Creato da liberemanuele il 26/01/2009

Catallaxy

ordine spontaneo vs ingegneria sociale

 

 

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Il Belpaese: uno stivale stretto.

Post n°6 pubblicato il 01 Febbraio 2009 da liberemanuele
 

Amata, odiata Italia

 

Cos'è la democrazia?

E' stato detto che le democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte le altre ad oggi sperimentate.                                                                                                                                Winston Churchill

Nel opinione corrente, ma anche nei dibattiti o nei comizi, la democrazia è indicata come governo del popolo. Tale interpretazione, rigorosa sotto un profilo etimologico, è il precipitato di una domanda per lo meno ingenua: chi deve governare? Questa è la domanda che molto del pensiero politico si è posto. Platone risponderebbe i saggi, Marx il proletariato.
Ma il problema non è questo. Gli antichi greci lo sapevano, così si spiega l'introduzione della pratica dell'ostracismo, una precauzione contro l'avvento del demagogo, del dittatore popolare (ricordiamoci che Hitler - che alla domanda "chi deve governare?" avrebbe probabilmente risposto "io" - nonostante non avesse mai vinto una libera elezione in Germania, in Austria ottenne un  enorme consenso). Con questo ci vacciniamo anche dalla superstizione che il popolo non può essere ingiusto.
Con la domanda "chi deve governare?" si finisce per definire chi deve "dominare", mentre è proprio questo che la democrazia deve evitare. La domanda giusta è quale obbiettivo deve avere il nostro governo, e il migliore mi sembra quello della garanzia della libertà. Non fosse per altro che nella storia, gli stati che perseguivano i fini più nobili o i paradisi in terra, sono finiti tutti per istaurare dittature sanguinarie.

Lo Stato non deve essere più forte di quanto basta a garantire che ogni cittadino abbia tanta libertà quanta è compatibile con la minore limitazione di libertà altrui.

 

L'Italia.

 ... un governo paternalistico (imperium paternale) ...    è il più grande dispotismo pensabile.                                                          

Immanuel Kant

 

Cittadini a rischio zero. Cittadini a libertà zero.

http://www.liberilibri.it/


Fatta la premessa ora trattiamo l'eterna ammalata Italia. Stato di unica bellezza e storia, terra di poeti ed intellettuali, inventori, artisti, terra di talenti e matrice di molte delle artistiche creazioni umane sparse per il mondo, intrappolata però da mille nodi e retaggi del passato, dai quali non riesce e probabilmente, in gran parte, non vuole districarsi. L'italiano è qualcosa di particolare: siamo sempre pronti a fare critica distruttiva parlando delle nostre cose, poi però se scendiamo nel particolare, c'è sempre qualche motivo di religiosa importanza - perciò non spiegabile, per cui tutto debba rimanere com'è. Il nostro raziocinio ha dei limiti, volontari e spesso puramente estetici, per cui siamo sempre pronti a fermare il cambiamento, a sostenere il mito della stabilità. In fondo in questo ci riconfermiamo profondamente "intellettuali", Platone con la sua Repubblica affermava e promuoveva lo stato ingessato, sotto il comando del saggio che cristallizzava la società, le sue ambizioni e ricchezze così che esse poteva rimanere il più possibile fedele alla sua essenza.

Il paternalismo italiano passa per  la marea indefinita di leggi, regolamenti, burocrazia e una lunga costituzione - che ha l'ambizione di regolare e prevedere la società, che fa dell'Italia il paese dove tutto è vietato tranne ciò che è espressamente permesso ... poi, che quest'ultimo sia permesso è discutibile. Mentre la norma sarebbe che è tutto permesso tranne tutto ciò che è esplicitamente vietato.

Il buon senso ci dice che poche ma buone leggi, come il sistema anglosassone - dominato dalla common law, o anche dal buon senso, sia migliore, soprattutto per i cittadini ma anche per la qualità dei codici. Tante leggi creano un sistema indefinito, dove muoversi è difficile e dove l'iniziativa è strozzata da questa overdose normativa.

Lo stivale è troppo imbottito, piede e caviglia sono immobili, in più non scalda: non ci siamo accorti che sarebbe bastato avere una imbottitura anche sottile ma di qualità, per essere più agili e protetti.

Eppure il nostro è un paese molto attaccato alle istituzioni. Non tanto nel senso del rispetto - che anzi dal '68 in poi è scemato clamorosamente, ma dalle smisurate aspettative che nutriamo in esse, che ci condannano ad essere interdipendenti, se non qualora "moderni schiavi" del sistema di potere da esse rappresentato.
C'è una bellissima pagina di Tocqueville, in cui ci dice che nella democrazia più anziana ad oggi esistente, l'America,  quando si deve costruire un asilo, un piccolo ospedale o fare un lavoro di interesse generale dalle dimensioni contenute, i cittadini non
vanno dal politico - espressione che da noi richiama tutta la letteratura e la vita della cosiddetta Prima Repubblica, ma che ancora oggi possiede un richiamo pratico nemmeno tanto ridimensionato, ma si riuniscono in comitato, fanno un "found raising" e costruiscono o fanno ciò che gli abbisognava.

L'Italia è un po' il paese dell' "io speriamo che me la cavo", della clientela politica, dove non è tanto importante ciò che è utile alla massimizzazione della libertà di iniziativa, ma i "sistemi di potere" dove quest'ultima filtra, a vari livello: locale in un piccolo comune, regioni e provincie, nord e sud o addirittura nazionale.
Cos'è la Mafia se non un sistema di potere: esso esemplifica, con gli eccessi che conosciamo, come funziona il nostro paese. Il sistema di potere sono le varie famiglie che si spartiscono il territorio siciliano; l'imprenditore che vuole mettere mano al piano regolatore del comune, la madre che cerca lavoro per il figlio, l'anziano che vuole asfaltare la strada, per ottenere ciò che vogliono devono fare riferimento alla famiglia del territorio.

Nonostante il mio interesse nei confronti di un certo filone di anti-italiani, quello conservatore - cui posso citare quelli a me più cari: l'anarchico Prezzolini, dalla orgogliosa tempra indipendente, della quale più umilmente mi riconosco o cerco di avvicinarmi e Montanelli, cui grazie alla vorace lettura della sua "Storia d'Italia" sono riuscito a capire qualcosa del mio paese ai miei tempi di ragioneria. Questo non vuole essere un post o un blog anti-italiano.
Prima di tutto per l'importanza relativa che do all'essere italiano - profondissima invece in persone come Longanesi, Prezzolini o Montanelli - e perché la mia è semmai, una critica liberale. L'autore cui faccio riferimento in questo post è principalmente Karl Popper.    

 

 

 

 

 
 
 
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