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I lepini oltre i lepini

Post n°25 pubblicato il 28 Dicembre 2006 da a.benassi
 

E chi l’ha detto che i lepini finiscono sui lepini? I lepini sono qualcosa di più di una catena, per noi speleologi tignosi sono una forma dello spazio,  un modello ricorsivo che si annoda e s’arrotola in meandri infiniti e bastardi, sono un posto dove consumi più tute che carburo. Marco una volta ha scritto che nelle profondità dell’erdigheta sembrava si fosse entrati in un ramo del corchia che s’era perso, che  magari le Apuane sotto sotto proseguivano anche nei lepini, leggendolo pensai, magari, se è così abbiamo svoltato. Il problema è che  il mese scorso ho scoperto che il discorso gode di una curiosa proprietà commutativa: invertendo i termini vale ancora. Il Goffredo s’era sempre comportato da buon abisso apuano: pozzi belli, comodi e asciutti. Fondo a -920, risalite infinite, insomma proprio un bel posto, almeno fino all’ultima volta. Il gruppone è di quelli belli corposi, faenza, reggio, modena, treviso, di tutti di più, e per ultimo aggregato un sifonotto solitario. Obiettivo una bella diramazione che da -250 scende per ora a -500, forse lontana dal vecchio fondo, e comunque ferma sul nulla. E’ li che incontriamo i lepini. Cominciano in sordina con pozzi piccini, poi qualche passaggio scomodo, saltini da taglio corda, poi si capisce che siamo nel puro meandro stile vicolo delle madonne,  ogni tanto mi sembra anche di vedere le rudiste che spuntano dalle pareti, la tuta è la prima ad accorgersi  di essere tornata  a casa e mostra tutta la sua felicità svampando completamente. Perplessità, eppure continua, le corde ci sono, quindi si prosegue ad oltranza. A questo punto per sentirmi completamente a casa manca solo l’acqua, giro l’angolo un bel saltino ed ecco tutta l’acqua del mondo che corre sotto di noi.  Si scende e si striscia,  giochini simili a lavatrici in centrifuga e sifoni di sabbia da scavare c’aiutano a stare svegli. Poi è la volta del magico numero della moltiplicazione della corda: scendi il saltino taglia il cordino, fai una giravolta, falla un’altra volta, guarda in su, guarda in giù, l’armo non c’è più. Andiamo avanti così ancora qualche pozzetto, finché l’ultimo salto da dieci ci lascia perplessi a ragionare se una volta  scesi arrampicando saremmo in grado di risalire. Qualcuno propone la catena di maniglie e longe,qualcuno con più voglia di uscire vivo boccia la mozione. Esaurite le opzioni tutti contenti decidiamo che è scattata l’ora ‘oni ‘oni ci leviamo dai cojoni. Tra pezzi di rilievo e conti vari se non siamo a -700 poco ci manca. Adesso anche  il Goffredo ha un bel ramo che finisce sotto i lepini, o forse una parte dell’abisso di monte fato s’è perso nelle Apuane.  

 
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