dalla Sardegna, avvenuta nel supramonte di Orgosolo alla fine degli anni sessanta, Umberto Graziano, ornitologo e tassidermista sassarese, nei primi anni novanta, ha realizzato a proprie spese, il percorso didattico intitolato “dalla roccia al gipeto”.
Frutto di una ricerca nei campi dell’ecologia forestale e della tassidermia, è stato ideato per dare un contributo alla valorizzazione delle risorse naturali e alla reintroduzione del gipeto in Sardegna.
Il percorso, realizzato con diorami, e preparazioni tassidermiche di qualità, consiste nella ricostruzione tridimensionale del Supramonte, dalla genesi della foresta alla catena alimentare, rappresentata dalle diverse specie animali, collocate in un rapporto predatore-preda, fino ad arrivare al gipeto, del quale vengono illustrati le caratteristiche biologiche e il progetto di reintroduzione, in atto sulle Alpi.
Presentata fin dal 1995 in diversi comuni della Sardegna, aperta a tutte le classi di età, l’iniziativa è risultata un valido strumento di informazione ecologica per scolaresche, residenti e turisti; grazie ad essa infatti, molti hanno avuto un primo approccio con il Supramonte, avvicinato, spesso per la prima volta, l’aquila, il grifone, o saputo dell’estinzione del gipeto dalla Sardegna.
“Emozionante”, “molto interessante”, “ utile” “viva il gipeto”, sono le impressioni di oltre trentamila persone (ventimila a Orgosolo) che hanno voluto testimoniare il gradimento, nel registro collocato all’uscita.
Nell’ottobre del 2003, nell’auditorio di Orgosolo, in occasione della presentazione della mostra alle scuole della Provincia di Nuoro, organizzata con l’ASS.FOR: (Associazione dl Corpo Forestale della Sardegna), si inizia a parlare concretamente di reintroduzione del gipeto.
In seguito, nel maggio del 2004, nello stesso auditorio, in occasione della proiezione del documentario di Michel Terrasse, sulla reintroduzione del gipeto sulle Alpi, Umberto Graziano, propone ai tecnici della Provincia presenti all’incontro, un progetto Interreg, in collaborazione con la Corsica, per la reintroduzione del gipeto in Sardegna.
Oggi, il progetto Interreg III A, elaborato dalla Provincia di Nuoro e finanziato dalla Comunità Europea è in fase avanzata; esso prevede una ulteriore sensibilizzazione a carattere locale e regionale, prima dei rilasci in territorio di Orgosolo, previsti per il 2008.
Il percorso didattico “dalla roccia al gipeto “, visitabile ad Orgosolo nei locali dell’auditorio, grazie al progetto Interreg, sarà dotato di cartelli indicatori e pannelli informativi sul progetto; aperto dalla primavera all’autunno, continuerà nel suo contributo informativo, mirato alla valorizzazione del patrimonio naturale e alla reintroduzione del gipeto in Sardegna.

 COSTI

Ingresso a Funtana Raminosa - 6€
Pranzo al ristorante "Su Stori" a Sadali - 25€
Percorso guidato a Sadali "Ecomuseo delle acque" - 2€
Mezza pensione all'Hote "La Capannina" ad Aritzo - 55€
Pranzo ed escursione in fuoristrada Land Rover 7 posti nel Supramonte di Orgosolo, con la  Società Servizi Turistici Cultura e Ambiente S.n.c.
 - 55€

Alternativa ad Orgosolo per partecipanti con problemi di mobilità.

  • Visita agli allevamenti del baco da seta e al laboratorio artigiano della signora Martis Corda, Donna sarda del 2009-3€
  • Visita al percorso guidato" Dalla roccia al gipeto"-3€
  • Pranzo in ristorante - 33€
  • Guida per tutta la mattinata – 70€ (da dividere per il numero di partecipanti)

EXTRA PER TUTTI- DA SUDDIVIDERE PER IL NUMERO DEI PARTECIPANTI

  •  Guida per la visita ai murales - 73€  (Dividendo per 30=2,4€)
  •  Ballo folk con due coppie - 300€ (Dividendo per 30=10€)

TOTALE PARZIALE (Da aggiuhgere gli extra (13€ circa per un'ipotesi di 30 partecipanti)

CON ESCURSIONE IN FUORISTRADA - EURO 143€ (156)

SENZA ESCURSIONE MA CON BACO DA SETA E GIPETO - 127€ (140)

 
 
 

Classicalparco: la grande musica classica al Parco della Musica di Cagliari

Post n°159 pubblicato il 22 Marzo 2012 da ninolutec
 

Ogni settimana dalle 11 alle 12 e dalle 17.30 alle 18.30 diffuse attraverso i 31 altoparlanti dentro e intorno al Parco le registrazioni in cd delle principali composizioni di un grande autore.
Da lunedì 16 maggio 2011 è stata avviata classicalparco, una nuova rassegna di ascolti musicali riservata al Parco della Musica. Ogni settimana vengono diffuse, dalle 11 alle 12 e dalle 17.30 alle 18.30, attraverso i 31 altoparlanti posizionati dentro ed intorno al Parco della Musica, le registrazioni in cd delle principali composizioni di un grande autore della musica classica, al quale viene interamente dedicata la settimana, interpretate dalle migliori orchestre e dai solisti più celebri del panorama internazionale.
In occasione della Stagione lirica e di balletto 2012, sono state già programmate settimane d’ascolto, dedicate a Massenet, Stravinskij, Puccini, Mozart, Verdi, Strauss, Èajkovskij, in concomitanza con le rappresentazioni musicali in corso.
Il Parco della Musicaè aperto tutti i giorni dalle 7.30 alle 23. L'ingresso è libero.
Inaugurato sabato 7 maggio 2011 a Cagliari il Parco della Musica, nuovo polmone verde e culturale del capoluogo della Sardegna, dove prima sorgevano dei parcheggi sterrati ora vi è una vera e propria città della musica. Una grande opera di riqualificazione urbana che ha visto nascere (o prevede) un insieme di piazze, alberi, giardini, un piccolo fiume artificiale, una fontana musicale (i cui zampilli sono sincronizzati sulle note di Georg Fredrich Händel, Water Music, 3 suites), nuovi teatri e laboratori,il tutto per un unire una grande area tra il conservatorio musicale, villa Muscas, il Teatro lirico e il T-Hotel.

 

 
 
 

CONFERENZA DELLA MAESTRA ELENA SIBIRIU

Post n°158 pubblicato il 22 Marzo 2012 da ninolutec
 

STORIA DELL'OPERA LIRICA
ITALIANA
Editoria e critica
musicale - Puccini

______________________________

Oggi, giovedì 22 marzo, si è svolta, applauditissima alla presenza di un folto pubblico, la conferenza della maestra Elena Sibiriu, sul tema "Editoria e critica musicale-Puccini ".

Ne riporterò una breve e assolutamente libera sintesi perchè, per motivi tecnici, non mi è stato possibile utilizzare il materiale di Elena, memorizzato in una pen drive, che lei mi aveva gentilmente messo a disposizione.

 

Anni d'apprendistato

Ultimo rappresentante di cinque generazioni di musicisti in due secoli (XVIII-XIX) che s'estinsero con lui, raggiungendo i vertici dell'arte e la fama mondiale, Puccini intraprese gli studi musicali, dopo quelli classici, nel 1874 all'istituto musicale «Pacini» di Lucca, sotto la guida dello zio, Fortunato Magi, ma fu con Carlo Angeloni, già maestro anche dell'altro grande lucchese, Catalani, che poté studiare i primi spartiti, fra cui molte opere di Verdi. Dopo un precoce esperimento nel genere sinfonico (Preludio a orchestra in Mi minore-maggiore, 1876) ottenne presto il primo successo col mottetto Plaudite populi (1877) e un Credo, eseguiti nella ricorrenza di San Paolino, patrono di Lucca, il 12 luglio 1878, tanto che in occasione del saggio di diploma, due anni dopo, incorporò il Credo nella Messa a quattro voci con orchestra.

Viste le doti non comuni sin qui dimostrate, Puccini fu mandato a perfezionarsi al Conservatorio di Milano, capitale dello spettacolo nell'Italia d'allora, grazie ad una piccola borsa cui s'aggiunse una modesta rendita concessagli dallo zio, Nicolao Cerù. Lì ritrovò Alfredo Catalani, che aveva colto i primi successi, e per suo tramite entrò in contatto con l'ambiente della Scapigliatura milanese, fra cui spiccavano Boito, Faccio, Marco Praga e molti altri intellettuali di primo piano del tempo.

Nei primi tre anni milanesi (1880-1883) Puccini raccolse tutti gli elementi in grado d'assicurargli un futuro: nell'insegnamento dell'affermato operista Ponchielli, subentrato dopo un mese al suo primo maestro Bazzini (apprezzato in campo sinfonico e violinista rinomato), cercò soprattutto d'imparare il coup de théâtre, dote di cui avrebbe fatto sfoggio in numerose circostanze; da Amintore Galli, docente di storia e filosofia della musica, apprese i principi fondamentali dell'estetica wagneriana in rapporto alla tecnica armonica; infine, tramite gli spettacoli cui assistette alla Scala e nei teatri minori - quasi tutte le opere maggiori di Bizet, Gounod, Thomas - stabilì subito quel filo diretto col mondo francese che sarebbe divenuto uno dei tratti distintivi della sua sensibilità.

Da studente compose un Preludio sinfonico in La maggiore nel 1882, e l'anno successivo il Capriccio sinfonico, come saggio di diploma, che Franco Faccio, il più celebre direttore italiano, eseguì, alla guida dell'orchestra del Conservatorio, il 14 luglio 1883, e propose altre due volte a Torino nell'anno successivo. Il lavoro di Puccini ebbe un successo notevole, e piacque molto al critico Filippo Filippi, in prima fila fra i sostenitori in Italia della musica sinfonica e lirica del romanticismo tedesco.

Il Capriccio è un brano di rispettabili proporzioni per grande orchestra vicino alla forma del poema sinfonico e dimostra che Puccini era capace d'ingegnosità formali e di un'inventiva timbrica sconosciute agli operisti che trattarono il genere descrittivo. Ma è più interessante il Preludio, basato su un'estrema concentrazione del materiale, in cui è palese, nella sonorità incorporea dell'inizio, il richiamo al preludio del Lohengrin. Peraltro la migliore composizione di Puccini, al di fuori della produzione operistica, è senza dubbio la Messa a quattro voci con orchestra. I brani dell'ordinario liturgico hanno sempre acceso la fantasia degli operisti, i quali vi hanno individuato un evidente principio rappresentativo (e si pensi alla Messa da requiem di Verdi). In questa prospettiva vanno valutati l'attacco marziale del Gloria com'anche il tema iniziale del Credo, tuttavia non mancano alcune caratteristiche specifiche dello stile sacro, come all'inizio del Kyrie, caratterizzato da un elegante contrappunto corale a quattro parti in stile osservato. L'opera è piena di spunti rilevanti, in un arco di situazioni che passa dall'intensa drammaticità del Credo alla fatua eleganza dell'Agnus Dei, ed è sempre sorretta dall'orchestra, che qui ha un'autonomia più marcata rispetto gli usi del tempo. Nella Messa si rivela tutta la fantasia di un giovane di talento che, traendo partito da una grande e vitale tradizione familiare, seppe superarne i condizionamenti provinciali, creando i presupposti utili a sviluppare il naturale istinto per l'opera. La tecnica ragguardevole che dimostrò in quest'occasione è davvero la premessa di un futuro in cui il lavoro sull'affinamento del linguaggio avrebbe giocato un ruolo fondamentale per la realizzazione dell'effetto teatrale.


La conquista di uno stile

L'intricato nodo del libretto di Manon Lescaut, cui dal 1889 lavorarono dapprima il compositore-letterato Leoncavallo, poi Marco Praga e Domenico Oliva, e in cui ebbero parte sia Giuseppe Giacosa sia Giulio Ricordi, si sbrogliò grazie a Luigi Illica nel 1891, che raddrizzò i punti che Puccini sentiva deboli, senza intaccare l'equilibrio fra le parti già composte. Egli introdusse alcuni personaggi secondari, rese più lirico l'inizio del III atto e suggerì per la sua conclusione una «perorazione a tempo di marinaresca». Ma soprattutto risolse il problema del concertato con l'appello declamato dei nomi delle prostitute, indicando al compositore una precisa strategia formale: Puccini riuscì così a trasformare uno statico concertato in un brano d'azione, un obiettivo che lo stesso Verdi s'era posto nel terzo atto di Otello senza venirne a capo. In Manon Lescautil genio di Puccini esplose: l'invenzione è a getto continuo, l'ispirazione vi domina, né risulta percepibile all'ascolto l'accurato calcolo formale che solo lo studio della partitura può rendere palese. Un calcolo che giunge sino al dettaglio e garantisce all'opera il suo enorme impatto emotivo. Dopo il mezzo fallimento di EdgarPuccini affrontò concretamente il problema dell'opera in musica posto da Wagner, e riuscì a conciliare la propria tradizione con la realizzazione di un equilibrio diverso fra tutte le componenti dello spettacolo, puntando ad un amalgama indissolubile, sorretto da strutture formali tese e coerenti. «L'opera è l'opera: la sinfonia è la sinfonia», aveva scritto Verdi al conte Arrivabene nel 1884 criticando gli Intermezzi delle Villi. Il suo appunto era peraltro indirizzato solo all'inserimento di brani orchestrali di carattere descrittivo. Ma nel primo atto di Manon LescautPuccini passò i confini di quel genere, adattando con abilità strutture di tipo sinfonico alle esigenze dell'azione.

Il contatto con Wagner si sostanzia soprattutto nel rigore e nella coerenza con cui Puccini s'impossessò della tecnica leitmotivica, fondendola alla concezione italiana del dramma in musica, il cui pilastro rimaneva la melodia. Il materiale tematico impiegato nell'opera determina un articolato sistema di relazioni, che lega i personaggi alle situazioni vissute e agli stati d'animo relativi, in rapporti dove sovente la musica assume un peso decisivo, svincolandosi da pure e semplici necessità narrative per creare sofisticate associazioni simboliche. Si pensi al tema del nome («Manon Lescaut mi chiamo»), anticipato all'arrivo della carrozza ad Amiens: da questa sequenza Puccini trasse lo spunto, variandolo come un Leitmotiv, per numerosi momenti chiave della vicenda, quasi che nella musica della protagonista fosse contenuto in potenza il suo futuro e quello del suo amante.

Anche il piano tonale fu strutturato a fini di rendere coerente l'intreccio. Il primo atto tende un arco da La a Mi maggiore, la scena ‘settecentesca' (II atto) gravita nelle tonalità di Re e La maggiore e si collega all'Intermezzo mediante il Si minore, mentre il tema della protagonista attraversa varie tonalità (Si bemolle, Sol maggiore e altre) per essere assorbito nell'ultimo atto dal Fa diesis minore, relativo della tonalità iniziale. Spesso nella critica d'oggi tali rapporti vengono sopravalutati, oppure cercati dove non sono in nome della coerenza compositiva, ma la precisione con cui Puccini collega in Manon Lescaut le tonalità in quanto espressione di temi e melodie ricorrenti rivela precisi intenti drammatici.

Nella trattazione dei soggetti Puccini s'attenne sempre ad un saldo principio operativo: delineare sin dalle prime battute di un'opera l'atmosfera in cui si sarebbe svolta l'azione. In Manon Lescautegli si prefisse di tratteggiare la couleur locale storica del XVIII secolo, particolarmente nei suoi tratti ipocriti e leziosi. Per imitare musicalmente il Settecento Puccini utilizzò alcuni lavori precedenti, fra cui i Tre minuetti per quartetto d'archi, composti nel 1884 da cui trasse il tema dell'inizio dell'opera e la musica per il ballo. Nella prima parte del secondo atto va in scena la vita d'alcova. La rappresentazione della galanteria dei cortigiani, si oppone col massimo contrasto al clima del successivo duetto d'amore, dominato dalla più sincera delle passioni, ma al tempo stesso contaminato moralmente dalla solare corruttibilità della protagonista. Il madrigale, i minuetti, la canzone pastorale risuonano nel salotto di Geronte per far vivere agli spettatori il tempo interiore della mantenuta, motivandone le reazioni. A partire dal finale del second'atto, quando rientra Geronte sorprendendola fra le braccia dell'amante, la situazione precipita e inizia il cammino di Manon verso la morte, di cui Des Grieux diviene impotente spettatore. L'intermezzo ci introduce all'atmosfera desolata del terzo atto: da qui fino alla fine l'applicazione della tecnica della reminiscenza, incrociata con quella leitmotivica, si fa assai estesa.

Il compositore ribadì nell'estenuante conclusione nel deserto della Louisiana il tema centrale dell'opera: l'amore inteso come «maledizione» e passione disperata, dando il suo primo esempio di «musica della memoria», come farà in modo altrettanto indimenticabile in occasione della morte di Mimì, Butterfly e Angelica. I temi già uditi si susseguono, facendo interagire il passato col presente, e quel poco d'invenzione realizza un'unità poetica saldissima col materiale di tutta l'opera. La musica non deve descrivere nulla, perché nulla accade che non sia il logico effetto di ciò cui abbiamo assistito. La fine di Manon è l'inevitabile conseguenza del suo modo di vivere e assurge ad evento metaforico perché a morire non è soltanto un personaggio, ma un imbarazzante simbolo d'amore, come la disperazione non è solo quella di Des Grieux, ma di tutto il pubblico partecipe di quella morte.

Capolavoro del tardo romanticismo musicale, il quarto atto di Manon Lescautfa tornare in mente le conclusioni di Don Carlo e Aida. E ci rende palese l'enorme distanza col melodramma di Verdi, là dove la morte era l'unica possibilità per gli individui, oppressi dal potere, di realizzare le loro legittime aspirazioni terrene. «Non voglio morir!» urla solitaria, Manon. Gli amanti pucciniani continuano ad avanzare nella sabbia del deserto, fino all'ultimo cercando un'impossibile salvezza, perché l'unica certezza è la vita. Sono questi i valori disperati e sensuali dell'inquieta fin de siècle: la sensibilità moderna comincia qui dove il cielo scompare.

 Tra realismo e poesia

La Bohème nacque in clima di aperta concorrenza artistica fra Puccini e Leoncavallo, ognuno dei quali rivendicava per sé la priorità sul soggetto. Probabilmente aveva ragione il compositore napoletano, ma ciò ha poca importanza, poiché egli portò a termine il suo lavoro con notevole ritardo, oltre un anno dopo il suo rivale e oggi la sua Bohème è soltanto un documento del gusto d'epoca, mentre l'altra domina fin dal suo debutto il repertorio internazionale.

Illica e Giacosa riuscirono nell'arduo compito di ricavare una coerente azione operistica dal romanzo Scènes de la Bohème, in cui Henri Murger aveva rifuso propri raccontini brevi nel genere della narrazione d'appendice. I versi e le peculiarità drammatiche del libretto che fornirono a Puccini postulavano una musica che aderisse con la massima naturalezza a un'azione prevalentemente priva di episodi statici, del resto trovare un nuovo rapporto fra un'articolazione serrata del dramma e le tradizionali necessità liriche era un problema che tutti i colleghi di Puccini si erano posti, poiché alla fine del secolo in Italia non esistevano più confini rigidi fra generi. Riusciti esempi di commistione si potevano ritrovare in alcune opere di Verdi, e grazie alla Traviata Puccini aveva già potuto comprendere come si potesse stilizzare senza forzature l'elemento quotidiano all'interno del codice melodrammatico. Fu però dal Falstaff, praticamente costruito su una mobile successione di recitativo e arioso, che Puccini ebbe la definitiva conferma di quale fosse il modo migliore di evadere dalle costrizioni dell'opera divisa in arie, duetti e concertati, per creare un organismo unitario e coerente. Nella Bohème egli doveva trattare un'azione dove ogni gesto rispecchiasse la vita di tutti i giorni, al tempo stesso doveva conquistare un livello narrativo più alto, comunicando per metafora l'idea di un mondo in cui il tempo fugge, e di cui la giovinezza è protagonista: un ironico disincanto è sempre immanente anche nei momenti più intensamente poetici e il lato sentimentale sorge senza soluzione di continuità da un meccanismo che ha necessità di natura concreta, e ad esso ritorna trasformato in emblema.

Nei primi due quadri dell'opera l'elemento comico ha larga parte e convive con quello sentimentale, ne è prova il temino puntato e timbricamente sfaccettato dell'inizio - che torna sovente per ricordare come l'amore sia solo uno fra i tanti momenti dell'esistenza -, trattato con una concezione simile a quello esposto nelle tre battute iniziali del Falstaff. Per fissare un ritratto individuale e collettivo del gruppo di artisti squattrinati Puccini coordinò in scioltezza diversi parametri creando un continuum sonoro: estese melodie liriche, agili cellule motiviche, tonalità in funzione semantica, colori lucenti e vari in orchestra. Il telaio dell'azione poggia su temi che animano i diversi episodi in cui i protagonisti rivelano il proprio carattere, e anche l'incontro amoroso di Mimì e Rodolfo, pure improntato all'espansione lirica e dunque alla dilatazione psicologica del tempo, presenta un'articolazione narrativa da ‘canto di conversazione'.

Il frequente ricorso ad elementi che possano denotare e connotare la vita di tutti i giorni nella Bohème deve invece essere inquadrato nell'ambito generale di una maggiore attenzione rivolta nella seconda metà del secolo dagli artisti di tutta Europa alla rappresentazione della realtà nei propri lavori. Tale ‘realtà' permea particolarmente il colorito affresco del secondo quadro, dove Puccini riuscì a coordinare una elevata quantità di eventi, affidandoli a piccoli gruppi corali e ai solisti, e lo fece assicurando al contempo le opportune sincronie e una fulminea rapidità, con un taglio quasi cinematografico. Non c'è un solo episodio che perda di rilievo all'interno di un unico blocco concertato con piccoli episodi solistici, dove l'ambiente prende parte attiva nel dramma, e non si limita ad essere color locale, come in Mascagni o Leoncavallo.

Se nei primi due quadri della Bohème l'allegria regna sovrana, tutto nei secondi due parla di nostalgia, dolore e morte. La simmetria dell'intera struttura è stabilita dall'ultimo quadro, specchio del primo (siamo nella stessa fredda soffitta), più concentrato nelle dimensioni ma analogamente diviso in due metà dal carattere contrastante, gaia la prima, drammatica la seconda. Il tempo dell'azione non è specificato, si sarebbe quasi tentati di affermare che non ne sia passato dall'inizio dell'opera, oppure che si viva già nell'eterna primavera del ricordo. La netta impressione del déja vu è confermata dalla ripresa del tema con cui l'opera iniziava, ma in orchestra non c'è più la frammentazione dell'avvio, bensì il timbro impastato degli strumenti, che introduce concretamente un discorso già iniziato. Questo accorgimento si può leggere in chiave formale, come momento di amplificato riepilogo in una forma ciclica, ma è del pari evidente che l'esasperata dinamica produce una sensazione di enfasi quasi a voler nascondere la nostalgia, sentimento dominante della scena in cui Marcello e Rodolfo ricordano le rispettive amanti.

Tutte le emozioni che la fine di un essere amato può procurare sono sistemate secondo una scaletta che porta infallibilmente alla commozione il pubblico di ogni razza e d'ogni età. Tanta efficace universalità non è dovuta al solo potere evocativo della musica, ma anche alla sapiente strategia formale che governa la partitura: il ritorno nei momenti più opportuni dei temi che descrivono il carattere e le emozioni di Mimì l'hanno resa familiare e indimenticabile al tempo stesso. Inoltre la musica, riepilogando il già trascorso, va incontro al tempo assoluto, raccogliendo ogni sfumatura semantica del testo e ricostituendo una nuova entità, la memoria collettiva, sulla base dell'ordine in cui i temi sono riproposti.

«Sei il mio amor e tutta la mia vita». Qui si chiude il circolo vitale di Mimì, ormai divenuto sineddoche dell'amore romantico, perduto ma eternamente rimpianto. L'ultimo ad accettare la sua morte è Rodolfo: la sua invocazione disperata, vista come un cedimento di Puccini alla pratica del verismo, risponde invece a una logica che sarà applicata anche nel finale di Tosca: a un tema significativo è affidato il gesto che esprime il compimento della tragedia. L'opera si conclude con la stessa cadenza della commovente «Vecchia zimarra» di Colline, ed è un modo per scrivere con la musica la parola addio, ricordando il saluto commosso che il filosofo aveva rivolto al pastrano. La cadenza è il congedo più suggestivo da un mondo fatto di persone e di cose, un mondo di cui la morte di Mimì ha decretato la fine traumatica.

Liberati dai vincoli di una narrazione convenzionale, possiamo avvertire il peso metaforico di un evento tragico che interrompe bruscamente il flusso del tempo. A Rodolfo, e a tutti quelli che dividono le sue emozioni, non rimane il tempo di riflettere: la tragedia ferma l'azione e fissa quel dolore nell'eternità dell'arte, permettendo così alla Bohème di vivere per sempre.

 

 
 
 

NUOVE CONFERENZE PER L'ANNO ACCADEMICO 2012-2013

Post n°156 pubblicato il 11 Marzo 2012 da ninolutec
 

 

Cari amici e care amiche,
avendo a disposizione un po' di tempo libero da utilizzare in modo intelligente e produttivo, mi sono dedicato a un po' di "pubbliche relazioni", alla ricerca di profili professionali disponibili a tenerci delle conferenze.
Quello che segue è un elenco provvisorio delle persone che hanno dato la loro disponibilità.

  1. Professor Giulio Angioni (Antropologo-Docente universitario- Scrittore)
  2. Michela Murgia (Scrittrice- Vincitrice del Premio Campiello 2010)
  3. Dottor Roberto Paracchini (Giornalista de "La Nuova Sardegna" - Scrittore)
  4. Professor Giovanni Biggio ( Professore Ordinario di Neuropsicofarmacologia dal 1980 presso l’Università degli Studi di Cagliari-Presidente - Società Italiana di Neuropsicofarmacologia dal 2008-Membro America College of Neuropsychopharmacology dal 2009-Componente Consiglio Superiore Sanità – da marzo 2009-Vice Presidente Sardegna Ricerche dal 2011)
  5. Dott.ssa Valentina Argiolas (Cantine Argiolas-Serdiana)
  6. Dottor Gigi Picciau (Enologo-Presidente per la Regione Sardegna della "Associazione enologi enotecnici Italiani"-Presidente della "Federazione regionale della Confagricoltura"-Presidente del "Consorzio di tutela vini DOC della Sardegna")
  7. Dottor Luca Saba (Presidente regionale della Coldiretti)
  8. Gianluca Medas (Fondatore dell'Associazione "Figli d'Arte Medas")
  9. Dottor Gennaro Di Benedetto (Sovrintendente del teatro lirico di Cagliari)
  10. Elena Ledda ( La più grande voce nel campo della musica tradizionale sarda)
  11. Un esperto del Parco Tecnologico di Pula "Polaris"
  12. A. M. Sarritzu ( La più autorevole maestra quartese di pasticceria sarda)
  13. Nino Figus (Patron del ristorante "Hibiscus" di Quartu Sant'Elena- Chef di fama internazionale)
  14. Dottor Luigi Crisponi (Assessore regionale al turismo)
  15. Un esperto dell'Osservatorio Astrononico di Cagliari
  16. Un esperto della Cineteca Sarda di Cagliari
  17. Dottor Marco Santoru (Direttore generale della Confindustria Sardegna Meridionale)
  18. Professor Francesco Cesare Casula (Dal 1980 è stato professore ordinario di Storia Medievale nella facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Cagliari,fino al 2008)
  19. Shkanelly Ramos (Scultrice-Pittrice- Operatrice socio-culturale messicana)
  20.  Helmar Schenk (Noto naturalista-zoologo tedesco, sardo d’adozione)
  21. Andrea Mura (Velista-Vincitore della "Route du Rhum" 2010, la traversata in solitario dell' Atlantico, mai vinta da un altro italiano-Velista Italiano del 2010)
  22. Avv. Maurizio Corona (Notaio) - Presentazione del libro "“ La rivolta di Ampsicora – Cronaca della prima grande insurrezione sarda (215 a.C.)".
  23. Prof. Paolo Pillonca (Giornalista e scrittore)
  24. Prof.ssa Milena Agus (Scrittrice-Si è segnalata fra i finalisti del Premio Strega e al secondo posto nel Campiello con il romanzo "Mal di pietre)
  25. Prof.ssa Anna Maria Montaldo (Direttrice della Galleria Comunale d’Arte di Cagliari e Presidente dell’ANMLI, l'Associazione Musei Locali e Istituzionali)
  26. Mauro Palmas (Compositore e polistrumentista)
  27. Dott. Romano Cannas - Direttore della sede RAI regionale di Cagliari
  28. Dott. Mario Faticoni - Giornalista professionista, attore, ha partecipato da protagonista alla nascita del teatro in Sardegna dagli anni '60 con la fondazione della "Cooperativa Teatro di Sardegna" e successivamente con "Il cCogiuolo" presso il Teatro dell'Arco a Cagliari. Ha collaborato con la Rai e ha preso parte a produzioni musicali, televisive e cinematografiche.
     

 

 

PROGRAMMA DI
VISITE GUIDATE
 

 

1.  Osservatorio Astronomico di Cagliari

2.  Planetario dell’Unione Sarda

3.  Teatro Lirico di Cagliari - VISITA GUIDATA ALLE  STRUTTURE    E AI     LABORATORI .

4.  POLARIS - Visita guidata al Parco Tecnologico di Pula

5.  Cantina Argiolas – Serdiana. Pranzo al ristorante Hibiscus di Quartu S. Elena, dove si svolgerà anche un minicorso di pasticceria con la maestra A. M. Sarritzu.

6.  Parco naturalistico di Molentargius (VIsita guidata)

7.   Galleria Comunale d'Arte di Cagliari (Percorso guidato)

 

 

 

È anche possibile realizzare un laboratorio per la preparazione del pane tipico sardo (pani pintau) e dei dolci sardi con le maestre A. R. Fadda e  A. M. Sarritzu di Quartu Sant'Elena.

 
 
 

FESTA DELLA DONNA

Post n°155 pubblicato il 08 Marzo 2012 da ninolutec
 

 

DONNE IN RINASCITA

Più dei tramonti, più del volo di un uccello, la cosa meravigliosa
in assoluto è una donna in rinascita. Quando si rimette in
piedi, dopo la catastrofe, dopo la caduta, che uno dice…è finita.
No. Finita mai, per una donna. Una donna si rialza sempre,
anche quando non ci crede, anche se non vuole.

Non parlo solo dei dolori immensi, di quelle ferite da mina antiuomo che ti fa la morte o la malattia. Parlo di te, che questo periodo non finisce più, che ti stai giocando l’esistenza in un lavoro difficile, che ogni mattina hai un esame peggio che a scuola….Te, implacabile arbitro di te stessa, che da come il tuo capo ti guarderà, deciderai se sei all’altezza o se ti devi condannare.

 Così ogni giorno e questo noviziato non finisce mai, e sei tu che lo fai durare. Oppure parlo di te, che hai paura anche solo di dormirci, con un uomo, che sei terrorizzata che una storia ti tolga l’aria, che non flirti con nessuno perché hai il terrore che qualcuno si infiltri nella tua vita.

Peggio, se ci rimani presa in mezzo tu, poi ci soffri come un cane. Sei stanca. C’è sempre qualcuno con cui ti devi giustificare, che ti vuole cambiare, o che devi cambiare tu per tenertelo stretto, e così stai coltivando la solitudine dentro casa. Eppure te la racconti, te lo dici anche quando parli con le altre….”io sto bene così, sto bene così, sto meglio così”…e il cielo si abbassa di un altro palmo.

Oppure con quel ragazzo ci sei andata a vivere, ci hai abitato Natali e Pasque, in quell’uomo ci hai buttato dentro l’anima, ed è passato tanto tempo e ce ne hai buttata talmente tanta, di anima, che un giorno cominci a cercarti dentro lo specchio, perché non sai più chi sei diventata.

Comunque sia andata, ora sei qui. E so che c’è stato un momento che hai guardato giù e avevi i piedi nel cemento. Dovunque fossi, ci stavi stretta. Nella tua storia, nel tuo lavoro, nella tua solitudine, ed è stata crisi. E hai pianto. Dio, quanto piangete. Avete una sorgente d’acqua nello stomaco. Hai pianto mentre camminavi in una strada affollata, alla fermata della metro, sul motorino. Così, improvvisamente. Non potevi trattenerlo.

E quella notte che hai preso la macchina e hai guidato per ore, perché l’aria buia ti asciugasse le guance.
E poi hai scavato, hai parlato…quanto parlate ragazze. Lacrime e parole. Per capire, per tirare fuori una radice lunga sei metri che dia un senso al tuo dolore….”perché faccio così?”…”com’è che ripeto sempre lo stesso schema?”…”sono forse pazza?”…Se lo sono chiesto tutte. E allora… vai, giù con la ruspa nella tua storia, a due, quattro mani, e saltano fuori migliaia di tasselli, un puzzle inestricabile.

Ecco, è qui che inizia tutto. Non lo sapevi? E’ da quel grande fegato che ti ci vuole per guardarti così, scomposta in mille coriandoli, che ricomincerai. Perché una donna ricomincia comunque. Ha dentro un istinto che la trascinerà sempre avanti.

Ti servirà una strategia, dovrai inventarti una nuova forma per la tua nuova “te”, perché ti è toccato di conoscerti di nuovo, di presentarti a te stessa. Non puoi più essere quella di prima, prima della ruspa…
Non ti entusiasma? Ti avvincerà lentamente, innamorarsi di nuovo di sé stessi o farlo per la prima volta è come un diesel, parte piano. Bisogna insistere, ma quando va in corsa… E’ un’avventura ricostruire sé stesse, la più grande. Non importa da dove cominci, se dalla casa, dal colore delle tende, o dal taglio dei capelli.

Io ho sempre adorato donne in rinascita, per questo meraviglioso modo di gridare al mondo “sono nuova” con una gonna a fiori o con un fresco ricciolo biondo. Perché tutti devono vedere e capire…”attenti…il cantiere è aperto…stiamo lavorando per voi… ma soprattutto per noi stesse…”.

Più delle albe, più del sole, una donna in rinascita è la più grande meraviglia, per chi la incontra e per sé stessa. E’ la primavera a novembre, quando meno te la aspetti.

Diego Cugia

          Auguri a tutte voi, mie dolcissime amiche.   
Nino Dejosso

 
 
 

L'obesità in Italia... un po' di dati

Post n°154 pubblicato il 06 Marzo 2012 da ninolutec
 

Gli abitanti della Basilicata sono i piu' ciccioni d'Italia seguiti siciliani e calabresi.
I più in forma sono i piemontesi.Questi sono i risultati statistici ottenuti dai dati dell'Istituto Superiore di Sanità in occasione dell'Obesity Day 2009, la giornata mondiale dell'obesità tenutasi il 10 ottobre. Le persone obese in Italia sono il 17% degli uomini e il 21% delle donne. In Basilicata si è oltre i dati della media con gli uomini al 34% e le donne al 42%, il doppio esatto della media nazionale.
Seguono a ruota i siciliani (31% sia per gli uomini sia per le donne) ed i calabresi (24% gli uomini e 38% le donne). Tra i più in forma i piemontesi (12% degli uomini e il 13% delle donne, seguiti dai marchigiani (13% gli uomini e 15% le donne) e dai sardi (16% gli uomini e 14% le donne).
La situazione è ancora più grave se si considera che i bambini italiani sono i più grassi d'Europa con uno su tre di età compresa tra i 6 e gli 11 anni che pesa troppo. In questo caso il record spetta alla Campania, con il 12,3% dei bambini che presenta problemi di obesità ed il 23,6% che presenta comunque problemi di sovrappeso.
Il rischio concreto è che i ragazzi di questa generazione possano avere una vita più breve dei propri genitori poichè secondo recenti studi rischiano
- 8 volte in più di restare adulti obesi
- 4 volte in più di ammalarsi di diabete
- 2 volte più di sviluppare un tumore,
senza contare che il sovrappeso spalanca le porte alle malattie cardiovascolari.
La principale causa è individuata in una alimentazione scorretta con il progressivo abbandono dei principi della dieta mediterranea, la stessa che ha consentito agli anziani italiani di conquistare il record della longevità in Europa con una speranza di vita che è pari a 78,8 anni per gli uomini e a 84,1 anni per le donne.


Studi recenti dimostrano che l'obesità inizia nel cervello, tramite modificazioni a carico dell'ipotalamo. Esistono due tipi di cambiamenti cerebrali che danno vita a due tipologie differenti di obesità.

Il primo tipo di obesità è l'obesità subcutanea. Caso tipico dell'obesità subcutanea è quello dei lottatori di sumo, caratterizzata da una grande quantità di morbido grasso sul torace, braccia, gambe ed anche in faccia, doppio mento e e rigonfiamenti con pelle molle sotto alle braccia. L'obesità subcutanea è comune tra uomini e donne. Il secondo tipo di obesità è viscerale o intra-addominale, ed è caratterizzata dalla classica "pancia da bevitore di birra", con un eccesso di grasso a livello addominale e poco grasso sul gambe e braccia. I due tipi possono presentarsi anche nella stessa persona in misura più o meno variabile. La prima tipologia è chiamata anche a "mela", la seconda tipologia a "pera". Questi due tipi di obesità sono dipendenti dal cervello ed in particolare dal funzionamento del centro dell'appetito e dall'ipotalamo. L'ipotalamo in particolare regola i bisogni primari di alimentazione, sonno e fame, quindi appetito, comportamenti alimentari e tasso di metabolismo. Vi sono in particolare due funzioni a livello neuronale una stimolante e l'altra inibente. Questi sono i due regolatori del metabolismo.

 

 

L'ipotalamo regola i bisogni primari di alimentazione, sonno e fame, quindi appetito, comportamenti alimentari e tasso di metabolismo. Vi sono in particolare due funzioni a livello neuronale una stimolante e l'altra inibente. Questi sono i due regolatori del metabolismo.

Abbiamo la propiomelanocortina che inibisce l'appetito ed aumenta il tasso di ossidazione dei grassi. A seguito del consumo di certi nutrienti o per effetto di certi ormoni, la POMC determina la produzione di un neuropeptide che causa sazietà ed aumenta il consumo di energia attraverso l'ossidazione dei grassi. Gli animali che hanno danneggiati i neuroni associati alla propiomelanocortina presentano alta voracità e diventano obesi. Sia leptina che insulina sono potenti stimolatori dei neuroni POMC che presentano recettori per le due molecole. Bassi livelli di queste molecole aumentano l'appetito e riducono il tasso metabolico. Una deficienza di leptina e insulina porta all'obesità.
Altro fattore è quello stimolante determinante dai neuroni che producono il neuropeptide Y e la proteina Agouti che portano a stimolare l'appetito e diminuire metabolismo e consumo energetico. Gli animali che hanno danneggiati i neuroni associati al fattore stimolante diventano anoressici e perdono peso. Insulina e leptina inibiscono il processo mentre la Ghrelina (peptide che segnala il tempo del pasQuesti due set di neuroni regolano l'accumulo e il consumo dei grassi. Quando sono in equilibrio si ha un salutare e benefico equilibrio del grasso corporeo, ma quando si crea uno scompenso, la quantità di lipidi accumulata può aumentare o diminuire drasticamente. Ad esempio se il livello di leptina nell'ipotalamo è basso, sia per un basso livello di peso corporeo, sia per un blocco fisico a raggiungere i recettori, l'appetito aumenterà, l'ossidazione dei grassi diminuirà e questo porterà ad un aumento di massa adiposa.
to) lo stimola.
Dove comincia l'obesità? Cosa ti spinge a mangiare troppo e perché c'è stato un aumento così drammatico dell'obesità dal 1980?
Alcune delle spiegazioni più recenti e popolari indicano come colpevole la prevalenza di carboidrati (e quindi al rapporto insulina/glucagone) nella dieta oppure l'ipotesi della ricompensa alimentare, ovvero ci si premia attraverso un maggiore consumo di cibo (aumenta il tenore di vita ed aumenta il consumo). Ma abbiamo anche altre ipotesi che collegano l'influenza ipotalamica all'obesità. Alcune recenti ricerche suggeriscono che l'obesità inizia con specifici cambiamenti fisici a livello del cervello. L'appetito è regolato dall'ipotalamo.  Si è scoperto che due modifiche molto particolari al cervello ci fanno venire fame, mangiare troppo, bruciare meno grassi, e aumentare di peso. E con questi particolari cambiamenti delle strutture cerebrali succede che si mangia di più, si mangia più frequentemente e si diminuisce il livello di attività. Il problema dell'obesità viene spesso considerato come un unico  problema, ma in realtà, può essere di due tipologie differenti, a seconda della modificazione cerebrale. L'incapacità di distinguere questi due tipi di obesità ha portato molta confusione. In parte, la confusione deriva dal fatto che questi due tipi di obesità spesso si presentano insieme nello stesso individuo, anche se un tipo di solito è dominante.
Se si comprende questo e si capisce il ruolo del cervello, si può riuscire più efficacemente a perdere il peso in eccesso.


 

Quello che bisogna iniziare a fare è trovare un altro piacere... non solo il piacere del cibo, ma anche il piacere del movimento, il piacere di respirare aria buona quando ci muoviamo all'aperto, il piacere di indossare un bel vestito, il piacere di stare con gli altri... tutte cose a cui piano piano gli obesi rinunciano per dedicarsi sempre di più al cibo.

 
 
 

 

 

               GITA A ORROLI

 

Contatta l'autore

Nickname: ninolutec
Se copi, violi le regole della Community Sesso: M
Età: 83
Prov: CA
 

Area personale

 

Tag

 

Ultimi commenti

Salve, prima di tutto vi ringrazio per aver inserito...
Inviato da: Manuela
il 10/02/2015 alle 23:06
 
Buon week end, bacioni
Inviato da: giramondo595
il 30/11/2013 alle 10:19
 
Buonanotte e sogni d' oro, bacioni
Inviato da: giramondo595
il 18/05/2013 alle 23:30
 
Buona serata, tantissimi bacioni
Inviato da: giramondo595
il 14/04/2013 alle 19:55
 
bouna serata, tantissimi bacioni
Inviato da: giramondo595
il 01/04/2013 alle 23:46
 
 

       GALLERIA DI IMMAGINI

    

 Rosas 

 

      

  Sirri

 

  
Vienna

 

     SITO LUTEC 

           

 
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963