Creato da: legaitaliana2006 il 10/08/2006
Per la libertà dei popoli europei e la valorizzazione delle culture locali, per un federalismo che permetta ai cittadini di decidere direttamente per il bene del proprio territorio, per difendere la civiltà contro la barbarie del 3° millennio!

Area personale

 

Archivio messaggi

 
 << Aprile 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30          
 
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 

FACEBOOK

 
 

I miei Blog Amici

Citazioni nei Blog Amici: 2
 

Ultime visite al Blog

Eva_laStregagiorgino.gifranco.franchi1978hotsimonguendalina1952fronteverderodrigozirawitripodi1981giovannifazzigpascaprectthsoemostruosa0diversamentegiovane0orcofalkprotestati
 

Chi può scrivere sul blog

Tutti gli utenti registrati possono pubblicare messaggi e commenti in questo Blog.
I messaggi e i commenti sono moderati dall'autore del blog, verranno verificati e pubblicati a sua discrezione.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 

 

 

» 2007-11-11 08:52 ANSA.itBlitz della Lega Nord con maiale contro moschea a Padova

Post n°43 pubblicato il 11 Novembre 2007 da legaitaliana2006


VENEZIA - "Abbiamo 'benedetto' il territorio dove il Comune di Padova vuole trasferire la moschea di Via Anelli". Questo lo sprezzante commento del capogruppo della Lega Nord nel Comune di Padova Mariella Mazzetto, che assieme ad una decina di attivisti del carroccio, ha fatto passeggiare un maiale nelle vicinanze di un casolare di proprietà del Comune che si dice possa essere destinato a diventare sede della nuova moschea di Padova. "E' una questione di difesa dell'identità italiana - prosegue Mariella Mazzetto -; il pacchetto sicurezza recentemente decretato dal governo prevede che per la costruzione di nuove moschee l'amministrazione comunale debba indire un referendum consultivo tra i cittadini del quartiere. Vogliamo che anche a Padova questo referendum si faccia".  

http://www.ansa.it/opencms/export/site/notizie/rubriche/daassociare/visualizza_new.html_66894190.html

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Piovra al-Qaeda

Post n°42 pubblicato il 18 Aprile 2007 da legaitaliana2006

IL FATTO
L’organizzazione di Benladen continua a colpire. E si moltiplicano in molte aree strategiche e a diverse latitudini le sue «filiali». Una strategia di lungo respiro che punta ad affermare che il jihad militare è solo all’inizio E che l’attacco all’Occidente si affianca al tentativo di rovesciare i regimi «infedeli» del mondo islamico

Piovra al-Qaeda
Così la «rete» del terrore allunga i suoi tentacoli

La «succursale» più agguerrita è in Iraq, molto attive le basi dell’Africa Orientale e del Sudest asiatico E anche in Europa il pericolo cresce

Di Camille Eid

Si allungano in tutti i continenti i tentacoli di al-Qaeda. Ne recidi uno e ne spunta un altro. Seminando terrore e procurando morte, come è accaduto pochi giorni fa in Marocco e Algeria. Se, fino a un paio d’anni fa, l’organizzazione terroristica poteva infatti vantare dei gruppi alleati in diverse aree del mondo, da Mombasa a Londra e da Mindanao a Casablanca, ora può invece contare su delle filiali che rivendicano l’uso del suo nome quasi fosse un marchio registrato. La "base" (questo è il significato del termine arabo al-Qaeda, ndr) è diventata "basi", titolava poco tempo fa un giornale mediorientale per significare la moltiplicazione dei rami qaedisti nel mondo. Una decisione che riflette la strategia adottata dall’organizzazione fondata da Ossama Benladen, che consiste nel creare una rete di organizzazioni in diverse aree del mondo.
A parte la centrale guidata dal miliardario saudita e dal suo vice Ayman al-Zawahiri, probabilmente ancora trincerati nelle zone di confine tra Afghanistan e Pakistan, la più nota di queste filiali è quella attiva in Iraq dove, nell’ottobre 2004, Abu Mussab al-Zarqawi ha giurato fedeltà al "capo dei capi" cambiando il nome del suo gruppo dal Tawhid wal Jihad, (Monoteismo e guerra santa) in "Organizzazione di al-Qaeda nella terra dei due fiumi". L’eliminazione di Zarqawi nel giugno dell’anno scorso non ha posto fine al ramo iracheno. Anzi, un segno del suo revival potrebbe essere la proclamazione in Iraq di uno "Stato islamico", nonostante le recenti frizioni con alcuni gruppi armati sunniti.
Il diritto di primogenitura viene comunque rivendicato dalla filiale saudita. O meglio, "l’Organizzazione di al-Qaeda nella Penisola arabica". La terra natale di Benladen ha subito qui cocenti sconfitte (ha cambiato 5 capi in due anni), ma ha anche rivendicato sanguinosi attentati in quasi tutte le principali città della regione: Riad, Dhahran, Aden e Jeddah. Nella filiale militano kuwaitiani, yemeniti, ma anche ciadiani e marocchini recl utati tra la folta manodopera straniera presente nel regno wahhabita.
Sempre in Medio Oriente si è fatta viva in diverse occasioni una filiale di "al-Qaeda nella Grande Siria e in Egitto". Nella sigla araba i terroristi usano i poetici termini cari alla storiografia islamica: Bilad al-Sham e Ard al-Kinana. A questa filiale sono riconducibili gli attentati avvenuti nel Sinai e ad Amman. Secondo alcune informazioni, il ramo si sta ora sviluppando nei campi palestinesi in Libano dove progetta di attaccare la forza dell’Unifil presente nel Sud del Paese.
A rivendicare lo stesso ruolo nei Paesi del Maghreb è il Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento (Gspc) che dal settembre scorso ha chiesto di integrare ufficialmente le file di al-Qaeda mutando, due mesi fa, il proprio nome in "Organizzazione di al-Qaeda nel Maghreb islamico". Il leader del ramo, Abu Mussab Abdel-Wadud, ammette di accogliere molti stranieri. È infatti coadiuvato da una Shura (Consiglio consultivo) composta di 16 membri tra cui figurano rappresentanti di gruppi radicali libici, tunisini e mauritani.
Un tentacolo soffoca poi l’Africa orientale dove al-Qaeda si è manifestata ancor prima dell’11 settembre colpendo, lo stesso giorno, le ambasciate americane a Nairobi e Dar es-Salam. Molti dei responsabili di questi attentati sono finiti in manette (come il keniota Sweidan), ma altri sono ancora latitanti e si teme possano rispuntare con le milizie somale delle Corti islamiche.
Più articolata la filiale nel Sudest asiatico. Qui al-Qaeda conta su una nebulosa locale che comprende la Jemaah Islamiyah di Abu Bakar Baasir, attiva in Indonesia e Malaysia, e la Haraka islamiya filippina, più nota sotto il nome di "Gruppo di Abu Sayyaf", guidata da Khadafi Janjalani. Entrambe sono sospettate di essere dietro gli attentati che hanno insanguinato negli ultimi anni l’isola di Bali, Jakarta e Mindanao. Sempre in Asia, al-Qaeda offre il proprio sostegno a diversi gruppi indipendentisti che lotta no nel Kashmir contro le truppe indiane. Gruppi che, come si è visto ultimamente a Bombay, non esitano ad attaccare anche obiettivi civili in nome della vendetta islamica contro il «potere induista».
Meno conosciuto, anche se non meno pericoloso, il ramo presente in Europa. "Cellule dormienti" che vengono alla luce solo in occasione di attentati clamorosi: quella di Amburgo dopo l’11 settembre, quella di Londra dopo gli attentati del luglio 2005.
Perché tutte queste filiali? Forse perché i capi di al-Qaeda vogliono dimostrare che l’organizzazione continua ad avere in mano le redini dello scontro, nonostante i colpi e le perdite subite. Vogliono anzitutto affermare che la guerra cominciata l’11 settembre 2001 è ancora all’inizio, e che il logoramento della superpotenza occidentale continua. E insieme ad esso, prosegue il piano che aspira al rovesciamento dei regimi del mondo islamico.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Diventiamo cinesi per farci rispettare

Post n°41 pubblicato il 18 Aprile 2007 da legaitaliana2006

Maurizio Blondet
12/04/2007
 
Sventolano le bandiere rosse in via Paolo Sarpi dopo gli scontri
MILANO - E così, anche Milano ha la sua Secondigliano: il quartiere dove le pattuglie che vanno ad arrestare un pregiudicato sono circondate da folle urlanti, che sottraggono il ricercato alla legge e ai suoi tutori con lancio di oggetti dai balconi, violenze varie e magari revolverate.
Solo che la Secondigliano milanese è un quartiere centrale: via Paolo Sarpi e le vie limitrofe,  il cosiddetto quartiere cinese.
Qui sono scoppiati disordini per una multa.
Una donna cinese, multata dai vigili, è stata soccorsa dai cinesi che lì hanno negozi e magazzini, laboratori e clandestini in numero enorme.
Uno scontro violentissimo, con percosse, distruzioni di auto e sventolio di bandiere rosse con la stella comunista di Pechino, che non si è calmato mentre scrivo: vigilantes cinesi non fanno avvicinare i poliziotti.
Zona vietata.
Roba loro.
Chi non è di Milano può non sapere: quella zona è a due passi dal Castello Sforzesco, un quartiere che potrebbe essere di lusso se non l'avessero accaparrato i cinesi con le loro attività essenzialmente illegali e lucrose.
Hanno mandato via gli abitanti, vecchi pensionati milanesi per lo più.
Minacciano e intimidiscono quei pochi che resistono.
Ma hanno pagato case e negozi: in contanti, contanti in grosse valige.
Tutto governato dalle Triadi, una mafia che la nostra mafia, al confronto, è una filodrammatica di paese.
Ultrasegreta, sfruttatrice e spietata.
Sono le Triadi che portano qui i clandestini, e li sfruttano per decenni, taglieggiando i loro guadagni.
Ritirano loro i passaporti.
I passaporti dei morti vengono rivenduti ai taglieggiati vivi, un furto continuo di identità, una totale illegalità totalmente impunita.
Tutto questo è noto da sempre, ma naturalmente le (cosiddette) autorità fanno finta di nulla, perché i cinesi sono «tranquilli».
Salvo che è scoppiata «l'emergenza».
Un'altra emergenza italiota.

I cinesi sono lesti a capire che qui le leggi non valgono, che l'arroganza e la massa hanno sempre la meglio.
Vedono anche loro la TV, capiscono benissimo l'italiano (anche se fanno finta del contrario), ed hanno capito subito che qui l'esempio da seguire è Mastella, Tronchetti Provera, o il senatore a vita Emilio Colombo, che manda le Fiamme Gialle della sua scorta a comprare la coca.
Gli impuniti, l'impunità, la vacuità della legge inapplicata, le mani legate della sedicente forza pubblica, sono fatti che ogni immigrato capisce al volo.
Qui può malfare impunito, per di più con un'assistenza sanitaria gratuita che in Cina non si sogna nemmeno nel delirio dell'oppio, e incredibili agevolazioni per il mutuo-casa negati ai cittadini italiani, e gli assegni familiari.
In più, naturalmente, il pietismo italiota: «Ricordiamoci che anche noi eravamo un popolo di emigranti».
Appunto, ci ricordiamo: i nostri emigranti in USA e nelle miniere del Belgio, mica trovavano le ASL gratuite e le case a prezzo basso sottratte agli abitanti locali.
Dovevano sgobbare, mantenersi sani e dormire in baracche e nei retrobottega.
Naturalmente, la brava gente italiana, tartassata da Visco, ora si allarma.
E dice: visto che quelli sventolano la bandiera della Cina, allora espelliamoli in Cina, è il loro Paese.
Errore: i cinesi hanno quasi tutti la cittadinanza italiana.
L'hanno avuta con facilità, perché noi siamo buoni, e perché ci sono i corrotti nelle amministrazioni, e inoltre la Caritas aiuta e assiste nelle pratiche.
Privare della cittadinanza gli sbandieratori, i neo-patrioti di Pechino, sarebbe una mera giustizia: ma da noi non vige la giustizia, vige il diritto «positivo» e la manica larga.
E loro l'hanno capito benissimo.
A Pechino, sarebbero già tutti passibili di fucilazione per quello che hanno fatto; da noi, lo sanno, si può fare tutto.
Specialmente se si è in tanti e prepotenti.
Ebbene: in questo, sono del tutto italiani.
Perfettamente integrati alla illegalità generale.
E' vero che hanno chiamato in loro aiuto il console cinese (pensate se degli australiani d'origine italiana chiamassero, dopo una rivolta, il console italiano in piazza con loro), ma anche questo è possibile in Italia a cittadini italiani per tornaconto, ma non per volontà.
Anzi solo qui.

Ebbene, vi dirò: hanno ragione loro.
Il Comune di Milano commina multe erosissime; un divieto di sosta costa un decimo di un magro stipendio «normale» a Milano.
Evidentemente i vigili hanno provato ad applicare il taglieggio anche ai cinesi, ed è successo quel che è successo.
Il guaio è che noi italiani nati e vissuti qui, quando siamo multati, non abbiamo la solidarietà armata del vicinato.
Noi siamo soli.
Isolati.
Circondati da un vicinato indifferente, se non ostile.
Che non ha solidarietà per un membro del popolo che viene taglieggiato dalle burocrazie spoliatrici. Che non si sente offeso in massa dall'offesa o dall'ingiustizia fatta ad uno di noi.
Noi, solo noi, non abbiamo attorno una nazione pronta a difenderci, a solidarizzare, a condividere la resistenza contro l'oppressore.
Perciò noi siamo sur-tassati.
Nè abbiamo agevolazioni per la prima casa.
Noi dobbiamo condividere le affollate sale d'aspetto delle ASL e dei pronto-soccorsi con miriadi di emigrati pieni di figli a carico del sistema - un sistema sanitario che noi abbiamo pagato da una vita e continuiamo a pagare, e loro no.
Per noi niente sconti, niente solidarietà per le nostre povertà, nessun aiuto della Caritas e dei «mediatori culturali» per farci avere il posto in ospedale o il sussidio per la badante della mamma con l'Alzheimer.
Quelle cose, prima, agli immigrati; e poi anche a noi, se resta qualcosa.
Non resta mai nulla.
I veri stranieri siamo noi.

Siamo noi gli estranei senza cittadinanza, per i poteri burocratici che ci sgovernano.
Noi cittadini ligi alle norme, e alla buona educazione.
Noi che non saltiamo le file, che non minacciamo, che paghiamo le multe che ci portano via un decimo della pensione e del salario.
Noi ligi veniamo dopo tutti.
Davanti a un magistrato, la nostra parola vale quella del pregiudicato che ci ha truffato o derubato o rapinato; anzi la sua vale di più, perché il giudice già lo conosce e conosce il suo avvocato.
Davanti all'ufficio- tasse, siamo per principio sospetti di evasione.
Noi che ci mettiamo in fila, che non cerchiamo o non abbiamo raccomandazioni, siamo gli ultimi ad essere serviti dal «servizio pubblico».
Prima i pregiudicati, prima i negri, prima gli zingari rumeni.
Prima i cinesi.
Abbiamo sbagliato tutto.
Dovremmo diventare anche noi  cinesi, o almeno camorristi: unirci, far paura, pretendere con arroganza l'impunità.
Solo che non abbiamo una bandiera da sventolare.
E nemmeno un console straniero che scenda in piazza a proteggere la nostra insubordinazione.
Ma quale?
Noi non siamo insubordinati.
Noi obbediamo.
Per questo siamo stranieri in Italia.
Per questo siamo immigrati appena sbarcati nel Paese in cui siamo nati, e che manteniamo con il lavoro e le tasse.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Pericolo guerra civile italiana

Post n°40 pubblicato il 13 Aprile 2007 da legaitaliana2006

Ci risiamo! Si parla tanto di integrazione quando si devono carpire diritti e privilegi (gli stranieri sono aiutati dallo Stato e dai Comuni, questo è verissimo, ma pochi lo sanno), ma quando si tratta di sacrificio, ovvero di doveri allora si alza la voce e se qualcuno glielo fa notare, ti gridano in faccia razzista. Hanno stancato, questa politica centralista e social-comunista sta portando l'Italia vicino alla guerra civile. Oggi sono stati i cinesi a fare caos, ma domani potrebbero essere gli islamici, e loro si fanno sentire anche con gli attentati. Basterà che a loro sembri una "giusta" causa (così vanno in "paradiso") e si faranno saltare in aria con poveri innocenti!

Dobbiamo svegliarci, i ritmi degli immigrati (intolleranti) stanno diventando pericolosi.


Il video

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Testimonianza di un lavoratore dipendente

Post n°39 pubblicato il 06 Marzo 2007 da legaitaliana2006

Si pubblica la lettera di un amico che lavora presso una struttura pubblica.

Ovviamente per motivi di riservatezza, non ne pubblicheremo nè nomi, nè luoghi.

...... in questa struttura, da una decina di anni, si notano assunzioni "curiose" di persone provenineti normalmente dal sud-Italia... della mia città, non assumono se poche persone, mentre dalla Campania in giù le persone che vengono assunte sono molte... direi troppe.

Inoltre la gestione qui dentro, lascia molto a desiderare, non funziona niente!!! C'è gente che bivacca e che si diverte. Prende lo stipendio ma è a dir poco una rapina. C'è pochissima serietà e mi rendo conto sempre più, che siamo un paese di maccheroni e mandolino! Ora capisco la necessità di un bel federalismo, osteggiato e abbattuto da una "mortadella"!!!

....

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
« Precedenti Successivi »

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963