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« Giovan Battista De RolandisIl tricolore nasce a Bologna! »

17 maggio 1861 Il Tricolore

Post n°118 pubblicato il 26 Maggio 2006 da fra.gas
 
Foto di fra.gas

Con la legge del 17 maggio 1861 n. 4671 veniva proclamato il Regno d'Italia, di cui la bandiera tricolore diveniva naturalmente il vessillo nazionale. Così quel tricolore che negli anni del nostro Risorgimento era stato cantato dai poeti e dal popolo di tutte le parti della Penisola, cucito e ricamato nel segreto dei grandi palazzi e delle case più umili dalle donne italiane, glorificato come simbolo della rivoluzione nazionale, santificato con il sacrificio supremo nelle battaglie, nelle sommosse e sui patiboli, diveniva la bandiera dell'Italia Unita e da allora la sua storia si confonderà con quella, ben più complessa, della Nazione. Così durante la 3a Guerra d'Indipendenza del 1866, al termine della quale il Veneto fu unito all'Italia, purtroppo il nuovo Regno riportò due sconfitte militari assai gravi: la prima sulle alture di Custoza il 24 giugno e la seconda il 20 luglio successivo nel mare di Lissa.A Lissa si disse che la bandiera della nave "Re d'Italia" era stata catturata dal nemico. Ed invece la bandiera, inalberata, era colata a picco con la nave. Era avvenuto, infatti, che la nave era stata raggiunta e speronata dalla nave austriaca "Ferdinando Max" e quando incominciò ad inclinarsi su un fianco i marinai nemici avrebbero potuto impossessarsi del vessillo. Ma lo impedì il guardiamarina Razzetti, che ammainò la bandiera finché non fu scalato il ponte della nave austriaca e poi la inalberò nuovamente fino al fatale inabissamento!

Quattro anni dopo, il 20 settembre 1870, dopo un breve scontro in cui complessivamente vi furono 80 morti e 200 feriti, l'esercito italiano entrava a Roma. Cadeva così il millenario potere temporale dei Papi. Orbene alle tre del pomeriggio di quella storica giornata il 2° battaglione del 39° reggimento Fanteria, preceduto da fanfare, salì sul Campidoglio e si dispose in quadrato nella piazza. Al suono della Marcia Reale e fra le acclamazioni popolari, il sottotenente Lugli appoggiava la Bandiera ad un braccio della statua di Marco Aurelio, lasciandola poi inalberata, con la guardia d'onore del battaglione stesso.Nei decenni successivi il Tricolore, testimone di coraggio e di ardimento, sventolerà al caldo sole africano: il 10 marzo 1882 ad Assab (Somalia), il 5 febbraio 1885 a Massaua (Eritrea) e tra l'88 e l'89 nella Dancalia, a Cheren e ad Asmara. Non mancarono gravi sconfitte: Dogali, Amba Alagi, Macallè e soprattutto Adua il 1° marzo 1896, ma ovunque rifulse l'estenuato e disperato valore dei nostri soldati attorno alle proprie bandiere.

E giungiamo così alla guerra 1915-'18: la grande guerra fu per estensione e per violenza, per numero dei combattenti, come dei caduti, dei dispersi, dei feriti e dei mutilati, nonché per la sua durata, il conflitto più terribile che fino ad allora si fosse mai scatenato nel nostro pianeta.L'Italia ne uscì vittoriosa, ma stremata dal punto di vista psicologico, sociale e materiale. Il Tricolore, issato a Trento e a Trieste, raggiungeva così i confini naturali dell'Italia. Immensi e sovrumani furono i sacrifici dei nostri soldati nei lunghi anni di trincea, di avanzate cruente e di ritirate sconvolgenti, sulle montagne nevose e lungo i fiumi, su un fronte lungo ottocento chilometri dallo Stelvio all'Adriatico. Gli eroismi individuali e l'abnegazione di interi reparti rifulsero in mille e mille episodi. I nomi delle brigate e dei reggimenti, come i nomi dei monti e dei centri ove più aspri furono i combattimenti sono impressi nel cuore e nella mente di coloro che come chi vi parla nacquero pochi anni dopo la vittoria del 1918 e ne sentirono l'eco nelle proprie famiglie e nella scuola. E al centro di tutto vi era sempre il Tricolore.

Basta rileggere le parole con cui Arnaldo Fraccaroli e Sem Benelli descrissero l'arrivo dei primi bersaglieri a Trieste, sbarcati dal cacciatorpediniere "Audace", e quelle con cui Guelfo Civinini ricordava la prima alba di Trento italiana con gli alpini che durante la notte avevano risalito la valle dell'Adige! Ma anche nella seconda guerra mondiale attorno al Tricolore rifulsero il valore, il sacrificio e l'eroismo individuale e collettivo della nostra gioventù sulle ambe e nel deserto dell'Africa, sulle montagne della Grecia, nel fango e nel gelo delle pianure russe, sul mare e nel cielo. E quindi anche di questa guerra drammatica e tragica sotto vari aspetti politici e militari vorremmo ricordare due episodi che coinvolgono direttamente la nostra bandiera. Che dire dell'epopea di Giarabub, oasi isolata nell'interno libico, difesa da un piccolo presidio agli ordini del colonnello Castagna? Dopo dieci mesi di assedio, il 21 marzo 1941 le truppe inglesi ed australiane riuscirono ad avere ragione della nostra resistenza.Allora il colonnello ordinò che la Bandiera che sventolava sulla torre della ridotta Mercutti venisse bruciata al cospetto del nemico mentre risuonava il grido dei superstiti: "Viva l'Italia".E il 23 dicembre 1942 ad Arbusow in Russia, durante la terribile ritirata dal Don al Donez, mentre la morsa dei corazzati sovietici stava per stringersi sulla divisione Torino, il carabiniere Giuseppe Plado Mosca, afferrata una bandiera e inforcato un cavallo, si lanciava da solo contro il nemico trascinando migliaia di uomini in un travolgente assalto all'arma bianca. Scomparve nelle fiamme della battaglia, guadagnandosi la medaglia d'oro al Valor Militare alla Memoria.

Ma la storia di un popolo non è, fortunatamente, caratterizzata solo dalle guerre, ma è illuminata anche da lunghi periodi di pace. Orbene, anche per tali periodi la storia tout-court si confonde nel suo perenne divenire con quella della Bandiera Nazionale. E così il nostro Tricolore ha sventolato e continua a sventolare sulle conquiste civili, scientifiche e sportive; nelle nostre ricorrenze e festività; o sui tetti completati delle nuove case; nelle nostre missioni militari di pace, di solidarietà e di civiltà. E anche di questo ampio e variegato panorama vorrei ricordare qualche esempio: Luigi di Savona, Duca degli Abruzzi, che il 31 luglio 1897 conficcava sulla vetta del Sant'Elia in Alaska (m. 5.514) la piccozza col vessillo tricolore. Erano presenti Umberto Cagni, Francesco Gonella e Vittorio Sella e le guide valdostane Petigax e Maquignaz; gridarono tutti "Viva l'Italia". E il 18 aprile 1906 lo stesso principe sabaudo innalzerà il Tricolore, donatogli dalla Regina Margherita, sulla cima del Ruvenzori a circa 5.000 metri. E vent'anni dopo Umberto Nobile, il 12 maggio 1926 e poi il 24 maggio 1928, lancerà sul Polo Nord, rispettivamente dai dirigibili "Norge" e "Italia", la bandiera tricolore. Egli scrisse "La seguii cogli occhi, finché non la vidi adagiarsi sui ghiacci. Era un pezzo di stoffa, ma quel pezzo di stoffa era l'Italia lontana". E ai giorni nostri, il 31 luglio 1954, una pattuglia di coraggiosi, capitanati da Ardito Desio, conquistava la vetta del K2 a quota m. 8.611 e la Bandiera Tricolore era attaccata alla piccozza del capocordata.L'avrebbe vegliata lo spirito di Mario Pichoz, la guida di Courmayeur!E intanto la nostra Costituzione, entrata in vigore il 1° gennaio 1948, stabiliva all'art. 12: "La bandiera della Repubblica è il Tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni".Nonostante qualche voce isolata, se non contraria almeno incerta, l'inserimento in Costituzione di tale disposizione fu ritenuto opportuno da tutti in sede di Assemblea Costituente. Fu solo sollevata la questione se nel mezzo della banda centrale bianca dovesse porsi in avvenire uno stemma. L'Onorevole Meucci Ruini, Presidente della Commissione che aveva redatto il progetto costituzionale, affermò: "La Commissione si pronuncia intanto pel tricolore puro e schietto, semplice e nudo, quale fu alle origini e lo evocò e lo baciò, cinquant'anni fa, il Carducci: e così deve essere la bandiera dell'Italia repubblicana".Infatti cento anni or sono, nel primo centenario del Tricolore, il 7 gennaio 1897, fu commemorato proprio con un discorso a Reggio Emilia del grande poeta Giosuè Carducci, il quale si rivolse alla Bandiera con queste parole: "Sii benedetta! benedetta nell'immacolata origine, benedetta nella via di prove e di sventure per cui immacolata ancora procedesti, benedetta nella battaglia e nella vittoria, ora e sempre nei secoli!". Ed aggiunse: "quei colori parlarono alle anime generose e gentili, con le ispirazioni e gli effetti delle virtù onde la patria sta e si angusta: il bianco, la fede serena alle idee che fanno divina l'anima nella costanza dei savi; il verde, la perpetua rifioritura della speranza a frutto di bene della gioventù dei poeti; il rosso, la passione ed il sangue dei martiri e degli eroi!".Ora, nel bicentenario e oltre, possiamo, dobbiamo, vogliamo rinnovare questi sentimenti e queste espressioni del poeta, nella speranza che nulla venga mai a turbare il rispetto e l'amore del nostro popolo per la sua bandiera nazionale!

http://www.labandiera.com/nostro_tricol.htm

 
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