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sindacato e politica oggi

Post n°2 pubblicato il 19 Settembre 2009 da greppjo
 
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assegnazioni 2009Il sindacato non può stare a guardare

No ai nuovi fori boari e alle nuove guerre civili.

 In quest’estate 2009 è emersa in maniera ancor più evidente la distinzione tra le tre Italie di cui spesso in quest’ultimo anno abbiamo parlato. Da un lato l’Italia dei ricchi e degli inclusi, dall’altro quella dei poveri e degli esclusi, in mezzo l’Italia del  ceto-medio sempre più esigua e scivolante verso le nuove povertà.

Si dice che al peggio non c’è mai fine! Quello che è accaduto in quest’estate 2009 ce lo conferma ancora una volta.

Mi riferisco a due casi eclatanti tra il tanto peggio, che,  nei mesi di agosto e settembre, ci ha rovinato le vacanze e quel po’ di riposo, che, senz’altro, noi lavoratori dipendenti ci eravamo meritati dopo aver tirato la carretta tutto l’anno. Un riposo, ben inteso, ritagliato tra le mura domestiche, perché con i prezzi in atto nel mese di agosto alla maggior parte di noi è stato impossibile andare in vacanza al mare o in montagna e , con la virulenza di una crisi economica che fa  più ricchi i ricchi e più poveri i poveri, a noi non ci è rimasto altro che  darci alla classica gita fuori porta o rimanere a gironzolare in domo.

Ma lasciando da parte quest’aspetto, due sono i casi grossi su cui richiamare l’attenzione dei sindacalisti: quello dei precari e quello relativo al giornalista Boffo.

Si tratta di due casi che sommati ad un terzo, di cui tra poco diremo, non devono lasciare indifferente il sindacato. Anzi devono farlo tornare di gran carriera ad essere un soggetto politico a pieno titolo, soprattutto dopo che noi della Cisl con le scelte dell’ultimo congresso  abbiamo rilanciato la via della partecipazione. Infatti partecipare senza portare fino in fondo le nostre idee e i nostri progetti significherebbe partecipare solo alle perdite ed ai sacrifici, lasciando gli utili e i vantaggi ai soliti noti.

Il primo caso è quello dei tagli esasperati ed ademocratici  operati dalla Gelmini nella scuola e che hanno gettato nel precariato e nella disoccupazione tanti, troppi professori e maestri che diligentemente , dopo un pesante investimento in una laurea specifica, avevano negli anni passati superato appositi concorsi e costosissime scuole universitarie specialistiche per l’insegnamento a numero chiuso, cioè con pubblico concorso per esami scritti ed orali. Bene, anche noi del sindacato avevamo accettato, anche se un po’ obtorto collo, queste famose Ssis , che dovevano programmare gli ingressi nella scuola e che invece hanno creato abilitati solo alla disoccupazione intellettuale. Ora il sindacato non può stare a guardare questi giovani che si mobilitano (come possono) per avere quel posto, che gli era stato fatto intravedere, ma deve guidarli nella lotta dura e sacrosanta alla loro immissione in ruolo. Immissione in ruolo per una scuola pubblica per tutti, meno costosa di quella privata riservata ai soliti ricconi e con classi adeguate ad un buon insegnamento e non con quei numeri, assurdi didatticamente parlando, che legalizzano fino a trentacinque componenti l’unità d’aula.

Negli ultimi giorni di agosto sono stato in fila per due giorni con i precari della scuola nei provveditorati di alcune province umbre e toscane. Ho visto un vero sconcio avallato da strani sindacalisti silenti. Più che all’atto istituzionale di una convocazione per assegnare incarichi  a tempo determinato e supplenze annuali ho assistito a dei veri e propri moderni fori boari, tanto per adoperare un espressione eufemistica. Le foto, i video girati sono lì a dimostrare che non racconto balle e un mio duro scontro verbale di protesta con un funzionario dello Stato è la prova testimoniale che può essere domandata ai tanti dannati alla ricerca di un posto di lavoro, che mi hanno applaudito in una di queste mattinate, quando dopo la battaglia verbale in loro difesa mi sono qualificato come sindacalista Cisl. Possiamo, dobbiamo tornare a guidare politicamente queste lotte.

Il secondo caso è quello rivoltante dell’attacco di Feltri al direttore dell’Avvenire,Boffo. Tutti conosciamo la vicenda ed è quindi fuor di luogo riassumerla, anche perché il sindacato non ha mai considerato vero giornalismo quello fatto a base di colpi bassi, di cronaca rosa mista a lanci di melma e fango, di moralistiche intromissioni nella vita privata delle persone pubbliche, anche se queste hanno assunto ruoli istituzionali di primissimo rilievo. Ma noi del sindacato confederale non possiamo dire che tutto questo non ci riguardi da vicino. Quella tra  Feltri e Boffo è stata una vera e propria guerra civile, che ha attraversato il nostro paese e che sembra voler continuare a lungo con il caso Fini, che si sta aprendo in questi ultimi giorni.

Naturalmente anche qui si tratta di moderne e nuove guerre civili, che , per certi versi, passano anche per il noto caso delle escort baresi tirato dentro l’agone politico italiano dal quotidiano Repubblica.

Tuttavia se il sindacato non contrattacca politicamente (come sempre ha fatto nei momenti decisivi della vita repubblicana italiana) e non dice basta a questo modo di fare e d’intendere la politica, ormai sempre più violenta e da lotta tribale, la prossima bordata, stiamone certi, sarà per  qualche eminente sindacalista, che vorrà rivendicare diritti contrattuali un po’ più giusti per i lavoratori dipendenti e meno tasse per i pensionati.

Infine il terzo caso, che fa immensamente piangere il cuore a chi crede di vivere e di fare sindacato per avere più giustizia ed eguaglianza sociale: quello della donna disoccupata tessile, che in un suburbio del nord ha ucciso il suo quarto bambino appena nato, perché aveva paura di non poterlo sfamare ed allevare in quanto anche il marito è disoccupato  e tre bocche erano già troppe. Se la notizia è vera così come è stata riportata dai giornali, perché il sindacato, la Cisl, i coordinamenti donne non proclamano subito una giornata di mobilitazione, una manifestazione a favore delle donne-mamme, proponendo che nei casi di necessità lo Stato dia una indennità di maternità aggiuntiva alla disoccupazione oppure pari al trattamento di un salario minimo in caso di mamma che non lavora?

Io vorrei tanto che anche su questi temi concreti tornasse a misurarsi oggi il sindacato confederale; così come già fece appena ieri negli anni successivi al 1968.Naturalmente se siamo sempre d’accordo che l’Italia sia  un paese civile,democratico,solidale e  non un paese egoista, individualista, pieno di sudditi, invece che di cittadini, come va sempre più diventando, avendo delegato, come potrebbe pensare qualcuno, ad un solo dominus la propria sovranità. Noi infatti ben sappiamo che quando c’è un solo dominus rischia di esserci, anche e soltanto, quell’unica, possibile democrazia a sovranità limitata che ogni signore e principe, anche se moderno,concede.Su questo credo proprio che il sindacato confederale debba ritrovare quell’azione unitaria utile a farci ritornare un vero soggetto politico, così come lo fummo nel biennio 1968-1969 e nei decenni successivi di questi ultimi quarant’anni di storia italiana, che a noi della Cisl ci hanno visti protagonisti di prim’ordine.

Ivo Camerini

 

 

 
 
 
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