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VEDI NAPOLI E POI MORI!

Post n°447 pubblicato il 01 Novembre 2006 da fra.gas
 
Tag: CRONACA
Foto di fra.gas

immagine  Prodi: immagine
no all'esercito a Napoli
Violante: "Come contro le Br"
"Coinvolgere la società civile. L'esercito può fare poco". Così Romano Prodi sull'emergenza criminalità a Napoli. "Ci vogliono un reparto mobile come quello usato dall'antiterrorismo negli anni '70, e più efficienza negli uffici giudiziari". Luciano Violante spiega ad Affari la sua ricetta per combattere la violenza al Sud. Ma Alessandri (Lega) vuole l'embargo.
<a title="Prodi: no all'esercito a Napoli
Violante: " style="CLEAR: both" href="http://canali.libero.it/affaritaliani/cronache/napoliviolante0111.html"> immagine
C'è una cura per l'emergenza violenza a Napoli e Bari? Affari Italiani

Per Luciano Violante sì: serve imparare dalla lezione del terrorismo e rendere efficiente la magistratura. Come? Con "due profili", quelli che spiega ad Affari: "Costruire un nucleo di 400-500 poliziotti che siano mobili sul territorio nazionale e che, lavorando in ogni area territoriale d'intesa con i colleghi del posto, che conoscono le persone e quant'altro, operino a sostegno loro". Un nucleo "di gente giovane, capace, ben retribuita, senza problemi d'orario", un po' "come quello che fu affidato al questore Emilio Santillo" nel 1974,immagine l'Ispettorato per l'azione contro il terrorismo.

Questo per maturare "una tecnica di azione, controllo del territorio, capacità di effettuare perquisizioni, blocchi stradali, identificare rapidamente le persone e così via, tale che stando in una zona per due-tre mesi poi possano spostarsi" lasciando a chi resta sul territorio l'esperienza acquisita. Perché "ormai ci sono episodi di gangsterismo urbano,immagine che non è camorra, a Napoli e Bari, le due città nelle quali si stanno rivelando questo tipo di fenomeni.  immagineNapoli, tre nuovi omicidi
"E' tutta colpa dell'indulto"

(Segue)

Sette morti in cinque giorni.
Un uomo trovato senza vita in un negozio, e due pregiudicati uccisi a Torre del Greco.
Gli inquirenti: crimini figli dell'indulto.
Piano sicurezza: telecamere e 1.400 uomini in più.
Napolitano: "Vivo l'angoscia, giorni di emergenza". immagine
I lettori: vogliamo l'esercito.
Mons. Riboldi immagine ad Affari: "I camorristi sono quaqquaraqquà".
Napoli
Continua l'escalation di violenza:
altri tre morti

Nel giorno in cui nei dintorni di Napoli altri tre uomini sono stati uccisi, il presidente della Repubblica esprime con un messaggio la sua preoccupazione per la situazione nel capoluogo campano. ''Sto vivendo con angoscia questi giorni - fa sapere il Capo dello Stato - giorni di emergenza non solo criminale, ma ambientale, sociale e culturale''. "Spetta a quanti hanno la guida del governo nazionale, del governo regionale e degli enti locali - prosegue - valutare insieme il da farsi, assumere decisioni concertate, operare nella chiarezza delle rispettive responsabilità''.  

Gli ultimi morti ammazzati di questa escalation criminale sono due pregiudicati trovati senza vita a Torre del Greco. Poco prima il corpo di un uomo era stato rinvenuto nel retro di un negozio di giocattoli a Sant'Antimo, sempre nel capoluogo partenopeo. 

Per fronteggiare la situazione immagine saranno 1000 gli uomini delle forze dell'ordine che verrano mandati come rinforzi a Napoli per combattere la criminalità. Agli uomini si aggiungerà poi un impianto (il primo a essere sperimentato in Italia) di videosorveglianza nei punti critici della città, con telecamere attive 24 ore su 24. Inoltre saranno potenziati gli automezzi, soprattutto le 'due ruote', per pattugliare il centro del capoluogo partenopeo, dove spesso i malviventi riescono a dileguarsi a bordo di grosse moto nei vicoli inaccessibili alle auto.

E' quanto prevederebbe il "Piano per Napoli Sicura" finito di elaborare nei giorni scorsi da una commissione voluta dal ministro dell'Interno Giuliano Amato. Una "task force" composta dai responsabili degli enti locali e dai vertici di Carabinieri, Polizia e Guardia di Finanza. L'idea di base è che non sia tanto, o non sia solo, un problema di uomini. A Napoli e provincia ne sono già schierati circa 13.500, a questi si devono aggiungere altri 1000-1400, tra agenti di polizia, carabinieri e 'Fiamme Gialle'. Una parte delle forze dell'ordine si trova già a Napoli, ma e' impegnata in servizi amministrativi ed ora invece sara' impiegata direttamente nei servizi di ordine pubblico. Gli altri rinforzi, vere e proprie forze nuove, proverranno da altre città della Penisola. immagine

Il piano "Napoli Sicura" prevederebbe anche ingenti finanziamenti per acquistare i nuovi automezzi e per attuare il sistema di videosorveglianza.

- PARCO AUTOMEZZI: sarà rinforzato soprattutto con le motociclette a bordo delle quali operano le cosiddette "squadre falco". Il centro di Napoli, meta di turisti, è composto da piccoli vicoli dove è quasi impossibile muoversi con le automobili. Le due ruote saranno quindi utilissime per pattugliare quelle zone che fino ad oggi rimangono territorio di scippatori e rapinatori.

- SISTEMA DI VIDEOSORVEGLIANZA: immagine Napoli è la prima città che sperimenterà questo sistema, già utilizzato con successo in altre città europee. Le telecamere saranno attive 24 ore su 24 in determinati opunti della città, luoghi frequentati da turisti o dove ci sono obiettivi sensibili.

- FORZE DELL'ORDINE: Il piano elaborato dalla commissione voluta dal ministro Amato affiderebbe immagine ai carabinieri il controllo investigativo; alla Poliza il controllo preventivo del territorio e alla Guardia di Finanza quello del porto, luogo di smercio e di approdo sia della droga che del traffioco di armi. Il documento, che sarà approvato il 9 novembre prossimo a Napoli, fisserà, nel concreto, modi e tempi della strategia da adottare, con un richiamo alla opportunità di sottoporre a verifiche periodiche i risultati conseguiti.

Tuttavia, nel primo semestre del 2006 la conflittualità tra i vari gruppi della Camorra appare attenuata, come sembra indicare la diminuzione del numero degli omicidi consumati rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente (20 consumati nel 1* semestre 2006 a fronte dei 38 consumati del 1* semestre 2005). E' la fotografia della Camorra "scattata" dalla Dia nella relazione semestrale al Parlamento relativa al primo semestre del 2006.

L'esistenza di numerose aggregazioni criminali, costituite da pochi affiliati, disposte ad allearsi con il sodalizio al momento vincente, se da un lato determina un inasprimento delle tensioni tra clan, dall'altro ne accentua la capacità di sopravvivenza in ragione della loro capillare presenza nei quartieri cittadini. Le indagini condotte confermano la capacità imprenditoriale della camorra, sempre più attiva nella gestione di attività economiche e finanziarie finalizzate al riciclaggio dei proventi illeciti, soprattutto nel settore immobiliare ed edilizio, nonché nella produzione e commercializzazione di prodotti industriali contraffatti.

La camorra, imponendosi con gli strumenti tipici dell'associazione mafiosa, tenta di controllare, direttamente o attraverso imprenditori che prestano le loro strutture societarie ai clan, porzioni di "mercato" che vanno dal parcheggio abusivo al calcestruzzo, dalla vendita ambulante al commercio della carne, dal mercato dei fiori alla produzione e vendita di capi di abbigliamento falsi.

La spiccata propensione imprenditoriale della camorra ha consentito ad alcuni sodalizi (tra i quali si citano i clan napoletani Di Lauro, Mazzarella, Misso, Licciardi, il gruppo casertano Zagaria, il clan Panella-D'Agostino di Salerno) di raggiungere posizioni di egemonia che, in alcuni casi, hanno travalicato i confini nazionali. Anche all'estero, infatti, è stato accertato che i clan campani sono in grado di commercializzare i loro prodotti servendosi di una capillare rete di punti di vendita. Gli interessi della camorra spaziano in tutti i settori dell'illecito, ma in alcuni campi si assiste, rispetto al passato, ad una modifica del modus operandi, come è avvenuto per le estorsioni ed il contrabbando di tabacchi. Le prime sono oggi praticate, non più attraverso la richiesta a poche vittime di consistenti somme di denaro ma, secondo un sistema analogo a quello praticato in Sicilia, attraverso la sistematica richiesta di somme meno ingenti a numerosi operatori economici.

Il contrabbando di sigarette,immagine invece, è gestito dai clan facendo del nostro Paese la base operativa e di transito delle sigarette per altre nazioni europee. Anche nel ciclo dell'illecito smaltimento dei rifiuti sono forti gli interessi della camorra che, frequentemente, vede coinvolti sia i produttori dei rifiuti - che in tal modo realizzano ingenti risparmi rispetto ai costi che comporterebbe l'osservanza delle norme poste a tutela dell'ambiente - sia i titolari dei siti di destinazione finale, discarica o centri di recupero ambientale.

La conferma che si tratti di un'attività che vede la partecipazione anche di soggetti estranei alla criminalità organizzata è venuta, da ultimo, dall'indagine denominata "Green", conclusa dalla DIA di Napoli nel gennaio 2006, che ha confermato i collegamenti tra esponenti criminali e taluni esponenti politici locali. Le aree campane maggiormente colpite da reati ambientali sono la zona compresa tra i comuni di Giugliano, Qualiano e Villaricca, per la provincia di Napoli e, per la provincia di Caserta, l'area compresa tra i comuni di Casal di Principe, Villa Literno, Castelvolturno, Santa Maria la Fossa. immagine

Per quanto concerne la realtà criminale partenopea, si è constatato che i due cartelli "Misso-Mazzarella-Sarno" e l'"Alleanza di Secondigliano" si sono divisi buona parte dei traffici illeciti della città e della provincia, dopo aver superato i conflitti del passato ed imposto la pax mafiosa anche ai gruppi satelliti. Tra i fautori di questo assetto si colloca Ciro Mazzarella, alias 'O Scellone, uno dei capi storici della camorra partenopea che avrebbe stretto accordi con la famiglia "Licciardi" ed i gruppi ad essa collegati. Una zona ancora ad alta tensione è l'area controllata dal clan "Di Lauro", come attestano gli omicidi consumati nel semestre corrente in pregiudizio di quattro affiliati al clan "Di Lauro" e di un affiliato al gruppo degli "Scissionisti".

Qualche ripercussione potrà avere la scarcerazione, avvenuta il 6 giugno, di Vincenzo Di Lauro, figlio del capo clan Paolo e suo alter ego, avvenuta per un vizio di forma dell'ordinanza di custodia cautelare.immagine

La latitanza del Di Lauro potrebbe aiutare l'omonimo sodalizio a riorganizzarsi, anche se la maggior parte degli affiliati sono transitati nel gruppo degli "Scissionisti". Tensioni si sono registrate nella zona centrale del capoluogo campano, dove è proseguita una guerra interna al clan "Misso" del rione Sanità, causata da una frangia di scissionisti facenti capo a Salvatore Torino, detto "'O gassusaro", iniziata alla fine del 2005 con 5 omicidi in soli quindici giorni e continuata nei primi mesi del 2006 con l'assassinio di altri 4 scissionisti. La faida si è interrotta con l'arresto, avvenuto il 17 marzo, di 20 pregiudicati tra cui il capo degli scissionisti Salvatore Torino. Mentre sono stabili gli assetti criminali nella provincia di Napoli, in quella di Caserta permane il predominio del clan dei "Casalesi".

A Salerno sono presenti due contrapposte organizzazioni criminali nate dalla scissione dello storico clan "Panella-D'Agostino", dedite principalmente alle estorsioni, all'usura, alla gestione delle scommesse clandestine ed all'installazione di slot machine. Gli affiliati a questi clan sono stati destinatari di provvedimenti restrittivi e conseguenti sequestri preventivi di numerosi beni mobili ed immobili, frutto delle illecite attività, che hanno evidenziato la loro spiccata connotazione imprenditoriale nel reinvestire in esercizi commerciali situati anche in altre località della penisola. Ad Avellino e Benevento la cattura avvenuta nei primi mesi dell'anno di elementi di spicco degli omonimi clan di Gennaro Pagnozzi, Domenico Pagnozzi e Antonio Cava, hanno favorito il mantenimento di una situazione della pax mafiosa.

 
Napoli/
 Monsignor Antonio Riboldi
ad Affari:
"I camorristi sono quaqquaraqquà, a Napoli servono maestri e non militari".immagine Ricordate il maestro Manzi? Ma "non é troppo tardi"?

I camorristi? "Sono quaqquaraqquà", e per risolvere il problema criminalità a Napoli occorre "un piano". L'esercito? No: a Napoli occorrono "dei maestri. E dei testimoni". Così commenta con Affari monsignor Antonio Riboldi, vescovo emerito di Acerra (Na), famoso per le sue lotte per la legalità prima nel Belice (dove fu parroco) e, dal 1978, in Campania. Dove per fortuna la situazione non è ancora precipitata del tutto: "questi sono ancora 'dolci' rispetto a quelli dei prini Anni '80 - ricorda - in cui, qui a Napoli, si fronteggiavano due criminalità bene organizzate, i cutoliani e i casalesi. Si moriva a grappoli, anche qui ad Acerra".

E sull'esercito all'ombra del Vesuvio, continua: immagine"Ho vissuto la Sicilia dei tempi duri della mafia, di quando c'erano Chinnici, Falcone, Borsellino, Caponnetto, il generale Dalla Chiesa, e non si è mai fatta repressione di questo tipo. La repressione di questo tipo è guerra alla guerra". Non solo: se potesse parlare con la politica, direbbe, come alla fine degli '80, dopo tutta la sua battaglia contro la camorra: "Noi vi abbiamo arato il campo, state attenti perché intorno ci sono dei cespugli, ossia delle collaborazioni: tagliatele. E poi in quel campo arato metteteci l'occupazione".

A Bassolino, la Iervolino, Napolitano, don Riboldi suggerisce: "'Guardate, fate una campagna di serietà nella politica'. Non sono di nessuna parte, - precisa - ma quello che vediamo non favorisce il clima necessario per un comune impegno". E continua: "Mettiamo da parte destra e sinistra, impegniamoci prima di tutto per l'uomo. Se potessi parlare a Bassolino, direi: facciamo una politica che sia servizio di presenza sul posto, facciamo sentire che lo Stato c'è, siamo noi e collaboriamo con loro. Facciamo una politica diversa, non quella del 'comando io', ma del 'costruiamo insieme'". 

Non manca un ultimo commento all'appello del cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli: immagine"Siamo usciti dal convegno di Verona della Cei, e abbiamo detto: torniamo sulle strade dell'uomo. In questo caso, la Chiesa - come ai tempi dei primi cristiani - deve farsi sale della terra: credo che sia arrivato il momento giusto per poter fare tutto questo. Perché in fondo, in questo momento occorre una Chiesa missionaria, che va verso l'uomo e non si spaventa". E si chiede: "Ma che paura dobbiamo avere della criminalità? In fondo chi sono? Uomini come noi: ne ho conosciuti tanti, e mi ha sempre stupito la loro pochezza, la deformazione interiore. Soldi e basta, la vita non conta nulla£ E se non abbiamo paura della criminalità, conclude, se siamo "pronti anche a denunciare il male, parlare, rischiare, guardi che alla camorra tagliamo le unghie. Lo dico per esperienza"

Ecco l'intervista

Eccellenza, si parla dell'invio dell'esercito a Napoli. Secondo lei, qual è la cura per salvare questa città?
"Ho vissuto la Sicilia dei tempi duri della mafia, di quando c'erano Chinnici, Falcone, Borsellino, Caponnetto, il generale Dalla Chiesa, e non si è mai fatta repressione di questo tipo. La repressione di questo tipo è guerra alla guerra. Ho vissuto gli anni terribili, questi sono ancora 'dolci' rispetto a quelli dei prini Anni '80 in cui, qui a Napoli, si fronteggiavano due criminalità bene  immagineMons. Antonio Riboldiorganizzate, i cutoliani e i casalesi. Si moriva a grappoli, anche qui dove vivo io".

Quindi che cosa serve?
"Certamente ci vuole un piano di prevenzione, più che di repressione. Qual è la prevenzione? Mandare l'esercito, mettere le forze in campo? No: è mettere in atto un piano che come primo punto preveda questo: 'giù le mani dalla città'. Essere cioè più presenti, in maniera tale da impedire certi comportamenti. Ma non basta: dicevo ai giovani, dopo le marce: 'siamo usciti allo scoperto'. E proibivo le feste patronali perché la camorra non ci mettesse le mani sopra, educavo la gente ad uscire dalla paura. Una volta ricordo che abbiamo fatto una festa patronale impedendo alla camorra di fare le sue feste nella festa, in cui loro facevano cose grandi".

E che cos'è successo? immagine

                                             Raffaele Cutolo


"La gente aveva paura che quel giorno succedesse qualcosa. Ho affrontato la paura facendo lo stesso la processione, dicendo: 'no, non importa, dobbiamo uscire. Non ci faranno nulla perché in fondo sono uomini che possono avere paura'. E quando siamo rientrati in Cattedrale non eravamo un centinaio, ma una folla. Che ha capito che in fondo il male non si vince scappando o chiudendosi in casa, ma affrontandolo. E' dura, eh? (ride) Ci vuole molto coraggio. immagine E credo che Napoli oggi debba trovare il coraggio".

In che modo?
"Incominciando a togliere le cose che in fondo mette in discussione. Per esempio: l'abuso della droga, che è ormai una piaga, chiama droga, chiama camorra. Perché ad un certo punto, se non mi drogo più, la camorra non ha più spacciatori. Oppure la corsa alla ricchezza, avere tanto, chiama la violenza. E allora bisognerebbe ridimensionare la nostra esistenza, rimetterci in discussione così come siamo oggi. Oltre alla povera gente, si capisce".

Certo...
"E' un invito alla camorra o no? Guardi che il tempo di oggi ha perso il rispetto della persona umana. Una volta c'era la dignità della persona, che valeva più di tutti i tesori. Oggi invece viviamo materialisticamente, e la persona non è più nulla, è merce. Quindi bisognerebbe educare, tornare indietro a modificare un po' il nostro modo di vivere ed essere educatori".

Insomma, a Napoli non servono dei militari, ma dei maestri.
"Dei maestri. E dei testimoni. Guardi, quando marciavo per la Campania, dicevo: 'a differenza di loro dobbiamo dire che noi amiamo la vita'. Agli studenti dicevo: 'Non scappate, non scegliete una vita da talpe, nascosti, silenziosi, impediti a muoversi. No: occupate il centro della strada, obbligando la criminalità a mettersi ai lati'. Non al centro, ai lati: e quando finalmente siamo riusciti in qualche modo a calmarli, il periodo in cui la camorra abbassò le armi...".

immagineRosa Russo Iervolino

Verso la fine degli Anni '80...
"Esatto, dopo tutta quella battaglia dicevo ai politici: 'Noi vi abbiamo arato il campo, state attenti perché intorno ci sono dei cespugli, ossia delle collaborazioni: tagliatele. E poi in quel campo arato metteteci l'occupazione'. Le faccio l'esempio di Scampia: fino a ieri era un posto dove non si poteva andare, ma nessuno ci andava. Era in fondo un quartiere emarginato, non andavano a scuola, non c'era etica, non c'era nulla. Qualche volta lo frequentavo per incontrare gli studenti, ma mi sembrava assurdo il loro modo di vivere. In fondo, erano abbandonati, e si sono organizzati dai bambini ai grandi, come modo di vivere, di contrapporsi alla società".

immagine

Capisco...
"Ora, dicevo: 'Mettere l'occupazione, siate presenti come istituzioni. Che creano sviluppo, scuola, valori'. Pensi un po': noi parliamo tanto oggi di legalità, ma quando si scopre che ci sono cose come le intercettazioni telefoniche, ancora abbiamo il coraggio di parlare di legalità? E quando ci sono gli scandali? Allora, torniamo ad essere uomini rispettosi. Mi fa male vedere quello che succede a Napoli. Qui ad Acerra, per fortuna, si respira ancora, anche se hanno ucciso due persone. E però possiamo cadere anche noi, perché la vecchia camorra ha ritirato le unghie. Ma a me Napoli fa non paura, semmai dolore".

immagineIl presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

In che senso?
"Mi fa dolore sentir dire: 'Io a Napoli non vado'. Ma perché? Perché ogni angolo diventa aggressione. E che ci vuole, un esercito? E dopo che hai messo le pattuglie ovunque, che fai? Le strade sono già ingombrate, ci mettiamo anche i mezzi dell'Esercito? E' finita, non si vive più. Il fatto è che noi ci dobbiamo svegliare, uscire dall'indifferenza, tutte le illegalità, essere uomini onesti. Noi dobbiamo farlo: e allora Napoli, tutti noi del Sud, della Calabria, se tutti noi riprendiamo la nostra dignità di uomini veri, subiremo qualche smacco. Ma gli taglieremo le unghie, eh?".

De André ha cantato: "Lo Stato s'indigna, s'impegna, poi getta la spugna con gran dignità". Se lei potesse parlare dieci minuti con gli uomini dello Stato, da Bassolino alla Jervolino, al presidente della Repubblica Napolitano, che cosa gli direbbe?
"Gli direi: 'Guardate, fate una campagna di serietà nella politica'. Non sono di nessuna parte, ma quello che vediamo non favorisce il clima necessario per un comune impegno. Mettiamo da parte destra e sinistra, impegniamoci prima di tutto per l'uomo. Se potessi parlare a Bassolino,immagine direi: facciamo una politica che sia servizio di presenza sul posto, facciamo sentire che lo Stato c'è, siamo noi e collaboriamo con loro. Facciamo una politica diversa, non quella del 'comando io', ma del 'costruiamo insieme'. Questo direi a Bassolino, Prodi o Napolitano: occorre creare la mentalità che la civiltà si costruisce insieme. Democrazia vuol dire questo!, una civiltà costruita insieme. Non possiamo dire: fatela voialtri, no!, occorre la collaborazione di tutti. Da chi comanda, con i suoi poteri: da parte nostra con i nostri poteri".

Un'ultima cosa:immagine il cardinale Sepe, che è stato prefetto di Propaganda Fide, ha detto che a Napoli non serve l'esercito, e che la città ha il diritto/dovere di risorgere. Non ci sta forse lanciando l'invito a rendere Napoli terra di missione? Qual è la missione per Napoli?
"Siamo usciti dal convegno di Verona della Cei, e abbiamo detto: torniamo sulle strade dell'uomo. In questo caso, la Chiesa - come ai tempi dei primi cristiani - deve farsi sale della terra: credo che sia arrivato il momento giusto per poter fare tutto questo. Perché in fondo, in questo momento occorre una Chiesa missionaria, che va verso l'uomo e non si spaventa. Ma che paura dobbiamo avere della criminalità? In fondo chi sono? Uomini come noi: ne ho conosciuti tanti, e mi ha sempre stupito la loro pochezza, la deformazione interiore. Soldi e basta, la vita non conta nulla. Sono poveri uomini, in Sicilia si direbbe che sono quaqquaraqquà, veramente dei quaqquaraqquà. A noi occorre una Chiesa che vada a dire all'uomo che non siamo quaqquaraqquà, siamo uomini, perché aver paura? Ma questo se avviene insieme, quotidianamente, seriamente, ne rispetto reciproco, pronti anche a denunciare il male, parlare, rischiare, guardi che gli tagliamo le unghie. Lo dico per esperienza".

Antonino D'Anna

 
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