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Missionari francescani del Rosario

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CHI SIAMO

 

L’ Associazione Secolare “Missionari Francescani del Rosario” si è riunita per la prima volta nel 2009 presso l’ospedale civile di Caserta. Si desiderava dar vita ad un’associazione di laici che vivesse nel mondo la missionarietà propria che scaturisce dal Battesimo, nella semplicità francescana, evangelizzando attraverso la preghiera del Rosario. Primo assistente spirituale dell'associazione è fra Rosario Perucatti ofmcap, ex cappellano dello stesso ospedale. Fra Rosario ha riunito intorno a sé volontarie e volontari ai quali ha dato mandato di recitare il santo Rosario della Madonna di Pompei insieme agli ammalati e ai loro familiari nella sala di attesa della rianimazione e nei vari reparti dell’Ospedale. Lo stesso fra Rosario ha poi dato vita ad una catechesi mariana, attraverso la Lettera Apostolica di Giovanni Paolo II, “Rosarium Virginis Mariae”, cui tutti erano chiamati a partecipare per acquisire una maggiore conoscenza del Rosario. Alla Missionaria dell’Immacolata Padre Kolbe Lucia Corcella, poi, è stata affidata una ulteriore catechesi sul valore ed il significato della missionarietà. È nata, infine, la tradizione di Solennizzare la festa della Madonna del Rosario il 7 ottobre: durante la Celebrazione Eucaristica, viene consegnato il mandato missionario a coloro che entrano a tutti gli effetti nell’Associazione. Oggi, l'“Associazione Secolare missionari francescani del Rosario”, nata dallo spontaneo desiderio di portare la parola di Dio ai fratelli, ha raggiunto una sua forma statutaria e continua ad operare anche al di fuori dell’ospedale e si offre a quanti sentono il desiderio di pregare.

 

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« MISTERI DI OGGIIL VANGELO »

IL VANGELO

Post n°313 pubblicato il 04 Febbraio 2014 da mfr_caserta

Dal Vangelo secondo Marco 5,21-43.

Essendo passato di nuovo Gesù all'altra riva, gli si radunò attorno molta folla, ed egli stava lungo il mare.
Si recò da lui uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, vedutolo, gli si gettò ai piedi
e lo pregava con insistenza: «La mia figlioletta è agli estremi; vieni a imporle le mani perché sia guarita e viva».
Gesù andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.
Or una donna, che da dodici anni era affetta da emorragia
e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza nessun vantaggio, anzi peggiorando,
udito parlare di Gesù, venne tra la folla, alle sue spalle, e gli toccò il mantello. Diceva infatti:
«Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita».
E subito le si fermò il flusso di sangue, e sentì nel suo corpo che era stata guarita da quel male.
Ma subito Gesù, avvertita la potenza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi mi ha toccato il mantello?».
I discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che ti si stringe attorno e dici: Chi mi ha toccato?».
Egli intanto guardava intorno, per vedere colei che aveva fatto questo.
E la donna impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità.
Gesù rispose: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Và in pace e sii guarita dal tuo male».
Mentre ancora parlava, dalla casa del capo della sinagoga vennero a dirgli: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?».
Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, continua solo ad aver fede!».
E non permise a nessuno di seguirlo fuorchè a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo.
Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava.
Entrato, disse loro: «Perché fate tanto strepito e piangete? La bambina non è morta, ma dorme».
Ed essi lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della fanciulla e quelli che erano con lui, ed entrò dove era la bambina.
Presa la mano della bambina, le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico, alzati!».
Subito la fanciulla si alzò e si mise a camminare; aveva dodici anni. Essi furono presi da grande stupore.
Gesù raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e ordinò di darle da mangiare.


Commento al Vangelo

Dopo la liberazione dell'indemoniato, Gesù, acconsentendo alla domanda della folla, lascia il territorio pagano della Decapoli, e attraversa di nuovo il lago trattenendosi sull'altra riva dove viene circondato da un folla numerosa accorsa con grande speranza: la fama dei gesti compiuti sta diffondendosi con comprensibile rapidità. Rifiuto e accoglienza si susseguono. Vicino alla riva Marco pone due miracoli generati dalla fede: Giairo, capo della sinagoga, lo implora per la figlia gravemente ammalata e ne ottiene la guarigione; mentre si avvia alla sua casa, una donna afflitta da una malattia dimostratasi inguaribile, lo tocca con umile pudore e sconfinata speranza e finalmente ottiene ciò che da anni andava cercando. Sorprendono le angosciate parole di fede di Giairo, visto il ruolo ricoperto nella comunità, con cui implora, prostrato ai suoi piedi. "La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva". Ancor più sorprende il gesto furtivo della donna che, impaurita e tremante, ne ha sfiorato le vesti cercando di non farsi notare; deve confessare che lo ha toccato ed è guarita.
Parole di fede insistenti e pubblicamente professate; poi un gesto di fede apparentemente piccolo quanto un granello di senape. Le misure di Dio quanto sono diverse dalle nostre se sono sufficienti per muovere la sua misericordia e ottenere risposta: "Fanciulla, io ti dico: alzati!" e "Figlia, la tua fede ti ha salvato!". Avere fede non è aderire ad una dottrina, ma piuttosto credere che il Regno è qui, tra noi, e se ne possano toccare i segni che la sostengono.

 

 
 
 
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