Blog
Un blog creato da tomthumb il 20/08/2007

Le Labrene

Father was teaching us that all men are just accumulations dolls stuffed with sawdust swept up from the trash heaps where all previous dolls had been thrown away the sawdust flowing from what wound in what side that not for me died not

 
 

ULTIMI COMMENTI

a volte.. tornano! :-)
Inviato da: elf_8
il 17/04/2010 alle 01:19
 
Tom?!? :)... notizie please! ;)
Inviato da: fata_dibosco
il 17/04/2010 alle 01:09
 
che palle
Inviato da: buknowski
il 05/04/2010 alle 06:06
 
Con rispetto..ti aspetto, Milena
Inviato da: ladymiss00
il 04/04/2010 alle 10:26
 
E dunque ci siamo... me ne dispiace ma capisco. Mi associo...
Inviato da: ellafurospia
il 22/03/2010 alle 10:27
 
 

AREA PERSONALE

 

ULTIME VISITE AL BLOG

ma.centiniBrimbrilla88alexzoninmarcantoniopandrea.marion1991tomthumbspagnologspaololivia.di_colat.cangemimarios1959sntluipb_torinogres0brittoli1945grazianari
 

FACEBOOK

 
 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Giugno 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
          1 2
3 4 5 6 7 8 9
10 11 12 13 14 15 16
17 18 19 20 21 22 23
24 25 26 27 28 29 30
 
 
 

 

Un maniaco fotografo

Post n°190 pubblicato il 28 Aprile 2009 da tomthumb

Il mio capo è un maniaco della fotografia ma è tutt'altro che un bravo fotografo, nei suoi scatti non si nota alcun talento, certamente nella sua poderosa attività in tale settore è la quantità che prevale sulla qualità ma tutto ciò non sarebbe poi un problema, se solo quell'uomo non affliggesse il prossimo e quindi i suoi dipendenti con la visione coatta di tutti i suoi album e le sue diapositive durante l'orario d'ufficio.
Da questo punto di vista  è veramente un uomo impossibile, un folle da rinchiudere in una stanza imbottita, un pericoloso individuo che nell'ansia di mostrare a tutto il mondo quello che fa fuori dall'ufficio, esibisce le foto da lui scattate come prove documentali:gite in Italia o all'Estero con la famiglia, grigliate casarecce con gli amici, tutti i particolari della sua nuova enorme casa in campagna, la festa di laurea di sua figlia in tutti i più minuti dettagli.
Così quando mi chiama nella sua stanza so bene quello che mi toccherà subire: due ore di incredibile noia in cui sarò costretto a visionare fotografie ridicole mentre la sua spiegazione si aggiunge in modo didascalico ad ogni singola immagine.
L'ultimo suo viaggio è stato nella Foresta Nera con moglie e figlia. Ho potuto vedere in anteprima rispetto ai miei colleghi l'intero servizio fotografico. Come sono fortunato.

 
 
 

Resonance at night

Post n°189 pubblicato il 24 Aprile 2009 da tomthumb

Da alcune notti ho seri problemi con il mio materasso.
E’ diventato una specie di sottiletta in cui si affonda penosamente e su cui ci si risveglia spesso in piena notte con la schiena  spezzata mentre magari si stava facendo un bel sogno: per esempio Charlize Theron che ti rimbocca sinuosa  le coperte agitando le ciocche bionde e non solo quelle oppure il Merda Impestato improvvisamente andato a far compagnia ai milanesi illustri del Famedio.
Così risvegliarsi  procura un dolore doppio e quasi sempre si stenta a riaddormentarsi: la notte scorsa mi è accaduto ancora tutto ciò e allora sono rimasto inerme  nel letto a guardare il mostruoso pesante lampadario che pendeva  minacciosamente sopra il mio corpo disteso ed intanto attraverso la parete sottile alle mie spalle ascoltavo il russare pesante e inconsapevole del coinquilino,  il simpatico ragazzo addormentato che si era addormentato ormai da molte ore, un invidiabile sonno continuo il suo, certe persone hanno una fortuna sfacciata nella vita e neanche se ne rendono conto, e così, lui dormiva da un sacco di tempo dopo il furioso litigio al cellulare con la fidanzata: io l’avevo sentito attraverso la parete sottile il suo vano giustificarsi, quell’inutile balbettare maschile: con le donne pare che non ci sia scampo.
E così “eccomi  qua” pensavo sul mio materasso con la  schiena a pezzi mentre intorno a me i rumori crescevano: oltre la sega circolare del beato addormentato russante, lo sfrecciare quasi periodico delle macchine sulla via consolare, il cigolio del letto degli inquilini del piano di sopra in una serie di oscillazioni sempre più forti ed inequivocabili,-la risonanza studiata sui libri- ho pensato e mi sono messo a ridere da solo ed allora mi è venuto in mente, come in una specie di delirio, il professore di Fisica e quel suo esempio del ponte di Tacoma, crollato a causa della risonanza della struttura causata dal vento, quella vecchia foto sul vecchio libro di Fisica.
E così nel delirio della ricostruzione di qualche formula a mente cercando di vincere l’insonnia mi è apparsa  la faccia giovane e ghignante del prof, il suo dimenarsi nell’aula affollata,  l’equazione differenziale gloriosa che lampeggiava minacciosa sulla lavagna, la frequenza naturale e il termine noto forzante, i nostri visi stravolti, il suo atteggiarsi da piccolo Caccioppoli, il fumo della sua sempiterna sigaretta.  

E poi quella sua omosessuale misoginia e quella studentessa nell’abitino succinto all’esame che nulla sa di Fisica e lui che cammina nell’aula ed il fumo della sua sigaretta che danza nell’aria in volute beffarde in quei tempi in cui si poteva fumare liberamente senza che nessuno ti rompesse le palle e lui con gli occhi sfavillanti di ironia  mentre  lei la bonazza ignorante da urlo è ferma in piedi vicino ad una lavagna vuota: “Signorina-le dice- allora passiamo alla Dinamica del Corpo Rigido, che lei non può non conoscere”. Certe volte anche le donne non hanno scampo.


Ma era un Caccioppoli minore, solo un Caccioppoli minore: quell’altro, il vero napoletano genio era sempre perduto sulla frontiera dell’insieme, nel suo logoro impermeabile innamorato della Musica e dell’Analisi Funzionale, lui comunista con l’assistente prete in uno dei suoi magnifici paradossi ed alla fine il colpo di pistola in solitudine alla fine degli anni Cinquanta quando ancora i miei genitori all’università di Napoli non c’erano ma ci sarebbero stati solo dieci anni più tardi ma in una Napoli che risuonava ancora del ricordo di Caccioppoli tra i vicoli, la Napoli dei loro vent’anni.

E così, affondato  nel materasso, continuavo nel mio delirio notturno mentre il coinquilino russava e la coppia copulante di sopra si produceva nella finale performance di gridolini e sospiri ed io continuavo nel mio delirio sopraffatto dalle visioni  e dalla matematica minacciosa, la derivata della tortura e l’integrale dell’incubo, il ricordo di mia madre che mi raccontava di aver seguito il corso di Matematica generale con l’assistente prete di Caccioppoli e di essersi accorta che era un prete solo dopo molte lezioni, quando la folla davanti a lei si era ormai diradata e lei aveva potuto vederlo, aveva potuto vedere quel professore in tonaca di cui aveva sentito incredibilmente solo la voce, qualcosa che ancora stento a credere, come si possa seguire delle lezioni in quel modo, la Matematica purtroppo o per fortuna non è Storia o Letteratura.

Ma poi mi sono alzato dal letto nell’affollarsi dolente dei ricordi, le onde periodiche dei ricordi in risonanza pericolosa dentro di me, le equazioni della Dinamica e il teorema del punto unito, la voglia di vivere e quella di fuggire, Napoli e Roma e il sonno che forse non sarebbe più arrivato e i pensieri che si aggrovigliavano implacabilmente come  quelle volte che cercavo la soluzione disperata  di un’equazione differenziale, quei bastardi esercizi di una volta: mi sono preparato una tazza d’orzo e sono tornato nella mia stanza e nessun rumore più si sentiva, mi avrebbero lasciato in pace tutti, ho pensato, forse per quelle poche ore che mi separavano dal giorno sarei rimasto in pace, forse.

 

 

 
 
 

Nell'oscuro parcheggio di Rebibbia

Post n°188 pubblicato il 22 Aprile 2009 da tomthumb

Nell’oscuro parcheggio di Rebibbia, capolinea della metro B, cammino nelle tenebre irrimediabili della mezzanotte che avvolgono la romanità periferica e che cazzo mi procurerà questa birra di troppo, cosa cazzo mi procurerà, mi chiedo, mentre cammino nel buio irrimediabile e denso delle cose dimenticate da Dio scansando la prostituta invitante e guardando l’insegna luminosa di una  pizzeria semivuota e poi entro  in macchina, la mia vecchia Volkswagen.
Sono un po’ brillo o meglio parliamo pure di ubriachezza profonda mentre guardo questi sedili, questo cruscotto che non riconosco: quando cazzo ho deciso di cambiare l’interno della macchina, (l’orribile tappezzeria a fiori che si stampa dolorosamente nel mio cervello  offuscato),  quando lo ho fatto?, mi chiedo dolorosamente stupito prima di realizzare che sono entrato in una macchina diversa dalla mia senza accorgermene, stesso modello e colore della mia vecchia Polo che mi guarda beffarda parcheggiata appena qualche metro più in là, qualche ora prima, qualche secolo prima.
La notte è profonda.

 
 
 

La lingua del Boschi

Post n°187 pubblicato il 20 Aprile 2009 da tomthumb

<< Anch'io ho fatto tutto quello che in genere si fa per fare carriera. Ho leccato il sedere quando c’era da leccarlo, ho assecondato, ho chinato la testa: non ho paura a negarlo. Ora che sono molto più anziano, potrei anche io fare del moralismo ma ho visto talmente tanto in questi anni che me ne guardo bene». 

Prof. Enzo Boschi, Presidente dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.

Articolo della Stampa di Torino in cui il prof. Enzo Boschi dà consigli ai giovani che vogliono intraprendere una soddisfacente carriera scientifica (e non solo) in Italia.

Osservazione di  Tom Thumb a margine :  Nell'esamificio della Vita, l'orale è sempre più importante dello scritto.

 
 
 

Pausa pranzo

Post n°186 pubblicato il 17 Aprile 2009 da tomthumb

Mancano pochi minuti alla pausa pranzo e tre alternative si profilano all’orizzonte:


1) Pasta al pesto al bar di Marcello (un “Er Monnezza”  in versione aggiornata ma molto  meno raffinata). La pasta è cucinata dalla suocera di Marcello, delicata signora di un centinaio di chili che parla come magna smadonnando in continuazione e  grattandosi spesso sotto le ascelle.

2) Trancio di pizza imbevuto d’olio dall’egiziano.  L’egiziano consegna il trancio avvolto in carta unta, mentre nell’aere si diffondono delicate fragranze naturali di persone e cose.

3) Ascesi.

 
 
 

Il silenzio delle sirene

Post n°185 pubblicato il 16 Aprile 2009 da tomthumb

Dimostrazione del fatto che anche mezzi inadeguati, persino puerili, possono servire alla salvezza.
Per difendersi dalle Sirene, Odisseo si tappò le orecchie con la cera e si lasciò incatenare all'albero maestro. Naturalmente tutti i viaggiatori avrebbero potuto fare da sempre qualcosa di simile, eccetto quelli che le Sirene avevano già sedotto da lontano, ma era risaputo in tutto il mondo che era impossibile che questo potesse servire. Il canto delle Sirene penetrava dappertutto e la passione dei sedotti avrebbe spezzato ben più che catene e albero. Odisseo non ci pensò, benché forse lo sapesse. Confidava pienamente in quel poco di cera e in quel fascio di catene, e, con innocente gioia per i suoi mezzucci, andò direttamente incontro alle Sirene.
Ora, le Sirene hanno un'arma ancora più terribile del canto, cioè il silenzio. Non è certamente accaduto, ma potrebbe essere che qualcuno si sia salvato dal loro canto, ma non certo dal loro silenzio. Al sentimento di averle sconfitte con la propria forza, al conseguente orgoglio che travolge ogni cosa, nessun mortale può resistere.

E, in effetti, quando Odisseo arrivò, le potenti cantatrici non cantarono, sia che credessero che solo il silenzio potesse vincere quell'avversario, sia che, alla vista della beatitudine nel volto di Odisseo, che non pensava ad altro che a cere e a catene, si dimenticassero proprio di cantare.
Ma Odisseo tuttavia, per così dire, non udì il loro silenzio, e credette che cantassero e di essere lui solo protetto dall'udirle. Di sfuggita vide sulle prime il movimento dei loro colli, il respiro profondo, gli occhi pieni di lacrime, le bocche socchiuse, ma credette che questo facesse parte delle arie che non udite risuonavano intorno a lui. Ma tutto ciò sfiorò appena il suo sguardo fisso nella lontananza, le Sirene sparirono davanti alla sua risolutezza e, proprio quando era più vicino a loro, non seppe più niente di loro.
Quelle - più belle che mai - si stirarono e si girarono, fecero agitare al vento i loro tremendi capelli sciolti e tesero le unghie sulle rocce. Non volevano più sedurre, volevano solo carpire il più a lungo possibile lo sguardo dei grandi occhi di Odisseo.
Se le Sirene avessero coscienza, quella volta sarebbero state annientate. Ma sopravvissero, e solo Odisseo sfuggì a loro.
A questo punto, si tramanda ancora un'appendice. Odisseo, si dice, era così astuto, era una tale volpe, che neppure la Parca del destino poteva penetrare nel suo intimo. Egli, benché questo non si possa capire con l'intelletto umano, forse si è realmente accorto che le Sirene tacevano e ha, per così dire, solo opposto come scudo a loro e agli dèi la suddetta finzione.

Franz Kafka

 
 
 

Appello alle viaggiatrici con casa al seguito

Post n°184 pubblicato il 15 Aprile 2009 da tomthumb

Care viaggiatrici con casa al seguito,

smettetela per favore di preparare quelle enormi valigie che trascinate a fatica nelle stazioni ferroviarie e che poi non riuscite a sollevare quando entrate accaldate e sudate nello scompartimento del treno e le vorreste allora sistemare in alto e non ci riuscite perché sono troppo pesanti per voi e quasi vi ricadono addosso mentre le alzate sbuffando , ed allora ecco pretendete l’intervento di un malcapitato che vorrebbe solo continuare a leggere o ascoltare musica e che proprio non riesce a vincere il suo cupo pregiudizio che le vostre valigie oltre che pesanti siano piene di trascurabili cianfrusaglie.

 
 
 

Gruppo di giornalisti televisivi al lavoro

Post n°183 pubblicato il 09 Aprile 2009 da tomthumb

 
 
 
 
 

Due vecchi

Post n°181 pubblicato il 30 Marzo 2009 da tomthumb

Odio da un bel po’ un’avida coppia di vecchi.
Sono i proprietari dell’appartamento in cui da due anni abito insieme ad altri due disgraziati e, quando all’inizio del mese gli portiamo il denaro per l’affitto, mi sembra d’essere ogni volta sbalzato in un cupo romanzo di Dostoevskij, solo che non siamo nella Russia dell’Ottocento ma in una triste periferia romana di questi fottutissimi anni Duemila.

Eccoli i vegliardi, li vedo con gli occhi della mente mentre scrivo di loro, i maledetti ottuagenari  che paiono sempre camminare sul bordo della fossa finale e mai però cadervi veramente  dentro, sempre pronti a lamentarsi della vita e degli acciacchi e poi lesti ad afferrare con mani adunche il denaro che gli diamo mentre gli occhietti rapaci scintillano tra le rughe del Tempo, in quei visi devastati dagli anni che evidentemente non gli hanno regalato alcuna saggezza ma solo meschinità di cuore e sfiducia negli esseri umani.

Così entriamo ad ogni inizio del mese in quella specie di ingresso della loro casa (quella specie di villa che cade a pezzi, non l’appartamento che hanno fittato a noi) e loro  ci accolgono colmi di quella strana mistura di sentimenti contrastanti che li rende così odiosi: la gioia per il denaro che tra poco scivolerà tra le loro vecchie dita nodose e la paura dannata che manchi una parte della pigione.

Così ci fanno sedere come al solito al vecchio tavolino rotondo in uno spazio sovraccarico di vecchi oggetti polverosi col televisore sempre acceso che trasmette qualche programma demenziale mentre loro continuano a guardarci aspettando che mettiamo in bella mostra il denaro sul tavolo, le banconote ben sparpagliate a coprire il loro sozzo tavolo, in modo che possano vederle bene, cominciando a convincersi che tutto è a posto, che non li abbiamo ancora imbrogliati.

Così, dopo il conteggio, svanisce la loro paura ed allora il vecchio magrissimo è un tripudio di felicità mal trattenuta e comincia a guardare la moglie grassa, quell’antichissima foca assisa  nella poltrona, comincia a guardarla come a chiederle il permesso di offrirci qualcosa da bere, e al cenno positivo della pappagorgia pelosa della moglie egli allora ci sorride dicendo:
“ Ragazzi,  posso offrirvi un bicchiere dell’acqua più buona di tutta Roma?”

 
 
 

Post sbagliato

Post n°180 pubblicato il 20 Marzo 2009 da tomthumb

Sapete molto meglio di me che da alcuni anni in Italia non è più di moda l'antifascismo forse  perché, pure senza alcuna nostalgia o conoscenza del Ventennio,  fascista è la maggioranza degli italiani.

Video: Pa' a Sabaudia

Soundtrack: Fabrizio De André: Una storia sbagliata

 
 
 

Sciascia e Volonté, un ricordo

Post n°179 pubblicato il 17 Marzo 2009 da tomthumb

L'italiano non è l'italiano

 
 
 

L'invito

Post n°178 pubblicato il 13 Marzo 2009 da tomthumb

Da qualche giorno per andare a lavoro, se di lavoro si può parlare, sono costretto ad alzarmi ad un orario per me inconcepibile: le sei e mezza del mattino, maledizione, lei sei e mezza del mattino, dannazione.
E poi quella sofferenza indicibile (la sveglia che lacera  il mio mondo addormentato, tastare il comodino per farla tacere, alzarsi con le palpebre semichiuse e  dirigersi  incespicando verso il bagno e/o la cucina) e poi dicevo, tutto quel tormento per cercare di arrivare in ufficio alle nove, dopo un tragitto di circa due ore da Est a Sud attraverso la città incarognita del primo mattino.
E poi come se questo non bastasse, come se tutto questo fosse poca cosa, sentire la sua detestata voce gioviale attraverso il cellulare che ho dimenticato di spegnere, ascoltare il suo invito mentre percorro Viale del Tintoretto (che bel nome usurpato) e non riuscire a dire di no, non riuscire a declinare il suo invito mellifluo al battesimo del figlio.

“Non sapevo che avesse un figlio “ penso mentre salgo le scale e poi immediatamente mi si forma nella mente una di quelle immagini assurde che tante volte assumono il dominio incontrollato dei miei pensieri: antichi ricordi si mescolano senza pace ed allora rivedo lui ubriaco disteso sul marciapiede e il pastore tedesco che abbaia furiosamente al di là del cancello del giardino e poi rivedo me che cerco di rialzare lui e noi due  che alla fine ce la facciamo, camminiamo insieme verso il portone di casa mentre il cane continua a latrare e lui continua a puzzare di vomito e di liquori scadenti bevuti in bar scadenti e poi mi allontana con il braccio dicendomi che non ha bisogno del mio aiuto, mi dice così ed io lo lascio fare e controllo con lo sguardo stanco delle tre del mattino la sua penosa danza d’ubriaco sotto le stelle oscurate mentre il cane continua a latrare e lui allora fa la cosa buffa che mi fa ridere da anni: si sbottona la patta e tira fuori il suo flaccido pezzo di carne dicendo di voler orinare nelle fauci spalancate del cane che continua a latrare come Cerbero sporgendo la bocca mostruosa attraverso due sbarre del cancello.

E così mi dico, mentre entro in ufficio all’ora prestabilita, ecco cosa ha comportato averlo tirato via all’ultimo momento tanti anni fa, averlo tirato indietro da quel cancello, avergli salvato il flaccido pezzo di carne, proprio mentre lui follemente cercava di farlo passare attraverso le sbarre,  dalle fauci pronte del cane: “Oh Gesù Giuseppe e Maria, perché l’ho fatto?”  ho continuato a chiedermi, “non ci sarebbe alcun figlio da battezzare adesso e tanto meno un invito da declinare o accettare, no, non ci sarebbe proprio...”.

 

 
 
 

Il tomo dimenticato

Post n°177 pubblicato il 11 Marzo 2009 da tomthumb

L’altra sera mi sono accorto di uno strano librone riposto sullo scaffale più alto (e polveroso) della mia libreria: un inquietante mattone dalla copertina verdastra che mi è sembrata una strana sgradevole novità.
 “ Cosa cazzo è quell’affare lì?”, ho pensato e mi sono alzato con sommo fastidio dalla poltrona spelacchiata per avvicinarmi allo scaffale in cui sfolgorava impunemente  il tomo intruso.
Ho guardato la copertina e ho letto un titolo incomprensibile ( fosse stato scritto in qualche dialetto mediorientale sarebbe stata la stessa cosa), “Cosa cazzo è quest’affare?” mi son chiesto di nuovo.

Ho sfogliato, compulsato le numerose pagine (dalla carta piacevolmente odorosa devo dire) e non sono riuscito a ricordare da dove provenisse tutto il guazzabuglio di equazioni che scorreva come un lontanissimo incubo del passato tra le mie mani e sotto i miei occhi.

Ho cercato di ricordare, ma non ci sono riuscito.

Così, non disponendo della stele di Rosetta, ho dovuto chiudere il libro e rimetterlo al suo posto e destinarlo ad un futuro tavolo traballante.

Però, più tardi, mi giravo e rigiravo dentro il letto: pensavo e ripensavo in modo ossessivo a quel libro fino a quando non ho realizzato: “la mia tesi di laurea , cazzo…” ho finalmente sussurrato, con una specie di gemito esalato tra il guanciale e la coperta, nel vuoto della notte.

 
 
 

Borrelli sull'autobus 40

Post n°176 pubblicato il 06 Marzo 2009 da tomthumb

Poche ora fa, in piazza dei Cinquecento, a Roma, sono salito sull'autobus 40, e vi ho trovato, seduto come un tranquillo comune cittadino che prende l'autobus, Francesco Saverio Borrelli.
Cioé, non l'ho riconosciuto subito, l'ho guardato in faccia mentre obliteravo il biglietto e mi sono detto quella classifica frase che uno si dice in tali casi "Ma dove diavolo l'ho vista questa faccia?".
Poi, abbastanza presto per la verità, ho realizzato: "Cazzo, Borrelli! "mi sono detto mentre prendevo posto a qualche distanza da lui.
Così, mentre tenevo d'occhio la nuca di quell'anziano autorevole uomo di legge e  spiavo pure il suo riflesso sul vetro del finestrino e l'autobus girava prima intorno al fontanone delle Naiadi e poi si precipitava giù per Via Nazionale,  mentre accadeva tutto questo, mi si è srotolata nella mente grande parte della recente storia giudiziaria d'Italia.
Ho ripensato agli anni del Pool, a quel clima  che si viveva allora, forcaiolo per qualcuno, di rigenerazione per qualcun altro e  a cosa può essere rimasto di quel tempo nella realtà attuale.
Poi ad un certo punto Borrelli si è alzato per scendere e mi è sembrato più alto di quanto pensassi avendolo visto solo in televisione o in fotografia e assurdamente mi sono ricordato di quel servizio del Venerdì di Repubblica letto alcuni anni fa in cui compariva una foto di Borrelli a cavallo, qualcosa che allora mi sembrò un po' grottesca, una parodia di una statua equestre che già risulta qualcosa di involontariamente parodico, ma tutto sommato quella foto era in linea col personaggio, non saprei spiegare bene perchè.
Così prima che Borrelli, cavallerizzo provetto nella mia memoria e infreddolito in un elegante loden davanti ai miei occhi adesso,  scendesse e scomparisse nelle profondità serali di Torre Argentina, mi è venuto da pensare, chissà perchè,  a quell'altra foto, quella di Tonino, il popolano Tonino, ritratto sul trattore...
"Ma cazzo, quei due come facevano a capirsi?" mi sono detto.
Poi l'autista mi ha avvisato che eravamo arrivati al capolinea ed allora sono sceso e ho fatto quattro passi, guardando il fiume che scintillava tranquillo e rabbrividendo per il freddo intenso.

 
 
 

On the road again

Post n°175 pubblicato il 27 Febbraio 2009 da tomthumb

Così eccomi qui nuovamente ritornato sulla strada. Cioè, non è che non ci fossi anche prima, tutt'altro, c'ero eccome, però stavo seduto su quella specie di furgoncino un pò malandato ed allora la strada, la meravigliosa dannata strada la guardavo venirmi incontro come un serpente grigio che si srotolava ma allora io ero comodamente seduto vicino al finestrino a guardare il paesaggio di alberi ed ancora alberi disposti in filari e poi campi desolati ed uomini senza fortuna fermi sul ciglio della strada.

Certo le scosse, le maledette buche non sono mai mancate ma poi in realtà riuscivo ad aggrapparmi sempre e a vincere il vomito anche quando le facce dei miei compagni non erano delle migliori e quando le cose che il comandante mi chiedeva di fare non mi piacevano troppo ed io facevo il mio lavoro non dimenticando mai quello che vedevo del mondo di fuori, quello che sapevo del mondo di fuori.

Adesso sono fermo anche io al margine della strada e il furgoncino si allontana e visto così sembra persino bello e poi guardo le facce dei miei compagni che mi salutano e diventano sempre più piccole. Poco fa ognuno di loro mi ha abbracciato cercando di rincuorarmi, dicendomi che non dovrò camminare a lungo a piedi o peggio semplicemente guardare i camion che passano come fanno gli altri uomini senza fortuna come me, mi hanno detto questo, hanno cercato di rincuorarmi ma io so che nel loro intimo mi hanno anche compatito, ciò che fa più male, ciò che grida vendetta al cielo, mi hanno pure compatito e tirato un sospiro di sollievo che non sia toccato a loro fermarsi qui.

Così è probabile che sia molto meglio dimenticarli, è questo quello che sto pensando adesso che sono scomparsi all'orizzonte in una nuvoletta di polvere che sembra finta, come se l'avesse disegnata, insieme a questa maledetta strada e a questo paesaggio desolato, un perverso fumettista di Hanna &Barbera.
Non è la prima volta che mi capita un posto del genere, ho qualche esperienza, però ogni volta che mi succede  mi sento più stanco, ma a questo non devo assolutamente pensare, mi dico, sono nuovamente sulla strada e non posso fare altro che guardare questi filari di alberi senza fine e incrociare lo sguardo degli altri uomini fermi come me e poi camminare lungo questo lungo serpente grigio che non si muove più. 

SoundTrack: una canzone di Kris Kristofferson, una qualsiasi...

Immagine: Kris Kristofferson

 
 
 

Orson e il disappunto

Post n°174 pubblicato il 21 Febbraio 2009 da tomthumb

Questa faccia dice tutto, inutile aggiungere altro, se non il mio disappunto nello scoprire che il DVD appena comprato proprio non va, maledettamente infatti si blocca in tutti gli stramaledetti lettori che provo, negandomi così il continuum della visione wellesiana, l'apoteosi del genio strabordante per stazza e bravura, quella faccia che dice tutto.
E così prima di cambiare o ricomprare il DVD del cazzo, potrò solo vedere squarci di film, fantastici spezzoni con Charlton Heston coi baffi messicani e Janet Leigh che ricordavo solo perchè pugnalata a morte sotto una doccia hitchcockiana.
E poi pure Marlene Dietrich incantatrice, ma su tutti loro quel geniale grassone, quell'irripetibile gigione Shakesperiano, quella faccia che dice tutto.

Immagine: Orson Welles in "L'infernale Quinlan", titolo italiano (che grida vendetta) di "Touch of Evil" , il film che sto guardando a spezzoni...

 
 
 

Sweet Cesspool

Post n°173 pubblicato il 18 Febbraio 2009 da tomthumb

Ho già scritto di Javier Marìas e del suo libro "Domani nella battaglia pensa a me" e se adesso torno a scriverne è perchè avendo letto qualche giorno fa un articolo dello stesso Marìas sull'attore britannico George Sanders, un particolare del libro mi è tornato in mente, qualcosa che mi ha davvero colpito.
Non so molto di George Sanders ma l'articolo di Marìas mi ha spinto, come spesso accade, ad approfondire e poi quel particolare di cui parlavo prima, che rileggendo l'articolo ho ricordato di aver letto anni fa nel romanzo, quel particolare, continuo a dire, mi si è piantato nella memoria.
George Sanders era specializzato in ruoli di cattivo anche se di una malvagità tutta psicologica, non un violento manesco insomma come Jack Palance (che tra l'altro aveva fatto in gioventù anche il pugile e che aveva quella faccia incredibile, rassicurante come una lama di coltello) ma i personaggi da lui interpretati suscitano disagio forse proprio in virtù di quella violenza immateriale che riescono a trasmettere.
Ho ritrovato e guardato vecchi filmati, naturalmente in bianco e nero, in cui emerge l'incredibile freddezza, quasi spaventosa di Sanders, uno che ha scelto, uno che è consapevole fino in fondo di essere malvagio, direbbe Marìas e che tuttavia persegue il Male.
Ma il più curioso tra i vari spezzoni non proviene da un lontano film degli anni quaranta, salta fuori invece da una trasmissione un pò stupida della TV americana, anni cinquanta o giù di lì, in cui un gruppo di concorrenti bendati doveva indovinare dalla voce e dalle parole dette un attore o un'attrice che gli stava di fronte.
Così ho visto il filmato con un timido Errol Flynn e addirittura un giovanissimo Paul Newman con relativa consorte e poi naturalmente George Sanders, che sembra un po’ fuori luogo, un po’ imbarazzato e poi quando qualcuno lo riconosce dalla voce (quella voce particolare, un marchio caratteristico) quasi ansioso di ringraziare ed andare via.
Con quell’aria particolare di esiliato che aveva nei film, grandissimo attore, splendido malvagio ma appunto uomo probabilmente in esilio perenne, come se fosse quasi per caso capitato sul set, anche se capace poi di adeguarsi con disinvoltura ed eleganza, ironia e distacco, anche in quei B-movies che girò alla fine della sua vita.
E quindi alla fine  ecco il particolare che mi impressiona, quel che avevo già letto in “Domani Nella Battaglia pensa a me” e che poi ho ritrovato altrove, quel che non riesco per ora a dimenticare; poche righe in inglese per il suo biglietto d’addio, poche parole beffarde (una beffa quasi deliberata, programmata), in cui il malvagio dello schermo si congeda ultrasessantenne dalla vita e dall’esilio aiutandosi, con cinque bottiglie di Nembutal:

Dear World, I am leaving because I am bored. I feel I have lived long enough. I am leaving you with your worries in this sweet cesspool. Good luck.


Credo che stesse girando l’ennesimo B-movie in Spagna ed infatti fu nei pressi di Barcellona che avvenne, credo nel 1972.

Il suo grande amico (e altro grande attore inglese) David Niven, nell’autobiografia Bring On The Empty Horses scrisse che Sanders diceva, nel 1937, a 31 anni, che l’avrebbe fatto all’età di 65 anni, qualcosa di deliberato e programmato forse, come la deliberata e programmata, talvolta sorridente malvagità con cui ci guarda dallo schermo in quei vecchi film.

Immagine: George Sanders

 
 
 

Il buono, il brutto, il cattivo

Post n°172 pubblicato il 16 Febbraio 2009 da tomthumb

Nei miei momenti allegri o nelle ore tristi, di giorno o anche di notte: questo film io lo vedrei sempre ecco la cruda verità.
Perchè non è proprio possibile fare a meno di quel disgraziato di Tuco oppure dimenticare la faccia del Biondo e poi quella corda che si spezza intorno al collo, no, non è proprio possibile.
E che dire poi di Sentenza, come raccontare quel ghigno del Cattivo- Lee Van Cleef che mi accompagna fin da bambino?
E' bello sapere che ci sono cose che non cambiano mai e anche se tu cambi, se pure sei cambiato, ti accompagneranno sempre uguali a se stesse ma capaci ogni volta di stupirti.
E' comico, è epico questo film, una specie di buffo e commovente miracolo che si offre ogni volta al mio sguardo.

Immagine: Clint Eastwood & Eli Wallach, rispettivamente il Buono e il Brutto, nel film di Leone

 
 
 

Alle sei di mattina

Post n°171 pubblicato il 15 Febbraio 2009 da tomthumb

Alle sei di mattina sono uscito di casa per andare a prendere il treno diretto verso la mia provincia del Sud e faceva così freddo mentre aspettavo l'autobus che mi avrebbe portato alla stazione, faceva così freddo mentre aspettavo il maledetto 041 che ho cominciato a tremare e poi quasi a saltellare per riscaldarmi un pò e intanto guardavo i prati tutt'intorno, prati di periferia coperti di brina e sui quali ho incredibilmente visto qualche volta greggi di pecore, simpatiche greggi in una inaspettata visione bucolica alle porte di Roma, solo che adesso non c'erano pecore da vedere ma gigantesche gru in lontananza come mostruosi T-Rex del Giurassico per palazzi in costruzione.

Questa periferia è brutta -ho pensato- e questo poco di verde tra non molto sparirà, questo posto diventerà ancora più brutto e per niente bucolico-mi sono detto- col cazzo che vedrò pascolar simpatici ovini, qui tutto sarà ingoiato dal cemento degli speculatori.

Non avevo evidentemente abbastanza anestetico nelle vene, l'anestetico che serve per tirare avanti ed allora, contemplando nella luce livida dell'alba lo scempio di quella periferia, mentre tremavo per il freddo e l'autobus non arrivava, ho maledetto con impotenza quei dinosauri carnivori che popolavano l'orizzonte ed ancor di più i loro ciechi padroni che riducono il mondo ad una cloaca.

 
 
 
 
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963