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Il tricolore nasce a Bologna!
Post n°119 pubblicato il 26 Maggio 2006 da fra.gas
INTERVENTO DI S.A.R. IL PRINCIPE AMEDEO DI SAVOIA, DUCA D'AOSTA, Il mio primo tricolore è l'immagine di un uomo che, sulla cima di un monte, sventola una bandiera mentre i suoi compagni di scalata, più in basso, alzano le piccozze in segno di gioia. Ed è la voce di mia madre che mi legge la dicitura sotto la tavola di Achille Beltrame, pubblicata sulla Domenica del Corriere del 15 luglio 1906: E mi sussurra un po' commossa: “ Vedi, quello è lo zio Luigino! ” Luigi di Savoia riposa in Somalia, nel villaggio che porta il suo nome, nella stessa Africa dove è morto il terzo Duca d'Aosta, Amedeo, prigioniero degli Inglesi, dopo la resa dell'Amba Alagi: sepolto a Nairobi, la salma avvolta nel tricolore. La stessa bandiera, senza più lo stemma Sabaudo, garrisce sulle navi su cui ho prestato servizio come Ufficiale di complemento della Marina Militare. Dopo aver giurato fedeltà alla Repubblica, perché Umberto II mi disse, a Cascais: “ L'Italia innanzitutto, la forma istituzionale non importa, l'Italia esiste! ”. Non è “ elegante ” ricorrere alle citazioni personali, ma questi accenni alla nostra storia famigliare mi servono per proporre alcune considerazioni legate alla storia di tutti gli Italiani, che da quel lontano gennaio del 1797 sotto la bandiera bianca rossa e verde si sono riconosciuti in una Patria comune. Con lei e per lei hanno vissuto momenti di gloria, esaltazione, dolore, commozione. Il tricolore sventolato dal Duca degli Abruzzi è un simbolo di Pace, di una conquista dedicata al progresso dell'umanità; quello che ha accompagnato all'ultimo riposo Amedeo di Savoia vuol essere un omaggio all'uomo, qualsiasi uomo, caduto per il proprio Paese; lo stendardo esposto sul pennone di una nave della Marina Militare è una garanzia di protezione; su quella Mercantile ci ricorda l'Italia anche nei luoghi più lontani. Questa, dunque, è la bandiera: un immaginario collettivo, un sentire comune, che di volta in volta, a seconda delle circostanze, accompagna, stimola le nostre esigenze. Ci fa ritrovare figli di una stessa madrepatria. Di un'Italia dove considero il Presidente Carlo Azeglio Ciampi il quattordicesimo Capo dello Stato, dato che dal 1861 l'Italia ha avuto anche quattro Re: dei 145 anni della sua storia unitaria ne ha conosciuti 85 con la Monarchia. Anni che non si possono, ovviamente, eliminare per decreto. “ La forma istituzionale non importa. L'Italia innanzitutto! ”, mi disse il Re in esilio. Usando le stesse parole con cui Giosuè Carducci chiuse il discorso che tenne il 7 gennaio 1897 per festeggiare i cent'anni del tricolore, nell'atrio del palazzo civico di Reggio Emilia: “ L'Italia avanti tutto! L'Italia sopra tutto! ”. Oggi, noi siamo qui per ricordare quei giorni appassionati di oltre due secoli fa. Quando a Modena il Congresso della Repubblica Cispadana ratificò il Decreto Costitutivo del Tricolore, deliberato a Reggio Emilia su indicazione del Segretario Generale della Confederazione Cispadana, Giuseppe Compagnoni, un ex sacerdote e letterato di Lugo di Romagna. La sua proposta mise d'accordo l'assemblea, dopo una baruffa di campanile con i deputati di Modena, Reggio e Ferrara, che avevano minacciato di abbandonare i lavori perché si sentivano prevaricati da quelli di Bologna. Ma alla fine tutti si ritrovarono sotto il Tricolore, allora a strisce orizzontali, affinché le quattro popolazioni formassero un popolo solo, anzi, una sola famiglia. Quella bandiera era stata ideata tre anni prima da due studenti dell'Università di Bologna: Luigi Zamboni e Giambattista De Rolandis. Sull'onda della rivoluzione francese, nel 1794, s'inventarono una bandiera per due terzi simile a quella transalpina, ma con il verde al posto del blu, colore della speranza, per far risorgere l'Italia a nuova vita. Catturati dai gendarmi pontifici, vennero orrendamente torturati. Luigi Zamboni s'impiccò in carcere; Giambattista De Rolandis fu “ afforcato ”. Furono i primi due morti per il Tricolore. Avevano poco più di vent'anni, l'età delle grandi, generose illusioni. Mi sembra doveroso ricordarli. L'idea del Tricolore venne raccolta nel 1796 dalla Guardia Civica di Milano, che sotto la dominazione Napoleonica volle tenere viva e distinta la propria italianità fino a sostituire il colore blu della bandiera transalpina ( che era anche il colore delle giubbe delle truppe napoleoniche ) con il verde delle proprie giubbe, per dire che erano sì rivoluzionari, ma Italiani. Napoleone fondò quindi la Repubblica Cispadana, sul modello della costituzione del 1795, nata dagli ideali della rivoluzione francese. I rappresentanti della Cispadania ratificarono nel 1797, al congresso di Modena, la nascita della bandiera bianca rossa e verde. Una bandiera che non è nata a tavolino, ma da un moto ispirato da una rivoluzione che a Parigi aveva letteralmente tagliato la testa al Re e ai suoi sostenitori. In nome della libertà, dell'uguaglianza e della fraternità. Aspirazioni particolarmente sentite in un Paese come l'Italia, frammentato e oppresso da dominazioni straniere. Aspirazioni che da noi vollero affermarsi, proprio nella scelta del Tricolore, come volontà di venire realizzate nel segno di una realtà nazionale tutta Italiana. Ma come? Per rispondere a questa domanda, gli stessi patrioti che riconobbero nella loro bandiera il riferimento ideale, percorsero poi strade diverse, a seconda dei propri progetti politici, per arrivare all'identica meta dell'unità d'Italia. Fu il grande dilemma risorgimentale: un Re garante di una costituzione democratica o un Presidente della Repubblica eletto dal popolo? Qui a Modena, nella stessa città che vide nascere la Repubblica Cisalpina, venne impiccato Ciro Menotti. Il 12 dicembre 1830 esponeva all'avvocato Enrico Misley le sue Idee per organizzare delle intelligenze fra tutte le città d'Italia onde realizzare una insurrezione mirante a dare all'Italia indipendenza, unione e libertà sotto il governo di una monarchia rappresentativa con Roma capitale. Traditi dal Duca Francesco IV, che inizialmente si era mostrato favorevole al programma, Ciro Menotti e i suoi carbonari pagheranno con la vita la loro illusione, dopo una rivoluzione duramente repressa. Così la celebrava in un'ode Giovanni Berchet: Un popol diviso per sette destini, A Bologna, Modena, Reggio Emilia, Imola,…… il popolo si fuse in un solo per riscattare il suo diritto a vivere libero in una stessa Patria e sotto una sola bandiera: quel Tricolore che sventolarono andando a morire nelle città divise per sette destini. Quel Tricolore che avevano proclamato bandiera nazionale. Siamo nel 1831, una data importante nella nostra storia perché a Marsiglia, nello stesso anno, Giuseppe Mazzini fondò la Giovine Italia, con un programma unitario e repubblicano, mentre a Torino saliva sul Trono Sabaudo Carlo Alberto, il quale poi, dopo aver emanato lo Statuto ( rimasto legge fondamentale dello Stato per cent'anni, sino al 1° gennaio 1948 ), nel marzo del 1848 mosse le sue truppe contro l'Austria, nella Prima Guerra d'Indipendenza. Truppe che combatterono sotto il Tricolore, che il Re volle adottare quale bandiera nazionale, come simbolo dell'unione Italiana, con lo stemma Sabaudo al centro. Era l'undici aprile 1848. Una data anch'essa molto importante e significativa per il Tricolore. Da allora, il Tricolore ha segnato le tappe della nostra storia: è stata la bandiera dei Mille, di Porta Pia, di chi ha combattuto nelle quattro Guerre d'Indipendenza, nel primo e nel secondo conflitto mondiale. Di un tenente di 23 anni, Carlo Azeglio Ciampi, ufficiale del Regio Esercito e partigiano, che ha voluto rilanciare il Tricolore come simbolo della nostra patria identità. Non ho detto “ rilanciare ” a caso, perché dopo la Liberazione, come sostiene Lucio Villari, “ DC e PCI hanno cercato di occultare il significato del Tricolore per ragioni diverse, gli uni perché ne deprecavano l'origine rivoluzionaria, gli altri per la loro visione internazionalista ”. Una tesi condivisa praticamente da tutti gli storici. Dice Gian Enrico Rusconi: “ Eh sì, prima il trauma del fascismo e la retorica patriottica e poi due forze, DC e PCI, che non sono mai state antinazionali, ma in qualche modo andavano oltre e mettevano così in sordina l'elemento nazionale ”. E aggiunge: “ La sfida aggressiva dell'elemento separatista, le polemiche sul revisionismo e poi l'Europa hanno fatto in modo che emergesse il problema dell'identità nazionale di cui il Tricolore è simbolo ”. Se, dunque, l'attuale rilancio del Tricolore è la voglia di riconoscersi in un'identità nazionale anche come reazione a una pesante campagna secessionista, un primo risultato positivo l'ha raggiunto: nessuno ci invita più, volgarmente, a gettare la bandiera dove ben ricordiamo. Ma non basta ritrovarsi uniti sotto una bandiera soltanto per reagire contro chi l'insulta e ci vuole divisi. È un momento che ci affratella ma non va oltre un'epidermica emozione. La riscoperta di una identità nazionale passa attraverso la volontà di ritrovare una storia condivisa. È questo, appunto, il proposito che mi ha portato qui, convinto che sia anche il pensiero di voi tutti. Modena, 18 gennaio 2003. Amedeo di Savoia http://www.savoia-aosta.it/msg030118.htm
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