Creato da D_E_S_A_D_E il 17/09/2007

Sado Caustico

Ne ferisce piu la penna che la spada.

 

 

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A volte si nasce 2 volte

Post n°10 pubblicato il 20 Ottobre 2007 da D_E_S_A_D_E
 

Quell'estate Bolzano era un catino di aria immobile e bollente. Appena il sole spuntava sopra le montagne da est, si cominciava a friggere, a sudare e a boccheggiare. Nemmeno l'ombra bastava a dare un pò di ristoro, non c'era aria, non c'era vento, e quel poco di vento che si sentiva era talmente caldo da sembrare che avesse scorreggiato il buco del culo del mondo. Solo la Tramontana da nord portava a volte un pò di frescura, ma ad agosto la Tramontana è più rara del ghiaccio nel Sahara. Di notte però si riposava decentemente, la temperatura scendeva a sufficienza e poi anche senza zanzariere si riusciva a dormire. L'aria era talmente umida che gli insetti più piccoli, comprese le zanzare, non potevano volare, se però si sentiva il rumore di un insetto in volo, allora era consigliabile coprirsi in fretta con il lenzuolo, perchè sicuramente stava volando qualcosa dalle dimensioni vicine a quelle di un elicottero. Lui quella notte non riusciva a dormire, era molto nervoso, il giorno dopo doveva alzarsi prestissimo per andare in stazione a prendere il treno, partiva per la sua prima licenza. Tornava a casa per la prima volta dopo mesi, aveva messo la sveglia alle 5,30 per poter uscire dalla Caserma alle 6, ma poi avrebbe dovuto fare un paio di km a piedi. Per tutta la notte si girò e rigirò sul letto senza riuscire a prendere sonno, a diciannnove anni certe cose, anche così sciocche come dover prendere un treno, le vivi troppo intensamente. La prima licenza, il calore della famiglia, ma sopratutto il calore di lei, la sua fidanzata, erano tutti pensieri che attraversavano rumorosamente la sua mente e come passi pesanti dal piano di sopra lo tenevano sveglio. I suoi occhi erano spalancati e guardavano in alto, nel letto a castello lui dormiva nella branda in basso, pochi giorni prima aveva trovato in una rivista pornografica la foto di una donnina nuda che somigliava incredibilmente alla sua ragazza, stessi capelli castani e mossi, stessi occhi scuri, stessi seni pieni e stupendi. Aveva appeso la foto alla rete sopra di lui, così poteva guardarla tutte le volte che voleva. In quel momento avrebbe voluto un pò di luce per vederla, si sarebbe masturbato, guardandola, pensando alla sua pelle morbida alla sua bocca avida e a... tutto il resto. Sicuramente gli sarebbe servito per addormentarsi, ma ora era tutto buio, la luce nella camerata era spenta, tutti dormivano, il trentino russava, il bergamasco farfugliava, e lui... vegliava. Iniziò a ripassare mentalmente tutte le cose da fare e da portare con se. Maledisse il momento in cui aveva promesso a sua madre di tornare a casa in divisa, sapeva che se ne sarebbe pentito, la divisa d'ordinanza, anche se estiva, non era delle più fresche, e quel maledetto cotone era ruvido, specialmente il filo delle cuciture. Il borsone era pronto, la divisa era sulla sedia, piegata e stirata, le scarpe sotto il letto, lucidissime. Quindici giorni prima aveva perso il suo turno di licenza perchè non aveva la divisa in ordine. Incredibile, assurdo, era stato punito per una cosa facoltativa, non era obbligatorio uscire in divisa e se fosse partito in borghese nessuno avrebbe trovato nulla da ridire. Stavolta però non aveva lasciato nulla al caso, era stato dal barbiere la sera, taglio di capelli e barba, aveva lucidato la fibbia della cintura e per l'occasione aveva anche tirato fuori il secondo basco, quello che si usa per le occasioni speciali, sarebbe stato perfetto. Fuori dalla finestra notò un primo chiarore, guardò l'orologio, erano quasi le 5,00. Decise di alzarsi e di farsi una doccia, in quella caserma il bagno era accogliente come quello di un albergo anche se tutto il resto faceva più schifo di una prigione, ma il bagno era stato rifatto da poco, tutto luccicava e risplendeva, c'era sempre l'acqua calda, e gli specchi erano grandi e puliti. Sotto la doccia rimase a lungo in piedi immobile, lasciò che l'acqua gli scorresse addosso partendo dal suo volto, era una cosa che lo rilassava e lo tonificava al tempo stesso. Poi via, sapone e shampoo, dopo pochi minuti era pronto e vestito. Erano appena le 5,20, decise di uscire prima, avrebbe aspettato l'ora di uscita in Porta Centrale, e mentre camminava nella piazza d'armi gli venne in mente che avrebbe anche potuto prendere un caffè al distributore automatico che serviva i piantoni di guardia. La Porta Centrale era deserta, solo dalla garitta gli era arrivata una voce, forse un saluto, rispose con un cenno del capo e si diresse alla macchinetta, infilò una moneta ed attese che il caffè scendesse. Dietro di lui udì dei passi e una risata:
- Finalmente ce la fai ad andartene a casa.
Si girò e vide che il Sergente di turno era il suo Sergente al Reparto.
- Oh si Sergente, le posso offrire un caffè?
- Volentieri, ho appena iniziato il turno, devo ancora svegliarmi bene, a che ora hai il treno?
Lui gli porse il caffè e rispose:
- alle 6,30. A piedi faccio appena in tempo.
Il Sergente cominciò a bere il caffè guardandolo negli occhi e non smise di guardarlo anche dopo che ebbe finito di bere.
- Quella di due settimane fa è stata una vera carognata.
- Sergente, ero pronto, ci sono rimasto di merda, a casa mi aspettavano, ora hanno anche cambiato l'orario dei treni e il treno che dovevo prendere io, quello diretto fino a casa lo hanno anticipato. Questo che prendo adesso non è diretto, devo cambiare a Verona e a Bologna.
- Hai una sigaretta?
Lui tirò fuori il pacchetto, e glielo porse. Il Sergente prese la sigaretta, la accese e poi gli voltò le spalle.
- Adesso a che ora parte quel treno che dovevi prendere?
- Alle 6,05 putroppo.
Il graduato gli dava le spalle, era molto più basso di lui ma aveva un fisico scolpito, prima di entrare nell'esercito era stato muratore, con lui aveva un buon rapporto, quasi amichevole, c'era stata subito della simpatia, quelle cose epidermiche che non ti sai spiegare. Aspirò una lunga boccata e poi si diresse verso il portone. Lo spalancò, poi si girò verso di lui e gli disse:
- vai, se ti sbrighi fai in tempo. Ricordati che se ti beccano fuori tu sei uscito di qui da solo. Quella testa di cazzo che ti ha punito non lo sapeva nemmeno che tu non eri mai tornato a casa.
Ringraziarlo ed uscire di corsa fu un attimo. Per strada volò, incredulo e immensamente grato a quel calabrese che a modo suo aveva voluto rimettere le cose a posto facendo giustizia di una ingiustizia. Mentre correva non sentiva nemmeno il peso del borsone, il sole era ancora dietro le montagne, la notte era fresca, dopo pochi minuti era sul treno verso casa, felice. Il viaggio all'inizio fu piacevole, i vagoni erano pieni solo a metà, tutti emigranti che tornavano a casa e che erano partiti chissà da quante ore, chissà da dove e che per chissà dove. Si trovò un posto in uno scompartimento con sedili coperti di tessuto, era uno scompartimento per non fumatori ma i sedili in similpelle erano micidiali in estate, quindi decise che per fumare sarebbe andato in bagno. Appena fu seduto accavallò le gambe, si tolse il basco, appoggiò il capo sul poggiatesta e senza nemmeno accorgersene si addormentò. A risvegliarlo fu il caldo, il treno era fermo, ebbe l'impressione di aver dormito troppo, fu preso dalla paura di aver saltato la sua stazione di arrivo. Scattò in piedi tra gli sguardi increduli degli altri passeggeri ed esclamò:
- dove siamo?
Qualcuno gli rispose:
- Bologna.
Subito si tranquillizzò, era solo a metà strada. Uscì dallo scompartimento per andare a fumare, quando fu alla porta del vagone si accorse di essere al primo binario. Sul marciapiede, proprio di fronte a lui c'era il carretto di un venditore ambulante.
- Paniniii bibite...
- Hai del caffè?
- E come no?
Quando ebbe in mano il bicchierino di carta chiese:
- ma come lo hai fatto questo caffè?
- a generale, con la moka, io non uso le polverine, stai tranquillo che è Lavazza.
Un romano a Bologna, ma quando mai? Il caffè però era buono, e dopo il caffè la sigaretta aveva un sapore migliore, la fumò sul marciapiede, c'era ancora tempo, comprò anche una rivista dall'edicola lì vicino, ormai non avrebbe dormito più, meglio avere qualcosa da leggere. Il resto del viaggio passò quasi senza problemi, con i finestrini aperti si stava bene, solamente quando però il treno si fermava in qualche stazione il caldo diventava soffocante, ma erano solo pochi minuti, si sopportava. Leggere lo aiutò a passare il tempo, ogni tanto si chiudeva in bagno per accendersi una sigaretta, sarebbe stato a casa per l'ora di pranzo, preciso. Scese dal treno in fretta, prese il sottopassaggio e appena riemerse dalle scale si lasciò prendere da un pò di commozione, di fronte a lui c'era la sua città, non la vedeva da mesi, da mesi non sentiva quel profumo di salsedine e oleandri. Respirò a pieni polomi e poi si avviò verso casa con passo spedito, aveva sete. Fece per entrare in un bar ma lo trovò strapieno, forse il sabato? Proseguì. Al secondo però trovò lo stesso un gran pienone.
- E che cazzo, berrò a casa, tanto ormai sono arrivato.
Uscì senza fare caso che gli avventori non stavano consumando ma guardavano tutti la televisione.
Dopo pochi minuti era arrivato al portone di casa sua, suonò al citofono e gli rispose sua madre, con una voce che lui non aveva mai sentito:
- chi è?
- mamma sono io, apri?
- Oddio è lui. E' LUI.
L'urlo di sua madre lo aveva un pò scosso, va bene che era la prima licenza, che era stato via mesi, ma non si era mai comportata così. Appena entrato in casa si rese conto che qualcosa non andava. Suo padre gli venne in contro con gli occhi rossi, sua madre era in cucina che piangeva riversa sul tavolo.
- Papà, che è successo?
- Niente figlio mio, niente, non è successo niente.
E lo abbracciò dandogli un bacio sulla guancia. Non lo aveva mai fatto prima, mai, poi proseguì:
- sei vivo, non è successo niente.

Era il 2 agosto del 1980. Alle 10,25 di quel giorno, solo pochi minuti dopo che il mio treno era partito, nella sala d'attesa della stazione di Bologna scoppiò la bomba "fascista" che uccise 85 innocenti. Il mio treno fù probabilmente l'ultimo a lasciare quel binario, inoltre se solo avessi preso il treno successivo, sarei stato in quella sala di attesa, o su quel marciapiede ad aspettare la coincidenza e sarei morto anche io. A volte si rinasce una seconda volta (ma per quel che mi riguarda anche una terza e una quarta).

 
 
 
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