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Meliaduse d'Este

Post n°230 pubblicato il 14 Maggio 2010 da marialberta2004.1
 

Maria Alberta Faggioli Saletti

Don Domenico Messore, Viagio del Sancto Sepolcro facto per lo Illustro Misere Milliaduxe Estense, Edizione e Commento a cura di Beatrice SALETTI, Istituto Storico Italiano per il Medio Evo-Fonti per la Storia dell’Italia Medievale, Palazzo Borromini, Piazza dell’Orologio, Roma 2009. 

Una ricerca annosa, un’edizione corredata dalla ricca Introduzione e dal Commento articolato e profondo, definito “continuo” dalla curatrice, nei quali si legge di Meliaduse d’Este, Amedea Paleologa regina di Cipro, Don Domenico Messore, e del Pellegrinaggio in Terra Santa con suoi itinerari, modalità, tempi.

Beatrice Saletti, ferrarese, la cui capacità d’indagine è già autorevolmente riconosciuta, ha scelto la via più impervia per presentare gli esiti di faticose ricerche archivistiche e storiche, tre-cinquecentesche: documenti, cronache coeve che nominano Meliaduse, diari, itinerari, carteggi, epistolari, inediti o fino ad ora non utilizzati, e un’amplissima Bibliografia storica nella quale spiccano testi riguardanti i paesi d’oriente, la storia letteraria, religiosa, economica, della mentalità, della scienza, dell’architettura, e quella locale.

E’ bene precisare altresì che il metodo seguito, di verificare l’attendibilità del racconto documentale, anche con un lungo viaggio nei luoghi storici citati, conferisce ulteriore spessore all’esposizione e avvalora nuovi punti di vista su Milliaduxe Estense.

Su di un personaggio estense rilevante e ben poco conosciuto, la studiosa parte da un documento conservato nell’Archivio di Stato di Modena, e prosegue con l’esplorazione approfondita in fondi archivistici di Modena stessa e di Ferrara, in Archivi e Biblioteche di Ferrara, Modena, Milano, Mantova, Torino, Firenze.  Meliaduse (1406-1452), figlio secondogenito del marchese Niccolò III d’Este, intraprende, nel 1440, un viaggio di nove mesi, verso la Palestina.

Quando espone notizie storiche riguardanti Meliaduse d’Este, Beatrice Saletti deve constatare che gli errori sono parecchi, come pure gli interrogativi che lo riguardano e che non hanno ancora trovato risposta (p. XVII).

Come mai, il secondogenito estense, non è successo al marchesato, dopo la decapitazione del fratello maggiore Ugo? La ricercatrice non concede troppo spazio né alle ipotesi errate che l’estense fosse in carriera religiosa (alcune notizie contengono evidenti errori), né sottace la congettura di rapporto incestuoso fra Nicolò III, figlio di Isotta Albaresani e la madre di Meliaduse, Caterina di Taddeo Albaresani, pur con la cautela derivante dalla mancata conoscenza della genealogia degli Albaresani.

Nicolò comunque non volle che Meliaduse divenisse marchese, benchè si possano rinvenire tracce riguardo alla vita di questo suo figlio, dopo l’inverno 1440-41, che lo indicano come esponente stimato degli Este ed autorevole partecipe alla vita di corte (pp. XXIII, XXIV, XXXII).

Occasione del viaggio di Meliaduse al Santo Sepolcro, il matrimonio di Amedea Paleologa, figlia del marchese di Monferrato, con Giovanni II Lusignano, re di Cipro. L’estense, dati i rapporti fra la casa d’Este e i marchesi del Monferrato, è il principale accompagnatore della sposa che ha fatto tappa a Ferrara, nel percorso dalla terra natale a Venezia.

Rivelatrici, le prime pagine del Viagio del Sancto Sepolcro, della geografia fluviale ferrarese del tempo, quando le ramificazioni del Po nei pressi della città, fornivano un mezzo rapido e relativamente sicuro per chi doveva raggiungere Venezia da nord-ovest (p. XLIV). In esse si racconta che, proprio per raggiungere Venezia, l’imbarcazione -una grande galea, a vela triangolare e dotata di 12 remi- partita dal porto di Ferrara, risale l’antico corso del Po verso Ficarolo, tratto obbligato per una nave di grandi dimensioni diretta verso il mare. La navigazione prosegue verso Francolino e Garofalo di Canaro dove i passeggeri sostano, come a Corbola, poi avanza in direzione di Chioggia e Malamocco, fino a Venezia, verso Cipro (pp. 1-2).

Da Cipro, il viaggio per raggiungere  il Santo Sepolcro, vede l’estense attraversare Libano, Siria ed Egitto (p. XLIV).

A testimoniare l’itinerario di Meliaduse, il resoconto, redatto dal fido cappellano don Domenico Messore, suo compagno di viaggio, che scrive una sorta di diario-memoria, un po’ trattato mercantile, un po’ appunti strategico-militari e tanto altro ancora, che non ammette semplificazioni, come del resto tutti i diari dei pellegrini dei secoli XIV e XV (p. VIII).

Chi era don Domenico Messore? Si chiede la curatrice.

La prima risposta consiste in notizie scarne, ma interessanti e di prima mano. Eccone un esempio. Nel 1454, don Domenico ha ricevuto da Leonello D’Este l’incarico di dirigere un laboratorio di pittura dei Tarocchi, le antiche carte da gioco miniate, e di fabbricarne egli stesso. La notizia è un’ulteriore conferma di quanto si sa, cioè che l’origine dei Tarocchi, ovvero le carte dei Trionfi, è legata agli ambienti cortigiani di Ferrara e di Milano. Ma ciò su cui si argomenta nell’esegesi è il prestigio dei Trionfi, la cui autorevolezza era tale da costituire un’eccezione rispetto ai pericoli spirituali che il gioco rappresentava, soprattutto per un ecclesiastico.

Una seconda risposta deriva da alcune qualità espositive dell’autore del Viagio del Sancto Sepolcro: Don Messore risulta il cronista più dettagliato della cerimonia di nozze del principe di Cipro con Amedea Paleologa (p. XLVIII). Ecco perché, nella lettura del Viagio, si rivela particolarmente interessante il racconto del percorso medio-orientale.

Partito in galea a remi anche da Cipro, Meliaduse raggiunge Beirut dove, insieme con Folco Contarini, si sofferma a definire modalità e tempi dell’itinerario successivo che toccherà Damasco (sosta di quasi due mesi), Gerusalemme (fermata di poco più di una settimana), il Cairo, dopo aver attraversato il deserto (oltre un mese di pausa), Alessandria da dove s’imbarca per Venezia. Si è rinunciato a visitare Nazareth, perché ci sono pericoli.

Don Messore, nel suo resoconto accurato, non trascura momenti avventurosi,  con travestimento da Mamelucchi a cavallo, allo scopo di non sottolineare la propria condizione di pellegrini in gruppo senza però occultarla, o al contrario, di apparire autentici Mori (p. LIV). Nell’esposizione, spiccano i dati su alimentazione ed economia, sulla società e sulle pratiche devote dei Mamelucchi: a Damasco, sulla moneta, la giustizia criminale, i sistemi difensivi della Cittadella; al Cairo sulla monumentalità dell’edilizia religiosa e urbana e sulla diga del Nilo (p. LVI).

Anche i luoghi d’albergo sono curiosi, perché non diversi da quelli occidentali, magazzino, stalla, punto di ristoro, osteria, ospizio, ma con ben differenti modalità di utilizzo, compresa la possibilità di dormire all’aperto di fianco agli animali. Racconti rispettosi dei termini orientali usati sempre a proposito, e condotti con garbo nei confronti del mondo musulmano, con apprezzamento anche per i cibi locali.

Il suo atteggiamento culturale si differenzia nettamente da quello di altri autori coevi di testi di viaggio che peccano di ambivalenza, o contengono comunque condanne e giudizi negativi accanto a descrizioni di abitudini degne, come la pratica delle elemosine o l’erezione di ospedali e di fondazioni caritative.

Quanto al testo di don Messore, il lettore apprezza il linguaggio non troppo evoluto, legato a “settentrionalismi” che sono talvolta attuali forme dialettali ferraresi (le albicocche chiamate mugnache, le carrube dette carate) e, soprattutto, le descrizioni particolarmente suggestive di luoghi un tempo teatro di episodi toccanti della storia della cristianità.

Già si è accennato alla ricchezza del commento che si avvale di fonti, bibliografia nutritissima e storiografia. Resta da evidenziare che il volume è completato da indispensabili Indici: delle citazioni bibliche, degli autori e delle opere anonime riferiti nell’Introduzione e nel Commento, dei nomi di persona, dei luoghi, e delle parole annotate (!). E’ bene infatti sapere che parola e nota costituiscono, nel volume, un piccolo dizionario, ed anche  brevi trattazioni del modo di vivere e del costume,  o divulgazioni su argomenti e oggetti ricchi di segreti come, ad esempio, la citata origine dei Tarocchi, il computo del tempo (nota 2, p. 3), gli schiopi e le bombarde, tra le più antiche armi da fuoco (nota 104, p. XXXII), i cavalieri gerosolimitani (nota 203, p. LIII).

Infine, a proposito dello spessore culturale delle annotazioni, va sottolineato altresì che esse contengono informazioni sostanziali, sui resoconti di pellegrinaggi (nota 4, p. VIII), e sulle tappe del percorso da Venezia alla Terra Santa, che donano al Viagio del Sancto Sepolcro la prerogativa di necessaria guida dell’itinerario ancora attuale verso Gerusalemme, per moderni pellegrini dei luoghi sacri e della Storia.  

 
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Commenti al Post:
marialberta2004.1
marialberta2004.1 il 08/12/16 alle 22:16 via WEB
Complimenti!!! sei in Wikipedia
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