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« OMAGGIO A TURATIUN SOGNO DI LIBERTA' »

Il Martire per la libertà: Giacomo Matteotti

Post n°137 pubblicato il 28 Maggio 2006 da fra.gas
 
Foto di fra.gas

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

http://it.wikipedia.org/wiki/Giacomo_Matteotti

.

Giacomo Matteotti (Fratta Polesine (Rovigo), 22 maggio 1885 - Roma, 11 giugno 1924), è stato un uomo politico italiano.

Nato da una famiglia benestante Matteotti si laureò in giurisprudenza all'Università di Bologna ed entrò in contatto con i movimenti socialisti, dei quali divenne ben presto una figura di spicco. Durante la prima guerra mondiale si dimostrò un convinto sostenitore della neutralità italiana e questa sua posizione gli costò l'internamento in Sicilia.

Matteotti fu il capo del Partito Socialista Unitario alla Camera dei Deputati. Prese posizione contro il Fascismo e contro Benito Mussolini; per un certo tempo fu il capo della ridotta opposizione parlamentare che si contrappose al Partito Nazionale Fascista.

Il 30 maggio 1924 Matteotti prese la parola alla camera per contestare le elezioni tenutesi il precedente 6 aprile. Mentre dai banchi fascisti scaturivano urla e risate, Matteotti incalzava con un discorso che sarebbe rimasto famoso:

«Contestiamo in questo luogo e in tronco la validità delle elezioni della maggioranza. L'elezione secondo noi è essenzialmente non valida, e aggiungiamo che non è valida in tutte le circoscrizioni.»

Matteotti continuò, elencando tutte le illegalità e gli abusi commessi dai fascisti per riuscire a vincere le elezioni. Al termine del discorso, dopo le congratulazioni dei suoi compagni rispose loro dicendo: "Io il mio discorso l'ho fatto. Ora voi preparate il discorso funebre per me".

Il 10 giugno fu rapito a Roma. Il suo corpo fu ritrovato in stato di decomposizione il 16 agosto alla macchia della Quartarella, un bosco nel comune di Riano a 25 km da Roma.

Pietro Nenni, suo caro amico, molto tempo dopo ebbe a dire di lui: "Un socialista e, come tale, un uomo".

L'omicidio

A tutt'oggi il rapimento e il successivo assassinio presentano numerosi lati misteriosi. Per quanto se ne è potuto ricostruire, ma non senza che residuino aspetti lacunosi, la meccanica dovrebbe essere stata la seguente: alle 4 del pomeriggio del 10 giugno Matteotti uscì di casa a piedi per dirigersi verso Montecitorio prendendo per il lungotevere Arnaldo da Brescia. Sotto i platani era ferma un'auto con a bordo alcuni elementi della polizia politica: Amerigo Dumini, Albino Volpi, Giuseppe Viola, Augusto Malacria e Amleto Poveromo, i quali, appena videro passare il parlamentare socialista, scesero dall'auto, gli balzarono addosso e lo caricarono velocemente a bordo.

Roma, Monumento a Giacomo Matteotti al Lungotevere Arnaldo da Brescia, nel luogo dove fu rapito (Jorio Vivarelli, 1947)

Matteotti riuscì nelle fasi convulse della lotta a gettare in terra la tessera da parlamentare, nella speranza che qualcuno vedendola potesse lanciare l'allarme. In macchina nel frattempo i sicari fascisti avrebbero sottoposto Matteotti ad un pestaggio. Il Viola, dopo qualche tempo, estrasse un coltello e colpì la vittima sotto l'ascella e al torace uccidendola.

Per sbarazzarsi del corpo i 5 girovagarono per la campagna romana fino a raggiungere, verso sera, la macchia della Quartarella, a 25 km da Roma. Qui, servendosi del cric dell'auto, seppellirono il cadavere piegato in due.

Quasi tutti gli storici sono concordi nell'affermare che non fu Mussolini a dare esplicitamente l'ordine di uccidere Matteotti. Pare che il futuro Duce rientrato a palazzo Chigi dopo il famoso discorso del deputato socialista si sia rivolto a Giovanni Marinelli (capo della polizia segreta fascista) urlandogli: "Cosa fa questa Ceka? Cosa fa Dumini? Quell´uomo dopo quel discorso non dovrebbe più circolare...". Questo sarebbe bastato a Marinelli per ordinare al suo sicario Dumini di uccidere Matteotti. Fu lo stesso Marinelli ad ammetterlo a Cianetti e Pareschi vent'anni più tardi quando si trovò con loro e gli altri traditori del 25 luglio 1943 nel carcere di Verona per essere processato.

Il corpo di Matteotti fu ritrovato da un cane di guardiacaccia il 16 agosto. Dal 16 marzo al 24 marzo 1926 si tenne il processo contro i suoi assassini che si concluse con 3 assoluzioni (per Panzeri, che non partecipò attivamente al rapimento, Malacria e Viola) e tre condanne a cinque anni, undici mesi e venti giorni di carcere per Dumini, Volpi e Poveromo.

Mussolini, in un noto discorso tenuto alla Camera il 3 gennaio 1925, si assunse direttamente e personalmente le responsabilità delle violenze che si susseguivano in quegli anni ed in particolare, pur senza fare esplicite ammissioni, del delitto Matteotti.

«Ebbene, dichiaro qui, al cospetto di questa Assemblea e al cospetto di tutto il popolo italiano, che io assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto. Se le frasi più o meno storpiate bastano per impiccare un uomo, fuori il palo e fuori la corda! Se il fascismo non è stato che olio di ricino e manganello, e non invece una passione superba della migliore gioventù italiana, a me la colpa! Se il fascismo è stato un'associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere!»
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