Creato da Martydolce il 09/11/2008 |
Post n°1 pubblicato il 09 Novembre 2008 da Martydolce
Premetto che i capitoli seguenti sono solo bozze e mi scuso per eventuali errori di grammatica (quando scrivo velocemente a volte clicco i tasti sbagliati ![]() Prefazione Erano ormai due settimane che vivevo senza metà della mia
Il vento leggero e gelido soffiò
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Post n°2 pubblicato il 09 Novembre 2008 da Martydolce
Capitolo Primo Profumo Un mese prima… Sìnea - Adesso basta! Sono tre giorni che si comporta in modo strano! È obbligato a dare una risposta almeno alla sua migliore amica! – Riflettevo così quella mattina mentre preparavo lo zainetto per l’escursione, Asio doveva darmi delle spiegazioni, dov’era finito quel ragazzo gentile e allegro che avevo conosciuto l’anno prima? Che ci faceva quello scontroso e chiuso sconosciuto che occupava il suo corpo? Il viaggio di mezz’ora sul pullman era perfetto: non poteva alzarsi e doveva per forza ascoltarmi! Anche se… sarei stata abbastanza determinata? Fino ad ora non avevo mai trovato il fegato di chiedergli cosa aveva… se stava male… se era successo qualcosa… niente, e lui non faceva niente per aiutarmi. M’infilai le scarpe da ginnastica e la felpa viola sbuffando: odiavo le tute, ma erano obbligatorie per fare trekking… preferivo le gonne un po’ gotiche e le magliette scure, il mio guardaroba era interamente occupato da completi neri e viola, almeno quel giorno la temperatura si era alzata e potevo fare a meno della sciarpa. Uscii dalla camera che condividevo con altre due amiche. Fuori dall’agriturismo c’era il pullman, impaziente vi salii e trovai subito il mio posto. Avrei riconosciuto tra migliaia di altre chiome quella di Asio, i capelli liscissimi, neri e lucenti che correvano fino alla nuca, gli occhi pallidi con una sfumatura celeste, ma arrossati, rivolti verso il paesaggio fuori dal finestrino, i lineamenti spigolosi del suo viso cinereo appoggiato al pugno della sua mano: frustrato. Mi venne un blocco allo stomaco:era già arrabbiato di primo mattino, cercare di farlo parlare sarebbe stata una missione impossibile. Con un sospiro mi sedetti accanto a lui, un posto che avevo spesso occupato con allegria mentre adesso temevo che m’incenerisse con lo sguardo come faceva con tutti quelli che gli rivolgevano la parola nel caso fosse arrabbiato. - Ciao, come va? – chiesi cauta. - mmm… - Accidenti! Adesso salutare vuol dire girare leggermente il capo? Almeno, per educazione, si dovrebbe guardar per un secondo la persona che ci sta salutando no? Bene, ora anch’io ero arrabbiata. Lasciai passare qualche minuto, mente il pullman partiva. Poi sbuffai e presi coraggio: - Scusa se mi sono scomodata a chiederti come stavi! – Strinse il pugno su cui appoggiava il viso. - Hei sto parlando con te! E guardami! – si girò e come previsto m’incenerì: - Ciao, contenta? – - Grazie, già è qualcosa che mi abbia rivolto la parola! – Proseguì più calma: - Senti, sono un paio di giorni che ti comporti in modo strano… per caso non ti senti bene? – Esitando, appoggiò la schiena sul sedile e fissando il tetto del pullman rispose: - No. Non mi sento bene. Non t’impicciare. -. Detto questo su mise le cuffiette, la musica ad alto volume e chiuse gli occhi. Che sbruffone pensai… però avevo notato della sofferenza nella sua voce, soffocai però ogni ragionamento perché ora lo stavo fissando, sembrava un angelo quando aveva gli occhi chiusi. All’improvviso senti la forte tentazione si accarezzargli i capelli… come avevo fatto tempo prima per consolarlo dalla morte della madre. Quel giorno, dopo il funerale, ci eravamo seduti sul divano del salotto di casa sua e aveva appoggiato la testa sulle mie gambe; mentre passavo le dite tra le ciocche dei suoi capelli, giuro di aver visto una lacrima sorgere da quegli occhi di ghiaccio. Una singola, amara lacrima. L’asciugò subito: un uomo non doveva piangere. Che stupida regola! - Hei, siamo arrivati. – Qualcosa mi scompigliò i capelli: mi ero addormentata. Asio stava già uscendo dal pullman, allora era lui che mi aveva svegliato. Mi toccai i capelli, erano tre giorni che non mi toccava neanche distrattamente. Asio Ancora una volta non ero riuscito a dormire. La gola mi bruciava terribilmente e sapevo anche la causa. Diedi un pugno al muro. Tanto non serve a niente, presi lo zaino e scesi le scale. Il pullman era pronto e qualche ragazzo era già seduto sul proprio sedile. Lo feci anch’io. Ma che diavolo sto facendo qui? Perché non me ne vado? Sapevo a dove avrebbe portato quel bruciore alla gola e quella voglia di mordere tutto. Il cuscino, i mobili, le piante… tutto, anche le persone. Speravo che oggi Sìnea si fosse seduta accanto ad una sua amica, erano già tre giorni che la ignoravo, che dolorosamente ignoravo. Lei era stata l’unica persona che mi aveva aiutato in qualsiasi situazione senza esitazioni, ma per il suo bene era meglio così. Dovevo chiudere ogni rapporto. Dovevo riuscirci. Appoggiai il viso al pugno della mia mano destra e guardai il paesaggio. Poi arrivò. Si sedette come al solito accanto a me e parlò: - Ciao, come va? – La gola bruciava, era secca, ma non serviva l’acqua per cessare il dolore. - mmmm – non riuscivo a parlare, mi girai solo un po’, ma senza guardarla, non sarei riuscito a continuare la mia recita fissando i suoi occhi verdi e brillanti, così profondi da potermici perdere come in un labirinto affascinante e infinito. Sembrava si fosse arresa, visto che non rispose. Dopo qualche minuto però, parlò. - Scusa se mi sono scomodata a chiederti come stavi! – Una scossa mi percorse tutto il corpo, - Non parlare – mi dicevo… Ora si era proprio arrabbiata. - Hei sto parlando con te! E guardami! – Basta! Solo facendole paura riuscirò ad allontanarla! - Ciao, contenta? – dissi usando lo sguardo più spaventoso che potevo, ma dopo aver detto quelle parole sentii come una stretta al cuore. - Grazie, già è qualcosa che mi abbia rivolto la parola! – Poi sospirò e proseguì: - Senti, sono un paio di giorni che ti comporti in modo strano… per caso non ti senti bene? – Rimasi impietrito: sembrava non fosse minimamente spaventata e ancora continuava ad essere gentile… cercai di rilassarmi e appoggiai la schiena sul sedile. - No. Non mi sento bene. Non t’impicciare. – Dovevo fare qualcosa, la prima cosa che mi fosse venuta in mente… le cuffiette. Presi le cuffiette, chiusi gli occhi e alzai il volume. Purtroppo la musica non mi aiutava e dopo qualche minuto spensi il lettore mp3 e all’improvviso sentii i muscoli del mio collo girarsi verso Sìnea. Mi girai. Si era appoggiata con la spalla sullo schienale rivolta verso me, se avesse avuto gli occhi aperti probabilmente mi avrebbe fissato; ma non fu questo che mi costrinse a girarmi: quel giorno era senza sciarpa. Con i lunghi capelli castano chiari rivolti indietro il suo collo sprigionava un odore incredibile, delizioso. Divenni rigido, accidenti! Non potevo alzarmi…ero bloccato. Ero costretto a rimanere un altro quarto d’ora a pochi centimetri dal suo collo, che appariva così disgraziatamente invitante. Non mi accorsi di essermi avvicinato finchè un soffio di vento non spinse una piccola ciocca dei suoi capelli sul mio viso, finalmente mi distrassi e gli occhi andarono al suo viso. Il viso tondo da bambina, sebbene avesse quindici anni, gli occhi un po’ più a mandorla dei miei, le sopracciglia fine, le labbra a cuore soffici e rosa, la pelle color porcellana… Automaticamente la mia mano si alzò: volevo accarezzarla. No! No! Toccando quel fragile viso avrei di certo sentito il pulsare del suo sangue e non avrei resistito. La mia mano voleva toccarla. Con le dita gli sfiorai i capelli, poi visto che tutti stavano scendendo dal pullman la scapigliai un po’ per svegliarla, ecco, così riuscivo a toccarla. - Hei, siamo arrivati. – dissi. Poi corsi subito via. Che stupidaggine. Che ci facevo ancora lì, mischiato in mezzo a tante vittime? Cosa ci facevo accanto alla mia principale vittima? Lo stomaco sobbalzò: fame. Quanto avrei voluto che fosse fame di cibo. continua giù | | \/ |
Post n°3 pubblicato il 09 Novembre 2008 da Martydolce
Sìnea No! Resisti! |
Post n°4 pubblicato il 09 Novembre 2008 da Martydolce
Capitolo Secondo Fonte Sìnea Quella sera mi appostai al mio salito posto a guardare le stelle, però quella sera c’erano le nuvole e non si vedeva quasi niente. Intanto pensavo a quello che avevo detto ad Asio sperando di non averlo offeso involontariamente, certo avrei dovuto essere arrabbiata con lui, ma non ci riuscivo. Qualcuno si sedette accanto a me. - Ciao, scusa per oggi pomeriggio – Asio. Mi girai sorpresa e contenta e sorrisi. - Ciao. Ok scuse accettate! – -… ti fanno male? – capivo che si riferiva ai polsi. - be’… diciamo che non sei il massimo della delicatezza! – risposi ridendo. - Comunque sono venuto qui per dirti una cosa. – - Dimmi. - in questi giorni non sto molto bene… diciamo che ho tipo una doppia personalità e a volte non agisco razionalmente… come oggi pomeriggio… quindi ecco… ti chiedo solo di starmi lontana per un po’. – A quelle parole mi venne una morsa allo stomaco: perché gli devo stare lontana? Altre volte me lo aveva già detto ma poi se ne era pentito… perché sapeva che potevo aiutarlo. |
Post n°5 pubblicato il 10 Novembre 2008 da Martydolce
Capitolo Terzo Ombra Sìnea - Hei Sìnea! Sei pallida come un cadavere! Che ti è successo? – Sara mi corse incontro non appena varcai la soglia della camera. - Oddio è vero! – Presi fiato e risposi confusa: - No no, non ho niente! Siete sicure? Sono pallida? Strano.. mi sento benissimo… come al solito…- Ero pallida? Forse si… - Sicura di star bene? Vieni siediti. – Insieme mi fecero sedere sul letto più vicino. - non vi preoccupate, sto bene! – - oh che strano… adesso sei arrossita invece… vero Sara? – - è vero! Proprio non è successo niente? – - no no! Non vi preoccupate… però adesso sono stanca…vado a letto. – Detto questo mi alzai e andai in bagno e prepararmi, Carla e Sara avevano la medesima espressione confusa. Non riuscivo a dormire, mi rigiravo decine di volte nel letto nel tentativo invano di prender sonno. Mi girai verso la finestra e vidi la serranda aperta; che ci faceva la serranda aperta? Non l’avevano chiusa? Stavo per alzarmi e chiuderla, ma vidi qualcosa. Di nuovo quell’ombra. Era di sicuro il volto di una persona, ma non riuscivo a vederlo buio com’era; vidi però che sorrideva, avrei potuto giurarlo perché vidi il riflesso della luna sui suoi denti e sembrava… un sorriso cattivo. Mi fece rabbrividire perché a quanto pare stava guardando proprio me. Come una bambina che ha paura dei mostri sotto al letto mi rannicchiai ancora di più sotto le coperte con gli occhi spalancati. Ma chi era? Che voleva da me? All’improviso volò via. Mi rigirai di nuovo cercando di prendere sonno quando qualcosa mi scosse; pietrificata pensai che fosse quell’ombra, ma riconobbi la voce di Carla: - Hei sìne! Sei sveglia? – Sospirai di sollievo. - Si sono sveglia, ma tu perché non dormi? – - Non ci riesco e comunque non è importante. Senti, proprio non vuoi dirmi cos’è successo oggi? – - Ma non è successo proprio niente! – risposi urlando sottovoce. - Guarda che vi ho visti! Ho visto che vi abbracciavate, ma poi Asio è scappato…che è successo?- Per fortuna non aveva visto cos’era successo durante l’abbraccio… - non so… diceva che questa volta non poteva aiutarlo…- farfugliai… odiavo mentire e Carla, non lo meritava. Però volevo andare in fondo a questa storia. - Te l’ho detto… anche per me si comporta in modo molto strano in questi giorni… e non riesco a capirlo…- - Va bene. Per ora mi basta, però se c’è qualche problema puoi contare su di me, d’accordo? – - D’accordo… grazie Carla. – - Buonanotte. – - ‘Notte. - La presi come una solenne promessa. Il mattino dopo guardai subito verso la finestra: la persiana era chiusa. Che mi fossi sognata tutto? No, avevo visto chiaramente quell’ombra fissarmi, non poteva essere un sogno…però non aveva senso! Come ero confusa… ma ciò che mi preoccupava maggiormente era Asio. Come si sarebbe comportato oggi? Distaccato e freddo oppure voleva aprirsi e confidarsi? Ero impaziente di dare una risposta alle mie domande, così mi vestii in fretta e scesi a fare colazione. Quando mi sedetti accanto a Carla e Sara notai che tutte le ragazze mi fassavano e si scambiavano piccoli risolini, come per prendermi in giro. Oddio ma perché almeno loro non mi lasciavano in pace? E poi perché da un giorno all’altro ero al centro dell’attenzione? Chiesi spiegazioni e Sara, che era sempre informata su tutti i pettegolezzi femminili. - Sbaglio o c’è qualche novità… - - In effetti si… si dice che tu e Asio stiate insieme. – rispose sicura. Mi andò di traverso il latte che stavo bevendo. - Cosa?... ma come cavolo gli è venuto in mente? – Perfetto, ci mancavano solo i pettegolezzi. - Be’, alcune ragazze hanno visto che vi eravate abbracciati ieri sera… ma tu non me lo avevi detto… ti pare che devo sapere certe cose da quelle galline bionde ossigenate? – rispose offesa. - Ah… senti scusami è vero dovevo dirtelo… solo che non lo consideravo importante… scusami ancora! – - scuse accettate, però dovrai scontare una pena. – - quale pena? – risposi fingendo di essere disperata. - la prossima volta che accade una cosa del genere devo essere la prima a saperlo. – - per poi raccontarlo al mondo intero giusto? – - certo – - Ma non hai proprio nient’altro da fare? – - No! – rispose ridendo. Be’ non era il caso di litigare anche con Sara… avevo cose ben pià importanti a cui pensare. Cercai Asio nella sala: lo vidi al suo solito angolo, ma non mangiava né beveva niente. Aveva la testa appoggiata alle mani, i gomiti al loro volta appoggiati sul tavolo e aveva lo sguardo mesto rivolto sulla sua tazza. Sentivo il forte bisogno di parlargli, se si aspettava che avessi deciso di allontanarmi da lui si sbagliava di grosso. Mentre facevo colazione e chiacchieravo però, non mi accorsi che si era alzato e che se n’era andato. Allora mi alzai e andai a carcarlo. Dopo mezz’ora ero andata in tutti i posti che conoscevo ma non era da nessuna parte, allora decisi di riposarmi un po’ sedendomi su una roccia ai piedi del bosco dietro all’agriturismo: quello era il mio posto dove pensare. La mia mente tornò a quello strano incontro della notte precedente. Ma chi era quell’ombra? Che voleva da me? Domande fatte e rifatte che non trovavano risposta. Non mi ero accorta che stessi pensando ad alta voce quando sentii qualcuno che mi diceva: - Chi è chi? – Riconobbi la voce di Asio, accidenti ma quando era arrivato? Da quanto tempo mi stava spiando? - eh? Hei Asio! Ma quando sei arrivo? Non ti ho sentito… - - Sono qui da qualche minuto e ho sentito le tue riflessioni… - da qualche minuto? - scusa se te lo chiedo ma… chi è quest’ombra? - Chiese avvicinandosi e sedendosi sulla roccia. - no niente…- - ormai ho sentito, dimmi cos’è quest’ombra. – Strano che fosse così amichevole oggi… che strano… ma d’altronde era la giornata delle stranezze. - ok.. però non prendermi per stupida… stanotte ho visto che qualcuno mi spiava dalla finestra… non l’ho visto in faccia però l’avevo visto in precedenza aggirarsi nel bosco… credo sia un uomo…- Al mio imbarazzato racconto s’irriggidì, ma poi rispose: - Non ti preoccupare, se c’è qualcuno che ti dà fastidio dimmelo e basta, farò in modo che non si ripeta più. – Cercai di bloccare l’attacco di panico che stava per arrivare: cosa voleva dire “farò in modo che non si ripeta più?” - be’ comunque credo che fosse solo un curioso… oh che sbadata! Non ti ho chiesto come stai! – Esclamai per cambiare discorso. - oggi meglio… scusa ancora… per ieri. – - dai! Smettila di scusarti! Non hai fatto niente di male! – -Niente di…? – Ora era incredulo. Mi fissava sbalordito. - Che c’è? – chiesi. Mi prese la mano e la strinse. - Dopo quello che ti ho fatto…per te è niente? – - No, niente. – - Proprio non ti capisco. – - Cosa non capisci? Mi hai solo… abbracciato… - mi interruppe. - Solo abbracciato? Ti ho quasi strozzato! E ti ho annusato come se fossi stata la mia cena! - La… sua… cena? Che finalmente mi stesse rivelando qualcosa? Mi lasciò la mano e corse via. No, uffa stava di nuovo scappando! Mi lanciai all’inseguimento, ma era difficile: Asio era davvero veloce nella corsa mentre io ero una vera schiappa. Lo seguii finchè lo vidi, ma poi lo persi. Non mi ero accorta di essermi addentrata nel bosco e che ora non vedevo più l’agriturismo, vedevo solo alberi e cespugli, alberi, alberi e alberi. Mi guardai attorno, non c’era nessuno e il silenzio era straziante; sentivo che stava per arrivare un’altro attacco di panico, cercai di controllare il respiro poi sentii un rumore di passi: qualcuno stava camminando lì vicino. Seguii i rumori, forse era Asio. Invece vidi davanti a me un uomo che i fissava. Avevi i capelli neri lunghi fino alle spalle, lisci e lucenti come quelli di Asio, gli occhi erano neri come i capelli, la pelle diafana e sembrava l’esatta copia di Asio, solo con un viso molto più cattivo e spigoloso. Aveva lo sguardo compiaciuto e cattivo, fi fece venire i birividi. Lo avvicinò lentamente a me, che fosse lui l’ombra che mi seguiva? Mi sembrava l’unica risposta ovvia. Mentre siavicinava sentivo crescere la tensione, non avevo idea del perché cercasse me nè di cosa aveva intenzione di farmi. Ancora un passo e si fermò a pochi centimetri da me, rimasi immobile: non riuscivo a muovermi, ero troppo preoccupata a dosare il respiro e a restare calma… se mi fossi lasciata prendere dal panico… non avevo idea di cosa sarebbe potuto accadere, se voleva farmi del male… avrei solo fatto il suo gioco. Rimase a fissarmi qualche secondo poi inspirò l’aria e disse con tono calmo ma terrificante: - Ciao Sìnea. Come sta Asio? – Spalancai gli occhi: come conosceva il mio nome? Come conosceva Asio? Che ne sapeva? Altre nuove domande inondarono la mia testa. Avrebbe potuto scoppiare da un momento all’altro. Restò a fissarmi ancora più compiaciuto, allora presi coraggio e lo guardai in faccia: - Chi è lei? – chiesi con un filo di voce. Scoppiò in una terrificante e fragorosa risata, evidentemente vedermi terrorizzata lo divertiva parecchio. Indietreggiai di scatto, quella risata faceva proprio paura, era orribile. Mi girai indietro e scappai via. Anche se le gambe tremavano e il cuore batteva impazzito trovai comunque la forza per correre, anche se non sapevo dove e per quanto tempo, correvo, poi mi fermai e vidi Asio. Stava correndo verso di me, così mi fermai e mi venne incontro. Sembrava scioccato, mi prese per mano e disse: - Seguimi! Ti riporterò all’agriturismo! – Gli presi la mano e corsi via con lui. Mentre correvo notai che aveva la pelle molto più fredda del solito. |
Post n°6 pubblicato il 10 Novembre 2008 da Martydolce
Asio |
Post n°7 pubblicato il 11 Novembre 2008 da Martydolce
Capitolo Quarto Gelo sulla pelle Sìnea Malgrado fossi ancora nel pieno delle mie forze fisiche, quella sera non andai né alla serata in città organizzata da alcune amiche né a guardare le stelle. Da quando avevo visto quell’uomo sentivo una costante e strana sensazione, un’agghiacciante sensazione. Mi abbracciavo e mi contorcevo da sola seduta sul prato, ma benché l’aria fosse più calda e umida del normale, sentivo un freddo pungente. Forse era tutto un fatto psicologico o forse non mi ero vestita abbastanza pesantemente. Carla e Sara mi avevano fatto il lavaggio del cervello pur di convincermi a venire ed ero riuscita a rifiutare solo usando il trucco della “falsa febbre” mettendo il termometro sulla lampada. Stufa a stanca mi alzai stiracchiandomi e andai in camera per preparami e andare a letto. Sdraiata sotto le coperte, però non riuscivo a togliermi dalla testa il fatto che era colpa mia se avevo incontrato quell’uomo. Perché se non mi fossi messa a correre da sola nel bosco sicuramente non l’avrei incontrato. Mi ritrovai di nuovo a contorcermi nel letto mentre temevo che l’ombra potesse rispuntare dalla finestra. Dopo un po’ però lo stress mentale ebbe la meglio e mi addormentai. Ad un tratto sentii una fitta di freddo a mi alzai. Mi trovavo nella foresta e la luce della luna piena filtrava tra le foglie degli alberi. Cosa ci facevo di nuovo nella foresta? Come ci ero arrivata? Mi chiesi ansimando. Mi girai più volte tentando di vedere qualcosa, ma tutto quello che vedevo erano alberi e cespugli. Mi sentivo in trappola e mi mancava l’aria, avevo paura di incontrarlo di nuovo. Poi dalla vegetazione vidi un’ombra avvicinarsi, le gambe tremavano frenetiche e il cuore pulsava impetuoso. Sussultando mi accorsi però che non era chi mi aspettavo, ma Asio. Subito fui invasa dalla tranquillità, ma anche dalla paura che potesse arrabbiarsi per avermi trovata di nuovo nella foresta. Sorrideva malizioso e mi guardava in modo strano. Mi guardava come… se fossi una cosa da mangiare. Confusa e disorientata feci esitante un passo verso di lui: continuava a sorridere e si avvicinava sempre di più. Poi si fermò a pochi centimetri da me, mi prese la testa con la mano sinistra, abbassò la testa e mi diede un lento bacio sul collo. Restai impietrita: aveva le labbra gelide e il suo fiato mi sfiorava il collo facendolo rabbrividire, sentii il sangue inondarmi le guance. Continuò a baciarmi per qualche secondo mentre le gambe ricominciavano a tremare, ma non per la paura. Nel frattempo aveva appoggiato l’altra mano sul collo, anch’essa gelata, ma morbida. Per quei pochi secondi mi fece paura, non per il bacio, ma per la sua espressione: anche se adesso non la vedevo, l’avevo chiara in mente. Il sorriso malizioso aveva un qualcosa di cattivo e gli occhi e la pelle sembravano ancora più gelidi sotto il raggio debole della luna. Quando le sue labbra raggiunsero la spalla ebbi come un impulso di difesa e cercai di scansarlo con le mani. In quel momento mi ritrovai nella mia camera, la coperta per terra e un velo di sudore freddo che copriva la fronte e scendeva sulle guance. Che fosse stato tutto un sogno? Eppure…mi sembrava così vero. Sentivo ancora il suo respiro gelido accarezzarmi il collo, come era successo due giorni prima. Però questa volta mi aveva anche baciata. Guardai l’orologio: erano le quattro. Avevo i nervi a pezzi: stress, tensione, paura, tensione, paura, stress… negli ultimi due giorni avevo provato solo quelle tre emozioni. Ancora un po’ di tempo così e avrei dimenticato come ci si rilassa. No vabbè, non dovevo esagerare. Mi avevano sempre detto che bisogna essere positivi e tranquilli, ma questa era un situazione particolare. Raccolsi la coperta, mi ci avvolsi come un bozzolo e piano piano mi riaddormentai. Il mattino dopo scesi a fare colazione come al solito, ma Carla mi venne incontro e mi disse che Asio non era sceso perché stava male. Anche se mi dicevano che era solo febbre tornò in me quella strana e agghiacciante sensazione, non avevo motivo di sentirmi così… era solo un po’ di febbre! Forse prima o poi sarebbe venuta… però nei giorni precedenti sembrava freddo, non caldo. Misi da parte tutte le mie riflessioni e le rimandai a indagini future, dopo colazione sarei andata a trovarlo. Asio Un’altra notte passata in preda alla sete, sete che non sarebbe finita mai. Ormai peggiorava di giorno in giorno, anzi di notte in notte. Quella notte però vidi passare un gatto randagio, la gola bruciava e pretendeva sangue. Non ci pensai due volte, forse era una giusta soluzione: il sangue degli animali. Presi il gattino e lo addentai. Non feci neanche in tempo a succhiare un po’ sangue, fui preso da un’altra serie di fitte su tutto il corpo, mai sentite. Avevo la nausea, mi girava la testa, la vista era sfocata… mi sentivo terribilmente male. Rigettai quel poco che avevo mangiato e quelle gocce di sangue che era riuscito a succhiare. Mentre ancora la testa roteava, tornai in camera e mi sdraiai sul letto senza fare rumore. Era un miracolo che ci fossi riuscito, mi sentivo molto più irrequieto e nervoso, se qualcuno mi avesse dato fastidio avrei potuto picchiarlo. Passai la notte insonne e esagitato, ma almeno la nausea sembrava essere diminuita. Quando Marco mi svegliò gli dissi che stavo male; non me lo fece ripetere due volte, evidentemente dovevo essere pallidissimo, esangue. Già… non avevo più sangue, maledetto sangue! Chiusi gli occhi, li riaprii e mi ritrovai in una stanza. Le pareti erano bianche e mal tinteggiate, il pavimento grigio, nessuna finestra e una colonna cilindrica al centro della stanza. Dove mi trovavo? Sentivo di nuovo la sete, più forte che mai. Poi sentii un rumore di passi e vidi Sìnea. Era nascosta dietro la colonna e ora veniva verso di me con un sorriso gioioso, non potei fare a meno di sorridere anch’io, ma quando si fermò davanti a me il suo profumo m’investì come una grande esplosione, m’inondò i polmoni e la gola bruciò più forte. Quasi non riuscivo più a ragionare: al mio cervello arrivava solo il suo profumo, niente ossigeno. Senza pensarci la presi tra le braccia, respirai più a fondo con il viso tra i suoi capelli. Dovevo trattenermi, ma quando il naso arrivò al collo non sentii altro che l desiderio di affondare i miei denti in quella pelle delicata e fragrante. La sentii irrigidirsi mentre gli spostavo i capelli dal collo, aprivo le labbra e… Spalancai gli occhi inorridito. L’avevo uccisa? L’avevo divorata? Sentivo ancora il suo profumo. Mi ritrovai nel mio letto e qualcosa mi accarezza i capelli. Mi rigirai di scatto e la vidi. Sembrava imbarazzata e preoccupata, sentivo ancora il profumo darmi alla testa. Sìnea Salii in camera sua lo trovai che stava dormendo. Mi faceva tenerezza quando dormiva, mi sedetti su una sedia accanto al letto. Mentre lo guardavo sentivo di nuovo la voglia di accarezzarlo, di toccare quel viso adesso così angelico e quei capelli lisci come la seta. Cominciò ad agitarsi e ad ansimare, così senza pensarci cominciai ad accarezzarlo sulla testa. Passavo le dita lentamente in mezzo alle ciocche di capelli, come facevo in passato. Chissà se sarebbe tutto tornato come prima? Sembrò tranquillizzarsi, ma di colpo spalancò gli occhi e mi fissò allibito. Cercò di balbettare, ma aveva una voce così rauca che sembrava non bevesse da giorni. - cosa ci fai qui? – - ho saputo che stavi male allora… - - vattene. – - cosa? No! Non me ne vado! – Sembrò rassegnarsi, sapevo essere molto appiccicosa quando volevo, ma questa volta era per una buona causa: una volta che mi avesse spiegato il perché del suo comportamento avrei deciso se fosse giusto lasciarlo perdere o no. Ma mi conoscevo fin troppo bene per sapere che sarebbe stato troppo difficile lasciarlo anche se fosse stata la cosa giusta da fare. Giusto? Cosa c’era di giusto nel lasciare una persona a cui vuoi bene? - intendevo dire… se potresti lasciarmi solo per il momento. Non mi piace farmi vedere in questo stato. – Orgoglio maschile? Però questo potevo concederglielo. - Ok, ci vediamo dopo. Dormi bene e riposati. – Cos’altro potevo augurargli? Scesi di sotto dove mi aspettavano Carla e Sara e salimmo insieme sul pullman. Io e Carla stavamo vicine mentre Sara stava nel sedile dietro al nostro, fu la prima a parlare: - Allora Sì, come stava Asio? – - Quando sono entrata stava dormendo, ma subito dopo si è svegliato. Allora mi ha chiesto di lasciarlo solo perché non si voleva farsi vedere “in quello stato”. – Infetizzai le ultime tre parole facendo le virgolette con le mani. - Orgoglioso eh? Almeno potrebbe smettere di fare il ragazzo forte e grande almeno quando sta male. – - Già… certe volte proprio non lo capisco. – Subito rimasi sorpresa dalle mie parole: certe volte proprio non lo capisco. Allora era questo quello che voleva dire Asio e che mi stavo dicendo da sola? Non gli ero stata abbastanza vicino da poterlo capire? Pretendevo di capirlo? Era solo presunzione? Mi venne un crampo allo stomaco. - Hei Sì! Ci sei? Sembra che di colpo tu abbia visto un fantasma! – Carla mi guardava preoccupata e mi sventolava la mano davanti agli occhi - eh? Che? Oh dio scusa… mi ero incantata… - Chissà che aspetto avevo. Ero preoccupata per lui: stava male e non lo era stato solo quel giorno. Cosa gli stava accadendo? Cercavo di non prendere in considerazione il sogno fatto la notte precedente, era solo un sogno. La mia mente si divertiva ad inventarsi le storie più strane, eppure sembrava ci fosse qualcosa di vero in quella storia. Forse però la mia mente mi stava solo preparando ad una svolta, forse la malattia di Asio era come l’inizio del conto alla rovescia, forse finalmente le cose sarebbero diventate più chiare. Così cercai di mettermi il cuore in pace e di aspettare. Dovevo aspettare perché sentivo che si stava azionando una catena di montaggio che avrebbe portato a qualcosa. A qualcosa…ma cosa? |
Post n°8 pubblicato il 12 Gennaio 2009 da Martydolce
Capitolo Quinto Sopravvento Asio
La scusa della malattia aveva funzionato, anche se non era proprio una scusa: stavo male sul serio. In quei diciassette anni della mia vita non mi ero mai sognato di sperare di avere una vera febbre, anche se solo un anno fa avevo scoperto a cosa sarei andato incontro. Da un anno contavo i giorni che riuscivo a passare da normale essere umano, chiedendomi quando la mia anima venisse mangiata da ciò che sto diventando adesso. Da un anno controllavo che non mi venisse un attacco di sete o qualche crampo, cercavo di immaginare come sarei riuscito a sopportare quella belva che prima o poi sarebbe nata, ma non mi aspettavo sintomi come questi. La sete che immaginavo non era neanche un briciolo di quella che sentivo in quei giorni, immaginavo che la gola bruciasse, ma più bruciava, più sentivo che bruciasse il mio intero corpo, divorato dalle fiamme del sangue. A volte avevo paura che anche gli occhi mostrassero quelle fiamme, incendiati come rubini, arsi di sangue. Ormai sapevo come si sarebbe trasformato il mio corpo insieme all’anima: un predatore spietato e feroce, agile e affascinante, forte e letale. La parola “affascinante” accomunata all’essere che stavo diventando mi disgustava: la mia bellezza era la trappola che attirava le vittime, come un ragno con la sua ragnatela, come una pianta carnivora. Mi ripugnavo. Mi stavo rendendo conto che già stavo attraendo una preda verso la mia stretta mortale, la persona a cui tenevo di più: Sìnea. Proprio con chi non dovevo affatto legarmi, ma non ero riuscito a resistergli. Il mio egoismo mi aveva spinto sempre più a lei, fino a che non diventò l’unica persona per cui valeva vivere. Perché già un anno prima preparavo la mia morte, ma non ero mai stato abbastanza coraggioso, lo divenni ancor meno dopo averla conosciuta e adesso non avevo nessuna intenzione di morire prima che non fossi sicuro che potesse vivere tranquillamente, ma ora con lui in giro non era più al sicuro. No, prima lo avrei ucciso, prima avrei pensato a lei e poi a me stesso: perché pensare ad un condannato a morte? O peggio, ad un condannato a qualcosa di peggiore alla morte: ad un vile assassino che succhia la vita alle persone per mantenersi in vita, che non si preoccupa di spezzare una vita, vittime su vittime senza distinzione: donne, uomini, innocenti, criminali… la sete di un vampiro equivaleva alla morte di un essere umano. La giornata passò così, rimuginando su quello che potevo fare e su quello che non dovevo fare. Decisi che avrei lasciato il campus e che sarei andato a cercarlo, ovunque esso si trovasse: dovevo trovarlo, dovevo ucciderlo. Al calar della notte arrivò un altro attacco di sete, dovevo andare nel mio rifugio. Sìnea La gita era stata più stancante del solito tantè che, tornata all’agriturismo, mi lasciai cadere sul letto e navigai in un meritato sonno. Solo che quando mi risvegliai era già sera e non ero più andata a trovare Asio, allora andai nella sua stanza ma un ragazzo mi disse che si sentiva meglio e che era uscito a fare quattro passi, ma non sapeva dove. E ora che dovevo fare? Mi sentivo inutile! Non mi piaceva stare con le mani in mano! Ora non ero più stanca: mi sentivo pronta per affrontare la svolta che temevo quella mattina, certo però non dovevo montarmi la testa altrimenti se quella svolta non fosse arrivata mi sarebbe venuto un blocco al cuore, ma in fondo per quanto tempo poteva continuare così? Poco: la svolta sarebbe arrivata presto, me lo sentivo. Affacciata alla finestra vidi un’ombra entrare nel bosco, sembrava… Non ci pensai due volte: infilai le scarpe e scesi di soppiatto. Mi avvicinai cauta al bosco e sentii dei rumori... sembrava che qualcosa si muovesse tra i cespugli. Seguii i rumori e vidi l’ultima cosa che mi aspettavo di vedere: Asio si contorceva a terra ansimante, come percorso da una scarica elettrica, il respiro affannoso… Subito gli corsi incontro. - Asio cos’hai? Stai male? – Lui mi diede una forte spinta e disse: - Vattene! Lasciami solo! – - No! Non ti lascio solo! Stai male! – Mi spinse ancora e ancora cercai di prendergli il viso… guardarlo negli occhi. Ecco la svolta. Mi spinse ancor più violentemente, così caddi a terra e mi ferì leggermente la mano con una ramo. Asio si fermò, venne verso di me, mi prese la mano e annusò avidamente la ferita. Asio La sete era più forte che mai quella sera! Non capivo più dove ero, cosa stavo facendo… non capivo dove mi trovassi…vedevo tutto sfocato… poi… Una voce, la più familiare che conoscessi: - Asio cos’hai? Stai male? – Sìnea! No, no! Non adesso! Come mi aveva trovato? La spinsi. - Vattene! Lasciami solo! – - No! Non ti lascio solo! Stai male! – La dovetti spingere un’altra volta, ma cadde e si ferì. Riecco l’odore di quel dolce sangue investirmi. I muscoli si muovevano da soli, non so come, ma presi la sua mano e annusai la ferita. Delizioso. Sìnea Poi ad un tratto si alzò e mi prese in
Asio Tenevo la mia preda tra le braccia e
Sìnea Tentai ancora di liberarmi cercando di
Asio La preda tentava di fuggire, ma non
Sìnea Sentii il suo respiro gelido sul
Asio Affondai impaziente i denti nel suo
Sìnea Più succhiava, più le gambe tremavano
Asio Pian piano riacquistavo lucidità, mi
Sìnea Sentii le lame uscire lentamente dalla
Asio La lasciai e riuscii a vederla in
Sìnea Si guardò le mani anch’esse sporche di
Asio Era ancora viva! Ma ero un mostro e
Sìnea - ma che dici? Lo sento che stai
Asio Si avvicinò, ma barcollava e stava per
Sìnea Credevo di essere svenuta perché
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