Creato da Martydolce il 09/11/2008
 

La Rosa Di Sangue

Qui pubblicherò i capitoli del mio romanzo!!!

 

 

Post N° 1

Post n°1 pubblicato il 09 Novembre 2008 da Martydolce

Premetto che i capitoli seguenti sono solo bozze e mi scuso per eventuali errori di grammatica (quando scrivo velocemente a volte clicco i tasti sbagliati )

Prefazione



Erano ormai due settimane che vivevo senza metà della mia
anima, mi sentivo sola e preoccupata, no anzi, non ero preoccupata, ero
terrorizzata.



Il vento leggero e gelido soffiò
pigramente nella notte, accarezzandomi il viso e il collo, istintivamente
portai la mano sulla gola. Poi, ad un tratto sentii un rumore alle spalle,
qualcosa si muoveva tra gli alti cespugli all’entrata di quel bosco. Mi alzai,
lentamente mi avvicinai al rumore, forse era lui. Mi avvicinai di più, mentre
il vento soffiava sempre più forte.

 
 
 

Post N° 2

Post n°2 pubblicato il 09 Novembre 2008 da Martydolce

Capitolo Primo
Profumo
Un mese prima…
Sìnea
- Adesso basta! Sono tre giorni che si comporta in modo strano! È obbligato a dare una risposta almeno alla sua migliore amica! –
Riflettevo così quella mattina mentre preparavo lo zainetto per l’escursione, Asio doveva darmi delle spiegazioni, dov’era finito quel ragazzo gentile e allegro che avevo conosciuto l’anno prima? Che ci faceva quello scontroso e chiuso sconosciuto che occupava il suo corpo? Il viaggio di mezz’ora sul pullman era perfetto: non poteva alzarsi e doveva per forza ascoltarmi! Anche se… sarei stata abbastanza determinata? Fino ad ora non avevo mai trovato il fegato di chiedergli cosa aveva… se stava male… se era successo qualcosa… niente, e lui non faceva niente per aiutarmi.
M’infilai le scarpe da ginnastica e la felpa viola sbuffando: odiavo le tute, ma erano obbligatorie per fare trekking… preferivo le gonne un po’ gotiche e le magliette scure, il mio guardaroba era interamente occupato da completi neri e viola, almeno quel giorno la temperatura si era alzata e potevo fare a meno della sciarpa. Uscii dalla camera che condividevo con altre due amiche.
Fuori dall’agriturismo c’era il pullman, impaziente vi salii e trovai subito il mio posto.
Avrei riconosciuto tra migliaia di altre chiome quella di Asio, i capelli liscissimi, neri e lucenti che correvano fino alla nuca, gli occhi pallidi con una sfumatura celeste, ma arrossati, rivolti verso il paesaggio fuori dal finestrino, i lineamenti spigolosi del suo viso cinereo appoggiato al pugno della sua mano: frustrato. Mi venne un blocco allo stomaco:era già arrabbiato di primo mattino, cercare di farlo parlare sarebbe stata una missione impossibile. Con un sospiro mi sedetti accanto a lui, un posto che avevo spesso occupato con allegria mentre adesso temevo che m’incenerisse con lo sguardo come faceva con tutti quelli che gli rivolgevano la parola nel caso fosse arrabbiato.
- Ciao, come va? – chiesi cauta.
- mmm… -
Accidenti! Adesso salutare vuol dire girare leggermente il capo? Almeno, per educazione, si dovrebbe guardar per un secondo la persona che ci sta salutando no? Bene, ora anch’io ero arrabbiata.
Lasciai passare qualche minuto, mente il pullman partiva. Poi sbuffai e presi coraggio: - Scusa se mi sono scomodata a chiederti come stavi! –
Strinse il pugno su cui appoggiava il viso.
- Hei sto parlando con te! E guardami! –
si girò e come previsto m’incenerì: - Ciao, contenta? –
- Grazie, già è qualcosa che mi abbia rivolto la parola! –
Proseguì più calma: - Senti, sono un paio di giorni che ti comporti in modo strano… per caso non ti senti bene? –
Esitando, appoggiò la schiena sul sedile e fissando il tetto del pullman rispose: - No. Non mi sento bene. Non t’impicciare. -.
Detto questo su mise le cuffiette, la musica ad alto volume e chiuse gli occhi.
Che sbruffone pensai… però avevo notato della sofferenza nella sua voce, soffocai però ogni ragionamento perché ora lo stavo fissando, sembrava un angelo quando aveva gli occhi chiusi. All’improvviso senti la forte tentazione si accarezzargli i capelli… come avevo fatto tempo prima per consolarlo dalla morte della madre.  Quel giorno, dopo il funerale, ci eravamo seduti sul divano del salotto di casa sua e aveva appoggiato la testa sulle mie gambe; mentre passavo le dite tra le ciocche dei suoi capelli, giuro di aver visto una lacrima sorgere da quegli occhi di ghiaccio. Una singola, amara lacrima. L’asciugò subito: un uomo non doveva piangere. Che stupida regola!
- Hei, siamo arrivati. –
Qualcosa mi scompigliò i capelli: mi ero addormentata. Asio stava già uscendo dal pullman, allora era lui che mi aveva svegliato. Mi toccai i capelli, erano tre giorni che non mi toccava neanche distrattamente.
Asio
Ancora una volta non ero riuscito a dormire. La gola mi bruciava terribilmente e sapevo anche la causa. Diedi un pugno al muro.
Tanto non serve a niente, presi lo zaino e scesi le scale. Il pullman era pronto e qualche ragazzo era già seduto sul proprio sedile. Lo feci anch’io. Ma che diavolo sto facendo qui? Perché non me ne vado? Sapevo a dove avrebbe portato quel bruciore alla gola e quella voglia di mordere tutto. Il cuscino, i mobili, le piante… tutto, anche le persone.
Speravo che oggi Sìnea si fosse seduta accanto ad una sua amica, erano già tre giorni che la ignoravo, che dolorosamente ignoravo. Lei era stata l’unica persona che mi aveva aiutato in qualsiasi situazione senza esitazioni, ma per il suo bene era meglio così. Dovevo chiudere ogni rapporto. Dovevo riuscirci.
Appoggiai il viso al pugno della mia mano destra e guardai il paesaggio. Poi arrivò. Si sedette come al solito accanto a me e parlò:
- Ciao, come va? –
La gola bruciava, era secca, ma non serviva l’acqua per cessare il dolore.
- mmmm – non riuscivo a parlare, mi girai solo un po’, ma senza guardarla, non sarei riuscito a continuare la mia recita fissando i suoi occhi verdi e brillanti, così profondi da potermici perdere come in un labirinto affascinante e infinito.
Sembrava si fosse arresa, visto che non rispose.
Dopo qualche minuto però, parlò.
- Scusa se mi sono scomodata a chiederti come stavi! –
Una scossa mi percorse tutto il corpo, - Non parlare – mi dicevo…
Ora si era proprio arrabbiata.
- Hei sto parlando con te! E guardami! –
Basta! Solo facendole paura riuscirò ad allontanarla!
- Ciao, contenta? – dissi usando lo sguardo più spaventoso che potevo, ma dopo aver detto quelle parole sentii come una stretta al cuore.
- Grazie, già è qualcosa che mi abbia rivolto la parola! – Poi sospirò e proseguì:
- Senti, sono un paio di giorni che ti comporti in modo strano… per caso non ti senti bene? –
Rimasi impietrito: sembrava non fosse minimamente spaventata e ancora continuava ad essere gentile… cercai di rilassarmi e appoggiai la schiena sul sedile.
- No. Non mi sento bene. Non t’impicciare. –
Dovevo fare qualcosa, la prima cosa che mi fosse venuta in mente… le cuffiette.
Presi le cuffiette, chiusi gli occhi e alzai il volume.
Purtroppo la musica non mi aiutava e dopo qualche minuto spensi il lettore mp3 e all’improvviso sentii i muscoli del mio collo girarsi verso Sìnea. Mi girai.
Si era appoggiata con la spalla sullo schienale rivolta verso me, se avesse avuto gli occhi aperti probabilmente mi avrebbe fissato; ma non fu questo che mi costrinse a girarmi: quel giorno era senza sciarpa. Con i lunghi capelli castano chiari rivolti indietro il suo collo sprigionava un odore incredibile, delizioso. Divenni rigido, accidenti! Non potevo alzarmi…ero bloccato. Ero costretto a rimanere un altro quarto d’ora a pochi centimetri dal suo collo, che appariva così disgraziatamente invitante. Non mi accorsi di essermi avvicinato finchè un soffio di vento non spinse una piccola ciocca dei suoi capelli sul mio viso, finalmente mi distrassi e gli occhi andarono al suo viso. Il viso tondo da bambina, sebbene avesse quindici anni, gli occhi un po’ più a mandorla dei miei, le sopracciglia fine, le labbra a cuore soffici e rosa, la pelle color porcellana…
Automaticamente la mia mano si alzò: volevo accarezzarla.
No! No! Toccando quel fragile viso avrei di certo sentito il pulsare del suo sangue e non avrei resistito. La mia mano voleva toccarla.
Con le dita gli sfiorai i capelli, poi visto che tutti stavano scendendo dal pullman la scapigliai un po’ per svegliarla, ecco, così riuscivo a toccarla.
- Hei, siamo arrivati. – dissi. Poi corsi subito via.
Che stupidaggine. Che ci facevo ancora lì, mischiato in mezzo a tante vittime? Cosa ci facevo accanto alla mia principale vittima? Lo stomaco sobbalzò: fame. Quanto avrei voluto che fosse fame di cibo.

continua giù |
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Post N° 3

Post n°3 pubblicato il 09 Novembre 2008 da Martydolce

Sìnea
Ancora confusa da quel gesto scesi dal pullman e naturalmente lo vidi già incamminarsi per l’escursione… cavolo! come era veloce anche quando camminava! Sospirando, decisi di parlargli una volta tornati all’agriturismo, quando tutti si facevano la doccia e non c’era nessuno in giro.
Come al solito ero la prima ad aver finito di lavarmi dopo l’escursione, come Asio. Lo vidi andare nel retro dell’agriturismo: perfetto! Là non ci passava mai nessuno! Potevamo parlare.
Contai fino a dieci e prendendo coraggio mi avvicinai.
- Ciao, guarda che è inutile che continui ad ignorarmi. Tanto non ti mollo finchè non mi dai una buona ragione per farlo. -
Lo vidi irrigidirsi, mi aspettavo un “lasciami solo” e “vattene” invece stranamente mi rispose sorridendo.
- Non ti arrendi mai vero? –
Quel sorriso mi abbagliò. Dopo avermi risposto però sembrava pentito, tornò serio e corrucciato.
- No mai, ormai mi conosci. Però dimmi perché ti comporti così! –
Dovevo essere convincente.
- Non credo potresti capire –
Cosa? Io non capire? Ma se era stato sempre lui quello che diceva che io ero l’unica che lo capiva?
Irritata risposi:
- Ti conosco abbastanza da poterti capire! Allora? –
Mi fulminò, perfetto ora era arrabbiato anche lui. Perché non ne combinavo una giusta?
- Non fare la presuntuosa, lasciami perdere. –
- Presuntuosa io? E tu? –
- ti ho detto di lasciarmi solo! – disse alzando la voce.
- No. Non mi muoverò da qui neanche di un centimetro! –
Fece per andarsene ma lo afferrai per le spalle.
- Fermo! –
Non vidi neanche come fece, era troppo veloce. Mi prese i polsi e mi schiacciò al muro.
- Non mi hai sentito? Lasciami in pace! –
In quel momento mi fece paura. Lo guardai con gli occhi sbarrati mentre non mollava la stretta ferrea, non aveva mai avuto un sguardo più spaventoso, sembrava volesse uccidermi e gli sarebbe bastato solo guardarmi con quegli occhi.
Mi lasciò i polsi violentemente, tanto che sarei potuta cadere per terra, e si allontanò correndo.
Mentre mi massaggiavo i polsi sentii la strana presenza di sentirmi osservata, mi guardai intorno e vidi una figura nera all’ombra del bosco che subito scappò.
Confusa tornai in camera, vedevo ancora quegli occhi infuocati dalla rabbia.
Sara si stava facendo la doccia e Carla stava leggendo un libro seduta sul letto, quando mi sdraiai sul mio Carla mi disse:
- Hei, ma cosa aveva oggi Asio? Faceva paura solo a guardarlo… per caso avete litigato? –
- Non lo so nemmeno io perché si comporta così. –
- Strano, parla solo con te. –
- Forse sta passando un brutto momento. –
- Be’, allora deve essere una cosa seria, visto che anche nei momenti peggiori con te è sempre stato gentile. Ora invece… scusa se te lo dico… non ti offendere… -
- Che cosa? –
- Boh… ti guarda come se ti volesse uccidere… -
aggiunse subito:
- Ma forse è solo una mia sensazione… in fondo guarda tutti così… soprattutto quando è arrabbiato…-
Detto questo si nascose dietro il libro.
Accidenti… certo Carla era un’ottima osservatrice… notava tutto, forse se fossi stata brava come lei avrei già capito il problema di Asio.
Stranamente però mi sentivo ancora osservata. Stavo diventando matta per caso?
Asio
Oddio cosa avevo fatto? Le avevo fatto del male! Mi facevo schifo da solo. Quando avevo sentito il sangue scorrere nelle sue vene ero quasi sul punto di morderla. Il suo profumo mi tormentava, lo sentivo chiaro e intenso come quella mattina sul pullman. La mia gola lo desiderava, rovente e viziata voleva proprio quel sangue. No. Non avrei ceduto. Avrei resistito. Al solo pensiero di affondare i denti in quella carne così soffice e raggiungere quel liquido tanto desiderato, caldo, squisito… lo sentivo scorrere lungo la gola…

No! Resisti!

 
 
 

Post N° 4

Post n°4 pubblicato il 09 Novembre 2008 da Martydolce

Capitolo Secondo
Fonte

Sìnea
Quella sera mi appostai al mio salito posto a guardare le stelle, però quella sera c’erano le nuvole e non si vedeva quasi niente.
Intanto pensavo a quello che avevo detto ad Asio sperando di non averlo offeso involontariamente, certo avrei dovuto essere arrabbiata con lui, ma non ci riuscivo.
Qualcuno si sedette accanto a me.
- Ciao, scusa per oggi pomeriggio –
Asio.
Mi girai sorpresa e contenta e sorrisi.
- Ciao. Ok scuse accettate! –
-… ti fanno male? –
capivo che si riferiva ai polsi.
- be’… diciamo che non sei il massimo della delicatezza! – risposi ridendo.
- Comunque sono venuto qui per dirti una cosa. 
- Dimmi.
- in questi giorni non sto molto bene… diciamo che ho tipo una doppia personalità e a volte non agisco razionalmente… come oggi pomeriggio… quindi ecco… ti chiedo solo di starmi lontana per un po’. –

A quelle parole mi venne una morsa allo stomaco: perché gli devo stare lontana? Altre volte me lo aveva già detto ma poi se ne era pentito… perché sapeva che potevo aiutarlo.
Come faccio a convincerlo? Voglio stare con lui!
Senza pensarci… quasi i muscoli si muovessero da soli lo abbracciai.
- No…. Cioè… non prendermi come una bambina egoista, ma io voglio aiutarti! Ti prego! Chiedimi quello che vuoi ma non di lasciarti perdere! Ti ho già aiutato altre volte e posso farlo anche ora!... no anzi… VOGLIO farlo anche ora! –
Mi accorsi che senza volerlo stavo per piangere… ma perché piango sempre? Non voglio piangere!
Mentre parlavo lo sentii irrigidirsi poi… mi abbracciò anche lui. Però… a dire il vero… mi stava stritolando. La sua presa era troppo ferrea, ma non fu questo quello che mi fece venire i brividi: spostò il viso in basso e… cominciò ad annusarmi. Inspirava profondamente e con il naso cominciò a percorrermi il collo. Ero impietrita. Andò da sotto l’orecchio fino alla spalla, lentamente.
Non riuscivo ad aprire bocca perché fui colta da una serie di brividi, il cuore battè imbizzarrito, sentii le guance arrossarsi e scaldarsi sempre di più e il respiro divenne affanno.
Poi ad un tratto si allontanò di scatto con l’espressione di chi si è appena svegliato dopo un incubo.
Subito abbassando il capo disse velocemente:
- oddio! no no scusa! Ecco di che parlavo… mi dispiace credo che questa volta non potrai aiutarmi.. ti prego stammi lontana! È per il tuo bene! –
E detto questo corse via.
Sentivo la traccia gelida che mi aveva lasciato sul collo e nn riuscivo a capacitarmi di quel gesto. Non poteva essere uno scherzo, no assolutamente no.
Forse mi ero inventata tutto, no; avevo sentito chiaramente il suo respiro gelido sfiorare il mio collo, la stretta soffocante del suo abbraccio.
Che fosse un… no, non volevo crederci. I vampiri m’interessavano ma… non avevo mai sognato d’incontrarne uno… no.
Eppure, stranamente, inconcepibilmente… quel gesto mi era quasi… piaciuto.
Asio
Corsi in camera e mi buttai sul letto coprendomi il viso con le mani.
Maledetta sete! Perché avevo fatto l’errore di parlarle? Perché non mi sono scansato non appena mi aveva abbracciato?
Perché mi piaceva quell’abbraccio. Era caloroso e tentava di consolarmi.
Appena sentii il suo corpo attaccato al mio il suo profumo mi travolse. Non riuscii più a pensare… ero avvolto dal denso e fortissimo profumo del suo sangue. Di nuovo ebbi la sensazione di sentirlo scorrere nella mia bocca, nella gola… caldo, denso, delizioso….
Il mio naso si spostò sul suo collo e… stavo per cedere. Sentivo la sete bruciante e il sangue. Potevo sentire il suo scorrere lungo quel delicatissimo collo… i miei denti stavano per affondare in quell’unico sottile strato di pelle che m’impediva di saziare la mia sete… “solo un po’” mi dicevo. NO!
Mi accorsi di un brivido che le percorse il collo e sentii il suo cuore che pareva volesse uscire da quel corpo. E fu la sua salvezza.
Riuscii a separarmi dalla fonte deliziosa e proibita.
Uscii e corsi come un codardo nel mio nascondiglio, lontano da tutti in un angolo della foresta. Lì non mi aveva mai trovato nessuno. Quello era il palcoscenico dei miei momenti peggiori, quelli dove la sete è più forte.
Vi passai qualche ora prima di tornare in camera, guardai l’orologio: le tre e mezzo. A quest’ora Sìnea starà dormendo… beata lei… così pura e fragile.
Quando la sete era più forte la gola bruciava sempre di più, i muscoli si contraevano, tanto che non riuscivo a stare in piedi. Mi contorcevo tra i cespugli e la terra umida e per fortuna riuscivo a trattenere le urla. No, ero troppo pericoloso per quei ragazzi e ragazze ignari della mia natura, se qualcuno si fosse avvicinato in un momento come quelli… non avrei resistito… e l’avrei ucciso. L’avrei ucciso nel peggiore dei modi: rubando tutto il sangue che aveva in corpo.
Sangue, sangue e ancora sangue. Solo peccaminoso, delizioso, orribile sangue.

 
 
 

Post N° 5

Post n°5 pubblicato il 10 Novembre 2008 da Martydolce

Capitolo Terzo
Ombra
Sìnea
- Hei Sìnea! Sei pallida come un cadavere! Che ti è successo? –
Sara mi corse incontro non appena varcai la soglia della camera.
- Oddio è vero! –
Presi fiato e risposi confusa:
- No no, non ho niente! Siete sicure? Sono pallida? Strano.. mi sento benissimo… come al solito…-
Ero pallida? Forse si…
- Sicura di star bene? Vieni siediti. –
Insieme mi fecero sedere sul letto più vicino.
- non vi preoccupate, sto bene! –
- oh che strano… adesso sei arrossita invece… vero Sara? –
- è vero! Proprio non è successo niente? –
- no no! Non vi preoccupate… però adesso sono stanca…vado a letto. –
Detto questo mi alzai e andai in bagno e prepararmi, Carla e Sara avevano la medesima espressione confusa.
Non riuscivo a dormire, mi rigiravo decine di volte nel letto nel tentativo invano di prender sonno.
Mi girai verso la finestra e vidi la serranda aperta; che ci faceva la serranda aperta? Non l’avevano chiusa? Stavo per alzarmi e chiuderla, ma vidi qualcosa. Di nuovo quell’ombra. Era di sicuro il volto di una persona, ma non riuscivo a vederlo buio com’era; vidi però che sorrideva, avrei potuto giurarlo perché vidi il riflesso della luna sui suoi denti e sembrava… un sorriso cattivo. Mi fece rabbrividire perché a quanto pare stava guardando proprio me. Come una bambina che ha paura dei mostri sotto al letto mi rannicchiai ancora di più sotto le coperte con gli occhi spalancati. Ma chi era? Che voleva da me? All’improviso volò via. Mi rigirai di nuovo cercando di prendere sonno quando qualcosa mi scosse; pietrificata pensai che fosse quell’ombra, ma riconobbi la voce di Carla:
- Hei sìne! Sei sveglia? –
Sospirai di sollievo.
- Si sono sveglia, ma tu perché non dormi? –
- Non ci riesco e comunque non è importante. Senti, proprio non vuoi dirmi cos’è successo oggi? –
- Ma non è successo proprio niente! – risposi urlando sottovoce.
- Guarda che vi ho visti! Ho visto che vi abbracciavate, ma poi Asio è scappato…che è successo?-
Per fortuna non aveva visto cos’era successo durante l’abbraccio…
- non so… diceva che questa volta non poteva aiutarlo…- farfugliai… odiavo mentire e Carla, non lo meritava. Però volevo andare in fondo a questa storia.
- Te l’ho detto… anche per me si comporta in modo molto strano in questi giorni… e non riesco a capirlo…-
- Va bene. Per ora mi basta, però se c’è qualche problema puoi contare su di me, d’accordo? –
- D’accordo… grazie Carla. –
- Buonanotte. –
- ‘Notte. -
La presi come una solenne promessa.
Il mattino dopo guardai subito verso la finestra: la persiana era chiusa. Che mi fossi sognata tutto? No, avevo visto chiaramente quell’ombra fissarmi, non poteva essere un sogno…però non aveva senso! Come ero confusa… ma ciò che mi preoccupava maggiormente era Asio. Come si sarebbe comportato oggi? Distaccato e freddo oppure voleva aprirsi e confidarsi? Ero impaziente di dare una risposta alle mie domande, così mi vestii in fretta e scesi a fare colazione.
Quando mi sedetti accanto a Carla e Sara notai che tutte le ragazze mi fassavano e si scambiavano piccoli risolini, come per prendermi in giro. Oddio ma perché almeno loro non mi lasciavano in pace? E poi perché da un giorno all’altro ero al centro dell’attenzione? Chiesi spiegazioni e Sara, che era sempre informata su tutti i pettegolezzi femminili.
- Sbaglio o c’è qualche novità… -
- In effetti si… si dice che tu e Asio stiate insieme. – rispose sicura.
Mi andò di traverso il latte che stavo bevendo.
- Cosa?... ma come cavolo gli è venuto in mente? –
Perfetto, ci mancavano solo i pettegolezzi.
- Be’, alcune ragazze hanno visto che vi eravate abbracciati ieri sera… ma tu non me lo avevi detto… ti pare che devo sapere certe cose da quelle galline bionde ossigenate? – rispose offesa.
- Ah… senti scusami è vero dovevo dirtelo… solo che non lo consideravo importante… scusami ancora! –
- scuse accettate, però dovrai scontare una pena. –
- quale pena? – risposi fingendo di essere disperata.
- la prossima volta che accade una cosa del genere devo essere la prima a saperlo. –
- per poi raccontarlo al mondo intero giusto? –
- certo –
- Ma non hai proprio nient’altro da fare? –
- No! – rispose ridendo.
Be’ non era il caso di litigare anche con Sara… avevo cose ben pià importanti a cui pensare.
Cercai Asio nella sala: lo vidi al suo solito angolo, ma non mangiava né beveva niente. Aveva la testa appoggiata alle mani, i gomiti al loro volta appoggiati sul tavolo e aveva lo sguardo mesto rivolto sulla sua tazza.
Sentivo il forte bisogno di parlargli, se si aspettava che avessi deciso di allontanarmi da lui si sbagliava di grosso. Mentre facevo colazione e chiacchieravo però, non mi accorsi che si era alzato e che se n’era andato. Allora mi alzai e andai a carcarlo. Dopo mezz’ora ero andata in tutti i posti che conoscevo ma non era da nessuna parte, allora decisi di riposarmi un po’ sedendomi su una roccia ai piedi del bosco dietro all’agriturismo: quello era il mio posto dove pensare.
La mia mente tornò a quello strano incontro della notte precedente. Ma chi era quell’ombra? Che voleva da me? Domande fatte e rifatte che non trovavano risposta. Non mi ero accorta che stessi pensando ad alta voce quando sentii qualcuno che mi diceva:
- Chi è chi? –
Riconobbi la voce di Asio, accidenti ma quando era arrivato? Da quanto tempo mi stava spiando?
- eh? Hei Asio! Ma quando sei arrivo? Non ti ho sentito… -
- Sono qui da qualche minuto e ho sentito le tue riflessioni… -
da qualche minuto?
- scusa se te lo chiedo ma… chi è quest’ombra? - Chiese avvicinandosi e sedendosi sulla roccia.
- no niente…-
- ormai ho sentito, dimmi cos’è quest’ombra. –
Strano che fosse così amichevole oggi… che strano… ma d’altronde era la giornata delle stranezze.
- ok.. però non prendermi per stupida… stanotte ho visto che qualcuno mi spiava dalla finestra… non l’ho visto in faccia però l’avevo visto in precedenza aggirarsi nel bosco… credo sia un uomo…-
Al mio imbarazzato racconto s’irriggidì, ma poi rispose:
- Non ti preoccupare, se c’è qualcuno che ti dà fastidio dimmelo e basta, farò in modo che non si ripeta più. –
Cercai di bloccare l’attacco di panico che stava per arrivare: cosa voleva dire “farò in modo che non si ripeta più?”
- be’ comunque credo che fosse solo un curioso… oh che sbadata! Non ti ho chiesto come stai! –
Esclamai per cambiare discorso.
- oggi meglio… scusa ancora… per ieri. –
- dai! Smettila di scusarti! Non hai fatto niente di male! –
-Niente di…? –
Ora era incredulo. Mi fissava sbalordito.
- Che c’è? – chiesi.
Mi prese la mano e la strinse.
- Dopo quello che ti ho fatto…per te è niente? –
- No, niente. –
- Proprio non ti capisco. –
- Cosa non capisci? Mi hai solo… abbracciato… - mi interruppe.
- Solo abbracciato? Ti ho quasi strozzato! E ti ho annusato come se fossi stata la mia cena! -
La… sua… cena? Che finalmente mi stesse rivelando qualcosa?
Mi lasciò la mano e corse via. No, uffa stava di nuovo scappando! Mi lanciai all’inseguimento, ma era difficile: Asio era davvero veloce nella corsa mentre io ero una vera schiappa. Lo seguii finchè lo vidi, ma poi lo persi. Non mi ero accorta di essermi addentrata nel bosco e che ora non vedevo più l’agriturismo, vedevo solo alberi e cespugli, alberi, alberi e alberi. Mi guardai attorno, non c’era nessuno e il silenzio era straziante; sentivo che stava per arrivare un’altro attacco di panico, cercai di controllare il respiro poi sentii un rumore di passi: qualcuno stava camminando lì vicino. Seguii i rumori, forse era Asio. Invece vidi davanti a me un uomo che i fissava. Avevi i capelli neri lunghi fino alle spalle, lisci e lucenti come quelli di Asio, gli occhi erano neri come i capelli, la pelle diafana e sembrava l’esatta copia di Asio, solo con un viso molto più cattivo e spigoloso. Aveva lo sguardo compiaciuto e cattivo, fi fece venire i birividi. Lo avvicinò lentamente a me, che fosse lui l’ombra che mi seguiva? Mi sembrava l’unica risposta ovvia. Mentre siavicinava sentivo crescere la tensione, non avevo idea del perché cercasse me nè di cosa aveva intenzione di farmi. Ancora un passo e si fermò a pochi centimetri da me, rimasi immobile: non riuscivo a muovermi, ero troppo preoccupata a dosare il respiro e a restare calma… se mi fossi lasciata prendere dal panico… non avevo idea di cosa sarebbe potuto accadere, se voleva farmi del male… avrei solo fatto il suo gioco.
Rimase a fissarmi qualche secondo poi inspirò l’aria e disse con tono calmo ma terrificante:
- Ciao Sìnea. Come sta Asio? –
Spalancai gli occhi: come conosceva il mio nome? Come conosceva Asio? Che ne sapeva?
Altre nuove domande inondarono la mia testa. Avrebbe potuto scoppiare da un momento all’altro.
Restò a fissarmi ancora più compiaciuto, allora presi coraggio e lo guardai in faccia:
- Chi è lei? – chiesi con un filo di voce.
Scoppiò in una terrificante e fragorosa risata, evidentemente vedermi terrorizzata lo divertiva parecchio. Indietreggiai di scatto, quella risata faceva proprio paura, era orribile. Mi girai indietro e scappai via. Anche se le gambe tremavano e il cuore batteva impazzito trovai comunque la forza per correre, anche se non sapevo dove e per quanto tempo, correvo, poi mi fermai e vidi Asio. Stava correndo verso di me, così mi fermai e mi venne incontro. Sembrava scioccato, mi prese per mano e disse:
- Seguimi! Ti riporterò all’agriturismo! –
Gli presi la mano e corsi via con lui. Mentre correvo notai che aveva la pelle molto più fredda del solito.

 
 
 

Post N° 6

Post n°6 pubblicato il 10 Novembre 2008 da Martydolce

Asio
Scappai di nuovo nella foresta. Come poteva, per lei, non contare nulla quello che avevo fatto?
Continuai a correre fino a che non vidi un uomo in lontananza. Stava ridendo fragorosamente davanti ad un’altra persona. Cosa? Sìnea? Corsi verso di loro ma erano troppo lontani e Sìnea corse via da lui, probabilmente l’aveva importunata o spaventata. Anche se stavo osservando lei non potei fare a meno di riconoscere quell’uomo. “Uomo” non era una parola che lo definiva, forse il termine più adatto sarebbe stato “mostro”. Aveva rovinato la mia vita e quella di mia madre, anzi proprio perché me l’aveva data, una vita, lo odiavo.
Non mi fermai neanche, corsi verso Sìnea.
Appena mi vide si fermò, gli andai incontro e le presi la mano per portarla via, lontano da quel luogo così pericoloso. Ma come era arrivata fino a lì?
Appena arrivati, stanca per la corsa si sedette per terra a riposare mentre io mi appoggiavo ad un albero per cercare di trattenermi. Avrei potuto tornare a cercarlo e ucciderlo questa volta, quanto tempo lo avevo cercato, gli avrei fatto pagare tutto il male che aveva fatto a mia madre! Lo avrei torturato e ferito, lo avrei usato come un oggetto, lo stesso trattamento che aveva riservato a mia madre e poi, quando mi sarei stancato lo avrei ucciso e bruciato il corpo.
Però in quel momento la cosa più importante era proteggere Sìnea, chissà se gli aveva parlato… e poi, se sarei scappato i nuovo, mi avrebbe inseguito e si sarebbe messa di nuovo in pericolo. Ma quale pericolo? Adesso la cosa più pericolosa per lei ero io, colui che egoisticamente le stava vicino.
Mi avvicinai a lei.
- Promettimi che non andrai più nella foresta da sola. – Era più un ordine che una richiesta, non volevo imporle niente, ma questa volta non avevo scelta. A quanto pare sembrò capire la situazione.
- Ok, ma tu non scappare di nuovo! –
Allora era forse per questo che si trovava nel cuore della foresta? Mi aveva seguito?
- va bene, non scapperò. –
Fragile come era, ormai non potevo lasciarla da sola.

 
 
 

Post N° 7

Post n°7 pubblicato il 11 Novembre 2008 da Martydolce

Capitolo Quarto
Gelo sulla pelle
Sìnea
Malgrado fossi ancora nel pieno delle mie forze fisiche, quella sera non andai né alla serata in città organizzata da alcune amiche né a guardare le stelle. Da quando avevo visto quell’uomo sentivo una costante e strana sensazione, un’agghiacciante sensazione. Mi abbracciavo e mi contorcevo da sola seduta sul prato, ma benché l’aria fosse più calda e umida del normale, sentivo un freddo pungente. Forse era tutto un fatto psicologico o forse non mi ero vestita abbastanza pesantemente. Carla e Sara mi avevano fatto il lavaggio del cervello pur di convincermi a venire ed ero riuscita a rifiutare solo usando il trucco della “falsa febbre” mettendo il termometro sulla lampada. Stufa a stanca mi alzai stiracchiandomi e andai in camera per preparami e andare a letto. Sdraiata sotto le coperte, però non riuscivo a togliermi dalla testa il fatto che era colpa mia se avevo incontrato quell’uomo. Perché se non mi fossi messa a correre da sola nel bosco sicuramente non l’avrei incontrato. Mi ritrovai di nuovo a contorcermi nel letto mentre temevo che l’ombra potesse rispuntare dalla finestra. Dopo un po’ però lo stress mentale ebbe la meglio e mi addormentai.
Ad un tratto sentii una fitta di freddo a mi alzai. Mi trovavo nella foresta e la luce della luna piena filtrava tra le foglie degli alberi. Cosa ci facevo di nuovo nella foresta? Come ci ero arrivata? Mi chiesi ansimando. Mi girai più volte tentando di vedere qualcosa, ma tutto quello che vedevo erano alberi e cespugli. Mi sentivo in trappola e mi mancava l’aria, avevo paura di incontrarlo di nuovo.
Poi dalla vegetazione vidi un’ombra avvicinarsi, le gambe tremavano frenetiche e il cuore pulsava impetuoso. Sussultando mi accorsi però che non era chi mi aspettavo, ma Asio. Subito fui invasa dalla tranquillità, ma anche dalla paura che potesse arrabbiarsi per avermi trovata di nuovo nella foresta. Sorrideva malizioso e mi guardava in modo strano. Mi guardava come… se fossi una cosa da mangiare. Confusa e disorientata feci esitante un passo verso di lui: continuava a sorridere e si avvicinava sempre di più. Poi si fermò a pochi centimetri da me, mi prese la testa con la mano sinistra, abbassò la testa e mi diede un lento bacio sul collo. Restai impietrita: aveva le labbra gelide e il suo fiato mi sfiorava il collo facendolo rabbrividire, sentii il sangue inondarmi le guance. Continuò a baciarmi per qualche secondo mentre le gambe ricominciavano a tremare, ma non per la paura. Nel frattempo aveva appoggiato l’altra mano sul collo, anch’essa gelata, ma morbida. Per quei pochi secondi mi fece paura, non per il bacio, ma per la sua espressione: anche se adesso non la vedevo, l’avevo chiara in mente. Il sorriso malizioso aveva un qualcosa di cattivo e gli occhi e la pelle sembravano ancora più gelidi sotto il raggio debole della luna.
Quando le sue labbra raggiunsero la spalla ebbi come un impulso di difesa e cercai di scansarlo con le mani. In quel momento mi ritrovai nella mia camera, la coperta per terra e un velo di sudore freddo che copriva la fronte e scendeva sulle guance.
Che fosse stato tutto un sogno? Eppure…mi sembrava così vero. Sentivo ancora il suo respiro gelido accarezzarmi il collo, come era successo due giorni prima. Però questa volta mi aveva anche baciata. Guardai l’orologio: erano le quattro.
Avevo i nervi a pezzi: stress, tensione, paura, tensione, paura, stress… negli ultimi due giorni avevo provato solo quelle tre emozioni. Ancora un po’ di tempo così e avrei dimenticato come ci si rilassa. No vabbè, non dovevo esagerare. Mi avevano sempre detto che bisogna essere positivi e tranquilli, ma questa era un situazione particolare.
Raccolsi la coperta, mi ci avvolsi come un bozzolo e piano piano mi riaddormentai.
Il mattino dopo scesi a fare colazione come al solito, ma Carla mi venne incontro e mi disse che Asio non era sceso perché stava male.
Anche se mi dicevano che era solo febbre tornò in me quella strana e agghiacciante sensazione, non avevo motivo di sentirmi così… era solo un po’ di febbre! Forse prima o poi sarebbe venuta… però nei giorni precedenti sembrava freddo, non caldo.
Misi da parte tutte le mie riflessioni e le rimandai a indagini future, dopo colazione sarei andata a trovarlo.
Asio

Un’altra notte passata in preda alla sete, sete che non sarebbe finita mai.
Ormai peggiorava di giorno in giorno, anzi di notte in notte. Quella notte però vidi passare un gatto randagio, la gola bruciava e pretendeva sangue. Non ci pensai due volte, forse era una giusta soluzione: il sangue degli animali. Presi il gattino e lo addentai. Non feci neanche in tempo a succhiare un po’ sangue, fui preso da un’altra serie di fitte su tutto il corpo, mai sentite. Avevo la nausea, mi girava la testa, la vista era sfocata… mi sentivo terribilmente male. Rigettai quel poco che avevo mangiato e quelle gocce di sangue che era riuscito a succhiare. Mentre ancora la testa roteava, tornai in camera e mi sdraiai sul letto senza fare rumore. Era un miracolo che ci fossi riuscito, mi sentivo molto più irrequieto e nervoso, se qualcuno mi avesse dato fastidio avrei potuto picchiarlo.
Passai la notte insonne e esagitato, ma almeno la nausea sembrava essere diminuita. Quando Marco mi svegliò gli dissi che stavo male; non me lo fece ripetere due volte, evidentemente dovevo essere pallidissimo, esangue. Già… non avevo più sangue, maledetto sangue!
Chiusi gli occhi, li riaprii e mi ritrovai in una stanza. Le pareti erano bianche e mal tinteggiate, il pavimento grigio, nessuna finestra e una colonna cilindrica al centro della stanza.
Dove mi trovavo? Sentivo di nuovo la sete, più forte che mai. Poi sentii un rumore di passi e vidi Sìnea. Era nascosta dietro la colonna e ora veniva verso di me con un sorriso gioioso, non potei fare a meno di sorridere anch’io, ma quando si fermò davanti a me il suo profumo m’investì come una grande esplosione, m’inondò i polmoni e la gola bruciò più forte. Quasi non riuscivo più a ragionare: al mio cervello arrivava solo il suo profumo, niente ossigeno.
Senza pensarci la presi tra le braccia, respirai più a fondo con il viso tra i suoi capelli. Dovevo trattenermi, ma quando il naso arrivò al collo non sentii altro che l desiderio di affondare i miei denti in quella pelle delicata e fragrante. La sentii irrigidirsi mentre gli spostavo i capelli dal collo, aprivo le labbra e…
Spalancai gli occhi inorridito. L’avevo uccisa? L’avevo divorata? Sentivo ancora il suo profumo.
Mi ritrovai nel mio letto e qualcosa mi accarezza i capelli. Mi rigirai di scatto e la vidi. Sembrava imbarazzata e preoccupata, sentivo ancora il profumo darmi alla testa.
Sìnea

Salii in camera sua lo trovai che stava dormendo. Mi faceva tenerezza quando dormiva, mi sedetti su una sedia accanto al letto.
Mentre lo guardavo sentivo di nuovo la voglia di accarezzarlo, di toccare quel viso adesso così angelico e quei capelli lisci come la seta.
Cominciò ad agitarsi e ad ansimare, così senza pensarci cominciai ad accarezzarlo sulla testa. Passavo le dita lentamente in mezzo alle ciocche di capelli, come facevo in passato. Chissà se sarebbe tutto tornato come prima?
Sembrò tranquillizzarsi, ma di colpo spalancò gli occhi e mi fissò allibito. Cercò di balbettare, ma aveva una voce così rauca che sembrava non bevesse da giorni.
- cosa ci fai qui? –
- ho saputo che stavi male allora… -
- vattene. –
- cosa? No! Non me ne vado! –
Sembrò rassegnarsi, sapevo essere molto appiccicosa quando volevo, ma questa volta era per una buona causa: una volta che mi avesse spiegato il perché del suo comportamento avrei deciso se fosse giusto lasciarlo perdere o no. Ma mi conoscevo fin troppo bene per sapere che sarebbe stato troppo difficile lasciarlo anche se fosse stata la cosa giusta da fare. Giusto? Cosa c’era di giusto nel lasciare una persona a cui vuoi bene?
- intendevo dire… se potresti lasciarmi solo per il momento. Non mi piace farmi vedere in questo stato. –
Orgoglio maschile? Però questo potevo concederglielo.
- Ok, ci vediamo dopo. Dormi bene e riposati. –
Cos’altro potevo augurargli?
Scesi di sotto dove mi aspettavano Carla e Sara e salimmo insieme sul pullman. Io e Carla stavamo vicine mentre Sara stava nel sedile dietro al nostro, fu la prima a parlare:
- Allora Sì, come stava Asio? –
- Quando sono entrata stava dormendo, ma subito dopo si è svegliato. Allora mi ha chiesto di lasciarlo solo perché non si voleva farsi vedere “in quello stato”. –
Infetizzai le ultime tre parole facendo le virgolette con le mani.
- Orgoglioso eh? Almeno potrebbe smettere di fare il ragazzo forte e grande almeno quando sta male. –
- Già… certe volte proprio non lo capisco. –
Subito rimasi sorpresa dalle mie parole: certe volte proprio non lo capisco. Allora era questo quello che voleva dire Asio e che mi stavo dicendo da sola? Non gli ero stata abbastanza vicino da poterlo capire? Pretendevo di capirlo? Era solo presunzione? Mi venne un crampo allo stomaco.
- Hei Sì! Ci sei? Sembra che di colpo tu abbia visto un fantasma! –
Carla mi guardava preoccupata e mi sventolava la mano davanti agli occhi
- eh? Che? Oh dio scusa… mi ero incantata… -
Chissà che aspetto avevo.
Ero preoccupata per lui: stava male e non lo era stato solo quel giorno. Cosa gli stava accadendo? Cercavo di non prendere in considerazione il sogno fatto la notte precedente, era solo un sogno. La mia mente si divertiva ad inventarsi le storie più strane, eppure sembrava ci fosse qualcosa di vero in quella storia. Forse però la mia mente mi stava solo preparando ad una svolta, forse la malattia di Asio era come l’inizio del conto alla rovescia, forse finalmente le cose sarebbero diventate più chiare.
Così cercai di mettermi il cuore in pace e di aspettare. Dovevo aspettare perché sentivo che si stava azionando una catena di montaggio che avrebbe portato a qualcosa. A qualcosa…ma cosa?

 
 
 

Post N° 8

Post n°8 pubblicato il 12 Gennaio 2009 da Martydolce

Capitolo Quinto
Sopravvento

Asio
La scusa della malattia aveva
funzionato, anche se non era proprio una scusa: stavo male sul serio. In quei
diciassette anni della mia vita non mi ero mai sognato di sperare di avere una
vera febbre, anche se solo un anno fa avevo scoperto a cosa sarei andato incontro.
Da un anno contavo i giorni che riuscivo a passare da normale essere umano,
chiedendomi quando la mia anima venisse mangiata da ciò che sto diventando
adesso. Da un anno controllavo che non mi venisse un attacco di sete o qualche
crampo, cercavo di immaginare come sarei riuscito a sopportare quella belva che
prima o poi sarebbe nata, ma non mi aspettavo sintomi come questi. La sete che
immaginavo non era neanche un briciolo di quella che sentivo in quei giorni,
immaginavo che la gola bruciasse, ma più bruciava, più sentivo che bruciasse il
mio intero corpo, divorato dalle fiamme del sangue. A volte avevo paura che
anche gli occhi mostrassero quelle fiamme, incendiati come rubini, arsi di
sangue.

Ormai sapevo come si sarebbe
trasformato il mio corpo insieme all’anima: un predatore spietato e feroce,
agile e affascinante, forte e letale. La parola “affascinante” accomunata all’essere
che stavo diventando mi disgustava: la mia bellezza era la trappola che
attirava le vittime, come un ragno con la sua ragnatela, come una pianta
carnivora. Mi ripugnavo.

Mi stavo rendendo conto che già stavo
attraendo una preda verso la mia stretta mortale, la persona a cui tenevo di
più: Sìnea. Proprio con chi non dovevo affatto legarmi, ma non ero riuscito a
resistergli. Il mio egoismo mi aveva spinto sempre più a lei, fino a che non
diventò l’unica persona per cui valeva vivere. Perché già un anno prima
preparavo la mia morte, ma non ero mai stato abbastanza coraggioso, lo divenni
ancor meno dopo averla conosciuta e adesso non avevo nessuna intenzione di
morire prima che non fossi sicuro che potesse vivere tranquillamente, ma ora
con lui in giro non era più al sicuro. No, prima lo avrei ucciso, prima avrei
pensato a lei e poi a me stesso: perché pensare ad un condannato a morte? O
peggio, ad un condannato a qualcosa di peggiore alla morte: ad un vile
assassino che succhia la vita alle persone per mantenersi in vita, che non si
preoccupa di spezzare una vita, vittime su vittime senza distinzione: donne,
uomini, innocenti, criminali… la sete di un vampiro equivaleva alla morte di un
essere umano.

La giornata passò così, rimuginando su
quello che potevo fare e su quello che non dovevo fare. Decisi che avrei
lasciato il campus e che sarei andato a cercarlo, ovunque esso si trovasse:
dovevo trovarlo, dovevo ucciderlo.

Al calar della notte arrivò un altro
attacco di sete, dovevo andare nel mio rifugio.

Sìnea
La gita era stata più stancante del
solito tantè che, tornata all’agriturismo, mi lasciai cadere sul letto e
navigai in un meritato sonno.

Solo che quando mi risvegliai era già
sera e non ero più andata a trovare Asio, allora andai nella sua stanza ma un
ragazzo mi disse che si sentiva meglio e che era uscito a fare quattro passi,
ma non sapeva dove.

E ora che dovevo fare? Mi sentivo
inutile! Non mi piaceva stare con le mani in mano! Ora non ero più stanca: mi
sentivo pronta per affrontare la svolta che temevo quella mattina, certo però
non dovevo montarmi la testa altrimenti se quella svolta non fosse arrivata mi
sarebbe venuto un blocco al cuore, ma in fondo per quanto tempo poteva
continuare così? Poco: la svolta sarebbe arrivata presto, me lo sentivo.

Affacciata alla finestra vidi un’ombra
entrare nel bosco, sembrava…

Non ci pensai due volte: infilai le
scarpe e scesi di soppiatto.

Mi avvicinai cauta al bosco e sentii
dei rumori... sembrava che qualcosa si muovesse tra i cespugli.

Seguii i rumori e vidi l’ultima cosa
che mi aspettavo di vedere: Asio si contorceva a terra ansimante, come percorso
da una scarica elettrica, il respiro affannoso…

Subito gli corsi incontro.
- Asio cos’hai? Stai male? –
Lui mi diede una forte spinta e disse:
- Vattene! Lasciami solo! –
- No! Non ti lascio solo! Stai male! –
Mi spinse ancora e ancora cercai di
prendergli il viso… guardarlo negli occhi.

Ecco la svolta.
Mi spinse ancor più violentemente,
così caddi a terra e mi ferì leggermente la mano con una ramo. Asio si fermò,
venne verso di me, mi prese la mano e annusò avidamente la ferita.

Asio

La sete era più forte che mai quella
sera! Non capivo più dove ero, cosa stavo facendo… non capivo dove mi
trovassi…vedevo tutto sfocato… poi…

Una voce, la più familiare che
conoscessi:

- Asio cos’hai? Stai male? –
Sìnea! No, no! Non adesso! Come mi
aveva trovato? La spinsi.

- Vattene! Lasciami solo! –
- No! Non ti lascio solo! Stai male! –
La dovetti spingere un’altra volta, ma
cadde e si ferì. Riecco l’odore di quel dolce sangue investirmi. I muscoli si muovevano
da soli, non so come, ma presi la sua mano e annusai la ferita.

Delizioso.



Sìnea









Poi ad un tratto si alzò e mi prese in
un’altra di quelle strette stritolanti da dietro. I muscoli delle braccia tesi
e gelidi. Mi stringeva così forte che probabilmente mi lasciò dei lividi.
Provai a liberarmi.
- Lasciami! Mi fai male! –
Ma lui non rispondeva. Mi stringeva
sempre più forte. Con una mano scansò i capelli che coprivano la parte destra
del mio collo. Mi venne un brivido.





Asio





Tenevo la mia preda tra le braccia e
la stritolavo, sentivo il suo corpo a contatto con il mio e sentivo il suo
calore… e il sangue che scorreva. La sete aumentava, insieme al profumo
soffocante.





Sìnea





Tentai ancora di liberarmi cercando di
strattonarlo, ma avevo le braccia immobilizzate strette nella sua morsa;
all’improvviso vidi qualcuno che si avvicinava al bosco, forse un curioso; in
quel momento mi venne solo in mente “se lo
scopre per lui è finita”, allora smisi di muovermi. Il curioso si allontanò
e in quel momento Asio tirò il collo della camicia fino a scoprirmi metà
spalla, andai in iperventilazione. Poi sentii qualcosa di morbido e umido
percorrermi il collo, dalla spalla all’orecchio; un altro brivido… mi stava… leccando? Non riuscivo a crederci, ero
sempre più sbalordita. Non ebbi neanche il tempo di pensare a ciò che stava
accadendo perché in un attimo avvenne tutto.





Asio









La preda tentava di fuggire, ma non
poteva nulla contro la mia possente stretta, ansimava e tremava.
Si fermò, si era arresa.
L’assaggiai prima di morderla: sentivo
il profumo tramutato in sapore sulla lingua. Stavo per saziarmi con il sangue
migliore che avessi mai provato.





Sìnea





Sentii il suo respiro gelido sul
collo, le labbra che si aprirono e poi… sentii come una tagliola, affilatissima
e profonda. Sentii qualcosa di lungo e affilato che affondava violentemente
nella pelle. Un dolore acuto e incandescente, peggio di qualsiasi altro dolore
mai provato, le sue zanne erano piantate nel mio collo. Poi la cascata di
sangue succhiato entrare nella bocca di Asio, mentre altro ne scivolava lungo
il collo, sulla spalla, sui vestiti. 





Asio





Affondai impaziente i denti nel suo
collo. Finalmente sfondai quell’unico strato di pelle che m’impediva di bere
quel sangue impareggiabile. Lo volevo tutto, il flusso denso e bollente
scorreva nella mia gola, era più squisito di quanto avessi immaginato, non ne
avrei mai avuto abbastanza. Ero estasiato da quel sapore, la mia mente era
annebbiata, l’unico senso prevalente era il gusto.





Sìnea









Più succhiava, più le gambe tremavano
e le lacrime mi scivolavano lungo il viso. Speravo si fermasse, ogni sforzo per
muovermi non faceva altro che aumentare il dolore del morso.
“Ti prego fermati!
Controllati!” Speravo con tutta me stessa che
riuscisse a controllarsi, ma non per me perché in quel momento non avevo paura,
ma provavo solo pena. Pena per Asio. Lui non era cattivo. No.
Diedi un ultimo e disperato strattone,
accompagnato da altro dolore.





Asio





Pian piano riacquistavo lucidità, mi
sentivo rinvigorito e forte, ma non avevo nessuna intenzione di rinunciare a
quel sangue. La preda sembrò riprendersi e mi diede un altro strattone, in quel
momento ebbi come un flash e vidi cosa stavo facendo. La stavo uccidendo, no.
La stavo divorando barbaramente senza contare che era la persona a cui tenevo
di più nella mia vita, che la stavo trattando come una succulenta preda. No!
Fermati!





Sìnea





Sentii le lame uscire lentamente dalla
pelle e gemetti. Mi lasciò e mi girai subito coprendo istintivamente la ferita
con la mano. Asio era davanti a me, lo sguardo affamato, gli occhi rossi
brillanti, le pupille non più nere sfavillavano accese e dorate, la bocca piena
di sangue. Era incredibile il contrasto del rosso vivo del sangue con i suoi
capelli neri come la notte. Improvvisamente si scosse e gli occhi si spensero. 





Asio









La lasciai e riuscii a vederla in
faccia: peggio dei miei incubi, peggio di ogni disgrazia vidi le lacrime che
correvano sulle sue guance e ancor peggio il collo ricoperto di sangue. Sangue
che le scivolava sulla camicetta, sangue che correva sulla spalla, sangue che
si allungava come un fiume in discesa, sangue che usciva come una cascata da
quell’orribile morso, il mio orribile
morso.
Non ero stato capace di resistere, non
ero stato capace di proteggerla, non ero stato capace di impedire ai miei denti
affilati di rubare quel delicato collo e il sangue che conteneva.
Ero peggio di un mostro: ero un
vampiro.







Sìnea





Si guardò le mani anch’esse sporche di
sangue, poi guardò me e i segni del suo morso sul collo. Si nascose il viso tra
le mani e implorò:
- Oddio! Sono imperdonabile! Io
sono…io sono…! Scappa fuggi! Prima che possa perdere di nuovo il controllo! Non
vedi? Sono un mostro!– 





Asio









Era ancora viva! Ma ero un mostro e
Sìnea doveva fuggire prima che la uccidessi definitivamente. Il dolce profumo
del suo sangue continuava a soffocare l’aria, ma solo il pensiero di cosa avevo
fatto per ottenerlo mi sentivo ormai demeritato di qualsiasi cosa. Non meritavo
né pietà, né amore, niente. Soprattutto Sìnea, no. Non la meritavo, soprattutto
adesso che le avevo inflitto uno ferita così atroce.
Rispose tremando:
- no…no…non sei un mostro! Come portai
lasciarti? Non scapperò! –





Sìnea













- ma che dici? Lo sento che stai
tremando! Scappa! –
- NO! –
Lentamente cercai la sua mano, ma
prima che potessi toccarla si allontanò.
- Vattene! –
Non lo ascoltavo, feci un passo senza
di lui, ma le mie gambe non sorreggevano più il mio peso. Sarei caduta a terra
se Asio non mi avesse preso in braccio appena in tempo.





Asio









Si avvicinò, ma barcollava e stava per
svenire. La presi al volo. Di nuovo sentii il suo calore tra le braccia, ma
sembrava morta. Ero disperato! Cercai di rianimarla, ma non si svegliava.
Respirava ancora, ma il sangue continuava a uscire dal collo.
Forse me ne sarei dovuto andare, se si
fosse svegliata mi avrebbe visto e si sarebbe terrorizzata ancora di più.
Feci per andarmene, ma lo vidi di
nuovo. Sembrava divertito da quella scena, che di certo aveva pregustato
dall’inizio. No, non potevo lasciarla sola sdraiata nel bosco; dovevo
sorvegliarla. Non lo avrei fatto avvicinare nemmeno di un millimetro, un mostro
come quello, a cui adesso somigliavo di più dopo l’imperdonabile crimine
commesso, non poteva avere buone intenzioni con una ragazza fragile e dal
sangue irresistibile.





Sìnea









Credevo di essere svenuta perché
quando riaprii gli occhi vidi Asio seduto accanto a me. Lo sguardo
terrorizzato, la bocca sporca di sangue. Il morso bruciava ancora un po’, ma
era sopportabile. In quel momento compresi tutto ciò che Asio non mi aveva
detto. Era un vampiro. In quei giorni, forse la sete era molto forte e non ha
resistito, ma… da quanto tempo lo era? Da sempre? Impossibile… aveva mai
provato a svelarmi il suo segreto? Se non mi avesse morso ora, avrei mai
scoperto la verità? Mille domande volavano nella mia testa… ma cosa importava
ora delle domande? Come stava Asio?
Aveva l’espressione di un assassino
pentito, ogni volta che vedevo quell’espressione mi veniva una stretta al
cuore… ora sentivo che le lacrime stavano per risorgere…
Mi sedetti e lo abbracciai con tutta
la forza che avevo.





 
 
 

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