Creato da: a.benassi il 10/08/2006
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Messaggi di Dicembre 2006

 

 Ritorno in laos

Post n°26 pubblicato il 28 Dicembre 2006 da a.benassi
Foto di a.benassi

E’ vero che tocca farsi quasi novemila chilometri, che ogni cosa che si muove o è velenosa o vuole mangiarti, che l’ultima volta c’hanno arrestato venendoci a prendere  in grotta con i fucili spianati e l’acqua allo stomaco, ma quando arrivi nel carso laotiano del khammuane, li sei sicuro che i meandri te li puoi proprio scordare. Doveva essere un ritorno in  grande stile, una bella svernata al caldo, poi è finita che ho dovuto dare buca anch’io causa prossima paternità.  E così che in questi giorni a tenere alta la bandiera delle esplorazioni tropicali sono in tre: giovanni (pollo), Pacu, e  fabio. L’ultima volta che li ho sentiti erano appena partiti da Thaket con guida e permessi, almeno questa volta evitano l’arresto. Il  ritorno è per la metà di gennaio, di cose a metà ne avevamo lasciate parecchie. Se questa volta non ci sono problemi siamo già in corsa per organizzare la

prossima. Obbiettivi già individuati, alcune belle zone di carso a lame dove giocare ai piccoli lemuri tra un pilastro e l’altro come sugli tsingy in Madagascar e finalmente dopo cinque spedizioni orizzontali, farsi una bella scorpacciata di pozzi.

 
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I lepini oltre i lepini

Post n°25 pubblicato il 28 Dicembre 2006 da a.benassi
 

E chi l’ha detto che i lepini finiscono sui lepini? I lepini sono qualcosa di più di una catena, per noi speleologi tignosi sono una forma dello spazio,  un modello ricorsivo che si annoda e s’arrotola in meandri infiniti e bastardi, sono un posto dove consumi più tute che carburo. Marco una volta ha scritto che nelle profondità dell’erdigheta sembrava si fosse entrati in un ramo del corchia che s’era perso, che  magari le Apuane sotto sotto proseguivano anche nei lepini, leggendolo pensai, magari, se è così abbiamo svoltato. Il problema è che  il mese scorso ho scoperto che il discorso gode di una curiosa proprietà commutativa: invertendo i termini vale ancora. Il Goffredo s’era sempre comportato da buon abisso apuano: pozzi belli, comodi e asciutti. Fondo a -920, risalite infinite, insomma proprio un bel posto, almeno fino all’ultima volta. Il gruppone è di quelli belli corposi, faenza, reggio, modena, treviso, di tutti di più, e per ultimo aggregato un sifonotto solitario. Obiettivo una bella diramazione che da -250 scende per ora a -500, forse lontana dal vecchio fondo, e comunque ferma sul nulla. E’ li che incontriamo i lepini. Cominciano in sordina con pozzi piccini, poi qualche passaggio scomodo, saltini da taglio corda, poi si capisce che siamo nel puro meandro stile vicolo delle madonne,  ogni tanto mi sembra anche di vedere le rudiste che spuntano dalle pareti, la tuta è la prima ad accorgersi  di essere tornata  a casa e mostra tutta la sua felicità svampando completamente. Perplessità, eppure continua, le corde ci sono, quindi si prosegue ad oltranza. A questo punto per sentirmi completamente a casa manca solo l’acqua, giro l’angolo un bel saltino ed ecco tutta l’acqua del mondo che corre sotto di noi.  Si scende e si striscia,  giochini simili a lavatrici in centrifuga e sifoni di sabbia da scavare c’aiutano a stare svegli. Poi è la volta del magico numero della moltiplicazione della corda: scendi il saltino taglia il cordino, fai una giravolta, falla un’altra volta, guarda in su, guarda in giù, l’armo non c’è più. Andiamo avanti così ancora qualche pozzetto, finché l’ultimo salto da dieci ci lascia perplessi a ragionare se una volta  scesi arrampicando saremmo in grado di risalire. Qualcuno propone la catena di maniglie e longe,qualcuno con più voglia di uscire vivo boccia la mozione. Esaurite le opzioni tutti contenti decidiamo che è scattata l’ora ‘oni ‘oni ci leviamo dai cojoni. Tra pezzi di rilievo e conti vari se non siamo a -700 poco ci manca. Adesso anche  il Goffredo ha un bel ramo che finisce sotto i lepini, o forse una parte dell’abisso di monte fato s’è perso nelle Apuane.  

 
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Non solo lepinia

Post n°24 pubblicato il 28 Dicembre 2006 da a.benassi

Qui si dovrebbe parlare solo di esplorazioni nei monti lepini, ma alla fine quando la materia prima scarseggia bisogna pure ripiegare, quindi eccomi a raccontare di altro, varie ed eventuali,   ma pur sempre esplorazioni. Visto che il  Pratiglio per ora dorme il suo letargo invernale, abbiamo pensato  di andare a svegliare da un lungo sonno il vecchio abisso Nessuno. I simbruni  sono grandi, ammiccano, ti fanno sognare grandi storie underground. Alti, fatti di faggete infinite, sono pieni di valli chiuse e tutto l’armamentario,  purtroppo sono anche avari. L’inghiottitoio di Camposecco, il Nessuno, molti pozzi, ma tutto appare ancora confuso e sparso in un territorio enorme. Smaltiti i postumi di Scarburo, la prima settimana di dicembre era la data giusta per provare a riaprire i giochi proprio all’abisso Nessuno. Esplorato dal gruppo Shaka Zulu di subiaco circa dieci anni fa fino a -220, puzza tanto di trucco da scoprire. E’ così che si forma  un bel gruppone esplorativo in  odore d’amarcord. La famiglia Cappa al completo, Nerone, Elia, Dorina e due sifonotti a cavallo di un ryobi scoppiettante. Primo punto riarmare tutta la situazione, e così facciamo  presto a trovare un posto dove mettere la bobina da 200 nuova di pacca. Comprata per il pratiglio, svernerà al nessuno, gli è andata bene. Il tempo è poco,  per il primo appuntamento cerchiamo di non essere troppo audaci, il fondo può aspettare, ma il grande finestrone sul p55 no; Emanuele non c’ha dormito per dieci anni, andarci è d’obbligo. Miscela al 2%, partenza a strappo, tiro l’aria, metto la prima ed eccomi sull’ennesimo traverso da circo. Il posto sembra proprio grosso, alto sopra il meandro sottostante, pare proprio volerti portare a spasso per gallerie fossili. Fix, fix, camminata alla gatto silvestro, Paolo mi raggiunge su una cengia con su scritto “solo posti  in piedi”.  Ci saranno una quindicina di metri: se non raggiungiamo la cengia al piano di sopra ci tocca farli tutti con le ridotte. Proviamo il famoso numero della piramide, uno sopra l’altro come quella volta  che ci si ruppe la corda, paolo si offre come sifonotto a perdere, gli cedo corda e trapano. Questa volta la cengia ha anche posti a sedere, così gatton gattoni giriamo l’angolo. Il posto è bello, girare attorno ai pozzi è sempre divertente, soprattutto dopo un paio d’anni passati a nuotare come  salmoni, così a pelle sembra una cosa più salutare. Fix, fix e si scende; la galleria c’è, bella, grande, dieci, venti, metri, poi c’è anche il muro. Deciso di quelli  che non concedono appelli o punti interrogativi. Un grande finestrone cieco, un nasone sospeso sul pozzo. Peccato sarebbe stato un traverso divertente. Nessuno 1, Squadrone 0. prossimo appuntamento per il fondo la seconda di gennaio, tiro di dadi, giro di ruota e vediamo cosa porta l’anno nuovo.

 
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