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Filippo Valzano, Le dodici notti. Recensione

Post n°408 pubblicato il 13 Marzo 2019 da marialberta2004.1
 
Foto di marialberta2004.1

 

Maria Alberta Faggioli Saletti, Recensione

 

Filippo Valzano, Le dodici notti. Racconto mitologico sul nuovo ordine universale, Book Sprint Edizioni 2018, pp. 258. 1    Clicca sull’immagine

  

Sorpresa, nel leggere, fin dal titolo, la scelta tematica di un giovane scrittore: la Mitologia.

 

Mi sono chiesta quali possano essere la sua capacità di incuriosire e gli elementi d’attualità in essa contenuti.

 

Fin dal Prologo, con la supplica alla divina Musa, l’autore fa capire a noi lettori che la Mitologia è  l’occasione di raccontare due vicende, quella  di un giovane (il principe Tritone, figlio di Poseidone) che conosce il valore dell’amoreluce, adatto a colpire il cuore di una fanciulla (la ninfa Aretusa), e la vicenda di un padre (Poseidone) abbandonato, ma inerme, che in vita era stato tentato dall’oscurità. 

 

Sullo sfondo, l’importanza di ogni organismo vivente, di ogni essere, umano o divino che sia, i valori umani alti, la forza materna (la Nereide Anfitrite, madre di Tritone), i buoni e forti sentimenti (luce) il significato di pace che alcuni atti di follia possono mettere a repentaglio, impedendo di imporsi all’amore, il dono più prezioso, pregiato come l’oro.

 

La luce è sentimento buono  e anche natura:  la luce più bella è quella che il sole emana sul grano (p. 214).

 

E nella natura, il mare.

Già nell’Introduzione, viene presentata la bella scena quieta del mare, con le sue creature che vivono nel profondo, conducendo una vita travagliata, e che, soprattutto, non osano raccontare quanto ricordano con disprezzo.

Quali i luoghi? Il monte Olimpo con il mare nel  quale esso si riflette. Basta un po’ di vento perché il mare frantumi il riflesso del monte in mille immagini scomposte (p.164).  Tra i luoghi ricordati, anche il monte Parnaso consacrato ad Apollo e alle Muse, e certi luoghi mitici della Sicilia.

 

Filo conduttore l’oscuro veleno che solo apparentemente viene distrutto.

 

Lo scrittore si rivolge al “piccolo uomo”, il “Fanciullo che è sempre in tutti noi (il  “fanciullino” della pascoliana poetica?) e lo invita ad ascoltare le storie di quei moltidivini” (le contemporanee mitizzazioni di personaggi?) che hanno distrutto il nostro mondo (p. 8).

 

Rassicurata, ho proseguito nella lettura (purtroppo durante le ore notturne).

 
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